• Non ci sono risultati.

L’evento discorsivo e la realtà empirica della lingua

Dall’evento discorsivo al racconto di evento

2. L’evento discorsivo e la realtà empirica della lingua

2.1 Evento linguistico ed evento discorsivo

Nella prospettiva fenomenologica che è la nostra, l’evento va interpretato a partire al proprio orizzonte di senso. Esso è percepibile solo nel momento in cui emerge, introducendo nel

continuum del mondo le molteplici possibilità della produzione

di senso che sono irriducibili a un contesto “esterno”. È origine del senso in quanto esso stesso ne produce. Pertanto, l’evento ci rimanda a un sostrato reale, anche se quest’ultimo non va inteso

25 I. FENOGLIO, « La notion d’événement d’énonciation: le ‘lapsus’ comme une

donnée d’articulation entre discours et parole », in Langage & société, n. 80, 1997, p. 42.

come una mera realtà-supporto a fondamento del fenomeno. Al contrario, esso va concepito come un ben preciso dato sensibile, un individuo separato ma non staccato dalla parte comune, astrazione fatta della sua identità discorsiva osservata all’interno dell’intersoggettività.

La temporalità dell’evento si profila sotto il proprio orizzon- te di intellegibilità: il suo avvicendarsi è percepibile nel e per il fatto del linguaggio colto nella sua dinamica identitaria. L’evento, nella sua componente empirica, è perciò anzitutto il luogo dove si identifica “qualcuno”, un soggetto parlante, e “qualcosa”, un sensibile specifico, senza per questo designare un contenuto prestabilito nella misura in cui questo qualcuno e questo qualcosa si misurano rispetto all’evento stesso. Nella lingua empirica emergono queste realtà espressive nei confronti di un empirismo radicale che non cede a nessuna trascendenza.

Dall’evento linguistico all’evento discorsivo, passiamo quindi dal referente di questo qualcosa / qualcuno che produce senso e per il quale l’evento “avviene”, a titolo di problema on- tologico, a ciò che è “avvenuto” nell’evento per il fatto della molteplicità e dell’eterogeneità degli enunciati e dei loro fun- zionamenti specifici (soggetto / oggetto / concetto) in uno spa- zio topologico. Tramite il contributo alla caratterizzazione dell’evento-sostrato, la dinamica referenziale stabilisce delle re- gole “vuote”, nel senso per cui non fornisce un contenuto a priori, ma esplicita, con la mediazione dei soggetti cognitivi, i princìpi di applicazione delle regole, la sua dimensione regola- trice nell’ordine dei possibili. È il caso della determinazione re- ferenziale della lingua comune, all’atto della stabilizzazione delle nuove norme della “Lingua Francese” nel dizionario mo- nolingue dell’Accademia, come abbiamo visto nel capitolo pre- cedente.

D’altronde, il processo discorsivo descritto dalla molteplicità di enunciati, e che caratterizza l’evento discorsivo, lascia dei posti “vuoti” in punti specifici, non individuabili a priori e che restano disponibili al soggetto / oggetto / concetto che li occu- pano in un dato momento. Questo è il caso dell’evento “presa della Bastiglia” che, da semplice menzione dei volontari della

Bastiglia a oggetto commemorativo inteso nel suo simbolismo reiterativo, costituisce uno degli eventi discorsivi fondatori della Repubblica.

Da un caso all’altro, il legame all’evento-sostrato, al sensibi- le specifico, resta essenziale nella misura in cui la singolarità fa legge e l’esistenza di rappresentazioni aprioristiche è bandita. Tuttavia, è soprattutto a proposito dello statuto dell’oggetto esterno, cioè del reale stesso, che si può percepire maggiormen- te la differenza tra l’evento linguistico, inteso come tipicizza- zione, e l’evento discorsivo, inteso come configurazione. L’evento linguistico si inserisce nel continuum spazio- temporale, segmentandolo nel rispetto dei limiti che l’esistenza pone alla lingua empirica a ogni interpretazione (quel qualcosa in più che è assegnato all’oggetto espresso da un nome) e a ogni rappresentazione discorsiva originate da qualcosa / da qualcuno che funge da vero e proprio archetipo cognitivo del segno. Que- sti limiti esprimono la resistenza del reale ed equivalgono alle “linee di tendenza” di cui parla Umberto Eco per sottolineare la resistenza del reale.26 Esse rinviano a blocchi di realtà che la- sciano spazi vuoti solo a condizione che vi si iscrivano dei sog- getti all’interno. È probabilmente l’esistenza di questi soggetti, ad esempio quello politico della lingua nell’iperlingua dei Lu- mi, che impedisce di distinguere le risorse dell’attore / autore dalle analisi del ricercatore, per quanto astratte o “scientifiche” esse siano. Queste linee di tendenza dipendono sempre dall’evento-sostrato che le rende possibili.

