APOTEOSI CATTOLICO-MITOLOGICHE (1650-1770)
1. Evangelizzare i quattro angoli del mondo: l’Historia della Compagnia di Gesù di Daniello Bartoli e le commission
gesuitiche
Nella chiesa, fatta erigere dai Chierici Regolari di San Paolo, di San Paolo Maggiore a Bologna ciascun pennacchio della cupola, eseguita da Giuseppe Antonio Caccioli nei primi anni del Settecento, è occupato da una monumentale personificazione (fig. 147). L’assetto, principalmente ripano, è soggetto ad alcune variazioni derivanti dalle esigenze comunicative del contesto di applicazione. Europa rispetta la codificazione dell’Iconologia nel tempietto e nel cavallo, ma viene eliminata la raffigurazione delle «corone diverse» ai piedi della figura al fine di far risaltare la tiara papale abbracciata in basso dal putto. Segue Asia - l’ordine di lettura è dettato dalla frase composta da ciascuno dei quattro cartigli presenti nella parte inferiore del pennacchio - con cammello, incenso e mazzo di piante aromatiche. Un putto le porge le tavole della Legge per rimarcare che le sue terre sono state teatro della rivelazione divina. Africa, affiancata dal leone, abbraccia un fascio di spighe. America, infine, con arco e lucertola, si porta una mano al petto mentre l’onnipresente putto le solleva innanzi una grande croce di legno.
Il riferimento alla cristianità è, quindi, presente in ciascuno dei continenti: il tempio e la tiara, le tavole e la croce sono i più evidenti, ma anche Africa non ne è sprovvista. Il putto ai suoi piedi regge, infatti, un foglio sul quale svettano le parole: «Multis clara Augustino clarior». Il riferimento è ai natali del santo dottore, a Ippona, nella parte settentrionale del continente. La frase, composta dai cartigli, recita per intero «Doctor Gentium / Praedicator veritatis / In universo / Mundo». Nel raccordo tra personificazione, cartigli e volta è così sancita la gloria di san Paolo e anacronisticamente, per via dell’inserimento di America, esaltata la sua predicazione itinerante da Oriente a Occidente, fino ai confini del mondo, nonché il suo titolo di Apostolo e di Doctor gentium431.
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431 Secondo le parole della Lettera ai Romani 15, 19 e segg.: «così da Gerusalemme e dintorni fino all’Illiria
ho portato a termine la predicazione del vangelo di Cristo. Mi sono fatto un punto di onore di non annunziare il vangelo se non dove ancora non era giunto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui, ma come sta scritto: Lo vedranno coloro ai quali non era stato annunziato e coloro che non ne avevano udito
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Questa decorazione, che ha per soggetto principale la celebrazione dell’opera evangelizzatrice di san Paolo, ci introduce al presente capitolo. Nel Seicento le Quattro Parti del Mondo diventano un tema ricorrente e popolare, impiegato non solo nelle rappresentazioni profane ma anche in quelle sacre. Acquisisce, infatti, particolare importanza nei programmi figurativi dei Gesuiti e, successivamente, di altri ordini quali Benedettini, Domenicani e Francescani, con lo scopo figurare la diffusione su scala globale della fede cristiana e il suo rapporto con i mondi extra-europei, America in primis. Immagini allegoriche o aneddotiche riguardanti il Nuovo Mondo erano state utilizzate dalla propaganda olandese in chiave antispagnola, cioè con il fine di richiamare l’attenzione sulle atrocità commesse dall’impero asburgico sul suolo di queste terre, in questo contesto, invece, la sua figura diventa la più viva testimonianza della forza espansiva su tutto il mondo, vecchio e nuovo, della parola di Dio432. Il tema, infatti, si presenta congeniale per documentare il propagarsi nel mondo della Chiesa romana e il suo ideale ecumenico, nonché per illustrare alcuni passi delle Scritture come il Salmo 24, «Del Signore è la terra e quanto contiene», o, soprattutto, quanto richiesto in Marco (16, 15) riguardo la predicazione del Vangelo: «Poi Gesù disse loro: “Andate in tutto il mondo e portate il messaggio del Vangelo a tutte le creature”»433. La predicazione cristiana ai quattro angoli della terra, come suggerito dalle Scritture, era un tema presente nella cultura figurativa già in età medievale. I quattro angoli del