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Tentativi di disciplinare i criteri di priorità nell’ambito delle indagin

mazione dei ruoli di udienza e trat tazione dei process

4.3 Tentativi di disciplinare i criteri di priorità nell’ambito delle indagin

preliminari

Gli interventi normativi analizzati sono volti a disciplinare un or- dine di priorità nella gestione dei ruoli di udienza e si collocano dunque in un momento dell’iter procedimentale successivo all’e- sercizio dell’azione penale. L’esigenza sottesa all’introduzione dei criteri di priorità nell’ambito della gestione dei ruoli d’udienza è però la medesima che è ravvisabile anche per quanto riguarda l’avvio del procedimento in seguito alla ricezione della notizia di reato. Se infatti l’introduzione di criteri di priorità è resa necessaria per razionalizzare l’impiego delle risorse dell’amministrazione della giustizia comprimendo la discrezionalità di scelta dei singoli uffici in ordine alla tempistica di trattazione dei procedimenti, siffatta esigenza è egualmente rilevabile anche nell’ambito delle indagini preliminari. Se da una parte il legislatore è intervenuto a discipli- nare la fase della gestione dei ruoli di udienza, dall’altra è rimasto invece inerte rispetto alla necessità di regolare l’attività degli uffici delle procure rispetto all’avvio del procedimento. L’esiguità delle risorse disponibili alla base della necessità di formulare criteri di priorità non è relegata unicamente alla fase successiva alla for- mulazione dell’imputazione, ma è presente anche nel frangente temporale ricompreso tra la ricezione della notitia criminis e l’e- sercizio dell’azione penale. Il numero delle notizie di reato di cui le singole procure sono destinatarie è infatti generalmente superiore alla loro capacità di smaltimento, quindi di fatto anche in questa

sede vengono compiute scelte in ordine alla prioritaria trattazione di alcune di esse rispetto ad altre.

L’esigenza di regolamentare questa situazione è stata avvertita a livello centrale, ma nonostante siano stati compiuti diversi tentativi non è stato possibile addivenire ad una soluzione normativa analoga all’art. 132-bis disp.att. c.p.p. per la gestione dei ruoli di udienza. In primo luogo discussioni concernenti questa tematica sono state affrontante dalla Commissione ministeriale per la riforma dell’ordinamento giudiziario nominata dal Ministro della giustizia nel 1993, in seno alla quale36 è stata asserita la compatibilità tra criteri di priorità e art. 112 Cost., qualora i suddetti criteri fossero ancorati non a condizioni inerenti le singole notizie di reato, bensì a scelte di carattere generale. In questo senso la Commissione aveva dunque pienamente recepito l’orientamento predominante in virtù del quale i criteri di priorità dovevano essere fissati in via generale ed astratta e non dovevano ancorarsi a singoli casi concreti per non determinare un esercizio non uniforme dell’azione penale. La Commissione aveva inoltre ipotizzato l’opportunità di attribuire al Parlamento il compito di stabilire linee guida gene- rali per l’orientamento degli uffici requirenti, riducendone così la discrezionalità.

Un tentativo successivo fu effettuato nel 1997 in seno alla Com- missione parlamentare per le riforme costituzionali istituita37 al fine di vagliare la possibilità di introdurre delle misure volte a razionalizzare il principio di obbligatorietà dell’azione penale di

36Ciò è quanto emerge dalla relazione del 6 maggio 1994 concernente lo stato

dei lavori presentata al Ministro della giustizia, in Doc. Giust., 1994, c. 1087 s.

cui all’art. 112 Cost. Preso infatti atto dell’impraticabilità in cui verteva il principio, la Commissione tentò di disaminare le possibili misure che ne consentissero l’attuazione. Venne vagliata dunque la possibilità di introdurre meccanismi che consentissero la concreta attuazione del principio costituzionale, razionalizzando l’esercizio dell’azione penale e considerando il divario tra l’afflusso di notizie di reato e la capacità degli uffici di dedicarsi ad esse con la dovuta tempestività e completezza. Venne infatti osservato38 che «l’affer-

mato principio dell’obbligatorietà dell’azione penale in concreto, ossia, nella pratica degli uffici giudiziari, subisce una serie di ecce- zioni, attenuazioni e differenziazioni tali da potersi affermare senza esagerazioni che, di fatto, la discrezionalità è ormai la regola».

