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Gli anni 1970: il discorso come oggetto storico

Storia e linguistica Un percorso nell’AD 1 Una presenza costante

1. Gli anni 1970: il discorso come oggetto storico

Sin dalle origini, come manifesta in modo significativo il Convegno di lessicologia politica di Paris X – Nanterre qualche tempo prima degli avvenimenti del maggio 1968, l’AD in Fran- cia8 si presenta, nell’insieme, come una disciplina “ristretta” ma rigorosa, impostata su un modello di scientificità che viene ri- preso dal distribuzionalismo americano.

La metodologia iniziale di tipo sociolinguistico

All’inizio, in realtà, il modo di procedere è quello che oggi definiremmo sociolinguistico in quanto associante a un modello linguistico, sostanzialmente l’analisi di enunciati, un modello sociologico, definito attraverso le “condizioni di produzione” degli enunciati. Infatti, così è designato il contesto dal quale si estrapolano gli elementi del corpus studiato.

Al modo di operare del linguista, che descrive le proprietà for- mali degli enunciati rintracciandone le variazioni, si associa quello del sociologo, che cerca di comprendere il perché della variazione dei linguaggi nelle pratiche sociali. Diventa quindi necessario trovare delle corrispondenze, delle co-varianti tra strutture linguistiche e modelli sociali, cercando a volte di stabi- lire dei nessi di causa-effetto o più spesso stabilendo dei sem- plici parallelismi.9 Come abbiamo dimostrato altrove,10 analiz- zando l’interdiscorso giacobino e rilevando gli effetti discorsivi dell’egemonia giacobina nel 1793, una data congiuntura storica può produrre degli effetti discorsivi. Nel nostro studio, in cui

8 Per un bilancio dei primi vent’anni dell’analisi storico-linguistica del discorso,

rimandiamo a N. GOLDMAN, J. GUILHAUMOU, R. ROBIN, El discurso como objeto de la historia, Hachette, Buenos-Aires 1989; J. GUILHAUMOU, D. MALDIDIER, R. ROBIN, op. cit.

9 Cfr. G. DRIGEARD,P.FIALA,M.TOURNIER, Courants sociolinguistiques, Klinck-

sieck, Paris 1989.

10 J. GUILHAUMOU, « Idéologies, discours et conjoncture en 1793 », in Dialecti-

fornivamo una prima formulazione piuttosto sintetica dello “spazio discorsivo” esemplificato dalla Rivoluzione francese, eravamo ancora influenzati dalle letture marxiste, dai testi del giovane Marx sino a quelli di Gramsci, e dalla mediazione pri- vilegiata della lettura di Althusser. È così che sono emersi i termini propri all’evento discorsivo, a distanza quindi rispetto alla storia sociale allora dominante. Allo stesso modo, le ricer- che di Régine Robin su una città dell’epoca di Antico regime, Semur-en-Auxois,11 analizzavano da un lato le strutture sociali di un baliaggio borgognese alla vigilia della Rivoluzione fran- cese, dall’altro il contenuto dei Cahiers de doléance, ovvero dei “Registri delle lamentele” dei borghesi e dei contadini, a partire da alcune parole-chiave e sulla base di un approccio linguistico che combinava l’analisi di enunciati e lo studio del lessico so- cio-politico. I primi lavori dei linguisti in AD – che si tratti del- le ricerche di Jean-Baptiste Marcellesi sul Congresso di Tours del 192012 o di quelle di Denise Maldidier sul lessico politico della Guerra d’Algeria13 – s’iscrivevano quindi all’interno di una stessa prospettiva di studio.

Da qualche semplice strumento di analisi…

Una versione “debole” dell’AD era tuttavia più diffusa pres- so i giovani lessicologi e storici del discorso che si apprestavano alle loro prime ricerche: essa consisteva nello studiare i campi semantici delle nozioni ritenute centrali nel corpus preso in con- siderazione. Citiamo, ad esempio, il lavoro pionieristico di An- nie Geffroy sui discorsi di Saint-Just14 e il nostro primo lavoro

11 R. ROBIN, Op. cit.

12 J.-B. MARCELLESI, Le Congrès de Tours (décembre 1920). Etudes sociolinguisti-

ques, Roger Maria, Paris 1971

13 D. MALDIDIER, Analyse linguistique du vocabulaire de la guerre d’Algérie, Tesi

di dottorato, Paris X-Nanterre 1970. Pubblicato parzialmente in Langue française, n. 9, 1971; Langages, n. 23, 1971; La Pensée, n. 157, 1971.

