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376 ignobilmente Ogni pagina di Foscolo veniva sindacata con sospetto

(SL: I, 296-297).

Cattaneo, nelle righe foscoliane, legge il principio dell’auto- determinazione di cui, da sempre, è convinto assertore ritenen- do, proprio sui chiari esempi della storia, che non si possa aspirare alla libertà se non motu proprio, con l’affermazione di un’autonomia che, per poter divenire nazionale, deve essere realizzata prima a livello locale, anche in considerazione del fat- to che l’affidamento a terzi, oltre che improduttivo, può con fa- cilità prestarsi a letture politicamente strumentali:

Si era egli chiarito avverso al predominio francese. Nel dilemma di quel tempo, chiunque non era amico ai Francesi, doveva essere amico ai Tedeschi. La interposta possibilità di indipendenza pareva allora una sottigliezza metafisica. Tre o quattro secoli prima, pareva necessario scegliere tra guelfi e ghibellini, come oggidì tra unità e divisione. Appe- na spunta nei popoli l’idea dell’autonomia, ma essi paventano che con- trasti l’unità. I patriarchi della politica italiana non sanno persuadersi che patto federale è un modo d’unità, e l’unico forse, perché unico, du- revol modo di concordia e di libertà (SL: I, 303).

Foscolo, «italiano nell’anima quant’altri mai» (SL: I, 315), è inevitabilmente destinato all’esilio, con una intuitiva immede- simazione (Di Giannatale 2008: 17-19) che si palesa nella scelta del nome per clandestinità, Lorenzo Aldighieri, «sicché talvolta quasi non si scorge se Foscolo parli di Dante o di sé stesso» (SL: I, 308).

Le uniche pagine del poeta zacintese che non trovano il favo- re di Cattaneo sono quelle delle Grazie, nelle quali «spira una serenità che non era nell’animo del poeta» (SL: I, 315). Come aveva fatto Rousseau, anche Foscolo lancia il suo grido di ribel- lione contro la società moderna: entrambi si volgono a contem- plare il passato ma, mentre il Ginevrino compie completamente il percorso a ritroso, fino all’uomo primitivo e naturale, l’Italo- Greco si ferma invece alla classicità, agli eroi di Omero e ai cit- tadini di Maratona. «E perciò le aspirazioni sue rispondono piuttosto alle ineguali libertà del mondo classico, che non a quella coscienza del diritto, e quell’istinto d’eguaglianza che in- veste ognora le nazioni moderne» (SL: I, 315-316).

A Foscolo, rimprovera la mancanza di fiducia nel popolo, de- finito frequentemente con il termine spregiativo di plebe, con un atteggiamento aristocratico di rinnegamento delle proprie origi- ni che Cattaneo disapprova: «Benché povero e lavoratore, faceva ogni più doloroso sforzo onde poter sembrare e potersi dire gen-

tiluomo» (SL: I, 316). Inoltre, Foscolo si macchia della colpa di

non credere al progresso, malgrado avesse avuto la possibilità di conoscerlo direttamente, attraverso quello che Cattaneo con- sidera il miglior esempio possibile:

Pure egli era ascritto alla stessa università con quel Romagnosi, che introduceva allora nelle vetuste dottrine il nuovo principio dell’indefinita perfettibilità, dell’indefinito progresso. Senonché durava ancora in Italia il fatale divorzio tra le scienze e le lettere, ossia, come Foscolo diceva, tra le cose e le forme. E quindi egli nessun conto fece delle fauste dottrine del suo collega, e rimase, come qui sopra si vide, nel perpetuo circolo di Vico e di Machiavello (SL: I, 317).

Ma, dal punto di vista federalista di Cattaneo, il maggior li- mite foscoliano si rivela nel concepire una sorta di libertà non veramente libera, nella ricerca di una indipendenza accentrata e imposta dall’alto in basso, riunendo ad unum le peculiarità dei territori italiani, invece che promuoverle e valorizzarle. In questo senso, il poeta assume tinte per lui più fosche, ombre quasi cavouriane, antitetiche alle sue. «Foscolo non intendeva parimenti che la libertà delle opinioni, e l’emulazione delle sètte che le professano, siano la vita delle nazioni libere, E fu egli il primo a gettare in Italia quella vanissima sentenza, che ‘il rime- dio vero sta nel riunire in una sola opinione tutte le sètte» (SL: I, 318. Cfr. Fornaca 1963: 118-119).

6. Cenni conclusivi

Nell’anno dell’Unità, Cattaneo sente la necessità di tributare i giusti onori a un poeta straniero, che non aveva esitato a ri- schiare la propria vita, a capo di un drappello di combattenti polacchi giunti a Milano nel 1848, per la causa italiana: Adam

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Miçhiewicz (SL: I, 320-357)11: «la sua memoria in Polonia è sa- cra. E chi pensi come egli venisse ad apportare all’Italia com- battente il suo sangue, il suo nome, la bandiera de’ suoi fratelli, avrà sacro il suo nome anche fra noi» (SL: I, 357).

