IL CONSOLIDAMENTO DEL TEMA E IL VOCABOLARIO ICONOGRAFICO NEL SEICENTO
1. La codificazione dell’Iconologia di Ripa: fonti e influenza
La prima edizione dell’Iconologia, risalente al 1593, viene pubblicata a Roma priva di figure e dedicata al cardinale Antonio Maria Salviati. Di edizione in edizione, fino alla fine del Settecento, le voci sono progressivamente ampliate in numero, ma giànel 1603 il testo viene incrementato con le celebri quattro xilografie dei continenti324. Il successo dell’Iconologia si lega alle tendenze enciclopediche del Cinquecento ma riverbera quindi, con notevole fortuna, anche nei due secoli successivi, soprattutto in Italia, in Spagna e in parte del Sacro Romano Impero, in opere pubbliche o sulle pareti di dimore private325. Nella premessa all’edizione padovana del 1630, lo stampatore Donato Pasquardi presenta l’opera come un «ragionamento d’Imagini», derivando dalle parole greche Icon e Logos326. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
324 Da questa edizione, edita da Lepido Facii (Roma 1603) sono tratte le citazioni che seguono nelle prossime
pagine. L’intenzione ecfrastica del Ripa si rivela, soprattutto, nella prima edizione, sprovvista infatti della traduzione illustrata. È la descrizione scritta a costituire la componente imprescindibile del manuale, Maffei parla, in merito, di forza delle immagini mentali; si veda l’introduzione all’Iconologia curata da Sonia Maffei (Torino 2012, p. XXVIII).
325
Per l’analisi degli elementi che rendono conto del suo successo editoriale nel tempo e nello spazio si veda Maffei, 2012, p. LVI.
326 Per quanto riguarda i destinatari: prima edizione, Romana, aniconica, solo ‘poeti, pittori e scultori’; si
aggiunge un generico ‘altri’ nella seconda, sempre romana; ma le categorie si ampliano sensibilmente solo con le edizioni padovane: nel 1611 si parla di «oratori, predicatori», «formatori d’emblemi e d’imprese», «disegnatori, rappresentatori, architetti e divisatori d’apparati». Il repertorio di destinatari nel 1618 comprende «ogni studioso», «per inventar concetti, emblemi ed imprese, per divisare qualsivoglia apparato nuttiale, funerale, trionfale, per rappresentar poemi drammatici, e per figurare co’ suoi proprii simboli ciò, che può cadere in pensiero humano» (G. Zappella, L'iconologia di Cesare Ripa: notizie, confronti e nuove
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In questo organismo articolato e plastico - il testo nel passaggio da una edizione all’altra è sottoposto spesso a modifiche e rilavorazioni - ma anche concluso ed esemplare - la lista delle personificazioni scorre compresa tra Abbondanza e Zelo in un ordine rigorosamente alfabetico - si crea, infatti, «un linguaggio allegorico omogeneo e universale», che formalizza la tendenza del secolo, diffusa in tutta Europa, di radunare, razionalizzare e ordinare cose e pensieri astratti trasmutati in figure in manuali iconografici a uso di dotti consiglieri e artisti327.
Ogni figura dell’Iconologia, con il suo bagaglio di attributi, è codificata secondo combinazioni razionali e arbitrarie328. Ciascun elemento del linguaggio erudito messo insieme da Ripa è un universo a sé stante, un ‘geroglifico’ costituito dalla figura principale e da un intricato reticolo di oggetti simbolici non personificati, interscambiabili, ma profondamente caratterizzanti: «The relation between identity and identifiable attribute attribute is made lexically and visually stable by the images and explanatory texts in Ripa’s iconological dictionary of personification»329.