14 A. GEFFROY, « Le peuple selon Saint-Just », in Annales Historiques de la Révo-

sul discorso del Père Duchesne,15 organo di stampa polemico che, nel 1793, metteva in risalto una forma dissimulata del di- scorso giacobino sugli usi della parola sans-culotte (“sanculot- to”). Lo studio del campo semantico presenta oggi il vantaggio di inserirsi in una tradizione lessicologica, incarnata dal celebre Ferdinand de Brunot e dalla sua Histoire de la langue françai-

se16 e proseguita con gli storici della scuola degli Annales. Tra- lasciando il criterio della trasparenza del testo, utilizzato dallo storico tradizionale, e abbandonando, allo stesso tempo, l’abitudine della citazione a scopo illustrativo, questo approccio si rivelava semplice e non necessitante di competenze tecniche specifiche.

… a strumenti metodologici complessi

Quello di elaborare una versione “forte” dell’AD in chiave specificatamente sintattica era compito che sarebbe spettato piuttosto al linguista interessato all’analisi di materiali storici. In altri termini, si trattava di estrarre da un corpus di testi a stampa una serie di enunciati attorno a delle parole-chiave sui quali il linguista avrebbe applicato delle regole di equivalenza grammaticale così da ottenere, in forma di paradigma, un in- sieme di frasi trasformate in predicati delle parole-chiave. Tut- tavia, questo tipo di approccio resta accessibile solo al linguista o tutt’al più allo storico linguista, nella misura in cui lo storico ordinario deve fare un notevole investimento nelle competenze linguistiche richieste per operare con tale metodo. D’altro canto, tale metodo ha permesso collaborazioni interdisciplinari impor- tanti. Citiamo, ad esempio, il lavoro congiunto della linguista Denise Maldidier e della storica Régine Robin sulle rimostranze parlamentari francesi nei confronti degli Editti di Turgot del

15 J. GUILHAUMOU, « L’idéologie du Père Duchesne », in J. GUILHAUMOU et alii (a

cura di), Langage et idéologies, op. cit., pp. 81-116.

16 J.-C. CHEVALIER, « F. Brunot (1860-1937): la fabrication d’une mémoire de la

1776,17 in cui il corpus delle frasi trasformate dalla linguista at- torno alle parole-chiave liberté e règlement18 viene trascritto in- tegralmente. La scelta dei lemmi è però frutto di un sapere sto- rico aprioristico: si presuppone che, nel periodo del fallimentare tentativo riformatore di Turgot, la nobiltà e la borghesia si siano affrontate sulla base delle parole liberté e règlement.

A contatto con la linguistica strutturalista, lo storico del di- scorso è quindi riuscito a mettere insieme degli strumenti meto- dologici ancora oggi attuali, ma che finiscono per sforare nell’analisi del contenuto.19 Si è così instaurato tra storia e lin- guistica un rapporto stabile che si avvale di strumenti d’analisi sia lessicali che grammaticali che rispondono all’esigenza di de- scrivere sistematicamente l’uso delle parole e degli enunciati.20

L’apporto iniziale della lessicometria

In questa prospettiva, la lessicometria si è imposta come il mezzo principale per quantificare i fatti linguistici, diventando così il supporto per ogni tipo di indagine linguistica21 nell’ambito di quella che oggi viene definita la linguistica dei corpora.22 Lo storico del discorso può sempre ricorrere alla les- sicometria per distinguere i fenomeni enunciativi e retorici pre- senti nella superficie del testo dagli enunciati che lo strutturano semanticamente attorno a parole-chiave che vengono studiate utilizzando il metodo harrissiano. Si può così osservare da vici- no l’utilizzo di una o più parole all’interno di uno stesso corpus, come dimostrano i lavori pionieristici di Maurice Tournier e del

17 D. MALDIDIER, R. ROBIN, « Polémique idéologique et affrontement discursif en

1776; les Grands Edits de Turgot et les Remontrances du Parlement de Paris », in J. GUILHAUMOU et alii (a cura di), Langage et idéologies, op. cit., pp. 3-80.

18 “Libertà” e “Regolamento” (NdT).

19 Cfr. L.BARDIN, L’analyse de contenu, PUF, Paris 1989.

20 Questi strumento sono ancora utilizzati dagli storici, come dimostra in particolare

la recente opera di D. LE GALL, Napoléon et le Mémorial de Saint-Hélène. Analyse d’un discours, Kimé, Paris 2003.

