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Fascia C: questa è la fascia introdotta in via innovativa dalla circolare del 2010 e resa necessaria dal fatto che le due

Conti e la circolare Zagrebelsky

3. Fascia C: questa è la fascia introdotta in via innovativa dalla circolare del 2010 e resa necessaria dal fatto che le due

fasce precedenti non erano risultate sufficienti a consentire la costruzione di un modello organizzativo idoneo ad evitare l’accumulo di lavoro arretrato30. Questa ulteriore ripartizione venne esplicitamente introdotta al fine di «razionalizzare le

risorse disponibili e renderle più funzionali e produttive»31

e per fare ciò apparve necessario individuare una categoria intermedia concernente reati “a priorità attenuata”.

L’autore della circolare precisò infatti che i criteri generali desumibili dalle fonti normative richiamate dovessero essere applicati in via trasversale nelle individuate fasce: a ciò conse- guirebbe il fatto che alcune fattispecie previste nella fascia A in applicazione dei criteri generali potrebbero essere ritenute non meritevoli di trattazione prioritaria in quanto oggetti- vamente bagatellari, il che giustificherebbe una “trattazione scalare”.

Viene inoltre richiesto che, in sede di iscrizione della notitia cri-

29Sul punto vedi M. Deganello, Notizie di reato e ingestibilità dei flussi, in

Cassazione penale, 2011, p. 1602.

30All’interno della circolare (p. 5) sono infatti riportati i dati statistici

concernenti l’attività della procura della Repubblica di Torino nel 2008: mentre il numero di fascicoli introiati risaliva a 161762, quello dei fascicoli definiti si arrestava a 97182.

minis, contestualmente all’indicazione della lettera corrispondente

alla relativa fascia, sia esplicitato anche il termine di prescrizione del reato. Ciò pare incrementare i criteri classificatori addotti con un ulteriore parametro, quello della prossimità ai tempi di prescrizione per quanto riguarda il singolo procedimento.

Particolarmente interessante è anche il provvedimento organiz- zativo del 5 marzo 2014, adottato dalla procura della Repubblica di Roma ed avente ad oggetto “criteri di priorità per la richiesta di fissazione di udienza per i procedimenti di competenza del Tribuna- le in composizione monocratica”. Questo provvedimento costituisce il punto di incontro tra ufficio inquirente e quello giudicante, poiché frutto di una cooperazione finalizzata al miglior funzionamento dell’apparato giudiziario. L’ambito settoriale di intervento del provvedimento in questione è imperniato sulla gestione dei proce- dimenti afferenti alla competenza del tribunale in composizione monocratica, poiché dall’analisi dell’attività organizzativa degli anni precedenti emerse una patente sproporzione in eccesso del numero di udienze monocratiche rispetto a quelle collegiali. Tale condizione ingenerava un congestionamento a livello di gestione dei ruoli di udienza davanti al tribunale monocratico, stante la sua inidoneità strutturale a gestire il carico di lavoro di cui era desti- natario da parte dell’ufficio della procura. Il dirigente dell’ufficio inquirente, prendendo atto di tale situazione, condivise la posizione assunta dal presidente del tribunale di Roma rispetto alla neces- sità di incrementare il numero delle udienze collegiali riducendo quelle monocratiche e tentò anche di addivenire ad una soluzione atta a fronteggiare la situazione di criticità derivante dal numero

pendente di richieste di fissazione di udienza monocratica rimaste inevase32. Sotto questo profilo il dirigente dell’ufficio requirente assunse l’impegno di effettuare un numero di richieste di fissazione di udienza monocratica non eccedente la capacità di smaltimen- to del tribunale in composizione monocratica. Si previde infatti che, rispetto ai procedimenti in eccesso, non si sarebbe proceduto

ex art. 415-bis c.p.p. alla notifica dell’avviso di conclusione delle

indagini preliminari fino a quando vi fosse stata la disponibilità necessaria a consentire l’accoglimento della richiesta di fissazione dell’udienza.

