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L’evento discorsivo in analisi del discorso

Dall’evento discorsivo al racconto di evento

1. L’evento discorsivo in analisi del discorso

1.1 L’“attestato” in primo piano

Ci siamo anzitutto interessati, per quanto concerne l’evento linguistico, ai problemi del passaggio dal concreto all’astratto, della norma referenziale della lingua, della tipicizzazione della storia dei soggetti e degli oggetti cognitivi… Molto diverso è il discorso che riguarda l’evento discorsivo del quale consideria- mo ora, nella prospettiva aperta da Michel Foucault,5 la sempli- ce iscrizione di ciò che è detto come elemento “attestato” nell’enunciato. Passiamo così all’analisi dell’universo di enun- ciati presenti nella lettura d’archivio.6 Usciamo dal mondo dei nomi e del loro referente per entrare nell’universo della riflessi- vità del discorso, delle risorse proprie dei soggetti di enuncia- zione implicati nell’evento. In tal senso, ci interesseremo anzi- tutto ai soggetti, agli oggetti e ai concetti come funzioni deri- vanti dall’enunciato. Infatti,

Se gli enunciati si distinguono dalle parole, dalle frasi o dalle proposi- zioni, ciò è dovuto al fatto che essi comprendono in sé, come loro ‘de- rivate’, sia le funzioni di soggetto, sia quelle d’oggetto, sia quelle di concetto […] Al sistema di parole, frasi e proposizioni, che procede per costante intrinseca e variabile estrinseca, si contrappone la molte- plicità degli enunciati che procede per variazione inerente e per varia- bile intrinseca.7

4 Nel saggio su Marat di J. GUILHAUMOU, « La morte di Marat a Parigi (13 luglio –

16 luglio 1793). Movimento popolare ed eroismo rivoluzionario », art. cit., che è stato scritto in italiano, il récit d’événement è stato reso con “racconto di avveni- mento”. Quanto alle ragioni della nostra scelta di optare piuttosto per “racconto di evento”, rimandiamo all’introduzione al presente volume (NdT).

5 M. FOUCAULT, L’archeologia del sapere, op. cit. 6 Cfr. J.GUILHAUMOU, D. MALDIDIER, R. ROBIN, op. cit.

7 G. DELEUZE, Foucault, trad. di P.A.ROVATTI,F.SOSSI, Cronopio, Napoli 2002,

Nell’enunciato di archivio, gli elementi descrittivi sono in- dissociabili dai dati riflessivi. Descrivere l’itinerario del sogget- to, l’organizzazione di un oggetto e la formazione di un concet- to nell’ambito del dispositivo evenemenziale, significa render conto, allo stesso tempo, della loro dimensione interpretativa. La descrizione degli enunciati attestati, nella loro dispersione archivistica, permette di accedere alla comprensione del “senso avvenuto”, senza passare per la descrizione semantica delle fra- si sul criterio distribuzionalista e perciò associato a un sapere “già presente”.8 È questo anche un modo per contravvenire all’idea per la quale solamente la conoscenza della forma logica delle frasi permetterebbe di designare l’evento.9 Considerando, ad esempio, la forma logica della frase d’azione, Davidson pro- pone l’idea di costruire dei « verbi di azione − i verbi che dico- no ‘ciò che qualcuno ha fatto’ − in modo che contengano senza che ciò appaia, un posto per variabili e termini singolari ».10 Nella prospettiva aperta da Foucault, le cose vanno molto diver- samente: se in seno alla molteplicità di enunciati ci sono dei po- sti vuoti in punti specifici, essi sono dovuti non a una forma fra- stica da riempire con una variabile estrinseca, ma dipendono da soggetti, oggetti o concetti che vengono a occuparli in modo da individualizzare l’evento sul piano dell’immanenza.

