Ratto di Europa ed Europa regina
3. Le personificazioni in carta e in scena
Le personificazioni dei quattro continenti di Maerten de Vos, compresi nella serie di sessantasei allegorie conservata nel Prentenkabinet del Plantin-Moretus di Anversa, sarebbero state concepite per gli apparati decorativi della città165. Prima di passare alla loro disamina occorre soffermarsi sulla più ampia cornice dei festeggiamenti cittadini, quali ingressi illustri e processioni civiche, in quanto luoghi primari di messa in scena e fruizione di questo tipo di immagine allegorica. Le tracce visive di queste realtà sono sopravvissute nelle illustrazioni che corredano i resoconti di questi eventi. Oggetto di indagine, in questo capitolo, saranno quindi i modelli per gli apparati scenografici e i resoconti stampati, sia nella loro componente testuale sia in quella visiva, dei maggiori eventi in cui il tema è riscontrabile. Lo scopo è di mettere in luce circostanze, motivazioni e implicazioni all’origine dell’impiego in contesti celebrativi, con uno sguardo focalizzato soprattutto su Anversa come iniziale fucina di elaborazione, da una parte, e alle modalità di inclusione del tema, con la sua peculiare iconografia, nel complesso retorico del Sacro Romano Impero e nella sua comunicazione visuale dall’altra.
Nella prefazione del libro che commemora il più celebre degli ingressi solenni ad Anversa, quella per il cardinale infante Ferdinando nel 1635, Caspar Gevartius presenta se stesso e Rubens, creatore delle elaborate decorazioni, come gli ultimi di una lunga serie di famosi sodalizi volti alla realizzazione di apparati decorativi, composti da un umanista, il segretario della città, e da un artista: Petrus Aegidius e Quentin Massys per l’entrata del 1520, Cornelius Grapheus e Pieter Coecke van Aelst per quella del 1549, Joannes Bochius e Otto Van Veen, infine, per quelle del 1594 e del 1599166.
Feste pubbliche, processioni religiose e ingressi illustri sono occasione di solidarietà e comunicazione: ogni componente della comunità, includendo clero, classe politica e militare, partecipandovi manifesta ed enfatizza il ruolo ricoperto all’interno
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Le indicazioni relative alla collocazione di alcune figure e la dediche sui disegni, nonché i temi ivi sviluppati e le allusioni alle virtù di un buon governo, sono tutti elementi che difficilmente fanno pensare a una committenza privata ma ci rimandano al 1594. Si veda più avanti la nota 215.
166 I doveri del segretario comprendevano non solo i resoconti ma anche l’organizzazione generale e la
composizione delle iscrizioni degli archi trionfali negli spettacoli cittadini che accolgono coloro che sono chiamati ad amministrare e governare la città. Su questi sodalizi si veda K. Thomassen, Alba Amicorum, Maarsen-The Hague 1990.