Nella selva di simboli e figure tramate da Ripa assistiamo a un dislocamento degli attributi sul corpo della personificazione secondo le modalità dell’arte della memoria. Il sostrato mnemotecnico (o la «meccanica mnemotecnica», come viene definita da Gabriele) dell’Iconologia si rivela anche nella differenziazione tra l’elemento fisso, cioè la figura umana, con le sue posture o gestualità peculiari, e l’elemento mobile, vale a dire gli attributi che la qualificano e la distinguono, selezionati in base alla loro pertinenza e !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Bolzoni, La stanza della memoria: modelli letterari e iconografici nell’età della stampa, Torino 1995, pp. 189 e 195. Cinque sono le edizioni pubblicate mentre Ripa è ancora vivo, diciotto nel Seicento, quindici nel Settecento. L’ultima edizione a recare ancora riflesso degli ultimi ampliamenti di Ripa stesso è quella curata da Giovanni Zaratino Castellini, A Padova, nel 1624-25 (Ripa muore però, A Roma, il 22 gennaio 1622). In nota: Sul contributo del Castellini a questa edizione (e a quella successiva del 1630) si veda G. M. Fara,
L’Iconologia di Cesare Ripa e la letteratura scientifica del suo tempo, in L’Iconologia di Cesare Ripa. Fonti letterarie e figurative dall’antichità al rinascimento, atti del convegno, Firenze 2013, pp. 65-82, p. 70; G.
Arbizzoni, Dopo Ripa: altre Iconologie, in Cesare Ripa e gli spazi dell’allegoria, atti del convegno, Napoli 2010, pp. 209-303; Maffei, 2012, pp. XI-XII.
327 Iconologia, 2012, pp. VIII-XIV. L‘ordine di pensiero reificante dell’inventario (G. Cherchi, Tra animato e inanimato: gli animali in Cesare Ripa, in L’Iconologia di Cesare Ripa, atti del convegno, Firenze 2013, pp.
83-95, p. 83) è alla base di quello che Quondam definisce un ‘universo di racconti’ (A. Quondam, Forma del
vivere. L’etica del gentiluomo e i moralisti italiani, Bologna 2010, pp. 116-117). La necessità di far
funzionare le narrazioni allegoriche così composte come un dizionario determina la scelta dell’ordinamento alfabetico.
328 Lo stesso Ripa nel proemio all’Iconologia (precisamente nella nota al lettore, messa in rilievo da
Gombrich: E. H. Gombrich, Icones Symbolicae: The Visual Image in Neo-Platonic Thought, in «Journal of the Warburg and Courtauld Institutes», 11, 1948, pp. 163-192), afferma che la teoria aristotelica della metafora costituisce l’auctoritas intorno alla quale è imbastito il suo linguaggio simbolico. Elizabeth McGrath invita, tuttavia, a non vedere nell’opera un impiego coerente di tali teorie (Personifying Ideals, recensione a A. G. Werner, Ripa’s Iconologia, Quellen, Methode, Ziele (Utrecht 1977), in «Art History», VI, 3, 1983, pp. 363-368).
329
W. S. Melion, B. Ramakers, Personification. Embodying Meaning and Emotion, Leiden-Boston 2016, p. 38.
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La narrazione dipinta è sempre accompagnata da un testo scritto composto da una prima parte, comprendente la descrizione puntuale dell’allegoria, che è sempre priva di fonti, e una seconda parte dedicata, invece, alla spiegazione degli elementi e alla citazione dei testi da cui sono estrapolati. Nelle intenzioni dell’autore è dalla conformazione alle istruzioni scritte che prende successivamente vita, o meglio corpo, l’immagine allegorica331.
È Mandowsky a indagare la genesi sullo sfondo di ciascuna ideazione allegorica, ricercando le possibili fonti letterarie e visive, sovente criptate, nella cultura geroglifica (Valeriano), in quella emblematica (Alciati) e nei manuali mitografici (Cartari)332. Come fa notare Sonia Maffei, l’opera sottintende anche una profonda conoscenza della letteratura classica, greca e latina, sebbene spesso Ripa non abbia consultato direttamente i testi antichi ma si sia avvalso della mediazione di repertori cinquecenteschi, non sempre facilmente identificabili333. La studiosa si sofferma, quindi, sull’influenza esercitata dai
compendia (quali le raccolte di Sebastiano Erizzo, Antonio Agostini, Hubert Goltzius) di
antiche monete romane, il cui verso era usualmente corredato da personificazioni, e che costituiscono un’altra fondamentale tipologia di riferimento (sono, infatti, più di novanta i brani dell’Iconologia che descrivono monete)334.