D’altronde, l’archivio non è un semplice materiale dove si attingono in modo referenziale dei fatti. Esso scaturisce piutto- sto da un “gesto di lettura” in cui si attualizzano configurazioni significanti e dispositivi significanti di enunciati attestati. L’archivio di un’epoca non è perciò mai descrivibile nella sua totalità, ma si offre alla lettura sotto forma di frammenti: la sua descrizione resta sempre aperta, anche se la frase dello storio- grafo tenta di chiuderla. L’archivio è perciò attestato come ma-

8 Con l’espressione “già presente” abbiamo voluto rendere una delle nozioni più ca-

re all’AD, quella di déjà là intesa come senso precostruito al discorso stesso. Al ri- guardo rimandiamo a J.-J. COURTINE, art. cit. Per Courtine, « Questo termine [pre- costruito], introdotto da Paul Henri, designa una costruzione anteriore ed esterna per opposizione con ciò che viene costruito nell’enunciazione » (NdT).

9 Cfr. D. DAVIDSON, Azioni ed eventi, trad. di R. BRIGATI, Il Mulino, Bologna

1992.

teriale empirico, sostrato reale, e lo è ancor più se si pensa all’articolazione della riflessività e del linguaggio, la cui esi- stenza è testimoniata dai locutori. La nozione di “attestazione”, come ciò che è presente in archivio, deriva dunque da un vero « impegno ontologico » in quanto « [c]iò che viene primariamen- te attestato è l’esser vero della mediazione della riflessione at- traverso l’analisi ».11 L’attestazione dà un tocco di realismo alla descrizione dell’enunciato, evitando di presupporre l’esistenza di un contesto esterno precedente all’enunciato. Essa permette di cogliere più in generale l’effettività dell’agire umano nel mondo e della sua dimensione autocostitutiva del reale. Diviene così testimonianza del modo ontologico dell’esser vero in seno al fare effettivo.12

Ad esempio, la figura del Terzo Stato nel 1789, associata al- la rete verbale della domanda nei Registri delle lamentele,13 funge ruolo di mediatore nel suo impegno politico. Essa lo è, infatti, per il fatto stesso di attestare la propria esistenza sociale come dominante nella rete di produzione: Sieyès stesso se ne fa il celebre interprete nel suo Che cos’è il Terzo Stato ?, affer- mando che il Terzo Stato non ha valore nell’ordine politico mentre è tutto nell’ordine sociale, cosa che legittima la sua ri- chiesta di “diventare qualcosa”, un qualcosa che, associato alla sua parola nazionale, lo fa esistere e lo mette al centro di una Nazione finalmente libera. In questo modo, lungi dagli usi refe- renziali del linguaggio, l’enunciato può render conto della verità dell’essere. Torneremo più approfonditamente sulla maniera in cui l’evento discorsivo si correla con il racconto di evento e con l’autenticità della testimonianza che gli è inerente.

Conseguentemente a ciò, il dualismo testo-contesto viene meno nell’analisi dell’evento discorsivo. Infatti, il gesto confi-

11 P. RICŒUR, Sé come un altro, trad. di D. IANNOTTA, Jaca Book, Milano 1993, p.

412.

12 Pertanto, « l’attestazione […] si riflette sull’analisi stessa e la mette al riparo

dell’accusa per cui essa si limiterebbe, a motivo della sua costituzione linguistica, ad esplicitare gli idiomatismi di questa o quella lingua naturale, o peggio ancora le false evidenze del senso comune » (Ivi, p. 413).

13 I celebri Cahiers de doléances dove, per l’appunto, venivano riportate le lamente-

gurante, quanto alla molteplicità degli enunciati, non opera la messa in relazione tra fatti testuali interni e contesti esterni, ma permette, tramite la lettura di archivio, di concretizzare l’esistenza discorsiva di possibili che riguardano il sostrato umano, come ad esempio, il desiderio di libertà, di emancipa- zione, se non addirittura di dati naturali.14 Inserito in una confi- gurazione significante tramite la lettura d’archivio, l’enunciato è per se stesso il proprio contesto. D’altronde, si tratta di un dato comunemente osservabile dei membri di una società, tenendo conto della loro capacità interpretativa. Gli individui-membri di una società, considerati nei loro rapporti intersoggettivi di co- municazione, utilizzano il linguaggio naturale come contesto, fonte e tema interpretativo, attribuendo un senso al loro atto con la mediazione di un discorso dal forte valore riflessivo. Si tratta perciò di considerare « di che cosa [le persone] sono capaci ».15