Tuttavia, con l’evento discorsivo, prendiamo le distanze dal- le “linee dure di segmentazione” di questo continuum per entra- re in uno spazio di linee meno visibili, che in qualche modo at- traversano i blocchi di realtà, evitandoli. Si oltrepassa così la soglia del discorso: si tratta ormai di considerare la creatività dell’agire e l’emergere di un divenire senza alcun tratto apriori- stico. I blocchi di realtà assomigliano sempre più a quelli del divenire e il continuum naturale sembra scomporsi in “pezzi di

26 Quanto all’apporto di Umberto Eco, cfr. l’introduzione e la postfazione al presen-

natura” sotto la spinta dell’espressività dell’agire umano. Al ri- guardo, ciò che è determinante a livello dei possibili, nell’ordine del referente linguistico dell’evento, è solo un rego- latore del concreto discorsivo. La libertà del soggetto agente di- venta sempre maggiore. La riflessività del linguaggio, ovvero la sua capacità di produrre da solo le proprie risorse interpretative, costituisce dunque la caratteristica fondamentale dell’evento di- scorsivo. Possiamo ormai imboccare delle linee di fuga o di rot- tura in cui la resistenza delle cose diminuisce e l’esigenza uma- na di libertà aumenta al punto da tramutare la realtà in “blocchi” di divenire, « continua di intensità »27 e « congiunzioni di flussi ».28

La realtà

Nella prospettiva referenziale entro la quale si colloca l’evento linguistico, la creazione di soggetti cognitivi è giustifi- cata dall’esistenza di un reale esterno che le intaglia e che rap- presenta delle linee di tendenza contro ogni allontanamento dal referente. La prospettiva discorsiva che presiede alla descrizio- ne dell’evento discorsivo è diversa: essa si situa su un piano di immanenza ed è di ordine performativo. Secondo la celebre formula di Benveniste, « l’enunciato esecutivo29 […] è un even- to perché crea l’evento »,30 ovvero il fare dell’enunciato è anzi- tutto il suo dire. La performatività del discorso propria alla de- scrizione delle risorse di questi enunciati dissolverebbe il reale nella sua stessa esistenza ? Quanto alle caratteristiche dell’evento-sostrato, ovvero dell’origine referenziale specifica dell’evento, occorre aprire un dibattito sulla nozione stessa di realtà rispetto all’evento discorsivo.

27 G. DELEUZE, C. PARNET, Conversazioni, trad. di G. COMOLLI,R.KIRCHMAYR,

Ombre Corte, Verona 2006 (1998), p. 148.

28 Ibidem.

29 Nella versione italiana del testo di Benveniste, la traduttrice M. Vittoria Giuliani

precisa in nota (p. 331) di aver tradotto con “esecutivo” il francese performatif. Og- gi la traduzione del termine sarebbe piuttosto “performativo” (NdT).

30 E. B

Parlare del rapporto con la realtà ci evita anzitutto di limitar- ci alla constatazione del contesto sociale esterno al discorso. È necessario, dal punto di vista ermeneutico, considerare che il contesto è una delle fonti stesse del testo e che ciò non giustifica il fatto che questo sia considerato come realtà a parte ? Oppure, da un punto di vista realistico, bisogna attenersi alla distinzione tra l’“enunciato” e il “fatto di enunciato”, intendendo che non si tratta di un fatto naturale ma di un fatto istituzionale ? Searle31 ha a lungo discusso quanto al secondo interrogativo, conclu- dendo che la verità degli enunciati non è intrinseca ad essi ma dipende dal modo in cui esistono le cose nel mondo, indipen- dentemente dagli enunciati. Enunciando “il fatto che”, o iscri- vendosi nell’ordine del “ciò che”, la realtà esterna al contenuto definito viene presupposta in modo ontologico quale sfondo dell’enunciato, contrariamente alla prospettiva empirista in cui il reale è solo una realtà percepita e niente di più. Questa consi- derazione sullo stato delle cose, al di fuori di ogni rappresenta- zione discorsiva, pone dei problemi per ogni approccio “autoco- stitutivo” della dinamica evenemenziale sulla base di configura- zioni di enunciati che tendono a situare l’evento in un ordine immanente, quindi in divenire, e distinto dallo stato delle cose.

Il punto di vista storico sulla lingua

Un’altra questione riguarda la suddivisione empirica tra l’evento linguistico e quello discorsivo dal punto di vista stori- co. In realtà, questa suddivisione non è automatica, ma si con- fonde nel giusto tentativo di realizzare una microstoria degli eventi linguistici.

Per lo storico del discorso, i soggetti di enunciazione che producono enunciati significativi in una data congiuntura stori- ca, dispongono di una “capacità riflessiva” inedita, di giudizi formulati a partire da argomenti enunciati negli eventi discorsi- vi. Una tale capacità di giudizio costituisce il supporto delle ri- sorse riflessive disponibili nelle configurazioni di enunciati che

31 J.R.S

formano gli eventi. Entriamo così nella problematica dell’enunciato, concretizzata dal lavoro configurazionale opera- to in base alla lettura d’archivio, della quale abbiamo già avuto modo di parlare. Attualmente, lo storico del discorso si interessa da vicino alle capacità interpretative dei membri di una società, al modo in cui gli attori stessi si impegnano a compiere uno sforzo interpretativo nell’azione. Certamente, non si tratta di sa- cralizzare l’espressione dell’individuo, che per forza di cose è limitata. Il nostro obiettivo è piuttosto quello di prendere sul se- rio gli argomenti ai quali si ricorre nell’intercomunicazione.