21 L. LEBART, A. SALEM, Statistique textuelle, Dunod, Paris 1994.

22 B. HABERT, A. NAZARENKO, A. SALEM, Les linguistiques de corpus, Armand

gruppo di “Saint-Cloud”.23 Tuttavia, l’analisi non concerne più un corpus di enunciati, ma finisce per riguardare un corpus più ridotto. Il quadro lessicale presenta le frequenze assolute e rela- tive delle parole o delle espressioni ricercate, calcolate automa- ticamente in una determinata porzione di discorso. L’analisi fat- toriale delle corrispondenze è il metodo quantitativo più signifi- cativo di questo tipo di studi, come dimostra il recente lavoro di Damon Mayaffre24 sul discorso politico tra le due guerre che pure utilizza, come vedremo, un’altra configurazione metodolo- gica. Questo metodo, che è quantitativo e sintetico al contempo, permette, infatti, di cogliere immediatamente le differenze più significative tra gli autori, gli insiemi lessicali, o di entrambe le cose, all’interno del corpus.

Grazie ai metodi linguistici e lessicometrici, i primi anni dell’accostamento dell’AD alla storia hanno quindi permesso di introdurre dei criteri di esaustività e sistematicità rispetto a dei corpora rappresentativi, comparati e scelti sulla base delle loro condizioni di produzione. In tal modo, lo storico del discorso si differenzia dallo storico tradizionale per il fatto che usa la lettu- ra del testo come modo per accedere a un senso nascosto che permette di delimitare il referente.

I limiti e l’importanza dei primi passi…

Tuttavia l’analisi del discorso come oggetto della storia ha incontrato agli inizi una triplice difficoltà. In primo luogo, essa produce un taglio netto tra il corpus selezionato, che peraltro si riduce sensibilmente al termine del processo d’analisi, e ciò che esiste al di fuori del corpus e che è definito in modo referenziale e generale con la nozione di condizione di produzione o di si- tuazione di comunicazione. In secondo luogo, la scelta delle pa- role-chiave si basa sul giudizio dello storico e dei dibattiti sto-

23 M. TOURNIER et alii, Des tracts en mai 1968, Armand Colin, Paris 1975 ; M.

TOURNIER, Des mots en politique. Propos d’étymologie sociale, Klincksieck, Paris 1997.

24 D. MAYAFFRE, Le poids des mots. Le discours de gauche et de droite dans

riografici del momento. Infine, l’AD costituisce delle entità di- scorsive separate – come il discorso nobile, quello borghese, quello giacobino, quello dei sans-culotte, ecc. – a partire dalle ideologie e dalla storiografia.

Non bisogna però sottostimare i risultati dei primi lavori di AD per quanto concerne la conoscenza delle strategie discorsi- ve. Ad esempio, nel nostro studio comparativo dei pamphlets pubblicati nel 1793,25 viene messo in evidenza il contrasto tra il discorso “autentico” dei sanculotti, quello di Jacques Roux, e il discorso giacobino di Hébert, autore del Père Duschesne, basato su effetti popolari che stemperano i contenuti giacobini. Preci- siamo che ci posizionavamo allora in rapporto al referente “san- culotto”, la cui centralità nell’opera di Albert Soboul si riferiva, oltre che alla politica, alla storia sociale dominante, con una parte non trascurabile di considerazioni sulle mentalità: a nostro modo, sottolineavamo così la relativa autonomia degli effetti discorsivi rispetto alle realtà sociali.

In pratica, l’AD era debitrice, a un livello profondo, di una teoria del discorso scaturita sia dal marxismo che dall’apporto, recente all’epoca, di Michel Foucault, e in particolare del suo libro L’archeologia del sapere.26

… all’interno dei meccanismi concettuali

Se Michel Pêcheux condivideva la critica di Michel Foucault nei confronti dell’umanesimo e del suo corollario della sogget- tività dell’individuo, egli se ne allontanava tuttavia quanto al rifiuto di Foucault dell’esistenza di una formazione sociale pre- costruita, come pure dei concetti del materialismo storico. Mi- chel Foucault intendeva, infatti, sostituire al movimento dialet- tico il “movimento dell’intepretazione”.27 Questo rifiuto iniziale

25 « ‘Moment actuel’ et processus discursifs. Le Père Duchesne d’Hébert et le Pu-

bliciste de la république française de J. Roux (14 juillet - 6 septembre 1793) », in Sur la Révolution française. Bulletin du Centre d’Analyse du Discours de l’Université de Lille III, n. 2, 1975a, pp. 147-173.

