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L’omaggio al sovrano dagli Asburgo ai Borbone

I continenti dell’Allegoria in onore di Filippo III, incisa da Adriaen Collaert su disegno di Stradano (fig. 131), riprendono piuttosto puntualmente quelli del frontespizio del Theatrum

orbis terrarum di Ortelio390. Africa è colta di profilo, come avveniva nel Theatrum, in modo da esibire il suo profilo moro e il capo sormontato da un piccolo sole. Anche Europa, la prima da sinistra (ciascuna è identificata da un’iscrizione), è di profilo, la tipologia di corona e il vestiario sono sostanzialmente simili alla sua controparte del Theatrum ma al posto dello scettro esibisce, appoggiata sul braccio destro, una spada, mentre sembra quasi sostenersi con il ginocchio sul globo crucigero appoggiato a terra davanti a lei. America differisce solo per la mancanza della testa recisa, sostituita da un’ascia e da alcuni monili poggiati a terra. Essendo il disegno di Stradano questa America è figurativamente imparentata anche con la sua versione nel Nova reperta, ma l’influsso del Theatrum è più evidente per via del motivo dei capelli che coprono con una circonvoluzione le parti intime. I quattro continenti sono inginocchiati sotto al grande stemma di Filippo III di Spagna, sorretto da Potestas e Maiestas ai lati e poggiante su Oceano che sdraiato lo scruta da sotto in su. Anche la disposizione ricalca il modello orteliano, con Europa e America rigorosamente una di fronte all’altra (guardando l’immagine e le reciproche collocazioni sembra che sia stata proprio questa esigenza, un caposaldo nel trattamento del soggetto in tutta la sua storia iconografica, a determinare l’ordine con cui si susseguono le figure) e Africa alla sua sinistra. La dedica del Segretario di Anversa Johann Bochius paragona Filippo al dio del sole: «Cum Phoebo imperium comuni sorte Philippus / Tertius Austriacus gloria gentis habet», inaugurando un tema che sarà la costante di tutta la seconda parte della tesi: il paragone del monarca con l’astro maggiore. Lo sguardo che ciascuna delle quattro figure innalza verso lo stemma costituisce l’unico particolare che le coinvolge e le integra nell’allegoria del potere asburgico che si sta svolgendo al di sopra dell’enorme piedistallo di pietra391.

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390 Datata 1600, firmata: Joan Stradano inven. Adrian. Collaert sculp. Carel Collat excudit., pubblicata da

Philip Galle e una versione posteriore da Jan Galle. Conservata all’Albertina di Vienna.

391 In due disegni conservati al Gabinetto delle Stampe di Firenze, l’omaggio si tramuta in tributo e il

monarca da elemento grafico diventa viva presenza fisica. Nello schizzo attribuito a Blas de Prado (fig. 116) l’intento, più che di figurare il potere globale di Filippo, è di presentare il sovrano come destinatario delle ricchezze del Nuovo Mondo, dei carichi d’oro, d’argento di pietre preziose, paragonati da Gregorio López Madera (Excelencias de la Monarchia y Reyno de España, D. F. de Cordova, Madrid 1597, fol. 74) alla flotta di Salomone, condotti in patria dalle navi del re (si può trattare di un bozzetto per qualche apparato

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I medesimi quattro continenti dell’incisione di Stradano e Collaert sono traslati in un’altra immagine che testimonia, in particolar modo, uno dei primi esempi di appropriazione del tema iconografico da parte dei sovrani borbonici, segnando uno spartiacque importante nella presente ricerca e l’inizio di una battaglia condotta sul sottile suolo della pagina stampata. A seguito della pace di Vervins, infatti, grazie alla politica matrimoniale viene sancito un avvicinamento tra le due potenze. Una stampa del 1615 (fig. 132), firmata

