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Il Theatrum orbis terrarum di Ortelio: l’opera, il suo frontespizio e la sua fortuna

1 “È dipinto il mondo tutto insieme, poi diviso nelle sue quattro parti”: i continenti nella Sala del Mappamondo di Palazzo

2. Il Theatrum orbis terrarum di Ortelio: l’opera, il suo frontespizio e la sua fortuna

Abramo Ortelio non è forse il primo a proporre l’immagine dei Quattro Continenti personificati, già apparsi ad Anversa pochi anni prima nel contesto di alcune celebrazioni civiche, ma offre la definita configurazione di un soggetto destinato a durevole fortuna. Il mondo di Ortelio ruota intorno ad Anversa: qui nasce, lavora e muore, ma il suo cospicuo circolo di conoscenze e notorietà si estendono ben oltre i confini della città fiamminga75. Estesa è, inoltre, l’amalgama di interessi di Ortelio - cartografo, appassionato, tra l’altro, antiquario e studioso di numismatica ed emblematica - come testimoniano le quattro personificazioni che dominano incontrastate il frontespizio del suo celebre Theatrum orbis terrarum, frontespizio utilizzato in tutte le edizioni dell’opera, dalla prima di Anversa del 20 maggio 1570 e nelle quarantuno edizioni che seguiranno fino al 1612 (fig. 18)76.

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Grazie alla biografia di Francis Sweertius, scritta poco dopo la sua morte nel 1601, sappiamo che Ortelio era tenuto in grande stima dai suoi contemporanei. Una successiva biografia è pubblicata nelle edizioni del

Theatrum dal 1603 in poi; si veda M. van den Broecke, Introduction to the Life and Works of Abraham Ortelius, in Abraham Ortelius and the first atlas, Utrecht 1998, pp. 29-54, p. 29 per alcuni estratti di

entrambe. Tra i pochi ritratti di Ortelio che ci sono pervenuti c’è quello inciso da Galle, incorporato all’atlante dal 1579 in poi con la didascalia: «Spectandum dedit Ortelius mortalibus orbem / Orbi spectandum Galleus Ortelium»; van den Broecke, 1998, p. 45. Qualche anno dopo, intorno al 1595, Crijspin de Passe ne realizza uno simile, più piccolo, probabilmente per un album di ritratti: «Orteli dum proponis spectantibus Orbem, / Quam tua delectant structa theatra viros». L’unico ritratto dipinto, a opera di Rubens ed esposto al Plantin-Moretus, lo mostra con la mano appoggiata su un globo.

76 La prima edizione viene stampata a spese dello stesso Ortelio, come ci ricorda anche Sweertius nella sua

biografia (Insignium Huius Aevi Poetarum Lacrymae, in Obitum Cl. V. Abrahami Ortelii Antverpiani…), da Gillis Coppens van Diest, uno stampatore di Anversa con esperienze pregresse in opere cosmografiche e cartografiche, quali varie edizioni della Cosmographia di Apiano a cura di Gemma Frisius e il Rudimentorum

Cosmographicorum…Libri III di Honterus del 1552. Il ricco mercante Hooftman è indicato da Skelton (1968,

p. V) come il committente del Theatrum sulla base di quanto scritto da Radermacher a Ortelianus nel 1603- 1604. Koeman (Lausanne 1964), non ritenendo tale fonte affidabile, si pronuncia in disaccordo con questa ipotesi. Si tratta non solo del primo atlante a stampa ma anche, probabilmente, del libro più venduto del secolo. Tra il 1571 e il 1573 seguiranno le edizioni in olandese, tedesco e francese (P. van der Krogt, The

Editions of Ortelius’ “Theatrum orbis terrarum” and “Epitome”, in Abraham Ortelius and the First Atlas,