mondo come altrettanti teatri dell’impresa evangelizzatrice trovano un’esemplificativa trasposizione pittorica nelle vele della basilica superiore di Assisi affrescate da Cimabue. L’evocazione di quattro contesti geografici è collegata a ciascuno degli Evangelisti: Marco all’Italia, Giovanni all’Asia, Luca alla Grecia, Matteo alla Giudea. Tramite il riferimento topografico ai quattro principali spaccati del mondo si testimonia la diffusione della predicazione cristiana agli angoli della terra. Il messaggio politico e propagandistico passa, quindi, attraverso la raffigurazione sintetica del territorio attribuito a ciascun apostolo434. Due strategie visive !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
parlare, comprenderanno». Sulla cupola si veda il Felsina pittrice di Carlo Cesare Malvasia (tomo III, M.
Pagliarini, Roma 1769, pp. 121-122).
432 La chiave di lettura antiasburgica è approfondita da Schmidt, 2001, cfr. capitolo “Le personificazioni in
carta e in scena”.
433
Nel Libro d’Ore di Massimiliano I (1515) troviamo questi passi accompagnati dall’illustrazione, opera di Dürer, di un indio americano, a testimoniare che anche le terre recentemente scoperte a Occidente rientravano nel piano della salvezza divina ed erano pronte per ricevere il messaggio cristiano.
434 La considerazione degli emblemi topografici raffigurati da Cimabue come portatori di un messaggio
ideologicamente potente - in linea con il discorso globale che si vuole affrontare in questo progetto - è sviluppata da Battisti (Cimabue, Milano 1963). L’autore li ritiene significativi per la missione universalistica dell’ordine francescano, relazionandoli alla necessità di sanare il Scisma d’Oriente e di penetrare con il verbo
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lontane nel tempo che incarnano la globalità del messaggio evangelico in due differenti ecumene.
Il frontespizio dell’Historia della Compagnia di Gesù di Daniello Bartoli (1659, fig. 148) celebra il primo secolo di attività missionaria dei Gesuiti raffigurando le personificazioni dei quattro continenti intorno al globo in luogo degli antichi ‘angoli del mondo’, e Ignazio di Loyola, a rappresentanza del suo ordine e di tutti i suoi membri, in alto a reggere il sole con il trigramma cristologico. Europa e Asia sono sedute in primo piano con le braccia aperte, in piedi dietro di loro Africa e America, entrambe dalla pelle bruna, appoggiano il gomito sul grande globo in mezzo centrato sull’Oceano Atlantico.
L’immagine, molto lineare, è espressione di un preciso e rigoroso impegno che, sin dalla fondazione dell’Ordine, ha avuto come teatro il mondo intero. Per tenere unito il corpo di un’organizzazione dispersa in diverse parti del globo, la Compagnia si era fondata su un sistema di lettere circolari nelle quali le informazioni inviate dai luoghi lontani erano raccolte e rilanciate435. «Con il tempo» scrive Adriano Prosperi fu proprio «la curiosità per i racconti di genti e costumi diversi a garantire il successo delle lettere dei gesuiti»436. Su queste relazioni dai vari centri missionari, oltre che su cronache di viaggiatori e grandiose opere come i Commentari della Cina di padre Matteo Ricci, si basa anche la monumentale
Historia di Bartoli, suddivisa in numerosi volumi e rimasta incompleta sia dal punto di
vista geografico sia da quello temporale437. Nell’Historia i vari personaggi come Francesco !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
evangelico nell’Asia. A questo tipo di analisi si oppongono gli studi di Belting (Die Oberkirche von San
Francesco in Assisi: Ihre Dekoration als Aufgabe und die Genese einer neuen Wandmalerei, Berlin 1977) e
di Bellosi (Cimabue, Milano 1998) che ritengono la presenza delle quinte architettoniche dettata da esigenze prettamente artistiche e non di programma. Battisti riferisce la presenza del motivo già nella basilica di San Marco a Venezia, nei quattro pennacchi sotto la calotta. In linea si pongono Demus (Byzantine art and the
west, Weidenfeld and Nicolson, London 1970) e, successivamente Marchionibus (L’evangelista Marco nella vela di Cimabue ad Assisi: immagine e realtà, in «Arte medievale», 1, 2008, pp. 81-93), che propongono di
ricercare nei codici miniati bizantini dei precedenti di queste figurazioni.