1.2 La “situazione”

La parola “situazione”, che di solito rinvia a una posizione spazio-temporale, diviene un designatore delle circostanze o di uno spazio omogeneo all’interno di una ben determinata totali- tà. Ne risulta che l’evento non è riducibile né al contesto né alla situazione. Quest’ultima – che si tratti di un elemento preso se- paratamente dal mondo reale e percepito come « momento ge- netico della realtà » nell’ambito del tempo reale della storia umana o più semplicemente di una situazione detta d’enunciazione e intesa come « luogo di senso »16 – può essere al contempo genesi del reale e spazio semantico, senza tuttavia disporre di una dinamica propria che li metta in relazione. La nozione di “situazione” resta quindi per lo più funzionale: essa non rientra nell’interrogativo concernente il sostrato reale

14 Quanto all’euristica del posizionamento naturalista, cfr. il gesto dell’interprete D.

C. DENNETT, La stratégie et l’interprète, Gallimard, Paris 1990.

15 L. BOLTANSKI, op. cit., p. 25.

16 J.-P. ESQUENAZI, « Eléments pour un sémiotique pragmatique: la situation

dell’evento17 e la conseguente dinamica espressiva quanto all’evento linguistico e discorsivo che cerchiamo di discernere analiticamente. Il ricorso alla nozione di “situazione” ci dà semmai un’idea vaga del contesto allargato a uno spazio discor- sivo sufficientemente ampio da caratterizzare l’uso dei segni. Così avviene, ad esempio, nei recenti lavori sul discorso media- tico, in cui è stato necessario definire un “livello situazionale”18 per designare i dati esterni che fungono da regole per gli enun- ciati mediatici. Inoltre, l’uso di questa nozione presuppone un ordine descrittivo e non può quindi farci accedere al processo di formazione di quest’ordine. In altre parole, considerare il di- scorso nei termini della “situazione” ci riporta al solo problema dell’uso, seppur inteso in senso generale nell’ambito di una teo- ria dei segni. Se la ricerca degli usi in discorso è fondamentale nel programma descrittivo del sociolinguista,19 ciò nondimeno essa si limita troppo spesso a considerazioni sulle varie modali- tà di utilizzo delle parole, che si tratti di diversi livelli del lessi- co o di confronti specifici.20 Attraversando dei corpora omoge- nei, la ricerca elude l’eterogeneicità degli enunciati che costitui- scono l’evento discorsivo; essa rende superflua la lettura d’archivio, riducendosi a quegli elementi del testo che sono adeguati alla costituzione del corpus.

In realtà, possiamo considerare che non può esserci evento conseguente all’uso situato del segno nella misura in cui l’evento discorsivo non deriva da una concatenazione causale rispetto all’occorrenza che lo precederebbe. Allo stesso modo, una data situazione storica non genera necessariamente un even- to. Una catena di eventi – anzitutto linguistici, poi discorsivi come l’“invenzione” dell’Assemblea nazionale nel 1789 di cui

17 Potremmo persino parlare di “evento-sostrato”, intendendo e utilizzando il termi-

ne “evento” nel modo in cui abbiamo fatto sinora.

18 P.CHARAUDEAU, op. cit.

19 Cfr. M. TOURNIER, « Des mots en histoire », art. cit.

20 R. ELUERD (La lexicologie, op. cit.) definisce il concetto di uso in lessicologia in

stretta correlazione con la preoccupazione di esaustività nella lettura d’archivio, ponendosi in rottura con una pratica lessicologica semplificata e aprendo prospetti- ve fruttuose di scambio con le ricerche degli storici del discorso. Cfr. la postfazione al presente volume.

