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L’evenemenzialità della lingua empirica

Il caso della “Lingua francese” nel XVIII secolo La storia della lingua francese, almeno nelle sue sintesi più

1. L’evenemenzialità della lingua empirica

Il legame tra linguaggio ed evento non è dato dall’arbitrarietà e dalla superficialità della semplice sovrapposizione o proiezione dei significati linguistici sugli avvenimenti non linguistici.13

10 S. AUROUX, « La réalité de l’hyperlangue », art. cit.; La raison, le langage et les

normes, op. cit. ; « Entretien autour de La raison, le langage et les normes », in Langage & Société, n. 93, 2000, pp. 101-132. Cfr. inoltre l’introduzione a questo volume. Precisiamo che il termine “stato di iperlingua”, sebbene richiami la nozio- ne di “stato di lingua” presente in linguistica (cfr., ad esempio, la traduzione del te- sto di Ferdinand de Saussure, Scritti di linguistica generale a cura di Tullio De Mauro, p. 30), è nozione che ripropone in termini nuovi la relazione sincronia- diacronia, ponendole come interconnesse piuttosto che privilegiare l’approccio sin- cronico. In tal senso, “stato di iperlingua” va inteso come prossimo all’idea di “sta- dio di iperlingua” (NdT).

11 La nozione di “evento linguistico” è presente già nei manoscritti inediti di Saus-

sure, ma in un contesto specifico come preciseremo nella postfazione al presente volume. Cfr. F. de SAUSSURE, Écrits de linguistique générale, op. cit. pp. 150 e 221.

12 S. AUROUX, La raison, le langage et les normes, op. cit., p. 115.

13 J.-L. PETIT (a cura di), L’événement en perspective, in Raisons pratiques, n. 2,

Lo statuto cognitivo dell’evento

Il nostro punto di partenza è l’affermazione che i dati empi- rici non hanno un contenuto preesistente al loro emergere per- cettivo. Nella prospettiva di Hume,14 né la trascendenza né degli “a priori” presiedono all’impressione originaria dei sensi, ovve- ro alla percezione iniziale degli oggetti esterni. Niente precede l’impressione: all’inizio c’è solo un essere esterno che viene percepito. Rifiutiamo quindi l’ipotesi razionalista di un princi- pio pensante connaturato all’uomo. Questo rifiuto ci porta ad abbracciare un principio di immanenza radicale. A questo ri- guardo, tutto ciò che accade all’uomo diventa dato e l’impressione dell’uomo concerne l’evento:

Se le cose sono “date”, non si può propriamente parlare di “cose” nel mondo, ma solo di “eventi”. Il mondo stesso agisce per il tramite degli eventi […] anzitutto c’è l’evenemenzialità del sensibile, sulla base della quale si dispiega l’attività di formazione delle categorie e che permette di produrre delle oggettività di grado superiore.15

Con l’onnipotenza dell’evenemenzialità del sensibile, anche nell’attività categoriale generata dall’immaginazione, introdu- ciamo l’evento come momento inaugurale “vuoto di senso” e, al contempo, come “puro” avvenire.

L’impressione viene associata all’idea tramite l’immagine, visto che né l’impressione né l’idea sono rappresentabili a priori. Il lavoro necessario di astrazione e di concettualizzazione, una volta che le impressioni sono state cancellate dalla coscienza, dipende quindi da una produzione dell’immaginazione. Le in- tuizioni sensibili si dispiegano in concetti nell’ambito dello spa- zio-tempo grazie alla mediazione di schemi16 intermediari ob- bligati tra le intuizioni e le idee nella misura in cui essi rendono

14 M. MALHERBE, La philosophie empiriste de David Hume, Vrin, Paris 1992. 15 J. BENOIST, « Qu’est-ce qui est donné ? La pensée et l’événement », in Archives

de philosophie, n. 59, 1996, pp. 629 e 639.

16 Ci richiamiamo qui allo schematismo kantiano. Cfr. al riguardo la postfazione al

rappresentabili, sotto forma di processo, l’esperienza sensibile e il suo concetto presentandoli nello spazio-tempo.

Il passo ulteriore consiste nell’affermare che lo spazio-tempo è strutturato dalla lingua empirica: si tratta dello spazio-tempo dell’intercomunicazione umana. Si passa quindi dall’evenemenzialità al modo di donazione linguistica: ciò che è dato non può essere separato da ciò che è detto, e ciò che è detto esiste per noi, è dato per il solo fatto di essere detto. Conseguen- temente, a partire dai possibili linguistici, si concretizza, tramite la lingua astratta che deriva da quella empirica, l’infinita possi- bilità di conoscere oggetti ancora sconosciuti.