Venne in questa sede anche prospettata la possibilità di abolire la vigenza del principio di obbligatorietà dell’azione penale all’interno dell’ordinamento italiano, optando per il principio di discrezio- nalità. Il disegno di legge n. 2027 presentato il 24 gennaio 1997 optava infatti per un sistema discrezionale puro e parallelamente riformulava l’art. 112 Cost. nei seguenti termini: «Il Ministro della

giustizia, sentiti il Consiglio superiore della magistratura requirente e il Ministro dell’interno, propone al Parlamento ogni anno i criteri e le priorità al fine dell’esercizio dell’azione penale. Il pubblico mi- nistero esercita l’azione penale ove ne sussista l’interesse pubblico e comunque attenendosi ai fissati criteri di priorità».

L’orientamento prevalente tuttavia confermò il principio di cui

38V. la Relazione sul sistema delle garanzie dell’On. Boato, allegata al-

l’articolato di riforma della Costituzione approvato in via provvisoria della Commissione bicamerale e trasmesso alle Presidenze di Camera e Senato il 30/6/1997.

all’art. 112 Cost. come principio cardine del nostro ordinamento, ribadendo però la necessità di effettuare gli interventi necessari a garantirne un’applicazione effettiva. In tale senso fino alla cosiddet- ta “terza bozza Boato”39 all’obbligo di esercizio dell’azione penale

venne connessa una clausola di rinvio incondizionato alla legge ordinaria al fine di individuare misure volte a rendere effettiva l’ap- plicazione del principio. Tale previsione di riserva di legge venne però espunta dalla versione finale del progetto, il quale confermò il principio di obbligatorietà dell’azione penale, disponendo che «il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale e

a tal fine avvia le indagini quando ha notizia di un reato»40. La clausola di rinvio che subordinava il principio di obbligatorietà dell’azione penale alla legge ordinaria fu infatti osteggiata per il suo carattere incodizionato che avrebbe consentito al legislatore ordinario di intervenire sull’obbligo di esercizio dell’azione penale senza restrizioni.

Ulteriore tentativo venne effettuato nel 2001, quando il 5 dicem- bre il Senato votò una mozione41 sulla giustizia in cui individuò tra le varie riforme che il governo avrebbe dovuto adottare anche l’adozione di criteri di priorità per l’esercizio dell’azione penale. A questa mozione si ispirò anche il disegno di legge n. 1257 recante «Delega al Governo in materia di criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale», in base al quale sarebbe spettato al Parlamento

39La terza bozza Boato consiste nella bozza per le riforme in tema di giustizia

presentata dal deputato Marco Boato, relatore del Comitato Sistema delle Garanzie della Commissione bicamerale.

40Art. 132, progetto revisione costituzionale approvato in via definitiva dalla

Commissione bicamerale.

il compito di approvare la proposta del Ministro della Giustizia sulle priorità da seguire, formulata tenendo anche in considerazione le indicazioni in tema da parte di ciascun Procuratore Generale presso la Corte di Appello.

Secondo alcuni42 l’elaborazione di criteri di priorità da parte

degli uffici della procura nell’ambito della fase delle indagini preli- minari troverebbe fondamento normativo nel d. lgs. n. 106 del 20 febbraio 200643, in particolar modo negli articoli numero 1 e 4, con-

cernenti le prerogative del procuratore della Repubblica. L’art. 1 infatti prevedeva al comma 2 che «Il procuratore della Repubbli-