435 M. Friedrich, Circulating and Compiling the ‘Litterae Annuae’: Towards a History of the Jesuit System of Communication, in «Archivum Historicum Societatis Iesu», 77, 2008, pp. 3-39.
436
A. Prosperi, La vocazione, Torino 2016, p. 22. Le grandi potenzialità di diffusione di queste lettere erano state precocemente rilevate «grazie alla circolazione a stampa di quelle che Francesco Saverio e i suoi compagni mandavano dalle remote contrade dell'Oriente estremo»; Idem, p. 95.
437
I primi cinque libri, intitolati Della vita e dell’istituto di Sant’Ignazio Fondatore della Compagnia di
Gesù, appaiono nel 1650. Tre anni dopo segue la prima parte dedicata all’Asia, composta da otto libri che
hanno per oggetto le missioni in India. Nel 1660 vengono pubblicati i cinque libri sul Giappone e tre anni dopo i quattro sulla Cina. Per quanto riguarda l’Europa vengono pubblicati nel 1667 sei libri sull’Inghilterra e quattro sull’Italia (1673). Solo questi due continenti sono stati dunque portati a termine, seppur parzialmente soprattutto per quanto riguarda la sezione di Europa, e i cento anni di storia risultano coperti solo per la Cina. Si vedano D. Bartoli, La Cina, a cura di Bice Garavelli Mortara, Milano 1975; Idem, Il
Giappone, a cura di Nino Majellaro, Milano 1985; Idem, Missione al Gran Mogòr del P. Ridolfo Aquaviva,
Roma 1998. Una prospettiva interessante da approfondire è il divario che, in maniera analoga a quanto già rilevato a proposito del Theatrum orbis terrarum, si viene a creare tra questo frontespizio - ancorato a una
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Saverio, tramite gli occhi del quale è trasmesso all’Occidente il bagaglio spirituale di paesi come l’India, la Cina e il Giappone, testimoniano il loro ruolo di strumenti della provvidenza divina, tasselli nel grande mosaico che rappresenta il muoversi della milizia di Ignazio attraverso l’ecumene.
I membri della Compagnia si erano trovati a operare in una christianitas ormai irreparabilmente minata nella sua unità ma in un mondo dai confini geograficamente dilatati, nel quale si imponeva la necessità, come era stato annunciato agli albori della fondazione dell’Ordine nella bolla papale dell’Exposcit debitum del 1550, di portare a compimento l’opera apostolica di evangelizzazione. Per questo motivo si erano configurati come i nuovi Apostoli, «destinati a imitare e completare l’opera dei primi» in terre abitate da popolazioni che non avevano mai ascoltato prima la parola divina438.