Dall’esistenza incontrovertibile della lingua empirica di- scende inoltre che, dal punto di vista empirico, il linguaggio esi- ste anzitutto sotto forma di singoli eventi, ma che acquista stabi- lità nel momento in cui essi vengono identificati all’interno de- gli schemi fondatori della lingua considerata comune dagli uti- lizzatori.

“Qualcosa” esiste, “qualcuno” parla in un’evenemenzialità ori- ginaria che, seppur priva di senso, permette di giudicare dell’appartenenza di ciascuno a una comunità linguistica. L’evenemenzialità è ciò che rende possibile la creatività dell’atto, la sua dimensione pragmatica; resta inteso che quanto è originariamente detto si carica dell’evenemenzialità del pro- prio emergere come detto e della singolarità che si rinnova co- stantemente e che resta distinta dal significato ultimo dell’atto. Pertanto, portando il filosofo a fissare la propria attenzione sull’esperienza dell’“esser-ci” (Dasein), Heidegger17 ci mette di fronte all’“evento fondamentale”, all’avvenire inaugurale di ogni uomo in funzione dell’interrogativo sulle condizioni di possibilità di un’esistenza umana razionale. Questa ricerca esige una nuova attenzione al linguaggio, nonché un ritorno al conte- nuto originario della lingua che ci è propria. Al riguardo, le condizioni di possibilità del divenire umano sono altrettante condizioni di linguaggio: tutto comincia e termina con un even-

17 M. HEIDEGGER, Martin Heidegger im Gespräch, in R. WISSER,K.A.VERLAG,

to linguistico, anche se, nel percorso dell’esistenza umana, esi- ste una realtà al di fuori del linguaggio.

Rivolgiamo dunque il nostro interesse agli elementi cognitivi che producono il senso nel continuum dove l’evento emerge in punti specifici particolarmente significativi. Questi veri e propri elementi che costituiscono la produzione del senso formano al- trettanti schemi intermediari tra i dati della lingua empirica e le categorie della lingua astratta. Questi schemi attribuiscono all’evento un suo statuto cognitivo e un suo ruolo a livello di produzione delle conoscenze nella misura in cui essi forniscono le regole, i princìpi e gli esempi di come le categorie astratte si applicano al concreto dell’intuizione sensibile. Essi stabiliscono delle relazioni spazio-temporali che permettono di concettualiz- zare il reale, il quale è esperito in quanto continuum segmenta- bile.18 Essi permettono di dare conto del modo in cui i giudizi vengono associati ai concetti, « giudizi che serviranno da prin- cipi di ogni conoscenza del molteplice ».19 Possono quindi esse- re identificati nell’attività dei soggetti cognitivi e nella presenza di oggetti cognitivi nell’ambito degli eventi linguistici.

L’evento linguistico

Se consideriamo in primo luogo che il dato procede dall’evenemenzialità e che successivamente la donazione lin- guistica è prioritaria dal punto di vista empirico adottato, pos- siamo passare ad analizzare come la pluralità iniziale dell’essere si dispieghi in punti specifici che chiameremo “eventi linguisti- ci”. Questi eventi fondatori della lingua sono iscritti nei processi di schematizzazione per il solo fatto che la capacità umana per- mette di generalizzare partendo dal dato particolare, senza che ci sia ancora alcun contenuto. Li analizzeremo quindi come “processi” linguistici iscritti nell’iperlingua, ovvero in quell’insieme di elementi empirici – tra i quali troviamo gli og-

18 U. ECO, op. cit., pp. 38-39.

19 G. DELEUZE, La filosofia critica di Kant, trad. di M. CAVAZZA, A. MOSCATI,

getti, gli strumenti e le istituzioni – che fanno parte della lingua empirica e che si dispiegano in un preciso spazio-tempo per “condizionare” l’innovazione linguistica.

Alla stregua dei filosofi del linguaggio del XVIII secolo, Condillac per primo, che, di fronte all’abuso delle parole pro- ponevano un « controllo semiotico dell’esperienza umana »,20 parleremo di “processo di schematizzazione semiotica” per de- finire, nell’evento linguistico, la comparsa di tipi, di oggetti e di temi cognitivi in grado di svolgere un ruolo di regolazione, per la loro stessa specificità, nel campo degli eventi di discorso in senso più ampio. Al di là del principio dell’immanenza radicale della lingua empirica, il nostro approccio dell’evenemenzialità nella lingua si richiama a un’“ontologia della referenza” nel senso per cui gli atti referenziali che costituiscono l’evento lin- guistico sono altrettanti atti di identificazione e di riconosci- mento senza che vi siano ancora enunciati che apportino dei contenuti discorsivi.21 In altre parole, l’approccio all’evento lin- guistico non necessita della conoscenza dell’evento discorsivo, ma al contrario è l’evento linguistico che, situandosi in uno spa- zio-tempo fondatore di atti di linguaggio, regola l’evento di- scorsivo. Il primo si materializza, infatti, in:

1. soggetti che dispongono di capacità linguistiche proprie, che chiameremo “soggetti cognitivi”;

2. oggetti linguistici, e più precisamente nel contesto moder- no e contemporaneo, di strumenti linguistici come i diziona- ri e le grammatiche;22

3. nei diversi giudizi che i soggetti cognitivi esprimono sulla lingua empirica, tramite questi strumenti, giudizi che pos- siamo raggruppare sotto la denominazione di “consapevo- lezza metalinguistica”.

20 L. FORMIGARI, Signs, Science and Politics. Philosophies of language in Europe

1700-1830, John Benjamins, Amsterdam 1993.

21 Cfr. l’esempio del referente semiotico del “nome Sieyès” presentato alla fine del-

la postfazione al presente volume.

22 Per l’importanza di questi strumenti di normazione della lingua cfr. S. AUROUX,

« La réalité de l’hyperlangue », art. cit. e La raison, le langage et les normes, op. cit. (NdT).

Per quanto concerne l’evento linguistico, questa tripartizio- ne, alla quale si potrebbero aggiungere ancora degli elementi, ci permette di rintracciare la dinamica del “qualcosa” o del “qual- cuno” produttori del senso in un preciso “stato di iperlingua” e per il cui tramite il mondo si manifesta in eventi specifici che assumono valore universale.

Fatto esso stesso di materia linguistica, l’evento linguistico emerge in punti specifici di un flusso continuo, concretizzando- si temporaneamente in uno stato di iperlingua senza rinunciare con questo alla dinamica che gli è propria. Regolatore dei pos- sibili nell’universo discorsivo, esso è anche, in quanto produtto- re di schemi derivati dalla lingua empirica, luogo di resistenza a ogni tentativo strutturalista di descrivere la lingua come oggetto di conoscenza a parte, ovvero al di fuori della sua formazione storica nel movimento dal concreto all’astratto, dal particolare al generale, dalla particolarità del sensibile alla generalità della categorizzazione.23

Con l’evento linguistico, ci posizioniamo quindi nella dina- mica di un referente produttore dei dati di lingua, tanto nel XVIII secolo, attraverso la comparsa del dizionario monolingue dal titolo iniziale Dictionnaire de la langue française e poi di

Dictionnaire de l’Académie française,24 che sulla base dell’emergere di un soggetto della lingua25 e, al termine della Rivoluzione francese, della consapevolezza di dover adeguare tra loro la lingua e la politica all’interno di uno spazio delibera- tivo.26 Si tratta, infatti, di prendere in considerazione la volontà esplicita dei soggetti di razionalizzare l’uso delle parole, a se- guito della ricerca di adeguarle correttamente alle cose per lotta- re contro il loro “abuso”. Converrà inoltre precisare cosa sono questo “qualcosa” e questo “qualcuno” che realizzano tale ade-

23 Questo punto verrà sviluppato nella postfazione al presente volume. 24 Cfr. A.COLLINOT,F.MAZIERE, Un prêt à parler: le dictionnaire, op. cit. 25 Cfr. S. AUROUX, « Le sujet de la langue: la conception politique de la langue

sous l’Ancien Régime et la révolution », in Les Idéologues. Sémiotique, théories et politiques linguistiques pendant la Révolution française, W.BUSSE ET J.TRABANT

(a cura di), John Benjamins, Amsterdam 1986, pp. 259-276.

26 Cfr. J. G

guamento tramite delle norme linguistiche che vengono intro- dotte nel flusso della comunicazione umana.

Più generalmente, l’evento linguistico è responsabile in primis dell’invenzione della lingua comune, da quando si stabilì la nomenclatura langue française (“lingua francese”) nei dizionari monolingui alla fine del XVII secolo, alla diffusione generaliz- zata della nomenclatura langue nationale (“lingua nazionale”) nel periodo rivoluzionario. Fattore dinamico dello spazio-tempo di intercomprensione e di intercomunicazione tra individui, esso ha un ruolo essenziale nel processo di generalizzazione lingui- stica, permettendo il riconoscimento dei contenuti discorsivi che presiedono alla formazione dell’identità della Nazione francese.