La Lunigiana: transizione e costruzione del web rurale
ARIA Autovetture su superficie (n autovetture/kmq) 29
3.6 Il web rurale in Lunigiana
Il web rurale in Lunigiana è analizzato nella sua prospettiva teorica, attraverso lo studio di ciascuna delle 6 dimensioni, delle interrelazioni che si stabiliscono tra le dimensioni, delle implicazioni in termini di qualità della vita e di competitività del territorio e quindi della articolazione del web secondo i ruoli assunti dalle dimensioni in termini di “inziatore”, “facilitatore” e “risultato. Lo studio, poi, si rivolge alla dimensione sostantiva/positiva del web rurale attraverso l’identificazione degli actor‐networks/iniziative principali e degli attori che tessono le relazioni, gli scambi le mutue reciprocità che si sviluppano a livello locale. Dopo aver analizzato le relazioni città‐campagna, lo studio termina con l’analisi della competitività e della qualità della vita del territorio ed in particolare come sono influenzati dal dispiegarsi del web rurale.
La metodologia proposta nella ricerca (vedere capitolo 2) è una metodologia qualitativa actor‐oriented che pone al centro dell’analisi gli attori rilevanti per spiegare le dinamiche in atto in un territorio. Per l’analisi del web rurale della Lunigiana, oltre al materiale raccolto durante la partecipazione al percorso per la presentazione della istanza di riconoscimento del Distretto Rurale della Lunigiana e
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negli incontri con i vari attori locali organizzati durante le due visite di campo dedicate allo studio dei processi di valorizzazione dei prodotti della Lunigiana (fagiolo di Bigliolo, marocca di Casola, agnello di Zeri, miele DOP della Lunigiana) svolte per il “Pisa Intensive Programme”, dell’International Master on Rural Development, sono stati organizzati due specifici workshop, realizzati nell’ambito del progetto di ricerca europeo ETUDE. Per la raccolta delle informazioni durante i workshop, è stato proposto un metodo che si ispira alle “mappe mentali”/“mappe concettuali”/“solution map”. Lo scopo era quello di raccogliere informazioni relative: ‐ alle 6 dimensioni del web rurale della Lunigiana; ‐ alla qualità della vita e alla competitività del territorio; ‐ ai principali actor‐network/iniziative. La metodologia utilizzata si è dimostrata molto “efficace” nel riuscire a far esprimere in modo creativo e costruttivo e di riassumere in modo grafico, sintetico e ordinato il punto di vista degli attori sulle specifiche tematiche oggetto di indagine, tuttavia all’efficacia non è corrisposta altrettanta “efficienza”. La metodologia si è dimostrata molto impegnativa in termini di tempo e per questa ragione non è stato possibile analizzare direttamente tutte le dimensioni del web (tabella 3.5). Tuttavia, dall’analisi della qualità della vita e di alcune dimensioni (endogeneità, nuovi assetti istituzionali e novelty) è stato possibile estrapolare molte informazioni anche riguardanti le altre dimensioni. La partecipazione ai workshop è stata numerosa, è stato possibile raccogliere informazioni da diversi soggetti del territorio sia pubblici che privati. Tab. 3.5 Le dimensioni del web rurale analizzate nei due workshop
Dimensioni del web rurale 1 workshop 2 workshop
Endogeneità √ Capitale sociale Nuovi assetti istituzionali √ Governo del mercato Sustenibilità Novelty √ Competitività √ Qualità della vita √
122 3.7 Evidenze empiriche in ciascuna dimensione 3.7.1 Endogeneità La transizione rurale della Lunigiana può essere considerata un esempio da manuale di una traiettoria di sviluppo rurale endogeno. Il recente processo di rigenerazione è stato costruito sulle risorse locali e particolarmente sulla valorizzazione delle numerose produzioni agroalimentari locali. Tali risorse, infatti, sono considerate dagli attori locali, assieme all’ambiente e al patrimonio storico‐artisitico‐ architettonico come le principali risorse locali a partire dalle quali organizzare processi di valorizzazione per lo sviluppo del territorio nel suo insieme. Il processo di valorizzazione delle risorse si determina attraverso la costruzione di network ibridi che, nonostante colleghino attori locali, regionali, nazionali e internazionali, sono attivati per la valorizzazione delle risorse locali, sono controllati dagli attori locali e il valore aggiunto prodotto è distribuito e reinvestito all’interno della costellazione locale. Questo aspetto assume maggiore rilievo se si pensa che data la scarsa capacità produttiva dell'agricoltura locale, le produzioni tipiche faticano ad arrivare ad un mercato di nicchia di scala nazionale, per cui la strategia di sviluppo del territorio è volta a favorire il consumo dei prodotti all'interno del territorio stesso.