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dell’ingranaggio civico167. Tra il 1520 e il 1635, Anversa ospita nove celebri entrate che, basandosi sul reciproco riconoscimento e legittimazione, hanno lo scopo precipuo di affermare un paradigma di interdipendenza. Si tratta, infatti, di eventi dalla grande forza costituzionale nel ratificare formalmente il rapporto tra chi governa e gli abitanti della città in cui avviene la parata168. Con questi atti performativi, tramite una serie di strategie figurative, è circoscritto e visualizzato un rapporto teso tra un potere da legittimare e dei diritti che vanno riconosciuti: da una parte le autorità della città ospitante che nell’omaggiare il monarca non possono perdere di vista i propri interessi e, dall’altra, l’immagine che il sovrano intende pubblicamente restituire di sé. La sequenza dei tableaux e degli archi decorati dispiegati lungo l’itinerario prescelto è concepita, di volta in volta, sulla base di un preciso programma politico sovrinteso dalle autorità cittadine, dalle gilde !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
167 Per quanto riguarda gli artisti che collaborano alle decorazioni del 1549 si veda A. Corbet, L’entrée du prince Philippe a Anvers, in Les fêtes de la Renaissance. II: Fêtes et cérémonies au temps de Charles Quint,
a cura di J. Jacquot e M. Bataillon, Paris 1960, pp. 307-310, p. 309. Cornelius Grapheus, Spectaculorum in
susceptione Philippi Hispaniae Principis… (G. van Diest, Antwerpen 1550), tradotto anche in olandese e
francese, i disegni delle ventiquattro stampe sono di Pieter Coecke van Aelst; Joannes Bochius, Descriptio
publicae gratulationis, spectaculorum et ludorum, in adventu…Ernesti…(Anversa, 1595) e Historica narratio profectionis et inaugurationis Serenissimorum Belgii Principum Alberti et Isabellae, Austriae Archiducum (Anversa, 1602); J. C. Gevartius, Pompa Introitus honori Serenissimi Principis Ferdinandi…a S. P. Q. Antwerp[iensi] decreta et adornata…(Anversa, 1641). Gevartius assegna a Otto van Veen il merito
delle decorazioni dell’evento del 1599 e quelle del 1594 ad Anversa (il suo nome, però, non è tradizionalmente legato a questo evento e non appare nelle cronache della città; Bochius lo menziona nel suo resoconto dell’evento del 1599 una sola volta, mentre per quanto riguarda il 1594 non compare alcun riferimento).
168
Eventi di questo tipo sono avvertiti come un fondamentale momento di contatto tra il sovrano e le classi urbane, dunque tra la dinastia asburgica, assolutamente intenzionata a incrementare e centralizzare il proprio potere, e le città del Brabante, gelose dei propri diritti e libertà, intenzionate a sovrintendere e ad arginare il più possibile tali ambizioni stipulando condizioni ragionevoli e articoli passibili di emendamenti. Nel caso di un evento incentrato su un importante personaggio, un sovrano o un suo funzionario, il percorso per le vie è scandito da strutture effimere monumentali, quali fontane, archi, piattaforme, concepite per una visione privilegiata da parte di colui che è celebrato e dal suo corteo. Per quanto riguarda il contesto storico e sociale di Anversa durante ingressi e processioni si veda J. Cartwright, Forms and their Uses: The Antwerp
Ommegangen, 1550-1700, in Festive drama, a cura di M. Twycross, Cambridge 1996, pp. 119-131, p. 119
(con le corrispettive note 1 e 2). Si veda anche J. Landwehr, Splendid ceremonies: state entries and royal
funerals in the Low Countries, 1515-1791: a bibliography, Nieuwkoop 1971. Altri casi studio sulle
pubblicazioni conseguenti alle feste civiche sono in A. M. Wintroub, To Triumph in Paradise: the New
World and the New Learning in the Royal Entry festival of Henry II (Rouen, 1550), Ann Arbor 1997, M.
Thøfner, A common art: urban ceremonial in Antwerp and Brussels during and after the Dutch revolt, Zwolle 2007 e Idem, ‘Willingly We Follow a Gentle Leader’: Joyous Entries into Antwerp, in The Dynastic
Center and the Provinces: Agents and Interactions, a cura di S. Dabringhaus e J. Duindam, Leiden 2014, pp.
185-202; J. R. Mulryne e H. Watanabe-O’Kelly, a cura di, Europa Triumphans: court and civic festivals in
Early Modern Europe, Aldershot 2004, pp. 236-241. Si sofferma solo su alcuni aspetti W. Kuyper, The Triumphant Entry of Renaissance Architecture into the Netherlands, Alphen aan den Rijn, 1994 (nella
fattispecie stile e scopi delle architetture effimere, sull’iconografia politica dispiegata e sull’eventuale innovativo stile rinascimentale impiegato); M. A. Meadow, The Rhetoric of Place in Philip II’s 1549
Antwerp Blijde Inkomst, in «The Journal of the Walters Art Gallery», 57, 1999, pp. 1-11 evidenzia
l’importanza della retorica nell’organizzazione degli apparati; W. Eisler, Celestial Harmonies and Hapsburg
Rule, in All the world’s a stage…’: Art and Pageantry in the Renaissance and Baroque, a cura di B. Wisch e