abbiamo parlato – se anche dispone di un evento-sostrato, cioè di una parte iniziale di astrazione ancorata al reale (la denomi- nazione inedita di “Assemblea nazionale”) non ha nulla però di causale o di lineare. Le maglie della catena non sono determina- te tutte casualmente e se alcune lo sono, è in quanto elementi naturali piuttosto che come fatti storici. Se si ammette che ogni evento ha un posto determinato in una data situazione storica, occorre aggiungere che la sua presentazione, il suo modo di- scorsivo di essere, gli è immanente e che perciò esso si rivela irriducibile alla situazione storica. Il caso della Rivoluzione francese dimostra che l’enumerazione degli eventi che vi si sus- seguono non è sufficiente a sancire la loro intelligibilità. Inoltre, occorre descrivere come il significante dell’evento Rivoluzione francese « attesta esso stesso di essere un termine dell’evento che è »,21 in cosa esso sia immanente alla molteplicità dei fatti che denomina e in che misura si presenta allo sguardo dello spettatore che lo giudica. In maniera simile, la coppia consenso / dissenso, che viene spesso citata nel discorso mediatico e nel discorso politico attuali, perde di intelligibilità se viene applica- ta al punto di vista ristretto dell’uso, selezionato come evento linguistico data la sua “situazione”. Esso non può rendere dav- vero conto del dispositivo di soggettivizzazione nel discorso in cui si costituiscono le forme del litigio costitutive dell’effettività dell’agire umano.22

In fin dei conti, la nozione di “situazione”, che pur resta aperta alla descrizione degli usi in discorso, fa economia dei possibili dell’evento che dal canto suo è in divenire a causa del- la sua immanenza. Ci auguriamo pertanto che lo spazio della descrizione degli usi in una situazione data venga abbandonato quanto prima per passare a interrogarci sui limiti interni di un discorso in perenne movimento a causa dello spostamento del soggetto delocalizzato nell’evento, degli oggetti riconfigurati e dei concetti riterritorializzati.23

21 A. BADIOU, L’être et l’événement, Editions du Seuil, Paris 1988, p. 200. 22 Cfr. J. RANCIERE, La Mésentente. Politique et philosophie, Galilée, Paris 1995. 23 Il neologismo deleuziano di “riterritorializzazione”, che si aggiunge alla funzione

1.3 Descrivere l’intreccio all’interno di un percorso tematico

Va considerato che caratterizzare la dinamica dell’enunciato nell’archivio permette la descrizione dell’evento come atto al contempo costituente e configurante.24 La questione dell’azione, che, come vedremo, troverà il suo compimento nel racconto di evento, si traduce innanzitutto nell’intreccio di enunciati. L’intreccio, dispiegandosi sull’intero percorso tematico, acqui- sisce una portata globale e precisa il suo significato nel momen- to in cui emergono una o più espressioni suscettibile/i di rias- sumere l’intelligibilità del processo descritto e di cui ci importa poco conoscere il grado di originalità lessicale. Queste espres- sioni dal valore di argomento, che derivano dalla capacità criti- ca dei membri della società, ovvero dai loro giudizi pratici, atte- stano la chiusura temporanea del processo di configurazione che costitutisce l’intreccio. Occorre considerare che quest’ultimo può concludersi già nella sua stessa narrazione grazie allo spet- tatore, ma su ciò torneremo in seguito.

Lo spazio “raro” dell’enunciato riflessivo, ovvero il luogo preciso in cui si dispiegano gli argomenti principali, trae il pro- prio senso dalla dispersione eterogenea di enunciati, che per- mette una grande varietà di regole nel passaggio da un enuncia- to all’altro. Una data espressione, attestata nel corpus, dà senso a un intero percorso tematico e regola il campo discorsivo gra- zie alla vicinanza immediata con una vasta configurazione di enunciati. Ciò che conta, allora, è la regolarità enunciativa di un enunciato situato vicino a un altro. Contrariamente a qualsiasi interrogativo sul referente o sull’originalità lessicale dell’enunciato, la sua regolarità è una risorsa inedita, una ric- chezza incomparabile che evidenzia le regole di funzionamento