Per lo storico delle idee linguistiche che va alla ricerca di un nuovo protocollo di accordo con lo storico tout court,32 si pone allora il problema dell’atteggiamento da adottare per discernere, all’interno della catena referenziale, l’evento propriamente lin- guistico, in cui si dispiegano dei soggetti che dispongono di ca- pacità e di strumenti linguistici specifici. Di primo acchitto, il ricorso alla nozione di evento per caratterizzare dei fatti lingui- stici corrisponde alla volontà di valorizzare la parte innovatrice, soprattutto sul piano teorico, della consapevolezza metalingui- stica dei soggetti parlanti nell’ambito della riflessività più gene- rale dei discorsi. Tuttavia, introducendo un punto di vista refe- renziale nel continuum discorsivo in cui i soggetti cognitivi in- tagliano il reale della lingua per produrre eventi linguistici, ab- biamo finito per tornare su questa visione ancora parziale della consapevolezza metalinguistica.

Sul piano della descrizione empirica e storica in fatto di iper- lingua, è necessario render conto non solo di questa consapevo- lezza ma anche delle “capacità linguistiche” che si arricchisco- no costantemente e che si materializzano nei contenuti di stru- menti linguistici come i dizionari e le grammatiche. Consapevo- lezza metalinguistica, capacità e strumenti linguistici, struttura- no lo spazio-tempo dell’orizzonte che regola socialmente la lin- gua: si tratta di dati empirici essenziali per l’iperlingua. Possia-

32 Rinviamo, nello specifico, a J. GUILHAUMOU, « Vers une histoire des événements

linguistiques. Un nouveau protocole d'accord entre l'historien et le linguiste », art. cit.

mo quindi considerare che questa “prestrutturazione storica” della lingua si rinnova costantemente grazie agli eventi lingui- stici, coestensivi a quelli del discorso, in cui la specificità dell’azione si apre o meno all’innovazione linguistica.

È perciò possibile descrivere uno “stato di iperlingua” in un dato momento, in quanto spazio regolatore dei fatti linguistici, che lascia un margine di indeterminatezza nel funzionamento stesso della lingua concreta. Se la descrizione di uno stato di iperlingua tende a dare una visione unificata dei fatti linguistici, la sua dinamica empirica resta tuttavia inserita in un universo di interpretanti, di mediatori, di soggetti cognitivi che, intagliando il reale esterno alla lingua descritta oggettivamente, circoscri- vono le condizioni di possibilità dell’evento sia linguistico che discorsivo. Il fatto di aver considerato in primo luogo l’empiricità, ci induce a non fare economia dei fatti della lingua empirica e della loro costruzione referenziale nella dinamica della costruzione sociale della realtà. Situiamo così l’evento linguistico alle fondamenta stesse del sapere. Tuttavia, il tener conto della storicità ci porta obbligatoriamente a differenziare l’evento linguistico da quello discorsivo in termini di fenomeno storico. Si profila così un vasto programma di ricerca che per- mette di far avanzare le analisi discorsive solo sulla base della descrizione del materiale storico. Certo, la nostra riflessione è essenzialmente filosofica, anche quando si rivolge alla questio- ne del linguaggio. Essa riconosce però i dati empirici come es- senziali, sia che si tratti di enunciati d’archivio sia che concerna i risultati delle indagini condotte. Il lavoro su enunciati attestati, che caratterizza il nostro percorso di ricerca, ricorda costante- mente che l’approccio filosofico non può essere secondario, ma anche che la descrizione dell’evento fa parte integrante del giu- dizio sulle azioni passate e presenti dell’uomo.33 La totalità dell’evento si può cogliere solo a questo prezzo.

33 In altre parole, una filosofia dell’evento, e in particolare della Rivoluzione fran-

cese, non consiste nel narrare il racconto storico usando a propria volta un racconto più “esaltante”, ma vuol dire precisare il perché dell’euristica di una ben precisa versione dell’evento, scelta durante il lavoro d’archivio (V. DESCOMBES, Philoso-

Per questa ragione, non possiamo attenerci né da un lato al solo soggetto cognitivo responsabile dell’evento, né, dall’altro, al solo soggetto che emerge nell’enunciare l’evento, sia esso protagonista che portavoce. Dobbiamo infatti tener conto anche del soggetto storico portatore di emancipazione e perciò in cer- ca di autonomia. Una delle priorità di questo programma storico è la narrazione individuale e/o collettiva del “racconto di even- to”, terza anta del nostro trittico metodologico.