Utrecht 1998, pp. 379-381). Dal 1630 l’opera di Ortelio non sarà più in grado di competere con gli altri atlanti a stampa. Christopher Plantin stampa il Theatrum dal 1579 in poi, giocando un ruolo fondamentale non solo nella produzione ma anche nella distribuzione dell’opera in Europa. Riguardo alla sua attività si veda L. Voet, The Golden Compasses: A History and Evaluation of the Printing and Publishing Activities of

the Officina Plantiniana at Antwerp, 2 voll., Amsterdam 1969-72. Per quanto concerne una panoramica sui

rapporti tra Ortelio e Plantin prima del 1570, sulla distribuzione del Theatrum tra il 1570 e il 1579 e la sua produzione e vendita nel decennio successivo, si veda D. Imhof, The Production of Ortelius Atlases by

Christopher Plantin, in Abraham Ortelius and the First atlas, Utrecht 1998, pp. 79-92. Per quanto riguarda

l’Italia, se il Theatrum compare spesso negli inventari delle biblioteche private veneziane è grazie alla traduzione «in lingua toscana» del vicentino Filippo Pigafetta pubblicata ad Anversa da J. B. Vrients, «al benefitio principale dell’Italia», nel 1608 e nel 1612.

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Historiae oculus, così definisce Ortelio la geografia, una disciplina necessaria per una

profonda comprensione della storia umana77. Il Theatrum, nondimeno, non è solamente dotato di una proteiforme dimensione intellettuale, ma anche di un fondamentale aspetto commerciale che va tenuto conto in ogni analisi estetico-artistica che si possa condurre a riguardo. Scorrendo le pagine dell’atlante si diventa, infatti, spettatori dell’espansione del mondo, ma anche della sua inedita contrazione in un volume. Se la dilatazione conoscitiva è conseguenza della sua componente scientifica, le dimensioni ridotte dell’opera manifestano una precisa strategia commerciale. Il Theatrum, infatti, è rivolto a quanti, come ben spiegato da Ortelio, non possono adornare con enormi carte geografiche, carte delle quali era stato anche un celebre editore, le pareti della propria casa: il formato, più che il costo, è concepito per essere alla portata di tutti78. L’acume strategico, in questo caso politico, di Ortelio è evidente anche nella scelta di dedicare la raccolta a Filippo II, monarca di tutto questo mondo (Totius Orbis) e figlio di colui che ha raccolto l’eredità dell’impero romano per edificarne uno ancora più esteso sotto l’egida del cristianesimo («D. Philippo Austriaco Caroli V. Avq. Rom. Impr. F. Indiarum Hispaniarumque…»)79. !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

77 L’espressione «Historiae oculus geographia» appare sul basamento della struttura architettonica nel

frontespizio del Parergon, la sezione storica che Ortelio sviluppa progressivamente dal 1579 al 1595. Da quest’ultima data in poi viene separato e introdotto da un suo frontespizio, caratterizzato anch’esso da un’imponente struttura architettonica con due colonne decorate a sorreggere il titolo inscritto nell’architrave. Questa immagine è una (oramai inusuale) xilografia utilizzata inizialmente come frontespizio del Pentateuco nella Bibbia poliglotta di Montano, pubblicata da Plantin. L’incisore potrebbe essere Jan Wierix e la matrice è conservata ad Anversa al Plantin-Moretus. Si veda R. Shirley, The Title Pages to the Theatrum and

Parergon, in Abraham Ortelius and the First Atlas, Utrecht 1998, pp. 161-169, pp. 165-166. Nel 1603 viene

inciso, per questa parte, un più elaborato frontespizio: il titolo, diventato Parergon sive Veteris Geograpiae

[sic] Aliquot Tabulae, compare sul pannello centrale affiancato da due figure: quella maschile a sinistra

innalza con le braccia un globo celeste, quella femminile a sinistra un globo terrestre con visibile l’emisfero orientale. Sull’architrave due figure semisdraiate recano l’una un tridente e l’altra un timone (rappresentanti, dunque, le acque della terra la prima e le nuvole e i venti la seconda). Tra di loro un serpente si aggroviglia intorno ad alcuni libri: i testi degli antichi. La geografia è concepita come la cornice all’interno della quale la sacra storia dell'umanità può integrarsi con i resoconti delle contemporanee diversità di usanze, costumi e linguaggi dei vari popoli del mondo.