S. Scott Munshower, Pennsylvania 1990, pp. 333-356 si concentra sul solo arco dei Genovesi nell’evento del 1594.
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di mercanti stranieri e dalla Zecca. Sono le autorità ad avere l’ultima parola, a determinare la maggior parte delle figure e la posizione e l’orientamento di ciascuna struttura lungo il percorso scelto169. Lo scopo è quello di edificare un messaggio coerente in tutte le sue parti, siano esse frutto del lavoro della città siano esse il risultato di finanziatori stranieri. Come realmente, tuttavia, la popolazione reagisse alla visione di questi eventi e quanto effettivamente fosse colto del linguaggio umanistico dispiegato rimane difficile da definire170.
È per celebrare la salute dei suoi domini e i suoi successi politici che durante il regno di Carlo V hanno luogo innumerevoli eventi di questo tipo171. La struttura e il linguaggio di tali eventi, perlomeno in alcune sue componenti strutturali e linguistiche, provengono dal mondo antico dei trionfi romani172. L’iconografia imperiale adottata da Carlo V - la cui
impresa e motto, plus ultra, esprime il perpetuo anelito all’espansione del suo imperium -
trova espressione simbolica nell’utilizzo di motivi architettonici e di formule celebrative classiche: «L'imperatore Carlo V fornisce agli umanisti e agli artisti del Rinascimento una figura in carne ed ossa su cui catalizzare l'intero repertorio di una riscoperta antichità classica», egli è intenzionato ad accentrare su di sé le antiche qualità dei valorosi guerrieri antichi, degli illustri imperatori romani (Carlo erede dei Cesari), oltre che il ruolo di difensore della santa Chiesa173. L’articolazione simbolica di Carlo proclama l’inclusione
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169
S. Bussels, Spectacle, Rethoric and Power: The Triumphal Entry of Prince Philip of Spain into Antwerp, Leiden 2012, pp. 90-91.
170 Al riguardo G. Marnef, Antwerp in the Age of Reformation, London 1996, p. 28; H. Soly, Openbare feesten in Brabantse en Vlaamse steden, 16de-18de eeuw, in Het openbaare initiatief van de gemeenten in België, Brussel 1984, pp. 605-636, 615-617. Max Herrmann definisce gli ingressi illustri un gruppo di eventi
teatrali che plasmano la società, trasformando la città in un enorme palcoscenico; Forschungen zur deutschen
Theatergeschichte des Mittelalters und der Renaissance, Berlin 1914. 171
Per quanto riguarda l’attenzione rivolta alle potenzialità politiche dell’imagerie antica da parte della casata asburgica si veda il contributo di Frances Yates, Astraea: The Imperial Theme in the Sixteenth Century, London-Boston 1975. La studiosa descrive il culto della renovatio Imperii Romanorum rappresentata da Carlo: il suo impero è visto come una rinascita cristiana dell’impero romano, ampliato nelle sue dimensioni (non a caso il suo emblema sono le colonne di Ercole, limite dell’impero romano, accompagnate dal celebre
plus ultra). 172
Sebbene sia il trionfo romano sia la blijde inkomst implichino il passaggio attraverso la città di un personaggio illustre sono ravvisabili alcune fondamentali differenze. Con l’inkomst viene, infatti, sancito, tramite un percorso scandito da stazionari punti di interesse, l’alleanza tra la città e un nuovo sovrano. A Roma il trionfatore sul carro celebrava invece, insieme al popolo, una vittoria marziale, accompagnato da soldati, trofei e prigionieri. Di fatto, dunque, l’inkomst sembra più vicina negli scopi all’adventus. Sull’argomento si veda G. Shamos, Bodies of Knowledge: the Presentation of personified figures in
Engraved Allegorical Series Produced in the Netherlands, 1548-1600, PhD dissertation in History of Art,
University of Pennsylvania 2015, p. 230; Bussels, 2012, p. 185.