Parallelamente, venne anche sancita una scala di priorità volta a regolamentare la gestione del carico di lavoro pendente. La circo- lare infatti dispose di attribuire rango prioritario ai procedimenti sulla base della normativa prevista per gli uffici giudicanti, cioè l’art. 132-bis disp. att. c.p.p. Il sistema delle priorità come delinea- to dal parametro normativo venne però ulteriormente incrementato dal canone dell’offensività in concreto del fatto, determinando dun- que la postergazione dei procedimenti inerenti fatti minoritari33. Tale ampliamento del quadro delle priorità fissato a livello norma- tivo venne giustificato da parte dell’autore della circolare mediante il riferimento all’attribuzione, tacitamente conferita agli uffici giu- diziari e desumibile dal quadro normativo, della facoltà di adottare le misure organizzative necessarie a consentire una gestione del la-

32Al 31 dicembre 2013 il numero di richieste di fissazione di udienze mono-

cratiche risaliva a 34434, rispetto ai 115000 processi annuali che il tribunale aveva capacità di instaurare. Sul punto, L. Russo, I criteri di priorità nella trattazione degli affari penali: confini applicativi ed esercizio dei poteri di vigilanza, 9 nov. 2016, in www.penalecontemporaneo.it, p. 6.

33Venne di fatto infatti operata una posposizione dei procedimenti assegnati

voro più efficiente e informata all’esigenza di assicurare trattazione prioritaria dei procedimenti connotati da maggiore gravità.

Rispetto a questo provvedimento è intervenuto con delibera del 10 luglio 201434 il Consiglio superiore della magistratura, che

ha assunto posizione favorevole ritenendo «corretto e apprezzabile

l’assunto del Procuratore della Repubblica di Roma secondo il quale, in presenza di risorse scarse, l’assenza di un preciso criterio legisla- tivo che consideri l’effettivo grado di disvalore dei fatti oggetto dei procedimenti a citazione diretta non esime dall’obbligo di effettuare scelte di priorità, in nome del buon funzionamento dell’ufficio e dell’efficienza del servizio giustizia». Il C.s.m. ha dunque anche

in questa sede condiviso l’esigenza da parte degli uffici inquirenti di dotarsi di un sistema di priorità volto a consentire un uso più proficuo delle risorse disponibili e a garantire il buon funzionamento dell’apparato giustizia.

Successivamente35 la settima commissione del C.s.m. ha avuto modo di intervenire ulteriormente sulla problematica inerente la fissazione delle udienze in seguito alla citazione diretta a giudizio ex art. 550 c.p.p. In particolar modo venne sottoposta all’attenzione del Consiglio l’ammissibilità del modus operandi dei tribunali di non evadere le richieste di fissazione di udienza monocratica entro termini ragionevoli. L’inerzia del tribunale aveva ripercussioni

34Sul punto, L. Russo, I criteri di priorità nella trattazione degli affari

penali: confini applicativi ed esercizio dei poteri di vigilanza, 9 nov. 2016, in www.penalecontemporaneo.it, p. 12.

35Delibera C.s.m. avente ad oggetto “Linee guida in materia di criteri di

priorità e gestione dei flussi di affari-rapporti tra uffici requirenti e uffici giudicanti”, 11 maggio 2016, in www.csm.it/web/csm-internet/-/linee- guida-in-materia-di-criteri-di-priorita-e-gestione-dei-flussi- di-affari-rapporti-fra-uffici-requirenti-e-uffici-giudicanti.

rilevanti:

• in primo luogo, sulla tempistica necessaria alla definizione dei procedimenti, esponendoli in maggior misura al rischio di estinzione per avvenuta decorrenza dei termini di prescrizione; • secondariamente, sulla valutazione inerente l’attività dell’uf- ficio inquirente, essendo la solerzia del pubblico ministero inficiata dall’inoperosità dell’ufficio giudicante. In caso di mancata fissazione dell’udienza infatti, risultando i procedi- menti ancora pendenti, la durata media di definizione dei procedimenti valutata ai fini dell’avanzamento in carriera del pubblico ministero subiva un incremento che esulava dalla sua volontà.