78 Imhof, 1998, p. 79.

79 Koeman, 1964, p. 20. Ortelio lavora alla sua opera in prossimità della rivolta dei Paesi Bassi, dei quali

passerà sostanzialmente indenne i tumulti e i rivolgimenti. Il cartografo condurrà la sua vita professionale sempre con la massima cautela, ritenendo che un uomo saggio, così consiglia al nipote Orteliano emigrato in Inghilterra, sappia bene quando sia opportuno rimanere in silenzio per tutelarsi dal contesto e dai tempi incerti (cit. in Koeman, 1964, p. 15, per alcuni estratti dalle lettere di Ortelio, si veda van den Broecke, 1998, pp. 40-42). Nonostante Ortelio abbia sempre evitato attivi coinvolgimenti in materia religiosa, dalla corrispondenza si possono evincere alcune sue opinioni a riguardo. Sempre al nipote Orteliano scrive, il 27 gennaio del 1593, che la religione non lo tiene avvinto a un luogo, a degli uomini o a un’epoca, ma solo ed esclusivamente a Dio. L’anno precedente, a proposito di Lipsius, Ortelio gli aveva scritto di non riuscire a stabilire se egli sia fedele al Papa o calvinista, ma che se avesse le orecchie per sentire non starebbe né dall’una né dall’altra parte, visti i peccati commessi da ambedue; si veda Abrahami Ortelii (geographi

Antverpiensis) et virorum eruditorum ad eundem et ad Jacobum Colium Ortelianum (Abrahami Ortelii sororis filium) epistulae: cum aliquot aliis epistulis et tractatibus quibusdam ab utroque collectis (1524- 1628), ex autographis mandante Ecclesia Londino-Batava, a cura di J. H. Hessels, Cantabrigiae typis

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Proprio da Filippo Ortelio riceverà la posizione di Geografo di sua Maestà il 20 maggio del 1573, insieme a una collana d’oro del valore di mille ducati. L’atlante è, dunque, un’opera- merce in cui sono in gioco diversi aspetti e prospettive e che va considerata in stretta relazione con la temperie culturale, della quale è sia frutto sia contribuisce a plasmare, che si respira nella città fiamminga in cui prende vita, Anversa («Ortelius’ atlas is both the product of and a contributor to that blend of the political, commercial, and theatrical which was already present in Antwerp»)80.

Waterschoot ipotizza, sulla base di evidenze stilistiche e iconografiche, che il disegno preparatorio del frontespizio sia opera di Maerten de Vos, secondo le fonti in contatto con Ortelio in quel periodo. Si può anche supporre, tuttavia, che la concezione dell’immagine spetti a Ortelio stesso che nel 1547 compariva nella Gilda di San Luca in qualità di afsetter

van carten, o paintre de cartes come viene definito anche qualche anno dopo dall’amico

Plantin nei suoi resoconti, mentre Hogenberg, indicato alla fine della prefazione come l’incisore di «omnes hae Tabulae cælate sunt», si sia occupato della sua realizzazione, un’ipotesi sostenuta da Denucé81. Waterschoot stesso ricorda che Ortelio era un riconosciuto esperto in materia di frontespizi - nel 1574 l’amico Hubert Goltzius gli chiede, infatti, consiglio riguardo il frontespizio del suo Sicilia et Magna Graecia - e che ricopre un ruolo importante nella diffusione della letteratura emblematica nei Paesi Bassi, due aspetti che contribuiscono a renderlo un probabile autore dell’immagine82. Il frontespizio del Theatrum è, infine, attribuito a Philip Galle da Delen, probabilmente perché l’America della più tarda Prosopographia di Galle, così come quella di Stradano, è

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dicembre del 1567, si lamenta che il “male cattolico”, la “febbre protestante” e la “dissenteria ugonotta”, e altre vessazioni causate da cavalieri e soldati, continueranno a tormentare grandemente la popolazione prostrata. A riguardo si veda anche R. Boumans, The Religious Views of Abraham Ortelius, in «Journal of the Warburg and Courtauld Institute», 27, 1954, pp. 374-77.