Pierre Firens exc., celebra dunque le nozze di Luigi XIII con l’infanta Anna d’Austria e

quelle di Filippo IV con Elisabetta di Francia, insieme a Europa, Africa, Asia e America inginocchiate al di sotto delle due coppie392. Oltre all’immagine anche il testo, in francese e spagnolo disposto su due colonne laterali, decanta la benedizione celeste di questo legame. Il doppio matrimonio, soprattutto, offre alla Francia l’occasione di affermare le proprie pretese universali. Alcuni dettagli si rivelano, al proposito, particolarmente incisivi. Se, infatti, nell’immagine il re di Francia, identificato dalla didascalia superiore come «Ludovicus XIII Dei gratia Franciae et Navarrae. Rex Christi», indossa la corona imperiale e si fregia dell’appellativo Auguste Monarque nel titolo, il rango inferiore di Filippo, in quanto ancora principe, non manca di essere sottolineato dalla tipologia della sua corona e dalla didascalia («Philippus de Austria Princeps Hispaniarum»). Nel testo, inoltre, Luigi promette di conquistare il dominio sul mondo con la spada retta dalla personificazione di Europa, mentre nella parte di scritto dedicata all’altissimo y poderosissimo Filippo ci si limita ‘solamente’ a mettere in risalto la vendetta sui nemici perseguita dal futuro sovrano !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

scenografico realizzato in occasione della salita al trono di Filippo, celebrata nel 1598 a Toledo, o per il suo matrimonio con l’arciduchessa Margherita l’anno successivo a Madrid). Se a sinistra si può con certezza scorgere Europa accompagnata dal toro e, alle sue spalle, un africano piumato con elefante, le due figure a destra sono di più problematica identificazione. In primo piano con globo e faretra sulle spalle, è Asia che sta offrendo un cesto di frutta o gioielli oppure America, come sembra suggerire di primo acchito la sua apparenza? E quella alle sue spalle che innalza una caravella? Anche se la prua appare talvolta, soprattutto in ambito erudito, come accessorio di Asia, le due figure del bozzetto risultano troppo indefinite. Il riferimento al trasferimento di risorse dal nuovo al vecchio mondo asburgico sono invece, forse consapevolmente, evitati nella tempera coeva di Jacopo Ligozzi. La sua tela del 1598 (Galleria degli Uffizi, Inv. n. 7843) rappresenta

Filippo II riceve gli emissari del Nuovo Mondo ed è parte del programma iconografico dell’apparato

decorativo allestito a San Lorenzo per la morte di Filippo II avvenuta due mesi prima. Come nota Lucilla Conigliello, l’allestimento è dettato da precise esigenze politiche, «entrando in competizione con le cerimonie allestite in altre città italiane» (Cecchi, Conigliello, Faietti, 2014, p. 115). La tela di Ligozzi rientra nel complesso di ventiquattro dipinti in chiaroscuro descritto da Vincenzo Pitti e illustrato da Giovan Battista Mossi. Ne sopravvivono tredici e il programma iconografico è stato reso noto da Eve Borsook nel 1969 (Art

and Politics at the Medici Court, Scandicci 1969). Significativo che in questo caso siano omesse le offerte al

sovrano: le posizioni di Ligozzi in merito possono forse farsi più chiare grazie al disegno sempre di sua mano oggi alla National Gallery di Ottawa, dove la Morte, accompagnata dal motto Respice finem, squarcia in due il mondo all’altezza delle Americhe (M. E. De Luca, M. Faietti, Jacopo Ligozzi, altro Apelle, Firenze-Milano 2014, p. 62).

392 «Im Gefolge dieser Heiratspolitik läßt sich eine direkte Übernahme der spanischen Erdteilsikonographie

in die französische Propaganda nachweisen»; Polleross, 1992, p. 57. Copie conservate alla Österreichische Nationalbibliothek di Vienna e alla Bibliothèque Nationale di Parigi (Inv. NB 536.917).