Il concetto è illustrato dai particolari marginalia della carta del mondo, basata su una proiezione azimutale, inserita nell’Atlas Novus del gesuita Henri Scherer pubblicato tra il 1702 e il 1710 (fig. 154)439. Ogni angolo dell’immagine è occupato da un membro dell’Ordine identificato dai cartigli: il fondatore sant’Ignazio di Loyola, padre Joseph Anchieta, apostolo in Brasile, Andrea Oviedo, patriarca di Etiopia, e san Francesco Saverio, apostolo in India. Ciascuno è associato a un continente e attorniato da un gruppo di figure rappresentanti le genti evangelizzate di quella parte del mondo. Abbiamo così Ignazio per l’Europa nell’angolo inferiore sinistro, sopra di lui Anchieta per l’America, entrambi collocati grossomodo in prossimità della propria controparte cartografica, di fronte Oviedo per l’Africa, e Saverio per l’Asia in basso a destra (fig. 154).
Nell’Historia del Bartoli, che avrebbe dovuto comprendere anche Asia e America, si delinea così il disegno desiderato dall’Ordine, quanto mai sensibile al tema del trionfo dei suoi figli nei quattro angoli del globo. Tale soggetto sarà nuovamente commissionato, poco dopo, a padre Andrea Pozzo per decorare la chiesa di Sant’Ignazio a Roma, dove prende corpo una monumentale volta affrescata dedicata alla vita del santo.
Prima di riprendere le fila di questo itinerario, è doveroso aprire una breve finestra sul più poderoso monumento alla potenza internazionale della Chiesa qui trattato, precedente di !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
tradizione figurativa allegorica fondata su una netta dicotomia tra le civilizzate Europa e Asia, si noti il ricco vestiario e la luce ‘rischiarante’ che le investe, e le selvagge Africa e America, a seno nudo - e il contenuto dell’opera di Bartoli che tende talvolta a valicare i tradizionali confini tra civiltà, connotando l’opera di celebrazione dell’Ordine di nuove conoscenze e afflati antropologici.
438 Prosperi, 2016, pp. 4, 84, 90 e 207. 439
L’obiettivo dell’opera è di raccontare, attraverso la cartografia, l’espansione spaziale della predicazione della Compagnia; si veda Gosselet, 1998, p. 175.
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nove anni il frontespizio dell’Historia. Nella fontana dei Quattro Fiumi di Gian Lorenzo Bernini, realizzata sotto il pontificato di Innocenzo X immediatamente dopo la pace di Westfalia e inaugurata il 12 giugno 1651, i Continenti sono rappresentati dalle personificazioni in forma maschile dei principali corsi d’acqua di ciascuno ma il concetto figurativo è il medesimo: essi si srotolano, infatti, intorno al luminoso fulcro propagatore qui rappresentato dalla colomba che sormonta l’obelisco centrale.
Il Danubio, rappresentante Europa, ha la mano destra appoggiata sullo stemma papale e la sinistra tesa a fornirgli supporto. La gestualità è armoniosa e posata. Il carattere missionario del monumento si fa evidente nelle posture e nelle attitudini delle personificazioni: il Rio de la Plata, tra Danubio e Nilo, torce per esempio busto e collo verso il centro protendendo il braccio con la mano aperta, un gesto di difesa comunemente interpretato come conseguenza dell’abbagliamento procurato dai raggi luminosi, ovvero la luce divina che, attraverso le prime missioni e il papato di Innocenzo, fa emergere la sua terra dalle tenebre del paganesimo 440.