L’endogeneità, non significa autarchia e così per la produzione del Miele DOP Biologico della Lunigiana è utilizzata cera importata dall’Africa. La cera è importata grazie alla cooperativa sociale “Il Pungiglione” (che è il più grande produttore di miele della Lunigiana e possiede il Laboratorio di trasformazione a cui fanno riferimento i membri del Consorzio) che affonda le proprie radici nella Comunità Papa Giovanni XXIII una rete/comunità globale di comunità locali sparse in tutto il mondo.
Il progetto “Borghi vivi” è un’interessante esperienza di “endogeneizzazione”. L’iniziativa è legata alla valorizzazione del turismo connesso all’esperienza dell’albergo diffuso41. Il progetto nasce come “Villages d’Europe”, un progetto
europeo finanziato nell’ambito dell’ex. art 10 del FESR, il cui obiettivo era quello di individuare in tre regioni europee (Toscana, Provenza‐Alpi‐Costa Azzurra e Catalogna) dei borghi rurali in abbandono, all’interno dei quali recuperare il
41 Con la creazione di un Marchio “Borghi Vivi”, l’iniziativa si pone l’obiettivo di valorizzare, a fini di ricezione turistica di qualità, il patrimonio edilizio lunigianese di pregio storico‐culturale, inutilizzato e di realizzare, attorno al recupero dei borghi rurali o borghi storici, alcune filiere produttive collegate e relative: alla gestione degli stessi borghi, all’artigianato di qualità, al prodotto tipico, al recupero di antichi mestieri e antiche professioni, alla valorizzazione dei beni culturali storici e del paesaggio, alla creazione di servizi di offerta al tempo liberato, alla valorizzazione dei servizi dell’offerta di svago, sport e benessere, ecc (Badiali, Sviluppo Italia Toscana)
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patrimonio edilizio di pregio, pubblico, religioso e privato da destinare alla ricettività turistica di qualità. Il progetto “Villages d’Europe” che ha avuto successo solo per quanto riguarda l’esperienza italiana includeva tre comuni della Lunigiana: Villafranca Lunigiana, Bagnone e Licciana Nardi. A fronte dell’esperienza positiva gli attori del territorio, guidati da Sviluppo Italia Toscana e dalla Comunità Montana della Lunigiana hanno endogeneizzato “Villages d’Europe”, che è diventato “Borghi Vivi” e che ha assunto il ruolo di progetto chiave per lo sviluppo territoriale nel Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Massa‐Carrara.
Un’ulteriore importante caratteristica del modello dello sviluppo rurale endogeno, che ad esempio è uno degli assi strategici dell’Iniziativa Comunitaria LEADER, è l’”interlocalità” (Ray, 2000; 2003). Come evidenziato da Ray (2003) la cooperazione transnazionale tra aree rurale costituisce uno dei fondamenti della dimensione paneuropea dello sviluppo rurale neo‐endogeno. Nel 1994 il Consiglio di Europa ha riconosciuto la Via Francigena come “Itinerario Culturale Europeo” e molti Comuni della Lunigiana sono membri dell’Associazione Europea delle Vie Francigene, che può essere considerata come un network internazionale che collega villaggi rurali e piccole città lungo l’antica via Francigena e che ha lo scopo di valorizzare i vari nodi storico‐culturali che lo compongono. Inoltre, il GAL Sviluppo Lunigiana Leader è partner del progetto “Cammini d’Europa”, anch’essa una rete di cooperazione internazionale indirizzata a sostenere lo sviluppo e la crescita di regioni e territori toccati dai principali itinerari culturali che attraversano il continente europeo: il Cammino di Santiago e le Vie Francigene. La Lunigiana quindi si presenta come un nodo di due dei principali network turistico‐culturali europei che connette località diverse al fine di una valorizzazione collettiva delle risorse locali.