Nella recensione al poema di Giuseppe Montanelli – autore con il quale condivideva basi culturali (Ghiringhelli 2002: 213- 227) –, La tentazione (SL: II, 147-170), si trovano ancora i temi cattaneani della critica all’ambizione papale – «Si trucidano i popoli pregando» (SL: II, 157) – intesa come limite alla costitu- zione di uno Stato nazionale, per la quale Cattaneo considera inefficaci anche le soluzioni laiche, se non condivise dalla base popolare: «Machiavello allucinato e disperato invoca sull’Italia “il grande e savio tiranno” e ne delinea con maestra mano l’effigie; la quale, per esser fatta già da tre secoli, in verità non sembra antica» (SL: II, 162).

Il saggio su Il romanzo contemporaneo (SL: II, 202-227), am- pliamento di precedenti studi sull’argomento, risulta interes- sante, dimostrando l’attenta conoscenza maturata da Cattaneo riguardo il panorama letterario continentale per quanto concer- ne il genere in oggetto, di cui enumera analiticamente autori, titoli e trame. La specifica competenza gli permette di assumere motivata posizione nella diatriba tra classicisti e romantici, par- ticolarmente intensa per l’azione svolta sul territorio lombardo dal “Conciliatore”: Cattaneo preferisce sostenere i primi, pur non avendo disdegnato, specie in età giovanile, le istanze illu- ministiche insite nelle opere dei romantici. I classicisti, peraltro, costituiscono un gruppo eterogeneo che comprende, oltre ai ca- pifila Giordani, Leopardi e Monti, anche molti seguaci di quest’ultimo, i cosiddetti montiani, le velleità artistiche dei qua- li non erano supportate dal necessario talento (Mazzocca 2001: 131). Dopo un periodo di sospensione del giudizio, come illustra Franco Della Peruta (2007 [2001]: 43),

egli prendeva poi francamente partito contro i romantici. definiti con ironia come gli «avventurosi» che «crollarono il capo caritatevole sui

11 Adam Bernard Miçhiewicz (1798 - 1855), combatte per la libertà in vari Stati

europei, stimato da Mazzini. Ottiene la cattedra di letteratura latina a Losanna e quella di lingue e letteratura slave a Parigi. Scrive il poema epico Pan

ciechi nati» i quali, allevati nel «culto delle regole» secolari, avevano continuato a «deliziarsi negli insipidi frutti del povero paese». E, quel che più importa rilevare, il giudizio negativo sui novatori era motivato con l’accusa che questi, abbeverandosi alle nuove dottrine d’oltralpe, erano giunti al punto di rinnegare la patria e le sue tradizioni naziona- li: «Dalle nuvole della boria nazionale... piombarono in una precisa ab- negazione della patria e dell’arte. Essi volsero sprezzanti il dorso a cin- que secoli di gloria letteraria e alle memorie di più antiche età; e per poco non s’augurarono d’esser nati sott’altro cielo e da barbari antena- ti, per ricominciare colla scorta di più alte e onnipotenti dottrine una vita di pura inspirazione, sciolta dai pregiudizi dell’esempio e dalle stringhe del precetto» (SL: I, 12-13).

Cattaneo, in conclusione, ritiene fondamentale il lavoro svol- to dagli scrittori degli ultimi due secoli – in particolare, come si evince dai testi citati, Foscolo, Monti, Alfieri – per la loro azione, quasi sacerdotale, di elevazione delle coscienze in chiave civile attraverso la poesia e la prosa, senza peraltro dimenticare il contributo degli autori dei periodi precedenti, a partire da Dan- te e Petrarca, passando per Machiavelli, con l’accortezza di non decontestualizzarli né strumentalizzarli, muovendo sempre da un’analisi delle opere filologicamente fedele, secondo l’onestà intellettuale che, in ogni ambito di ricerca, lo caratterizza.

Bibliografia

CATTANEO CATTANEO, 1948, Scritti letterari, artistici, linguistici e vari. Raccolti e ordinati da Agostino Bertani (nel testo, SL), Firenze: Le

Monnier.

___________________, Della satira, “Il Politecnico”, 1839, I, f. III, 267- 270, ora in SL, I, 127-131;

___________________, Fede e bellezza di Niccolò Tommaseo, “Il Politecnico”, 1840, III, f. XIV, 166-176, ora in SL, I, 114-126;

___________________, Il «Don Carlo» di Schiller e il «Filippo d’Alfieri», “Il Politecnico”, 1842, V, f. XXIX, 449-484, con il titolo Don Carlo Infante

di Spagna, ora in SL, I, 11-59;

___________________, Il romanzo contemporaneo, in SL II, 202-227. ___________________, La Tentazione. Poema di G. Montanelli, “Il Politecnico”, 1862, XII, f. LXIX, 312-327, ora in SL, II, 147-170;

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