La Lunigiana: transizione e costruzione del web rurale
Lunigiana 1. CCIAA di Massa‐Carrara 2 GAL Sviluppo Lunigiana 3 Agenda 21 provinciale
11. La Via Francigena/
4.2 L’evoluzione storica dell’allevamento ovino a Zeri: una proposta di periodizzazione
L’allevamento della pecora Zerasca ha radici profonde nella storia di Zeri e le prime notizie tecniche risalgono al 1845, quando l’agronomo Antonelli (1845), accenna ad un’ottima razza ovina presente a Zeri, rinomata per la produzione di agnelli (Verità et al., 2001; p.34). La storia più recente dell’allevamento ovino a Zeri può essere suddivisa in tre macro fasi:
- L’allevamento contadino tradizionale (fino agli anni cinquanta‐sessanta) che si inserisce nel contesto di una “agricoltura contadina tradizionale” orientata all’autoconsumo e alla sussistenza. L’allevamento ovino, finalizzato essenzialmente alla produzione di carne per l’autoconsumo, era condotto come attività integrativa rispetto all’allevamento bovino ed anche la ridottissima produzione casearia casalinga era destinata esclusivamente all’autoconsumo. - La modernizzazione agricola (dagli anni cinquanta‐sessanta agli anni ottanta).
Questa fase è caratterizzata dal tentativo di implementare il “modello di agricoltura produttivista” finalizzato all’incremento della capacità produttiva sia della carne che del latte. Il fallimento di questo tentativo ha condotto al progressivo ma inesorabile abbandono dell’allevamento della razza Zerasca. Il declino dell’allevamento ovino, tuttavia, deve essere considerato anche alla luce del più generale processo di “esodo rurale” e “esodo agricolo”. L’abbandono, quindi, è dipeso dalla convergenza parallela di un duplice processo: da un lato, dal mancato allineamento al “modello di agricoltura produttivista” e, dall’altro, dal drammatico esodo rurale e agricolo che sta ancora agendo sul territorio di Zeri.
‐ La “reinassance” rurale (dagli anni ottanta in poi). Un inizio di ripresa della pastorizia si avvia durante gli anni ottanta, tuttavia la vera e propria
“reinassance” prende avvio all’inizio degli anni novanta e si dispiega in due fasi:
una prima fase di ri‐scoperta della razza che ha spinto verso il riconoscimento ufficiale di “razza autoctona” ed una seconda fase di purificazione e
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valorizzazione della razza sostenuta dalla nuova generazione di pastori che hanno ri‐strutturato la pastorizia locale secondo il “nuovo modello contadino” (Van der Ploeg, 2008). In opposizione al paradigma della modernizzazione il processo di ri‐contadinizzazione deve essere considerato come il passaggio dal “modello tradizionale di agricoltura contadina” orientato alla sussistenza, ad un nuovo modello di agricoltura fondato sulla valorizzazione e controllo delle risorse locali nel quadro di una prospettiva di ricongiungimento tra uomo e natura ma, allo stesso tempo, orientato al mercato, o in questo caso specifico alla costruzione di un nuovo mercato (“nuovo modello di allevamento contadino”). Il processo di ri‐contadinizzazione si è dispiegato attraverso la “strutturazione” del web rurale dell’Agnello di Zeri, che fonda la propria prospettiva di sviluppo nella capacità di differenziazione e autonomia rispetto alla “catena agro‐alimentare globale” (Murdoch, 2000) o “impero del cibo” (Van der Ploeg, 2008) che dir si voglia. Per comprendere a pieno la “reinassance” dell’allevamento della razza Zerasca è necessario sottolineare che essa è stata favorita dall’inasprimento della crisi dell’allevamento bovino che è stata tradizionalmente l’attività principale delle aziende Zerasche.
La periodizzazione proposta, non deve essere intesa in termini assoluti, si tratta piuttosto di una semplificazione introdotta al fine di una maggiore chiarezza espositiva. Anche la classificazione delle tipologie di allevamento deve essere compresa in termini relativi. Le macro fasi, infatti, non devono essere considerate come dei gradini di un processo evolutivo, in cui l’affermarsi di un determinato tipo di allevamento determina il superamento delle altre pratiche e l’adesione al nuovo modello da parte della totalità delle aziende presenti sul territorio. Più che un processo evolutivo unilineare è forse maggiormente corretto pensare ad un processo continuo di differenziazione e compresenza (Deleuze, 1996; Foucalt, 2008). In tal senso, il modello di agricoltura contadino tradizionale continua ad esistere in modo consistente durante il periodo della modernizzazione, anzi, durante il periodo della modernizzazione sono solo pochissime le aziende che perseguono tale strada mentre la maggioranza persiste nell’allevamento tradizionale. Il tentativo di introduzione del modello produttivista, dal canto suo, non deve essere considerato fallimentare in toto: è portato a successo nelle aziende agricole più grandi e ancora oggi rappresenta un modello organizzativo in vigore. Inoltre, il nuovo modello contadino di allevamento è sicuramente un modello che si sta progressivamente espandendo e che sta ottenendo risultati positivi fortemente visibili, tuttavia non solo non trova la totale adesione da parte della totalità delle aziende ma vede anche la presenza di alcune forze di opposizione all’interno del territorio Zerasco stesso. Infine, ancora oggi è possibile trovare sul territorio molte aziende,o meglio famiglie contadine, organizzate secondo il modello tradizionale.