Infine, l’identità locale e il senso di appartenenza al territorio sono una risorsa fondamentale della Lunigiana, come abbiamo più volte evidenziato gli abitanti della Lunigiana si sentono prima di tutto “Lunigianesi” e quando si muovo nella zona di costa sono soliti affermare “vado in Toscana”. Il forte senso identitario, tuttavia, ha influenzato sia positivamente che negativamente la nuova traiettoria di sviluppo della Lunigiana: da un lato, la rivitalizzazione economica e sociale del territorio affonda le proprie radici proprio nella forte identità – concepita dall’interno e percepita dall’esterno – e quindi nella capacità di differenziazione del territorio, anche dal resto della Toscana. Dall’altro lato, però, l’identità locale spesso si trasla in “localismo” che impedisce lo sviluppo di sinergie tra gli attori economici, tra gli attori economici e le istituzioni locali e in “municipalismo” che implica frizioni tra le istituzioni locali: scarsa cooperazione tra i Comuni della Lunigiana e conflittualità tra la Comunità Montana della Lunigiana e i 14 Comuni (rientranti nel SEL 1 – Lunigiana) con la Provincia di Massa‐Carrara.
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Come emerso durante i workshop (vedere mappa concettuale, figura 3.8) ma anche durante tutti gli incontri con gli attori del territorio svolti durante il periodo di ricerca (sia relativo al Distretto Rurale che alle visite alle iniziative di valorizzazione delle produzioni tipiche) è possibile affermare che esiste un'unanime opinione sulle risorse endogene considerate come le più importanti per lo sviluppo del territorio lunigianese: ‐ le produzioni agroalimentari tipiche, ‐ l'ambiente, ‐ il patrimonio storico‐culturale‐artistico. Nel descrivere tali risorse sono emerse informazioni interessanti circa gli elementi di progresso e di regresso rispetto alla capacità del sistema socio‐economico della Lunigiana di valorizzare tali risorse.
Una prima considerazione degna di nota riguarda l'ambiente. La Lunigiana gode di un elevato capitale ambientale come conseguenza del mancato allineamento al paradigma della modernizzazione agricola e della mancata industrializzazione del territorio: “questa è una potenzialità importante per lo sviluppo del territorio che, per
fortuna, dal punto di vista ambientale è rimasto intatto o quasi perché non c’è stata l’industrializzazione, ma adesso bisogna sfruttarla questa risorsa”.
Fig. 3.8 La mappa concettuale relativa alla dimensione endogeneità (risorse locali)
Tuttavia, si tratta di una risorsa fortemente minacciata dal persistente esodo agricolo e rurale. La Lunigiana, se si escludono le zone più montuose che non sono
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mai state antropizzate, si caratterizza come agro‐ecosistema, come “ambiente rurale” e l'esodo agricolo e rurale sta fortemente compromettendo il suo equilibrio, con il rischio che l'ambiente da punto di forza e al contempo opportunità per lo sviluppo del territorio si trasformi in un elemento di debolezza: “Tutti hanno
sottolineato l’importanza dell’ambiente come risorsa del territorio, però se tralascio le zone di montagna che non sono state antropizzate neanche nel passato, vedo solo degli agro ecosistemi in abbandono e secondo me non c’è niente di peggio di un agro ecosistema abbandonato, non solo non è un valore non molto positivo ma addirittura diventa un disvalore […] L’ambiente è una risorsa del territorio però bisogna sottolineare la scomparsa del paesaggio rurale che per me è devastante, sarà che io sono stato fuori e sono tornato dopo una quindicina d’anni, nel 2000, i primi due anni ho ritrovato qualcosa che ancora ancora ricordavo conoscevo e che mi aveva spinto a ritornare ma adesso avrei delle grossissime difficoltà perché non riconosco più i posti dove vivo”. Nella trasformazione del paesaggio rurale della Lunigiana hanno influito anche le norme comunitarie “l’applicazione di normative e discipline comunitarie ha portato alla scomparsa di caratteri distintivi del paesaggio rurale della Lunigiana di 25 anni fa non di 100 anni fa, ad esempio le viti perché sono state accorpate in piccoli impianti specializzati, forse realizzati altrove. Un carattere distintivo del nostro territorio che era la vite maritata non esiste più”42.
Riguardo alla trasformazione del paesaggio rurale si è comunque sostenuto che non si deve avere un approccio eccessivamente conservativo, il paesaggio rurale non deve essere immaginato in un'ottica di sola conservazione dell'esistente: “Noi non
possiamo pensare il paesaggio rurale considerando la ruralità come un museo di ciò che è avvenuto, il paesaggio rurale è mutato da 10.000 anni avanti Cristo a oggi e muta costantemente per l’azione di noi uomini che lo facciamo mutare, se poi siamo bravi lo mutiamo gradevolmente se siamo americani facciamo la Napa Valley con 50 milioni di ettari di vigneti. Anch’io ho fotografato due o tre piante maritate perché mi sono detto fotografale prima che scompaiano, sapendo che sono destinate a scomparire e non mi rammarico perché il futuro è il futuro e non il passato”. Tuttavia,
come sottolineato durante il workshop, resta comunque evidente la necessità di prendere in seria considerazione il problema, anche in un'ottica di sviluppo turistico e quindi si rendono necessari interventi volti a “contrastare l'abbandono”.