173
«The use of triumphal forms for the portrayal of European imperial domination would have corresponded well to the original intentions of ancient Roman triumphs, which, as a rule, celebrated the defeat of foreign lands…Within the context of a triumph, personifications of cities and territories were frequently used as a means of representing subjugated peoples»; Shamos, 2015, p. 256. Sul valore politico dei viaggi di Carlo V nel cuore dell’Europa (circa trentotto, tra Paesi Bassi, Germania, Italia, Spagna, Francia e Inghilterra) come
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del mondo intero allora conosciuto nel proprio dominium e l’intenzione di adempiere la promessa di un ritorno all’unità spirituale: un’illusione confortante nel mondo appena destrutturato del secolo. Significa dover portare tra le genti la dottrina cristiana, preservarne l’unità contro le lacerazioni interne come contro gli attacchi esterni, e portare la croce nel Nuovo Mondo insieme allo stendardo imperiale di un’auspicata vittoria contro i Turchi174.
Nella prima metà del secolo in due eventi, in particolare, figurano tra le decorazioni i tre antichi continenti. Nello sfarzoso spettacolo creato in onore dell’ingresso di Carlo V ad Anversa nel 1520, Africa e Asia sono ritratte in ginocchio di fronte al sovrano, quest’ultimo a sua volta colto nell’atto di abbracciare e salvare Europa, rappresentata su un toro. Tra Africa e Asia la Pace sopraffà Bellona175. Affianco a questa scena due soldati portano teste di Ottomani e musulmani impalati esposti come prolettici trofei. Quando Carlo V ritorna in città il 10 settembre del 1549, per presentare come suo erede il figlio Filippo al quale intende assicurare il dominio spagnolo sulla regione (Filippo rientrerà nella città fiamminga il 18 gennaio nel 1566, una volta diventato Filippo II), le tre parti del mondo sono rappresentate nell’arco della Coepoortstrate come soggette al principe, Europa compresa, e personificate da figure femminili abbigliate in costumi tipici (fig. 40). Stando alla descrizione, Europa è agghindata secondo una generica foggia cristiana, la bruna Asia ‘alla turca’ e la mora Africa ‘all’egiziana’ («Facie candida, vestimentu Europaeis communi»; «colore subfusco, cultu asiatico»; «Aspectu ferè Aethopico, amictu Aegycptiaco»)176. Cornelius Grapheus non menziona che nella stampa del resoconto, opera di van Aelst, le tre fanciulle appaiono con il seno scoperto (Grapheus, Spectaculorum in !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
in Africa (due volte) si veda R. Strong, Arte e potere: le feste del Rinascimento 1450-1650, Milano 1987, pp. 128-129.
174
In “Plus ultra”, “Non plus ultra”, and the Columnar Device of the Emperor Charles V, in «Journal of the Warburg and Cortauld Institutes», 34, 1971, pp. 204-208, E. E. Rosenthal esplora le origini, le prime rappresentazioni e le varie versioni dell’emblema e del motto. Inoltre, anche se il riferimento diretto è alle nuove terre acquisite a occidente, Rosenthal dimostra come l’intenzione precipua alla sua base sia di diffondere la christianitas ai confini della terra, a est come a ovest.
175 Petrus Aegidius, Hypotheses sive argumenta spectaculorum quae…Carolo…fides et amor…sunt aedituri,
M. Hillenius Hoochstratanus, Antwerpen 1520. Si veda J. Jacquot, Panorama des fêtes et cérémonies du
régne, in J. Jacquot, M. Bataillon, Les Fêtes de la Renaissance, Paris 1960, pp. 410-492, p. 456 e Bussels,
2012, pp. 60-61.
176 Alla fine del volume commemorativo Grapheus, il segretario della città incaricato di sovrintendere
all’organizzazione dell’evento e a stilarne il resoconto, riporta il numero dei collaboratori impegnati nella costruzione degli apparati festivi: 895 carpentieri, 233 pittori, 498 altri lavoratori per una somma totale di 1726 - Grapheus aumenta quello che sarebbe risultato dall’addizione di 100 unità. L’introduzione di Grapheus è indirizzata a Don Carlos, figlio più giovane di Filippo: il segretario intende consegnare alla memoria come la folla accorra per vedere il principe nella parata, con quale gioia, con quale felicità, onori, cerimonie e gratitudine l’intera città, la comunità, nobili, i mercanti stranieri da tutto il mondo, abbiano ricevuto il principe, padre di Don Carlos.