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spagnolo («L’Europe en vous offrant son espée» e con essa promette «la conqueste e l’Empire du monde»; nell’altra colonna, invece, «ofrece su espada para tomar vengança»). L’America fornisce alla Francia le ricchezze per finanziare le sue imprese e a Filippo spetta, quindi, un ruolo precipuamente difensivo. L’immagine rivela chiaramente le intenzioni dei francesi di minare la supremazia spagnola e, con questa unione matrimoniale, come testimoniato anche dalla diretta acquisizione dell’iconografia, di appropriarsi del suo dominio globale393.

Lo scenario si ripete nell’incisione di Crispijn de Passe il giovane realizzata per il frontespizio della descrizione del mondo di Pierre d’Avity, Les Estats, Empires, Royavmes

et Principavtés dv Monde par Le Sr D.T.V.Y…de la chambre du Roy (edizione del 1643,

conservato alla Bibliothèque nationale de France, fig. 133)394. I continenti sono elevati e integrati nella fascia figurativa contenente il monarca, in modo da porre più esplicitamente l’accento sul tributo materiale offerto da ciascuna parte del mondo. Nella profferta di doni al sovrano non sono coinvolti, tuttavia, solo le quattro personificazioni ma anche i principali monarchi suoi rivali: Ferdinando II, Filippo IV di Spagna, il Sultano e il Khan dei Tartari (Empereurs de Romanis e Empereurs des Turcs, recitano due delle iscrizioni ai loro piedi) sono, infatti, rappresentati a lui subordinati, a figura intera, nella fascia mediana395.

Questa immagine, e il suo provocatorio messaggio, non potevano passare inosservati tra gli opuscoli che circolavano nella prima fase della Guerra dei Trent’anni. Sul frontespizio di Matthias Merian della Cosmographia (S. Henricpetri, Basel 1628, fig. 134) di Sebastian Münster, il ritratto del cartografo e cosmografo tedesco appare nella cartouche in basso, va in scena una diretta parafrasi del foglio francese, con il medesimo omaggio rivolto, questa volta, alla personificazione del Sacro Romano Impero in sostituzione di Luigi396. L’Impero è rappresentato come successore dei grandi quattro imperi che hanno dominato il mondo nel passato, rappresentati nel fregio mediano tramite i loro rappresentanti - Nino, Ciro, !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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Un buon esempio di quanto nel regno di Enrico IV fosse diffuso l’utilizzo dell’arte «und vor allem der “Massenmedien” Druckgraphik, Medaille und Fest zur innen und außenpolitischen Propaganda», aggiunge al proposito Polleross (Friedrich Polleross, Andrea Sommer-Mathis, Christopher F. Laferl, Federschmuck und

Kaiserkrone: das barocke Amerikabild in den habsburgischen Ländern, Wien 1992, p. 58).

394 Prima edizione con questo frontespizio: O. de Varenne, Paris 1625. Unica differenza tra i due frontespizi è

il volto di Luigi, in questo primo caso con il capo cinto di alloro. I continenti appaiono già nella prima edizione del 1613, ricalcati in questo caso su quelli di Collaert e Stradano.

395 Firmato: Crisp. De Pas. in[venit]. Si veda F. Bardon, Le Portrait Mythologique a la cour de France sous Henri IV et Louis XIII, Paris 1975, p. 143.

396 Firmata: M. Merian fecit (si tratta dell’ultima edizione tedesca, e contiene anche l’Europa regina

antropomorfizzata (cfr. capitolo “Ratto di Europa, Europa regina”) sul verso del fol. E3. Conservata a Vienna alla Graphische Sammlung Albertina (HB 86 p. 115 n. 328).

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Alessandro e Cesare - in sostituzione dei quattro sovrani contemporanei, come per affermare che l’eredità divina di questo enorme potere non ha bisogno di citare i propri nemici per dimostrare la propria supremazia. In evidenza è, dunque, il tema della translatio

imperii: dagli antichi regni, cioè assiro, persiano, macedone, romano, sino agli Asburgo e

al loro plus ultra. Il foglio tedesco mira a sottolineare, dunque, non solo l’egemonia sul mondo contemporaneo, come già l’immagine di de Passe per i francesi, ma anche l’eredità storica della casata, l’unica il cui dominio è in grado di rivaleggiare per estensione con gli illustri predecessori.