Dagli uffici inquirenti venne dunque prospettata la necessità che il Consiglio intervenisse in via generale stabilendo i termini entro i quali i tribunali avrebbero dovuto evadere le richieste di fissazione di udienza monocratica, in modo tale da evitare ripercussioni negative sulla valutazione della professionalità dei singoli magistrati e dell’ufficio.

Gli uffici giudicanti giustificarono invece la loro condotta asse- rendo che essa non derivasse da negligenza od oziosità, bensì da legittime scelte organizzative assunte nell’ambito di un sistema di criteri di priorità ex art. 132-bis disp. att. c.p.p. che l’ufficio aveva adottato essendo oberato di richieste di fissazione di udienza monocratica.

Il C.s.m. preliminarmente affermò che la fissazione della data di udienza da parte degli uffici giudicanti costituisse un’attività

dovuta non differibile oltre un arco di tempo ragionevole, ma san- cì anche la necessità di un coordinamento tra uffici giudicanti e requirenti. Il Consiglio infatti precisò che «la indiscriminata e

indistinta richiesta di fissazione di udienza per tutte le tipologie di reati ex art. 550 c.p.p. nella consapevolezza della difficoltà del Tri- bunale e di una sostanziale impossibilità di tempestiva definizione nel termine prescrizionale, pur non potendo ritenersi illegittima, manifesterebbe una significativa criticità organizzativa dell’ufficio requirente sia in termini diretti di mancata selezione della prio- ritaria azione di contrasto alla criminalità, sia di vanificazione dello stesso esercizio dell’azione penale, operato senza la doverosa valutazione delle concrete conseguenze processuali». Seppure la

richiesta da parte degli uffici inquirenti di fissazione di udienza per tutti i reati afferenti l’ambito di applicazione dell’art. 550 c.p.p. costituisca un’attività pienamente legittima, de facto essa deve però essere contemperata con la situazione di oggettiva difficoltà pratica da parte dei tribunali di provvedere tempestivamente alla fissazione delle udienze stante l’ingente mole di lavoro. Il C.s.m. dunque ammonì gli uffici requirenti invitandoli ad evitare di ri- verberare indiscriminatamente sui tribunali un ingente numero di procedimenti ignorando le difficoltà pratiche che essi riscontrereb- bero poi nel fronteggiarli, in quanto la conseguenza sarebbe quella di una «ridotta definizione dei processi, anche di quelli che per

legge dovrebbero avere trattazione prioritaria». Il C.s.m. dunque,

se da una parte riconosce l’illegittimità del comportamento del- l’ufficio giudicante che non provvede a fissare la data di udienza, censura anche come inopportuna la condotta dell’ufficio inquirente

che «non si pone il problema delle conseguenze di una massiva ed

indiscriminata azione nel settore monocratico».

Perseguendo dunque la finalità di assicurare la razionalità com- plessiva del sistema, il C.s.m. auspicò forme di cooperazione tra uffici giudicanti e inquirenti tramite intese stipulate trai dirigenti degli uffici al fine di:

1. individuare moduli attuativi delle priorità tramite una con- certazione sul catalogo dei reati prioritari. Nello specifico, l’ufficio inquirente avrebbe dovuto modulare la quantità di richieste di fissazione di udienza monocratica sulla base della capacità del tribunale di smaltirle, effettuando dunque una scrematura alla luce di scelte concertate in tema di priorità; 2. adottare moduli organizzativi idonei a garantire l’efficiente gestione del flusso di lavoro e la collaborazione costante tra gli uffici.

5.4

Il rapporto tra criteri di priorità

e potere di avocazione dei Procu-