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susceptione Philippi Hispaniae Principis, Divi Caroli V Caesaris…mirificus apparatus, G.
van Diest, 1550, fol. K5). Bussels, per spiegare questa discrepanza tra testo e immagine, ipotizza che lo scritto di Grapheus miri a evidenziare le peculiarità (quali vestiario e relativi accessori) che contraddistinguono le tre fanciulle, mentre l’immagine di Coecke van Aelst punti a mettere in risalto «that the scene was a feast for the eye and would have stimulated the senses»177. Il trattamento del panneggio e la parziale nudità, si può aggiungere inoltre, contribuiscono ad aumentare il tono classico della piccola scena. Manca la personificazione del Nuovo Mondo, ricordato tuttavia da un’iscrizione dedicata alle terre recentemente raggiunte dalla fede. Va qui in scena un mondo dai confini ancora ristretti, un aspetto riaffermato anche dall’arco in cui Carlo e Filippo sono rappresentati nell’atto di sconfiggere e scacciare gli infedeli musulmani: anche in questo caso ci si riferisce a un mondo dai limitati riferimenti geografici, focalizzato sull’antico Mediterraneo178. Nel riquadro centrale Giulio Ascanio e Servio Tullio, con fiammelle che lambiscono i loro capi, fiancheggiano Filippo il cui capo è, invece, sorvolato da un’aquila. La presenza dell’animale è atta ad asserire, come le lingue di fuoco, il radioso destino che lo attende come imperatore del Sacro Romano Impero179. Il potere di Filippo, come scritto nello stendardo che viene recato da due angeli nell’arco degli Spagnoli, è destinato a estendersi senza fine su tutta la terra. L’anelito della sua casata a un potere assoluto si lega all’augurio che una nuova età dell’oro venga da lui ripristinata, correlando il suo regno alla pace e alla giustizia di quello augusteo180.
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177
Bussels, 2012, p. 63.
178 Anche il globo sorretto da padre e figlio nell’arcus publicus mostra questa parte di emisfero centrata su
Mediterraneo e Medio Oriente piuttosto che, come sarà successivamente di maggior consuetudine, l’Oceano Atlantico.
179 Così è descritta l’immagine da Calvete de Estrella: «[L]os otros dos Principes niños erat, el vno el
hermoso Iulio Ascanio hijo de Eneas, y el otro Seruio Tulio hijo de Publio Corniculano, que tenian los cabellos y cabeças cercadas de vnas llamas de fuego sin hazer les daño, que significauat los reynos y señoros, que los dos tuuieron, y assi les auia à entrambos acontecido siendo niños»; El felicisimo viaje d’el muy alto y
muy poderoso Principe Don Phelippe hijo d’el Emperador Don Carlos Quinto Maximo desde España a sus tierras de la baxa Alemaña, J. Cristóbal, Antwerpen 1552, vol. IV, fol. 242r.