Le statue di Gange e Nilo non sono, invece, volte verso il centro. Il Nilo «Landes des Obelisken», tuttavia, istituisce un legame con la christianitas sostenendo con la mano destra l’altro stemma papale. La sua testa è velata, probabilmente per suggerire che le sorgenti del fiume, in passato tanto ricercate, rimangono ancora sconosciute. Il Gange, alla destra di Europa, un placido ma vigoroso uomo barbuto con remo, offre completamente le spalle all’obelisco, un’attitudine che contrasta nettamente con quella del Danubio. Ciascuna parte del mondo mette in scena, con la sua peculiare attitudine e gestualità, la propria reazione alla luminosa benedizione che il papa sta diffondendo sull’intera ecumene. Secondo Sabine Poeschel, contemporaneamente all’abbraccio missionario che dal centro propagatore guida l’osservatore al mondo periferico intorno, si impone nel gruppo scultoreo anche il moto opposto, cioè l’omaggio alla regola di Roma e al potere onnicomprensivo della Chiesa da parte di ciascun angolo della terra: «Dieser Gedanke, der natürlich gleichzeitig auch eine Huldigung beinhaltet, sieht den Papst als Ausgangspunkt des Lichtes vor, das von ihm zu den Erdteilen hin vermittelt wird»; omaggio così restituito dalla poesia del gesuita Girolamo Petrucci: «Gemmifer hic Ganges, hic Romam Nilus
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440 Preimesberger paragona questo gesto a san Paolo nel momento della conversione (R. Preimesberger, Obeliscus Pamphilius, in «Münchner Jahrbuch der bildenden Kunst», 78, 1974, pp. 77-162). Si veda M. G.
D’Amelio, T. A. Marder, La fontana dei Quattro Fiumi a piazza Navona: iconologia e costruzione, in Piazza
! "(%! adorat / Tigris et Euphrates sub juga nostra fluunt»441.
Non mancano, infine, i classici animali rappresentativi, quali il leone, il cavallo e l’armadillo con la sua tradizionale armatura di piastre ossee, altri più atipici come il dragone, e piante familiari ed esotiche, come la palma che si profila di fianco al Gange, che si addensano sul basamento roccioso a formare una sorta di camera delle meraviglie a cielo aperto. Questa digressione sull’opera del Bernini è atta a rendere conto dell’unico esempio monumentale, tra quelli qui trattati, in cui la formalizzazione del potere onnicomprensivo della Chiesa sia condotta tramite il simbolo del papa che effonde la luce sui quattro continenti.
I continenti compaiono anche in occasione del possesso di Innocenzo X del 1644. Per la processione inaugurale del papa dal Vaticano attraverso le vie di Roma viene infatti eretto, di fronte a Palazzo Borghese, un ‘Gran Teatro del Mondo’, composto da due imponenti stemmi, rappresentanti potere papale e potere temporale, e dai quattro continenti in veste pirotecnica (fig. 155)442. La colomba, infine, simbolo araldico di Innocenzo, sostituisce la croce che era stata stabilita sull’obelisco da Sisto V. Il medesimo animale irradia luce sulla Chiesa, rappresentata tra le statue di Pietro e Paolo e omaggiata dai quattro continenti, anche sul frontespizio di Dominique Barrière alla popolare guida di Fioravante Martinelli
Roma ricercata nel suo sito, nella terza edizione ampliata del 1658443.
La soluzione esemplare elaborata dal frontespizio dell’Historia riverbera su scala monumentale nella volta della chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a Roma (fig. 149). Il confratello Andrea Pozzo mostra la gloria del fondatore della Compagnia del Gesù, rappresentato su una nuvola sorretta da alcuni angeli tra i quattro continenti che poggiano, quasi sospesi verso gli angoli della navata, sulla congiunzione tra i due ordini architettonici della quadratura con i rispettivi attributi e animali. Sono illustrati, così, storia e ideali dell’Ordine, l’apporto di Ignazio e dei suoi compagni nella diffusione della grazia divina e !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
441
Poeschel, 1985, p. 244; A. Kircher, Hauptwerke. Obeliscus Pamphiliius, a cura di F. Böhling, Hildesheim- Zürich-New York 2014, p. 23.
442 La scelta degli animali ricalca Ripa, tranne nel caso di Europa, eccezionalmente accompagnata da un orso,
animale che raramente le è associato (unico precedente, nel contesto del tema delle quattro personificazioni, tra tutti i casi trattati è Gheeraerts, cfr. cap. dedicato a Galle). In Laurentius Banck, Roma triumphans: seu
actus inaugurationum & coronationum Pontificum Romanorum…Innocentii X…additis, J. Arcerii,
Franekerae 1656 [2 ed.], p. 283: «Ante eandem Romam, quatuor mundi partes Europa, Asia, Africa e America admirando e plane stupendo quodam artificio erant collocatae, eaeque imnes pulvere nitrato ac pyrobolis forinsecus vestitae e intrinsecus oppletae fuerant».