42 La coltivazione della “vite maritata” è una tradizione che ha origini storiche lontanissime. In una ricerca storica su “Il mondo rurale pontremolese nel XV secolo” si sottolinea come “Dai documenti emerge, tra l’altro, l’importanza della coltivazione della vite, nella tecnica di allevamento che la voleva sviluppata in altezza e maritata a frassini, pioppi, olmi e aceri. Un sistema di allevamento che è giunto fino ai nostri giorni, anche se sopravvive solo negli antichi vigneti e che si può spiegare con il clima della zona, con nebbie e un settembre piuttosto freddo che rende talvolta difficile la maturazione dell’uva. Ma non era solo questo il motivo dell’allevamento della vite maritata all’albero. Le frasche delle piante venivano raccolte in mazzi, fatte essicare e poi utilizzate, durante l’inverno, come foraggio per gli animali. Ma l’utilizzo era “totale”: una volta privati delle foglie secche, i mazzi di frasche venivano impiegati per scaldare i testi di terracotta per la preparazione del pane, delle torte di verdure, delle carni” (Bertoncini, 1996).
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Sempre in relazione alla risorsa ambiente e nello specifico alla risorsa forestale, i partecipanti al workshop hanno evidenziato ritardi nella capacità di valorizzare a pieno tale risorsa sia in termini di sottobosco “una risorsa come il fungo e altri
prodotti che non sono valorizzati”, sia in termini biomassa “in questo settore siamo uno dei fanalini di coda della regione Toscana in termini di impianti, ne abbiamo uno solo che è quello della Comunità Montana della Lunigiana, bisogna cercare di essere più virtuosi non solo nell’ambito del pubblico ma anche del privato, come può essere la gestione di condomini senza andare verso discorsi di impianti di grandi dimensione ma di piccoli impianti di 1 megawatt massimo” .
Infine un'ultima considerazione relativa ai limiti del territorio lunigianese nella valorizzazione della risorsa ambientale riguarda la mancanza di un sistema organizzativo collettivo territoriale: “non è che ogni comune si deve attrezzare da solo
ma fare insieme”. Disorganizzazione, frammentazione dell'offerta e mancanza di
azione collettiva non consentono di mobilizzare, ovvero rendere fruibile la risorsa ambientale per fini turistici. Come evidenziato durante il workshop “un altro aspetto
è la fruibilità, il fatto che non ci siano stati impatti sul nostro ambiente ci deve rendere consapevoli che il nostro territorio è in un certo senso vergine, ma occorre renderlo fruibile, metterlo a sistema renderlo produttivo in quello che sono le sue espressioni naturalistiche”. Un esempio concreto è rappresentato dall'esperienza del “Trekking
Lunigiana” un percorso di trekking articolato in tappe e sentieri. Per il progetto, organizzato dalla Comunità Montana con la partecipazione di alcuni comuni della Lunigiana, erano stati prodotti anche un libro e delle brochure che illustravano il percorso ai fini di comunicazione e promozione. Questo progetto aveva permesso una valorizzazione della risorsa ambiente, molti turisti potevano camminare lungo i diversi cammini e godere della qualità del paesaggio e della bellezza della natura usufruendo di posti tappa per la sosta, tuttavia il progetto è stato abbandonato: “il
trekking Lunigiana è un'esperienza che è morta, non esiste più. La Comunità Montana aveva organizzato questo circuito che creava 14 tappe in 14 posti tappa non di proprietà della Comunità Montana, salvo un paio di situazioni. Sono stati i Comuni che sono venuti a richiederceli perché ad esempio alcuni sono stati venduti per fare cassa (da non intendere in senso negativo, ma perché il comune aveva necessità). Nel momento in cui ci sono mancati i tre collegamenti principali che collegavano il punto precedente con quello successivo, abbiamo smantellato il circuito”. Questa esperienza
ha una forte valenza metaforica, il percorso di trekking è la rete (organizzazione collettiva) che collega i vari nodi (tappe) che consentono la mobilizzazione della risorsa ambientale in una prospettiva di sviluppo turistico. Nel momento in cui si dispiegano le disconnessioni tra i nodi la rete viene a mancare e quindi una possibilità di valorizzare la risorsa.