80 G. Ziegler, En-Gendering the World: the Politics and Theatricality of Ortelius’s Titlepage, in European Iconography East and West: Selected Papers of the Szeged International Conference June 9-12, 1993, a cura

di G. E. Szónyi, Leiden 1996, pp. 128-145, p. 130.

81 W. Waterschoot, The Title-Page of Ortelius’ Theatrum Orbis Terrarum, in «Quaerendo», 9, 1979, pp. 43-

68, p. 45. A sostegno di questa proposta, lo studioso cita due lettere, la n. 330 (in Hessels, 1887, p. 778) e la seguente (Idem, p. 782), tra Ortelio e Hogenberg. Si veda anche Shirley, 1998, p. 164. Ortelio compare nel libro mastro di Plantin il 13 gennaio 1558 - solo tre anni prima Plantin aveva dato alle stampe il suo primo libro, La institutione di una fanciulla nata nobilmente, entrambi si trovano dunque all’inizio delle loro rispettive carriere - per l’acquisto di un’edizione di Virgilio («A Abraham paintre des cartes 1 Virgilius Latin rel. En parchemin»); Imhof, 1998, p. 79. J. Denucé, Oud-Nederlandische kaartmakers in betrekking met

Plantin, II, Antwerpen 1913, p. 53 (rist. Amsterdam 1964).

82 Di Hubert Goltzius è il frontespizio (per la sua raccolta di riproduzioni di monete antiche, Caesar Augustussive historiae…, pubblicata a Bruges nel 1574) con le personificazioni ‘classicheggianti’ di Europa,

Asia e Africa, una rappresentazione che risulta molto importante per la formulazione dell'immaginario nederlandese relativo ai moderni continenti e che verrà presa in esame nel prossimo capitolo (fig. 22).

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figurativamente molto simile a quella dell’opera di Ortelio tanto da sembrarne, fatta eccezione per il copricapo, la sua versione in piedi83.

Ogni lato dell’architettura classica che domina il frontespizio è occupato da una figura femminile, mentre la nicchia centrale ospita il titolo in lapidario romano di volta in volta tradotto nelle edizioni successive 84 . L’immagine illustra quanto si dispiegherà successivamente: è il mondo, geograficamente espanso in nuove e ancora parzialmente ignote porzioni di mondo e materialmente contratto nello spazio di un libro, che si offrirà alla visione, introdotto da una struttura monumentale che ricorda il proscenio di un teatro o il presbiterio di una chiesa, comunque un’entrata simbolica che sacralizza l’accesso alle cinquantatre mappe contenute al suo interno85. L’idea del theatrum mundi, della messa in mostra dell’ecumene tramite la cornice ermeneutica del teatro - onnipresente, dal titolo all’immagine, sulla copertina - richiama gli apparati effimeri eretti ad Anversa in occasione dei festeggiamenti civici, eventi ai quali Ortelio avrà avuto molto probabilmente l’opportunità di assistere e dai quali sembra plausibile sia stato influenzato nella realizzazione del suo frontespizio86. Utile evidenziare che proprio in una processione che ha luogo in città nel 1564, su cui ci si soffermerà più diffusamente nei capitoli successivi,

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Hessels, Abrahami Ortelii…, 1887, n. 45, p. 109; A. J. J. Delen, Histoire de la gravure dans les anciens

Pays-Bas et dans les provinces belges des origines jusqu’à la fin du XVIe siécle. Les graveurs-illustrateurs,

Paris 1969, p. 157. Sono state individuate due lastre: una con due grappoli di uva nel pergolato alla sinistra di Europa e la seconda, introdotta intorno al 1580, dove compare un solo grappolo e un chiaroscuro più marcato sul volto di Europa e di Magellanica. Shirley nota l’utilizzo della prima lastra nell’edizione latina del 1612 e la seconda in quella spagnola dello stesso anno; Shirley, 1998, p. 164. Nell’edizione spagnola del 1602, inoltre, viene stampato sul retro del frontespizio lo stemma degli Asburgo, un particolare che, eccezion fatta per quella inglese del 1606 (dedicata, infatti, a Giacomo I), comparirà in tutte le edizioni successive.