180 «Voerwaer tis een groot ende seker voerteecken dat ghi, o Prince, Coninck der Spaenscher Natien, sult
wesen des werelts eenich Monarcha, gemerct dat uwe macht is toecommende so groot, dat sy haer sonder eynde strecken sal aan het hoochste tot onderste der eerden»; Grapheus, De seer wonderlijcke schoone
Triumphelijcke Incompst den hooghmogenden Prince Philips, Prince van Spaignen, Caroli des vijfden, Keyserssone, G. van Diest, Antwerpen 1550, fol. Fr. (F4 nella versione latina). Per quanto riguarda l’aspetto
stilistico, l’evento è infuso di immaginario antico. Motivi trionfali compaiono nell’interpretazione visiva ma sono impiegati anche nelle descrizioni: Grapheus, infatti, fa un ripetuto uso dell’aggettivo triumphelijck e in un passaggio dell’introduzione fa riferimento ai trionfi, descritti dagli autori antichi, di un lontano passato (Bussels, 2012, p. 71). Corbet (1960, p. 309) precisa che il legame con l’antico è più forte ed evidente nei cosiddetti archi ‘stranieri’ (inglese, tedesco, spagnolo, genovese, fiorentino…), più italianeggianti («dans un style italianisant») di quelli della città, al contrario più fedeli alla tradizione locale, con qualche eccezione («Nous remarquons toutefois une différence de style entre les dècorations communales et celles commandées
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Questa speranza e il generale tenore pacifico delle immagini fin qui trattate sembrano infrangersi nella rappresentazione della fascia centrale del decimo tableau cittadino (fig. 41)181. Filippo è qui presentato in compagnia del padre nell’atto di cacciare un gruppo di infedeli identificati come turchi, mori, arabi, saraceni, agareni e mamelucchi - ciascuno, stando al resoconto, identificabile grazie al tipico abito - i quali, con le molte lance appoggiate sulle spalle, sono sospinti verso il margine destro della cornice e così virtualmente scacciati dalle province della Grecia, del Nord Africa e dell’Asia minore. Il testo ci aiuta nella decodifica specificando che la provincia di Numidia era caratterizzata dalla pelle scura, quella di Aethiopia dal vultu nigro e Hierozolima «rubris suis illis crucibus signata», mentre Bithinia, Pamphilia, Graecia, Assyria, Palestina, Aegyptus,
Phoenicia, Arabia, Costantinopolis e Damascus apparivano come principesse levantine
inginocchiate al di sotto di Carlo e di Filippo182. Queste figure, presumibilmente, venivano raffigurate utilizzando una grande varietà di fogge e costumi, nella stampa, tuttavia, gli uomini rappresentativi delle popolazioni combattute e le figure allegoriche femminili (le province liberate) sono indistinguibili nei loro turbanti. La speranza è che l’iniziativa qui propagandata, di liberare i ‘sudditi’ dall’occupazione pagana nel Mediterraneo e nelle aree di confine del sudest e dell’Europa centrale, si perpetui anche con Filippo, l’erede di Carlo, colui che sin dalla sua incoronazione a Bologna è stato investito dal Papa come difensore della fede strenuamente impegnato a combattere le eresie. Anche i genovesi, con il loro arco anch’esso dal tono guerresco, comunicano il desiderio che il futuro sovrano si impegni a intraprendere una spedizione punitiva contro i turchi. Secondo le sue immagini !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
par des particuliers, notamment par les nations étrangères - anglais, allemande, espagnole, gênoise, florentine). Sull’argomento si veda anche Kuyper, 1994.
181 Filippo, al momento dell’entrata, aveva dichiarato da parte sua la speranza di essere riconosciuto come il
ben disposto, affezionato e obbediente futuro sovrano di queste terre, determinato a mantenerne la prosperità e la sicurezza. La parata si era aperta con un tableaux vivant con Antverpia, personificazione della città in guisa di fanciulla, inginocchiata davanti a Filippo, per concludersi con l’immagine del principe che, a sua volta, si genuflette al cospetto di Dio. È negli interessi delle autorità organizzatrici e dei paesi internazionali che commerciano in città creare un’immagine edificante del futuro sovrano, in modo da prestare omaggio a un principe dipinto come misericordioso; Bussels, 2012, p. 127.
182
Jacquot, 1960, p. 465. L’elenco di Grapheus è composto da designazioni, più o meno, contigue o sinonime: arabi è designazione generica delle popolazioni nordafricane, mentre Saraceni è il nome col quale nel Medioevo cristiano europeo, per sineddoche, sono designati genericamente tutti gli Arabi (la prima attestazione del termine, nella Geografia di Tolomeo, non designa tuttavia l'intera popolazione araba ma solo la parte di essa stanziata nella regione meridionale della penisola del Sinai); ‘saraceni’ è una denominazione spesso utilizzata in età tardoantica che passa a indicare i nuclei di Arabi, provenienti dall'Africa