Anche il successore di Ferdinando II, Ferdinando III, farà utilizzo della medesima politica figurativa. Circa alla fine del quinto decennio del XVII secolo viene, infatti, realizzata nell'oreficeria di corte di Praga la cosiddetta ‘Coppa imperiale di Lobkowitz’, in oro, smalto e avorio (fig. 135): l'aquila imperiale, con le ali spiegate e il globo saldamente afferrato con gli artigli della zampa destra, si erge sui quattro continenti rappresentati nei cammei più grandi che decorano la base della coppa, affermando in questo modo le proprie pretese universalistiche. Il corpo della coppa è composto da centoquarantaquattro raffigurazioni di imperatori romani da Cesare a Ferdinando II. Il coperchio, con i quattro imperatori degli antichi nei cammei, è coronato da una statuetta dell'imperatore regnante. In questo modo, mentre l’aquila poggia sulle principali parti che compongono il mondo, l’imperatore poggia i suoi piedi su coloro che considera i suoi precursori, sancendo un’ideale linea di continuità tra il loro leggendario passato e il proprio glorioso presente397. Il simbolismo associato a ciascun continente nelle immagini di de Passe e di Merian, secondo Polleross, ha un diretto legame con le personificazioni delle doppie nozze di Spagna, ma sembrano piuttosto, se si vogliono rintracciare delle possibili similitudini, una commistione tra una versione semplificata dei continenti nella scena dell’abdicazione di Francken (per quanto riguarda l’Asia di entrambe, l’America di Merian e il corallo offerto da Africa) e la serie di Barendsz (per via del copricapo-parasole traslato in America nell’immagine di de Passe e per l’America di Merian). Per quanto riguarda Africa, Merian sembrerà nuovamente rifarsi a Barendsz nel frontespizio della sua Archontologia Cosmica (fig. 144)398.

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Si veda Gehrard Bott, Der Lobkowitzsche Kaiserpokal und verwandte Arbeiten des Goldschmieds Hanns

Reinhardt Taravell vom Prager Hof Ferdinands III, in Festschrift für Harald Keller, a cura di H. M. von

Erffa, E. Herget, Darmstadt 1963, pp. 301-334.

398 Archontologia cosmica, edizione del 1638 (Frankfurt, frontespizio inciso da Joachim Sandrart). Europa è

seduta su un enorme globo geografico, accompagnata da un putto con un libro aperto recante la scritta «Religio Christiana» e da uno con il caduceo, simbolo di Mercurio e delle attività commerciali che il dio è chiamato a proteggere. Africa, di profilo e con lo sguardo posato su America, è seduta su un coccodrillo sul

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L’incisione di Hugues Picart (fig. 136) conservata alla Bibliothèque Nationale raffigura l’omaggio dei continenti a Luigi XIV, a seguito del Trattato di Münster399. L’immagine reca in alto, immediatamente al di sopra di una scena di guerra raffigurante «La defaicte des Espagnol», l’iscrizione: «L’Hommage rendu au Roy par les quatre parties du monde après les victoires obtenues sur ses ennemis et la paix conclue avec ses alliez». Ciascun continente e personaggio è identificato da una scritta: abbiamo tra gli altri, così, Le Roy, M.