26 L’archeologia del sapere, op. cit.

27 Cfr. M. FOUCAULT, Dits et écrits, Gallimard, Paris 1994, vol. 1, pp. 564 ss. La

del processo interpretativo da parte dei “linguisti marxisti”, che in seguito sarebbe stato fortemente riconsiderato,28 contribuì per un po’ a limitare la portata dell’AD e conseguentemente anche l’apprendimento della storicità del testo.

Gli anni 1980 permetteranno all’AD di accostarsi, sebbene in ritardo, alle questioni ermeneutiche. Tuttavia, i concetti di “formazione discorsiva” e di “interdiscorso”, formulati entram- bi da Michel Pêcheux,29 divennero centrali. La nozione di for- mazione discorsiva, al di là del valore descrittivo di configura- zione di enunciati sparsi, permetteva di determinare quanto do- veva o meno essere detto in una ben precisa congiuntura storica. Senza voler mettere in causa l’apporto di questa nozione,30 c’era il rischio di classificare le varie formazioni discorsive di una formazione sociale sull’esempio dell’opposizione nobil- tà/borghesia di Antico regime. Il concetto di interdiscorso intro- duceva in tal senso un approccio più dialettico: esso permetteva di dire che ogni formazione discorsiva dissimula, nella traspa- renza del senso proprio alla linearità del testo, la dipendenza da un “tutto complesso e dominante”, secondo la formula del filo- sofo marxista Louis Althusser,31 un tutto che altro non è se non l’interdiscorso, ovvero uno spazio discorsivo e ideologico in cui

lumi, dei quali citiamo i principali: Detti e scritti (1975-1984). Biopoetica e libera- lismo, trad. di O. MARZOCCA, Medusa, Milano 2001 ; Detti e scritti (1957-1984). Follia e psichiatria, trad. di M. BERTANI,P.A.ROVATTI, Raffaello Cortina editore, Milano 2006; Detti e scritti (1970-1984). Discipline, potere e verità, trad. di M. BERTANI, V. ZINI, Marietti, Genova 2008; per le edizioni Feltrinelli sono stati pub- blicati i tre volumi dell’Archivio di Foucault. Interventi, colloqui, interviste (Mila- no 1996-1998), nonché gli Scritti letterari (trad. di C. MILANESE, Milano 1984). Le citazioni presenti nel volume di Guilhaumou non sono tuttavia attestate nelle diver- se pubblicazioni italiane e pertanto rinviamo direttamente all’edizione Gallimard, provvedendo a tradurla di volta in volta in italiano (NdT).

28 Su iniziativa dello stesso Pêcheux che, nel 1982, decise di costituire il gruppo di

ricerca denominato Analyse de discours et lecture d’archive (Analisi di discorso e lettura d’archivio). Cfr. M. PECHEUX, L’inquiétude du discours, op. cit.

29 ID., Les vérités de la Palice, Maspero, Paris 1975.

30 La nozione di “formazione discorsiva” è ancora attuale e continua a render conto

delle modalità di costruzione discorsiva del senso in relazione al contesto storico- sociale, come è apparso nel recente incontro del 2002 a Montpellier. Cfr. P. SIBLOT, De l’analyse du discours à l’idéologie: les formations discursives. Il nostro inter- vento in questo incontro è stato oggetto di pubblicazione (2005a).

31 L. A

si dispiegano le formazioni discorsive in funzione di rapporti di dominazione, subordinazione e contraddizione. Questa concet- tualizzazione “forte” incontrava la preoccupazione dello storico di iscrivere la propria indagine in modo duraturo nell’ambito della tradizione marxista.32 Laddove all’inizio dominava un ap- proccio tassonomico, che isolava degli elementi semplici (di- scorso borghese / discorso feodale; discorso giacobino / discor- so dei sanculotti) nel più complesso corpus dei discorsi, diventa ora centrale l’intersecarsi di strategie discorsive, contrasti o vi- ceversa echi linguistici nel gioco dell’inter- e dell’intradiscorso. È su questo terreno che alcuni ricercatori tedeschi particolar- mente interessati ai fenomeni del linguaggio, come Jürgen Link e Peter Schöttler, incontrano Michel Pêcheux.33

Il bilancio dell’AD come oggetto della storia, per come essa è stata praticata da un ristretto gruppo di storici nel corso degli anni 1970, non è quindi per niente trascurabile, malgrado i suoi limiti. È, infatti, proprio dal moltiplicarsi dei contatti tra i ricer- catori francesi e non, ognuno con i propri interrogativi sul lin- guaggio, e dall’attenzione rinnovata per l’“archivio” che si va configurando, durante gli anni 1990, quella che ormai può già essere definita “analisi storico-linguistica del discorso”, con una spiccata predilezione per l’approccio configurazionale.