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330 Tale binomio, nelle regole basilari della mnemotecnica classica, equivale alla relazione loci/imagines: i
primi sono le sedi fisiche (le membra di un edificio, le stanze di una casa, le parti di un colonnato) ordinatamente disposte e nelle quali vanno inserite le seconde, i simboli di ciò che si intende tenere a mente. Forme e distribuzione spaziale sono le due chiavi di volta di questo sistema. I luoghi architettonici dell’arte della memoria classica possono essere trasmutati anche in un corpo umano: al posto dell’atrio, del vestibolo e della sala potremmo avere, ad esempio, il capo, la mano destra, e il piede sinistro. Ciascuna fisionomia e ciascun particolare possono, così, ricostruire un intero contesto storico o concettuale, come insegnato nell’Ad
Herennium (M. Gabriele, L’Iconologia di Cesare Ripa, Firenze 2013, pp. XII-XIII).
331 C. Galassi, L’Iconologia di Cesare Ripa, Firenze 2013, p. XXI. Laddove la mnemotecnica offre un utile
sussidio enciclopedico per la pratica della memoria, l’Iconologia lo offre per la pratica artistica. Le parole che completano le personificazioni raccolte da Ripa hanno, infatti, lo scopo di aiutare l’artista nell’ideazione di un’immagine, così come la mnenotecnica aiuta a edificare immagini atte a fissare nella mente cose o concetti. Sulle relazioni tra il manuale e i repertori mnemotecnici, dal punto di vista di fonti e destinatari, si veda Bolzoni, 1995, pp. 189-195.
332
S. Maffei, Cesare Ripa e gli spazi dell’allegoria, atti del convegno (Bergamo, 9-10 settembre 2009), Napoli 2010, p. 9. Sul reperimento delle fonti si veda il lavoro di E. Mandowsky, Ricerche intorno
all’Iconologia di Cesare Ripa, Firenze 1939.
333 L’intenzione di Ripa è tutt’altro che antiquaria. La pulsione ‘protosemiotica’ che anima l’assemblaggio di
Ripa non privilegia, infatti, una ricostruzione accurata dell’antichità e delle sue derivazioni - tali spunti, spesso appunto rimasti tra le pieghe, si possono offrire a un nostro lavoro filologico per portare alla luce quanto soggiace all’ideazione di ogni singola voce (e i poderosi studi della Mandowsky prima e della Maffei dopo si sono concentrati proprio su questo) - ma non sono la base dell’opera di Ripa che «rimane concentrata e isolata nel segno, nel mondo dell’immagine intesa come un linguaggio comunicativo» (Maffei, 2010, p. 13).
334 Erizzo si occupa delle monete di età imperiale, Ripa consulta probabilmente le edizioni ampliate
successive al 1559 (Bottega Valgrisiana, Venezia), quindi quelle del 1568 e del 1571; S. Erizzo, Discorso de
M. Sebastiano Erizzo sopra le Medaglie de gli Antichi, G. Varisco e Paganini, Venezia 1571. Antonio
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Il vocabolario simbolico dispiegato nei rovesci monetali, reso accessibile grazie a questa fioritura di letteratura antiquaria, fornisce, infatti, un contenuto visivo e concettuale molto appropriato ai concetti simbolici che l’Iconologia intendeva veicolare e un considerevole serbatoio di modelli, come le province di Asia e Africa, per gli umanisti impegnati nell’elaborazione di personificazioni geografiche. I repertori classici antichi si presentano, però, mancanti dei prototipi idonei per la figurazione di tutto ciò che riguarda le nova
reperta. Ecco allora che, alla fine del secolo, manuali come quello del Ripa offrono
necessarie sistematizzazioni e sincretiche rielaborazioni di materiali antichi e moderni. Il risultato è un’intelaiatura corale e aperta, un’opera fondata sull’utilità del repertorio, sull’immediatezza della consultazione e, soprattutto, sulla possibilità del riuso della «lussureggiante massa di citazioni classiche, di loci communes» in nuove combinazioni e contesti, in modo che dall’imitazione creativa scaturiscano inedite variazioni dei modelli335.