84 Sul frontespizio si veda anche Skelton, 1964, p. VIII. Per quanto riguarda una panoramica storica sul

frontespizio in genere si veda R. Shirley, Courtiers and Cannibals, Angels and Amazons. The Art of

Decorative Cartographic Title-page, Houten 2009: il suo itinerario comincia dai colophon a fine opera dei

primi libri a stampa, depositari dei dettagli relativi a contenuto, luogo e data di stampa secondo la tradizione già dei volumi manoscritti, analizza i primi frontespizi decorativi della fine del XV secolo e le immagini, maggiormente elaborate, con il titolo perlopiù incorporato all’interno di una cornice architettonica, dei frontespizi italiani, tedeschi, francesi e fiamminghi del secolo seguente, per poi passare, infine, a quelli più pittorici del Seicento. Shirley distingue cinque tipi di frontespizi: ornamentali (i primi a comparire), a compartimenti (i primi esempi dei quali compaiono in area tedesca, un esempio è costituito dal frontespizio della Cosmographia, dal 1544 in poi), architettonici, pittorici e cartografici.

85 Nel 1573 verranno aggiunte 18 mappe, nel 1579 un ulteriore ampiamento comporta l’aggiunta di 23 mappe

e, nel 1584, di altre 24; l’edizione del 1595, infine, arriva a 151 mappe. In alcuni casi le nuove mappe sostituiscono qualche vecchia mappa oppure sono raccolte in Additamenta. L’aumento del Theatrum dopo la morte di Ortelio seguirà un andamento più irregolare e meno ordinato (van der Krogt, 1998, p. 65).

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Il passaggio dell’arco trionfale come motivo nella cultura decorativa del libro avviene ad Anversa grazie a Cornelis Floris e Hieronymus Cock. Secondo Giorgio Mangani si possono mettere in relazione le entrate trionfali, come quella di Filippo II ad Anversa nel 1549 - trattata più avanti - e il loro apparato visivo con l’effetto plastico conferito al frontespizio (va ricordato che lo stampatore della prima edizione dell’atlante, cioè Gillis Coppen van Diest, aveva stampato ad Anversa nel 1550 il resoconto proprio di quell’entrata); G. Mangani, Il ‘mondo’ di Abramo Ortelio. Misticismo, Geografia, e collezionismo nel rinascimento dei Paesi

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sfila per le vie di Anversa un carro, denominato Theatrum mundi, sul quale svettano quattro fanciulle: Asia, Africa, America ed Europa.

Intorno alle prime decadi del XVI secolo il termine theatrum designa anche un luogo - un libro, un museo, una biblioteca, uno studiolo - nel quale ammirare le meraviglie e le curiosità della natura, una finestra sulle ordinarietà e straordinarietà della terra. Diventa, dunque, un titolo privilegiato per pubblicazioni scientifiche dal carattere sistematico improntate sulla collezione e visione di un sapere (repertori di emblemi, erbari, raccolte di ritratti o di monete…) rappresentato o mostrato come in un una sorta di piccolo museo portatile. Il frontespizio, quindi, fa ricorso, come ci viene suggerito dall’analogia tra immagine e proscenio e dalla doppia accezione del titolo (theatrum come raccolta espositiva di immagini, theatrum come ambiente di una rappresentazione), alla metafora dell’esposizione scientifica del mondo e della messa in scena della sua rappresentazione87. L’espressione “teatro del mondo” era stata usata, tra l’altro, pochissimo tempo prima nel titolo di un’opera morale di Pierre Boaistuau del 1561 (Le théâtre du Monde, où il est faict

un ample discours des misères humaines, Paris) e nel 1565 in un piccolo libro, le Inscriptiones vel Tituli Theatri Amplissimi, pubblicato da Samuel Quicchelberg e stampato

a Monaco da Adam Berg88. Una ben più antica e possibile fonte è racchiusa in alcuni versi di Cicerone che possiamo immaginare potessero essere noti a Ortelio: «Ut me et

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Precedenti frontespizi italiani che avrebbero potuto essere familiari a Ortelio sono quelli di Ballino, Forlani ed Enea Vico, ma non, come spesso è stato ritenuto e come invece sottolinea Rodney Shirley (1998, p. 161), quello del Lafreri edito dopo il 1570 («Lafreri’s is derived more purely from classical sources. He uses a heavy Roman arch to surmount his central title and on either side are the figures of Ptolemy and Marinus, each standing on a circular pedestal. At the top, two figures are lying on an embellished fronton, inspired by Michelangelo’s Medici monuments in Florence. In the concave middle part of the fronton kneels the figure of Atlas, the world on his shoulders»).