443 La prima è edita da B. Tani a Roma nel 1644 ed è dedicata a Cassiano dal Pozzo. Ad essa seguono altre
due edite in occasione del giubileo. Si veda E. Parlato, ‘Per diporto ò devotione’. Curiosità, godimento dei
monumenti ed erudizione nella Roma ricercata…di Fioravante Martinelli (1644), in «Incontri. Rivista
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nell’instaurazione di una christianitas geograficamente estesa su tutto il globo. Il santo è presentato come colui che realizza il desiderio di Cristo espresso nei versetti di Luca 12, 49-53: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!». L’imperativo «Ite omnia incendite et inflammate» è incorporato anche dall’assetto geometrico delle linee: la luce divina che nel soffitto tocca sant’Ignazio è rappresentata con una serie di rette luminose tracciate dal pittore per raffigurare simbolicamente le linee della conversione e della fede444. Il fascio di luce promana quindi da Dio Padre a Cristo trionfante con la croce, centro della rappresentazione, e da egli a Ignazio445. Quattro raggi disposti a ‘x’ si dipanano a loro volta dal petto del santo per raggiungere i quattro angoli della terra. La salvazione si compie con la rappresentazione, tramite un moto inverso e concomitante rispetto a quello dei raggi, dell’ascesa di tutte e quattro le parti del mondo al cielo dei Gesuiti.
Africa (fig. 153), di fronte ad America e di fianco ad Asia, monta un coccodrillo - riferimento al Nilo, iconografia antica utilizzata perlopiù in ambito nordeuropeo - mentre un putto sta sospingendo via una delle due figure dell’eresia con una torcia puntata verso il basso. Asia (fig. 152), a dorso di un cammello, con copricapo annodato, incenso fumante retto da un putto e cammello, si volge verso san Francesco Saverio nel cielo, sottolineando così il ruolo missionario svolto dal santo nelle sue terre. La vigorosa apparenza combattiva dell’amazzone America (fig. 151), accompagnata dal puma (già presente in raffigurazioni
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444 Si veda W. Oechslin, La storia della salvezza «More Geometrico»: la volta della navata di S. Ignazio a Roma affrescata da Andrea Pozzo (in «Atti Accademia Rovetana Agiati», serie IX, IV, 2014, pp. 155-202)
per quanto riguarda alcune riflessioni sulla relazione analogica tra le leggi prospettiche utilizzate da Pozzo e la concezione religiosa che si incarna nelle linee rette dei fasci di luce e nel suo vincolante punto di osservazione (il ‘punto stabile’, contrassegnato da un disco, necessario per una corretta decifrazione visiva e teologica dell’affresco). Il simbolismo della costruzione prospettica, racconta Pozzo, gli risulta chiaro sin dalla prima idea («il primo lume») avuto per il soffitto. Solo la linea retta, scrive, è «tenace e incrollabile», si erge nella sua incorrubilità visiva contro gli «intrighi delle linee occulte» e si associa, per similitudo, al
Lumen Dei e all’Ignis Dei. Di qui l’esortazione: «Ignem veni mittere in terram, et quid volo nisi ut
accendatur; ite omnia incendite et inflammate» (Idem, p. 184); si veda la lettera al Duca di Liechtenstein, 1694, citata da B. Kerber, Andrea Pozzo, Berlin 1971, p. 70; A. Pozzo, Significati delle pitture fatte nella
volta della Chiesa di S. Ignazio di Roma, Roma 1828, pp. 3-6; Lione Pascoli, Vite de’ pittori, Scultori ed