In questo sistema vasto e composito, espansosi notevolmente nei decenni, e ricco di voci connesse a realtà geografiche, ci si limita qui alle immagini dei quattro continenti, personificati, come tutte le altre figure, in corpi rivestiti di attributi simbolici e raccolti nella sezione “Mondo” (figg. 96-99)336. Come Ortelio, anche Ripa non affolla l’immagine di accessori iconografici e non la appesantisce con eccessivo allegorismo337.
È possibile indicare le allegorie dei continenti nelle carte geografiche di Fausto Rughesi, dedicate al duca di Mantova e Monferrato Vincenzo Gonzaga e oggi conservate nella Biblioteca Vaticana, come probabile fonte delle corrispondenti figure elaborate da Ripa
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Antiquity: Numismatics, Archeology, and Classical Studies in the Culture of the Renaissance, Princeton
2009, pp. 48–65.
335
Maffei, 2012, p. 6. L’autorevolezza accordata all’Iconologia trova un’esemplificazione visiva nell'autoritratto seicentesco di Lucrezia Maria Scarfaglia, conservato nella Galleria Pallavicini a Roma. Nel dipinto non vi è una ripresa puntuale di uno dei lemmi del testo ma è riprodotta l’opera stessa, accanto alla pittrice in atto di dipingere una Madonna con bambino: la sua rilevanza nel processo ideativo di un artista non può trovare migliore incarnazione pittorica.
336 Per quanto riguarda le allegorie geografiche, Ripa attinge da Alberti, Descrittione di tutta Italia (1581),
integrato da trattati specifici come l’operetta latina di Giovanni Maria Cattaneo Genua; Maffei, 2012, p. LXII, nota 212.
337 Pierfrancesco Guidi, nel suo contributo su Ripa e Danti apparso su «Arte Cristiana», illustra i rapporti del
perugino con Giovanni e Cherubino Alberti, autori delle lunette con i tre continenti di Palazzo Ruggeri a Roma (cfr. cap. dedicato a Palazzo Farnese). Ci si potrebbe, quindi, domandare se queste raffigurazioni possano avere ispirato la realizzazione delle corrispettive codificazioni di Ripa, ma il trattamento delle lunette romane, di chiara matrice ortaliana, non sembra avere punti di contatto con le controparti dell’Iconologia.
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(figg. 100-103)338. Ripa avrebbe avuto l’occasione di vederle nel 1597 e deciso di inserirle nella successiva edizione illustrata339. Scrive, infatti, nell’Iconologia del 1603 a proposito di America: «Di molto profitto mi è stata la viva voce del Signor Fausto Rughese, al quale per benignità, et cortesia gli è piaciuto darmi di questo paese pieno ragguaglio, come Gentil’uomo peritissimo, che d’Historia, et di Cosmografia nuovamente ha mandato in luce le tavole di tutte le quattro parti del Mondo, con gli elogi dottissimi a ciascuna di esse»340.
L’America che decora la cartouche di Rughesi, a parte il differente copricapo e la lancia (l’iwera pemma) retta al contrario, con la parte piumata in alto, è dotata degli attributi che già la distinguevano in Ortelio (fig. 101). Le sue figure ancillari reggono un piccolo armadillo e due pesci, probabile riferimento, presente anche nel testo, alle navigazioni che hanno condotto alla sua scoperta341.
Per Ripa America è una fanciulla dal volto feroce e dalla carnagione «fosca, di giallo color mista» (fig. 99), coperta da un velo multicolore che dalla spalla le attraversa il corpo per cingerle i fianchi e da un «vago et artifitioso ornamento di penne di varii colori», con i quali sono soliti «impennarsi il corpo in certo tempo». È accompagnata da una gigantesca lucertola, probabile riferimento al più grosso caimano, le cui illustrazioni non mancano di corredare in quegli anni i resoconti delle esplorazioni («animali molto notabili in quei paesi, percioché sono così grandi et fieri che devorono non solo li altri animali, ma gl’huomini ancora»). La donna trattiene tra le mani un arco e una freccia, armi tipiche utilizzate sia dagli uomini sia dalle donne di queste ‘Provincie’, tra i suoi piedi è incastonata una testa umana trafitta da una freccia. Essendo da poco stata scoperta, scrive Ripa, non si può contare su alcuna fonte antica, tuttavia «i migliori Historici moderni ne hanno referto, cioè il Padre Girolamo Gigli, Ferrante Gonzales, il Botero, i Padri Giesuiti», !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
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L’argomento è affrontato da R. Almagià, Carte geografiche a stampa di particolare pregio o rarità dei
secoli XVI e XVII esistenti nella Biblioteca apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1944-1955, pp. 69-73;
McGrath, 2000, p. 71; Maffei, 2012, p. 759 nota 9.