les Prince, Asie con l’hennin e un elmo e spada tra le mani, Amerique piumata e addobbata

abbastanza sontuosamente e Afrique con una tipica berretta occidentale arricchita da corpose piume e il tipico ramo di balsamo. L’incoronata Europa in testa alla sfilata, bardata in una cappa magna sostenuta da un paggetto e mozzetta di pelliccia, si inginocchia davanti al re porgendogli il globo terrestre. In basso in primo piano, è poggiata con noncuranza una cornucopia colma di ricchezze e insegne imperiali. Nella didascalia è dichiarato che Luigi possiederà il mondo intero e i gigli verranno, così, piantati quattro angoli della terra, l’Asia che geme sotto la legge della mezzaluna incita America e Africa a liberarsi della miserabile tirannia della Spagna a favore di un re in fiore400. Si tratta di un’altra espressione della battaglia che imperversa sul piano figurativo tra la Francia e la casata composta dai rivali di Madrid e Vienna, animata da una sete di potere così grande che nemmeno la conquista dell’universo intero la appagherebbe (così sono apostrofati gli Asburgo, rispettivamente, in un pamphlet pubblicato nel 1649 e in uno scritto, dall’ideologia messianica, pubblicato nel 1641)401.

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quale poggia entrambe le mani, una delle quali regge una conchiglia; America è accompagnata da un pappagallo e guarda, ricambiata, Europa; Asia è, eccezionalmente, accompagnata da un leone (come America lo è da un elefante) e stringe nella mano destra un arco sagomato associabile alle tribù mongole. Non fosse per le iscrizioni l’identificazione di Asia, Africa e America non sarebbe così automatica, viste le associazioni non tradizionali scelte e il trattamento di Asia, livellata alla nudità primitiva delle altre due, simili negli attributi alle corrispondenti personificazioni della serie di Barendsz. Viene meno l’impostazione architettonica dei frontespizi come il Theatrum orbis terrarum a favore di una configurazione più libera e pittorica.

399 Collezione Michel Hennin, Estampes relatives à l’Histoire de France, tome 39, Pièces 3479-3573, periodo

1646-1649.

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«Louys possedera le Globe tout Entier / Les Lis seront plantez aux quatre coins du Monde / […] L’Asie qui gemit soubz la loy du Croissant / Vient animer encor l’Amerique et l’Affrique / A quitter désormais pour un Roy florissant / Du fascheux Espagnol le pouvoir tiranique». Luigi impersonerà il toro che insidia l’Europa, in un altro esempio di declinazione propagandistica del tema. In occasione dell’ingresso trionfale di Guglielmo a L’Aia nel 1691, infatti, l’animale che minaccia continente è assimilato al sovrano francese. L’aggressione di Luigi alle Province era stato il soggetto anche di una incisione di Romeyn de Hooghe del 1674 che mostra i tempi idilliaci prima dell’invasione francese dei Paesi Bassi: le Sette Province siedono a proprio agio sulla destra, i quattro continenti sono al centro, in pace l’uno con l’altro grazie alla Triplice Alleanza del 1668; si veda Wintle, 1996, pp. 132 e 264; H. van Nierop, Romeyn de Hooghe and the

Imagination of Dutch Foreign Policy, in Ideology and Foreign Policy in Early Modern Europe (1650-1750),

a cura di G. Rommelse, D. Onnekink, Farnham 2011, pp. 197-214.

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L’opera del 1641 è dedicata al primo ministro francese Richelieu, qui lodato come uomo cosmopolita e

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La raffigurazione dei quattro continenti è, in questo contesto, un fondale, uno scenario privilegiato in cui ambientare lo spettacolo del potere, legittimandolo e conferendogli sostanza, con una fondamentale differenza che diventerà più visibile nel capitolo successivo: nella sua propaganda Luigi non viene celebrato in quanto sovrano di un dominio territorialmente esteso, ‘universale’ nel senso asburgico del termine, ma in quanto centro glorioso del mondo.