88 Si tratta di un trattato su un’ideale collezione enciclopedica, il “teatro” del titolo. Le sistematiche modalità

di presentazione ivi illustrate quali modello per siffatte wunderkammern suggeriscono come principio guida la promozione di una conoscenza universale. Una copia del libro era presente nella biblioteca di Ortelio, ma non si conoscono contatti diretti tra i due né è citato nelle sue lettere. La relazione tra il lavoro di Ortelio e quello di Quicchelberg è stata descritta in una dissertazione non pubblicata di D. Varanka nel 1994 (al riguardo si rimanda a van der Krogt, 1998). Le uniche edizioni moderne dell’opera di Quicchelberg risultano essere quella edita a Berlino del 2000 (Der Anfang der Museumlehre in Deutschland: Das Traktat

“Inscriptiones vel Tituli Theatri Amplissimi” von Samuel Quiccheberg, Akademie Verlag) a cura di H. Roth,

e quella del Getty Research Institute del 2013 (The First Treatise on Museums: Samuel Quiccheberg’s

Inscriptiones 1565) a cura di M. A. Meadow e B. Robertson (si veda anche il capitolo dedicatogli nel testo di

Lina Bolzoni The Gallery of Memory, Toronto 2001). Si veda R. Shirley, The World Maps in the Theatrum, in Abraham Ortelius and the First atlas, Utrecht 1998, pp. 171-184, p. 161 e Mangani, 2006, pp. 46-47 e pp. 71-73 per un breve repertorio di alcuni di questi libri illustrati, designati come “Theatre”, “Teatro”, “Theatri”, “Theatrum”. Ortelio non è, dunque, l’unico a ideare e offrire l’associazione metaforica tra mondo- natura e dispositivo teatrale, ma sarà la sua formulazione a determinare la durevole fortuna di questa nozione. Un ultimo esempio che ci conduce dalla terra dell’atlante all’osservazione del cielo: nel 1588 Giovanni Paolo Gallucci pubblicherà a Venezia un’opera intitolata Theatrum mundi, et temporis dedicata al mondo e alle scienze celesti.

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quaesturam meam quasi in aliquo orbis terrae theatro versari existimarem» (In Verrem XIV, 2.5.35)89.

Altri versi sempre di Cicerone corredano, insieme a due citazioni di Seneca, la mappa del mondo all’inizio del Theatrum. «By quoting», come scrive Cosgrove, «the two most authoritative Roman Stoics in the opening image of his world theater, Ortelius makes an explicit gesture toward a neo-Stoic philosophy», e un classico topos della filosofia stoica è l’osservazione del gran teatro del mondo con tutti i suoi attori: gli dèi, in particolare, si compiacciono di osservare dal cielo la vita degli uomini e il personaggio che a ciascuno di essi è stato affidato90. Ortelio, come altri cosmografi del suo tempo, si appella consapevolmente anche a questo immaginario, come appunto testimoniato dalla scelta delle citazioni e dal titolo stesso, esortando così implicitamente il lettore ad accettare l’ordine del mondo, compatibilmente a un attore che adempie sulla scena al ruolo assegnatogli, tenendo in considerazione i rivolgimenti della fortuna e la temporaneità del proprio passaggio sul palcoscenico. Ma per capire il proprio posto nel cosmo, come scrive Postel a Ortelio nel 1567, è necessario, prima di tutto, indagare la «mundi coelique ratio et imago», penetrare cioè nell’ordine del mondo, comprendere il suo assetto91.