339
M. Fiorini, Il mappamondo di Fausto Rughesi, Società geografica italiana, Roma 1891. Le molto scarse notizie che abbiamo riguardo la sua figura si desumono dalle lettere, conservate nell’Archivio storico Gonzaga di Mantova, in merito alla dedica di queste cinque carte (quattro per ciascuna parte del mondo e una onnicomprensiva) al duca Vincenzo del quale sperava di assicurarsi la protezione artistica, e da quanto scrive Ripa nell’Iconologia (Fiorini, pp. 11-13 e appendici). L’interesse del duca per la geografia, tra l’altro, è provato da una lettera «in data di Venezia 7 maggio 1593» dell’ambasciatore mantovano al segretario ducale in cui si propone, per settanta ducati, l’acquisto del Theatrum «legato in Anversa e colorito» di Ortelio, spedito poi dall’ambasciatore il 28 dello stesso mese (Fiorini 1891, p. 6).
340 Nelle edizioni di Padova del 1618 e del 1625, da lui stesso ampliate, in quella di Roma del 1630 (curata da
Zaratino Castellini) e in quella perugina dell’abate Cesare Orlandi (1764-67), riguardo a Rughesi ritroviamo queste stesse indicazioni (Fiorini, 1891, p. 11).
341 Nel testo in cartouche abbiamo riferimenti al suo nome («ab Amer. Vesp. […] quorum alterum Novam
Hispaniam, alterum Peruviam vocant») alla dominazione spagnola e alle ricchezze delle sue terre («inexhaustis argentis atq. Auri metallis et smaragdis excelit»).
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infine, Ripa dichiara la propria riconoscenza a Fausto Rughesi da Montepulciano e ai suoi eruditi ragguagli sulle «Tavole di tutte quattro le parti del Mondo» dedicate al Gonzaga. Rispetto al suo riferimento Ripa copre parzialmente la totale nudità della figura, sceglie di non traslare gli elementi meno immediatamente intellegibili ma al contempo amplia sottilmente la sua aura di pericolosità trasformando la lancia rituale brandita da America in una più nota freccia e facendole impugnare con l’altra mano l’arco che in Rughesi era depositato sulle sue spalle, suggerendo in tal modo che da essa sia stata appena scoccata la freccia che trafigge sulla fronte la testa che giace a terra.
L’Africa indossa una collana di coralli e l’exuvia elephantis, come la sua controparte del frontespizio del Theatrum orbis terrarum reca un ramo fiorito (fig. 100). La figura a sinistra, e anche qui si può supporre una diretta derivazione da Ortelio vista la completa similarità, ha il capo coronato di fiamme, capelli crespi e profilo moro, e porge alla figura centrale un piccolo leone. La figura a lei speculare, raffigurante il Nilo secondo la sua classica iconografia (si vedano gli infanti che si arrampicano sul suo corpo), offre invece un coccodrillo342. Rughesi, le cui carte sono rivolte a un pubblico colto e in grado di decifrarne i riferimenti, riunisce nella sua raffigurazione entrambe le figure, distinte dal copricapo, che si sono sin qui esaminate: quella di derivazione classica (la prominente) e quella che appare nelle stampe nordiche del soggetto che, nonostante il modello di Hubert Goltzius, non utilizzano mai l’exuvia per caratterizzare il continente. Non dimentica, inoltre, quasi volesse comprendere tutte le possibili versioni, di riferirsi all’iconografia della celebre statua del Nilo in Vaticano.