Foucault, una sorta di fuga nella molteplicità di enunciati che produce connessioni inedite e, a volte, casuali. Cfr. la nostra analisi del divenire della nozione di forma- zione discorsiva in analisi del discorso: J. GUILHAUMOU, « Où va l’analyse du di- scours ? Autour de la notion de formation discorsive », in Marges linguistiques, n. 9, 2005, disponibile all’indirizzo http://www.revue-texto.net/1996-2007/marges /marges/Documents%20Site%201/00_ml092005/00_ml092005.pdf

24 Cfr. P. R

del percorso tematico entro il quale si attualizza. Questa regola- rità si situa lontano da un universo di norme o di princìpi latenti di applicazione di una regola; essa concerne di fatto ciò che è effettivamente detto, laddove i singoli enunciati si distribuisco- no e si posizionano. Non si tratta di una regolarità di proposi- zioni sintattiche o di frasi storiografiche: essa è semmai la va- riazione e il passaggio dell’enunciato che circola da una confi- gurazione all’altra.

Con la descrizione dell’intreccio all’interno di un percorso tematico, ci situiamo all’interno di reti multiple di enunciati, che si articolano cronologicamente attorno ad atti configuranti. La descrizione di queste configurazioni di enunciati entro un dato percorso tematico e sotto forma di intreccio viene quindi posta al centro del dispositivo sperimentale di analisi dell’evento discorsivo. A ogni tappa di questo percorso temati- co, l’evento discorsivo, in quanto atto configurante nello spazio pubblico, può essere categorizzato con una descrizione che pro- duce giudizi e argomenti. Lontani dal continuum referenziale normato dai soggetti cognitivi, gli attori/spettatori dell’evento discorsivo, in quanto soggetti di enunciazione tendenzialmente delocalizzati, immettono l’intreccio in uno spazio e in una tem- poralità propri, come ad esempio lo spazio pubblico di delibera- zione della Rivoluzione francese che viene ritmato dalle giorna- te insurrezionali. L’evento discorsivo dipende quindi dalla spe- cificità del processo inedito di costruzione del soggetto di enun- ciazione, o più precisamente dell’inserimento del soggetto nelle singolarità vuote di senso ma piene di possibili. La figura dell’individuo-Nazione, presentata, come vedremo poi, da Sièyes nel 1789, ne è un esempio: essa non ha nulla della massa indifferenziata, ma è piuttosto la risultante di libertà individuali convocate dalla mediazione di un nuovo attore collettivo, il Terzo Stato.

Possiamo così cogliere l’evento discorsivo nel suo emergere sotto forma di enunciati specifici; esso può dispiegarsi in seno a eventi di enunciazione in cui « l’istanza della parola singola sul supporto discorsivo in divenire emerge in una situazione di im-

prevedibilità di ciò che avverrà ».25 Questi eventi di enunciazio- ne, tuttavia, sembrano più “scivolamenti” rispetto alla linearità del discorso, ovvero luoghi di rottura, piuttosto che correlazioni tra enunciati e soggetti / oggetti / concetti nell’ambito di una storicità specifica.

Tutto ciò non tiene conto di una massa indifferenziata, quan- to di un soggetto di enunciazione valorizzato dall’evento discor- sivo e non precostituito ad esso. Questo soggetto, tendenzial- mente delocalizzato, non deve esser confuso con l’attore che svolge il suo ruolo di rappresentazione. Esso è anche spettatore “imprevedibile” e “disinteressato”, principio dell’azione e per- ciò capace di giudicare l’evento; sulla base di ciò, egli è in gra- do di attirare l’attenzione di altri spettatori. Abile nel cogliere l’insieme della scena discorsiva, lo spettatore partecipa alla conclusione narrativa dell’evento discorsivo e alla sua completa realizzazione. Vero e proprio “spettatore giudice”, egli permette alla comunità allargata degli uomini di comprendere l’evento. Se, dal punto di vista dell’evento discorsivo, occorre sempre parlare di spettatori al plurale, tuttavia lo spettatore al singolare resta onnipresente nell’approccio metodologico di cui stiamo parlando quanto all’evento.