Il problema della frammentazione dell’offerta e della scarsa capacità di azione collettiva non si riferisce solo alla valorizzazione della risorsa ambientale ma
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riguarda anche le altre due risorse considerate centrali per lo sviluppo della Lunigiana: i prodotti agroalimentari tipici e il patrimonio storico‐artisitico‐culturale. Per quanto riguarda il patrimonio culturale locale è stata sottolineata la necessità di un “recupero di una memoria storica collettiva che deve diventare collettiva
veramente, un senso di appartenenza ad un territorio che è uno e non fatto di tanti castelli e campanili […] Si tratta di valorizzare insieme una memoria collettiva che ha delle particolarità nelle varie comunità, perché qui è una terra di dialetti diversi, di storie leggermente diverse (c’è chi ha avuto i Medici chi gli Estensi), però abbiamo una grande storia comune, come comuni sono i prodotti tipici e le tradizioni e questa frammentazione dell’offerta non giova”. L’insieme di diversità e di identità locali che
compongono la Lunigiana si trasforma in una forte frammentazione dell’offerta e, come abbiamo già sottolineato con riferimento al capitale simbolico del territorio, in una incapacità sintetizzare in una rappresentazione unitaria, che sia in grado proporre verso l’esterno il territorio lunigianese nel suo insieme. Questo ovviamente riduce la capacità di attrazione del territorio soprattutto in termini turistici. Infine, si traduce anche in scarsa capacità di sviluppare azione collettiva e di costruzione di network locali: per “la valorizzazione delle risorse culturali si tratta di attivare una rete, una rete di servizi, in modo che un turista abbia uno strumento, senza che ogni comune si faccia la sua politica localistica, abbia la possibilità di esplorare in modo che i flussi si intreccino e si incrocino per trasferire economia su tutto il territorio e in tal senso è necessario studiare iniziative di rete ad esempio i castelli”. Il progetto del
“Circuito dei Castelli”, che è nato proprio con l’obiettivo di valorizzare una componente fondamentale e unica del patrimonio storico‐architettonico lunigianese che è la c.d. “civiltà dei castelli”, attraverso la costruzione di una rete di collegamento di servizi e di marketing unitaria, ha dimostrato proprio in questo aspetto la sua fragilità ed è portato a dimostrazione della scarsa capacità di agire collettivamente da parte dei partecipanti al workshop: “il ‘Circuito dei Castelli’ che oramai è 10 anni
che deve partire, molti castelli pubblici sono stati recuperati, molti privati sono stati inseriti in questo circuito fruibile al pubblico con convenzioni varie ma ancora non è partito”. Nel PASL, infatti, la Provincia di Massa‐Carrara evidenzia, che è stata
terminata una prima fase di “recupero” e “consolidamento” e ma si è “anche verificata la necessità di addivenire ad una gestione unitaria del ‘Circuito castelli’”43. Alle buone
intenzioni della programmazione che si sono manifestate anche nella promozione da
43 All’interno del PASL sono individuate due azioni di intervento: da un lato un’azione volta a realizzare alcune successive opere di natura infrastrutturale e relative al recupero definitivo di alcuni borghi e castelli di alto valore storico e di significativo (azione 1.1.2) e dall’altra all’individuazione di forme di Coordinamento Provinciale per il Circuito Castelli, ovvero la realizzazione del c.d. Circuito dei Borghi e dei Castelli, “per la valorizzazione e la gestione delle strutture a valenza culturale, storica e monumentale presenti sul territorio. che possano essere motore della progettualità, di servizio ed in grado di autosostenere processi virtuosi di qualità promozionale e di marketing. A tale proposito l’azione si svilupperà a partire dalla valorizzazione e dell’integrazione delle strutture comprensoriali e comunali esistenti” (Provincia di Massa‐Carrara, PASL).
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parte della Provincia dell’Associazione “Istituto per la Valorizzazione dei Castelli”44 si
riscontra una realtà che con estrema difficoltà è in grado di sviluppare azioni sinergiche.
Per quanto riguarda la risorsa prodotti agroalimentari locali è stato sottolineato che le “specificità enogastronomiche” sono caratterizzate da una “eccessiva
frammentazione dell’offerta per cui risulta difficile proporsi con qualcosa. Alla fine si propongono quelle due o tre cose e forse eccediamo nel voler far vedere che queste due o tre cose sono differenti. Si continua a ragionare come se il mondo si differenziasse a 5 km di distanza quando invece il mondo si differenzia forse dalla luna”. A questo