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Nel proporre questa “periodizzazione” non ci si pone l’obiettivo di tracciare “la curva lenta di un’evoluzione”, ma piuttosto ci serve per ritrovare la “singolarità degli eventi”, “la proliferazione degli eventi attraverso i quali (grazie ai quali, contro ai quali)” (Foucault, 2001; p. 43 e p. 48) si sono strutturate nel tempo le diverse tipologie di allevamento, ma sopratutto ci serve per evidenziare e ricostruire il processo di ri‐contadinizzazione che ha portato alla formazione dell’attuale web rurale dell’agnello di Zeri. La storia del “piccolo miracolo” è la storia che si sviluppa a partire dai primi anni novanta, tuttavia è possibile comprenderne il significato e la portata solo nel quadro più ampio della periodizzazione sopra proposta.
Le parole di Valentina Merletti, una imprenditrice Agricola di 26 anni ed uno dei membri più attivi del Consorzio dell’Agnello di Zeri, sono alquanto esplicative del processo di cambiamento della pastorizia Zerasca e della periodizzazione sopra menzionato:“Ai tempi dei miei nonni e prima di loro a Zeri non c’era scelta si nasceva
per diventare contadini, e in particolare allevatori. Mia madre e mia zia come tutti di quella generazione e successive hanno abbandonato Zeri per andare nelle città. […] Mi sono sposata a Zeri, sono venuta a vivere a Zeri, però lavoravo a Pontremoli in un ufficio, finché i miei nonni hanno deciso di vendere quello che avevano, 20 pecore ed una mucca, e a quel punto io non me la sono più sentita di lavorare laggiù, ho deciso di abbandonare il lavoro. Nel 2001 ho preso quei pochi animali che avevano i miei nonni perché erano già pensionati e adesso ho 100 pecore e una decina di mucche.
Cerco di portare avanti quello che facevano i miei nonni adeguandomi ai tempi, perché non puoi fare come facevano una volta in tutto e per tutto[…]. Io quest’anno sto aprendo un caseificio che era una cosa impensabile qualche anno fa, l’idea di un caseificio a Zeri. I nonni facevano formaggio, poi è mancata una generazione a Zeri, che non c’è stata quella dei miei genitori, saranno rimaste due o tre persone a fare questo lavoro e quei due o tre allevatori che sono rimasti a Zeri non hanno fatto questo lavoro cercando di ripristinare quello che era, hanno trasformato l’allevamento in allevamento intensivo, hanno cambiato radicalmente il modello di allevamento. Io cerco di fare come nella tradizione, aprendo un caseificio familiare, producendo in piccole quantità, sempre come facevano i nonni ma in regola. Io vendo la nostra storia, le persone che vengono in azienda sono interessate sì al prodotto ma soprattutto alla storia che c’è dietro, a visitare l’azienda, al contatto, alle leggende, alle passeggiate, a quello che è appunto il territorio” Nelle parole di Valentina è possibile rintracciare chiaramente la distinzione dei tre periodi storici e il dispiegarsi dei diversi modelli di allevamento: in primo luogo il periodo che arriva fino agli anni cinquanta‐sessanta, il periodo dei “nonni” durante il quale domina il modello di allevamento tradizionale; poi, a partire dagli anni sessanta, segue l’abbandono di un territorio e dell’agricoltura da parte di una intera generazione, dove chi rimane cambia radicalmente il modello di allevamento e lo trasforma secondo i dettami della modernizzazione ed infine, a partire dagli anni
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novanta, i giovani che ritornano al modello contadino ma attraverso un forte processo di innovazione che trasforma verso prospettive inaspettate l’allevamento della razza Zerasca: “adeguandomi ai tempi, perché non puoi fare come facevano una
volta in tutto e per tutto[…].” ed in tal senso parliamo di nuovo modello contadino.
4.3 L’allevamento ovino tradizionale: la cocostruzione sociale (umana e