La contesa figurativa che anima le due potenze dominanti si focalizza soprattutto sul simbolismo legato al sole. Abbiamo, infatti, da una parte i propositi del primo ministro di Filippo IV, il conde-duque de Olivares, di fare del sovrano spagnolo, tramite una mirata politica artistica, il rey planeta. Sarà con lui e con il suo successore Carlo che si ritrova la maggior incidenza di utilizzo della simbologia solare402. Juan de Caramuel Lobkowitz scrive, al proposito, che il sole simboleggia sia la Spagna sia la Sua Maestà Cattolica «que alumbra distantes Emispherios. Illuminat et fovet, dize su blasón»403. Dall’altra parte abbiamo, invece, l’impiego del simbolismo solare da parte della corona francese, connotato, perlomeno fino alla metà del XVII secolo, da una prevalente tendenza anti- asburgica404. Luigi XIV adotterà ufficialmente il sole sopra il globo, accompagnato dal motto Nec pluribus impar - di qui la pretesa di governare anche su altri regni, come il sole

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diventare interamente spagnolo; Gabriel du Bois-Hus, La nuict des nuict et le jour des jours ou la naissance

des deux Dauphins du Ciel et de la terre, J. Paslé, Paris 1641, p. 58; si veda anche Polleross, 1992, p. 60.

Anonimo, Discours d’Estat ou véritable déclaration des Motifs, qui obligérent Louis le Juste, Roi de France

et de Navarre, à rompre la paix qui fut faite, en 1596, entre Henry IV, son très honoré père, et Philippe II, roi des Espagnes, où se voit le nom- bre des places et des principautés que les Espagnols ont, devant ce temps-là et du depuis, usurpées à cette couronne…, F. Noël, Paris 1649, p. 3.

402 Sull’argomento si veda V. Mínguez, Los reyes solares: iconografia astral de la monarquía hispánica,

Castelló 2001.

403 Juan de Caramuel y Lobkowitz, Declaracion mystica de las armas de España invictamente belicosas, L.

de Meerbeque, Brussels 1636, pp. 56-58.

404 Come scrive Polleross (1992, p. 60 e fig. 6.9): «die französische Sonnensymbolik schon vor Ludwig XIV

eine antihabsburgische Tendenz besaß». I rappresentanti di Oriente e Occidente renderanno omaggio a entrambi gli stati congiunti nel 1660. A seguito della Pace dei Pirenei e in occasione delle nozze di Luigi XIV con Maria Teresa d’Asburgo è, infatti, eretta ad Anversa, di fronte al municipio, una struttura celebrativa (l’intero apparato scenografico è concepito da Caspar Gevartius), successivamente pubblicata nel volume commemorativo dell’evento e denominata Hymenaeus pacifer, sive Theatrum Pacis Hispano-Gallicae a

S.P.Q. Antwerpiensi ante curiam erectum (Officina Plantiniana Balthasaris Moreti 1661, è firmata ‘C. Gevar’

e ‘E. Quellinus pinxit / Richard Collin sculpsit et / excudit cum Privilegio’; conservata alla Österreichische Nationalbibliothek di Vienna, Inv. 66.B.27). Il riquadro inferiore centrale ospita i ritratti a grandezza naturale degli sposi, del re di Spagna a sinistra e della sua prima moglie Isabella a destra, madre della sposa e zia dello sposo. Al centro, inquadrata dalla struttura a tempio, la Pace scaccia la Guerra, mentre ai lati svettano le statue dei santi Giacomo e Luigi, patroni di Spagna e Francia. Il tutto è coronato da un baldacchino fiancheggiato dalle celebri colonne d’Ercole, emblema di Carlo V, le cui tende, sorrette da putti, sono spalancate sulla camera nuziale con la dea Imene. I rappresentanti delle regioni orientali e occidentali del mondo rendono omaggio alla coppia offrendo i propri tesori, mentre America, a sinistra, è rappresentata dalle personificazioni di Messico e Perù che recano oro e argento.

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che illumina sia il ‘vecchio’ mondo sia quello ‘nuovo’ - come emblema solo nel 1662405. Intorno a questo riferimento solare si pianificherà l’intera politica artistica destinata alla corte nei successivi decenni e anche gli arredi dei castelli reali saranno sintonizzati con questo intento. Già a partire dal 1663 al Louvre viene creata una Gallerie d'Apollon che