La sua Asia siede a braccia aperte, con un turibolo in una mano e un vassoio colmo di collane e di qualche ramo fiorito nell’altra (fig. 102)343. Anche in questo caso, le due figure maschili ai lati sorreggono due tipici animali del continente miniaturizzati: il dromedario e il rinoceronte, posizionati, tra l’altro, ciascuno in prossimità della propria regione di provenienza sulla carta, vale a dire penisola arabica e India rispettivamente. Mancando la !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
342 Il ruolo di fonte della fertilità e della prosperità economica della regione egiziana, rivestito dal fiume, si
rafforza nell’immagine dei bambini che solcano la sua personificazione. Per la questione amorini/quattro stagioni si veda Perassi, 2004, p. 222. Spicer identifica nella prima figura il fiume Niger, descrivendolo come un giovane uomo «from the Land of the Blacks through which the Niger runs, with a sunburst halo and holding up a lion» (J. Spicer, The Personification of Africa with an Elephant-head Crest in Cesare Ripa’s
Iconologia 1603, in Personification. Embodying Meaning and Emotion, a cura di W. S. Melion e B.
Ramakers, Leiden-Boston 2016, pp. 677-715, p. 704).
343
Almagià (1955, II) osserva che Rughesi nel realizzare queste carte doveva aver avuto accesso a nuove e più aggiornate informazioni. Lach (1970) ipotizza che la raffigurazione della Corea come una penisola si basi sulle lettere che i Gesuiti spedivano a Roma. Come sottolinea la descrizione di queste carte nella Kraus Collection dell’University of Texas: «While no definite direct source to the [set of 5 maps] can be established, it is evident that Rughesi used the most up-to-date information then available».
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consueta iconografia, nessuna delle due figure è identificabile con una qualche divinità fluviale.
Ripa illustra Asia (fig. 97) come una donna coronata «di una bellissima ghirlanda di vaghi fiori et di diversi frutti», dalla veste sontuosa intessuta d’oro, di perle e di altre pietre preziose («gioie di stima») che testimonia l’usanza di uomini e donne di indossare «ornamenti, collane, maniglie, pendenti» e svariate tipologie di abbigliamento, ma anche «la copia grande che ha di essa questa felicissima parte del mondo». In una mano innalza alcuni ramoscelli di cassia, pepe e garofani, «le cui forme si potranno vedere nel Matthiolo», mentre nell’altra regge un «bellissimo e artifitioso» incenso dal quale si diffondono fumi aromatici. Dietro di lei riposa un «camelo», animale utilissimo per gli abitanti di queste terre e che viene privilegiato al più esotico e puntuale rinoceronte indiano (entrambi gli animali erano presenti in Rughesi). Ripa lo raffigura accovacciato ma consiglia che ciascun pittore lo posizioni nel modo più opportuno («come meglio parerà all’accorto et discreto pittore»). La ghirlanda rappresenta il clima temperato di queste terre, come riferito da Boemo, «onde produce non solo tutto quel che fa mestiero al vivere humano» ma anche ogni sorta di delizie. Ripa riporta poi, al proposito, alcuni versi di Bembo che «così di lei cantò: ‘Nell’odorato et lucido Oriente / Là sotto il lago, e temperato Cielo, / Vive una lieta e riposata gente, / Che non l’offende mai caldo, né gelo’». Incenso e piante ricordano che Asia esporta e produce spezie aromatiche, gomme, legni e resine, «laonde Luigi Tansillo dolcemente cantò: ‘Et spiravan soavi Arabi odori’». L’incenso, aggiunge, è prodotto così abbondantemente da bastare per i sacrifici di tutto il mondo344. Ripa spiega che l’Asia è tanto estesa da comprendere metà dell’ecumene ma che, secondo la divisione della Cosmografia, essa costituisce ‘solo’ una delle tre parti del mondo. L’origine del nome deriva forse dalla ninfa figlia di Teti e Oceano, «la qual vogliono che tenesse l’Imperio, sì dell’Asia maggiore, come della minore». Ripa omette molti degli elementi principali che la caratterizzavano sulle monete romane, come il timone, di cui comunque dimostra di essere a conoscenza345. Nel testo sono assenti anche i riferimenti !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
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Arabia, nella monetazione traianea e adrianea, «tiene nelle mani due diversi tipi di vegetali, che