ca assicura il corretto, puntuale ed uniforme esercizio dell’azione penale ed il rispetto delle norme sul giusto processo da parte del suo ufficio» e al comma 6 che «Il procuratore della Repubblica determina: a) i criteri di organizzazione dell’ufficio; b) i criteri di assegnazione dei procedimenti ai procuratori aggiunti e ai magi- strati del suo ufficio, individuando eventualmente settori di affari da assegnare ad un gruppo di magistrati al cui coordinamento sia preposto un procuratore aggiunto o un magistrato dell’ufficio; c) le tipologie di reati per i quali i meccanismi di assegnazione del procedimento siano di natura automatica». L’art. 4 comma 2 ricono-

sceva invece al procuratore della Repubblica il compito di «definire

criteri generali da seguire per l’impostazione delle indagini in rela- zione a settori omogenei di procedimenti». Da queste previsioni è

apparso possibile desumere il potere in capo al procuratore della

42In questo senso, L. Russo, I criteri di priorità nella trattazione degli affari

penali: confini applicativi ed esercizio dei poteri di vigilanza, 9 nov. 2016, in www.penalecontemporaneo.it, p. 2; V. Pacileo, Pubblico ministero. Ruolo e funzioni nel processo penale e civile, Milano, 2011, p. 217.

Repubblica di stabilire le priorità nella trattazione delle notizie di reato.

Sul d.lgs. n. 106/2006 è intervenuta nel 2017 la legge n. 103. L’art. 1 comma 75 ha novellato l’art. 1 comma 2 del d. lgs. n. 106/06 disponendo tra le funzioni di vigilanza del procuratore della Repub- blica anche quella rispetto «l’osservanza delle disposizioni relative

all’iscrizione delle notizie di reato» da parte del suo ufficio. L’art. 1

comma 76 è invece intervenuto sull’art. 6 comma 1 del d. lgs. n. 106/2006 prevedendo in capo al Procuratore generale presso la Corte di Appello l’esercizio potere di sorveglianza attraverso l’acquisizione di notizie e dati da parte degli uffici requirenti nel suo distretto, per verificare anche «l’osservanza delle disposizioni

relative all’iscrizione delle notizie di reato».

Secondo alcuni invece44 la normativa in questione non avrebbe

determinato una posizione gerarchicamente sovraordinata del pro- curatore della Repubblica rispetto ai singoli componenti dell’uffici. In particolar modo è stato rilevato che l’attribuzione esclusiva ri- conosciutagli dall’art. 1 comma 1 rispetto alla «titolarità esclusiva

dell’azione penale» non può di certo consentire un potere che vada

oltre il precetto costituzionale dell’art. 112 Cost., tale da compro- metterne l’applicazione. Di conseguenza in base a questa normativa non sarebbe dunque evincibile il potere in capo al procuratore della Repubblica di adottare autonomamente criteri di priorità a cui i preposti al suo ufficio sarebbero vincolati.

Gli interventi effettuati nel 2017 con legge n. 103 sul d. lgs.

44Vedi sul punto, A. Spataro, Le priorità non sono più urgenti e comunque

n. 106 del 2006 sembrano in realtà essere stati compiuti da parte del legislatore al fine di introdurre una forma di controllo rispetto all’attuazione della disciplina in tema di iscrizione delle notizie di reato, la cui violazione integrerebbe una surrettizia elusione dell’obbligo di esercizio dell’azione penale di cui all’art. 112 Cost. A tale scopo sono stati riconosciuti in capo al procuratore della Repubblica e al procuratore presso la Corte d’Appello dei poteri di vigilanza in merito alla verifica della sussistenza dei presupposti e delle tempistiche del procedere. In particolar modo, non era- no previste disposizioni normative volte a disciplinare forme di controllo rispetto alla tempestiva iscrizione della notizia di reato. L’iscrizione immediata delle notitiae criminis richiesta ai sensi del- l’art. 335 comma 1 c. p. p. costituisce la precondizione necessaria per l’esercizio dell’azione penale e il dies a quo per il computo dei termini perentori delle indagini preliminari. Non potendo il giudice successivamente andare a vagliare la tempestività dell’iscrizione né effettuare una retrodatazione45 in caso di iscrizione tardiva46, il legislatore è intervenuto con le disposizioni sopra richiamate al fine di far rilevare l’inosservanza degli adempimenti previsti dall’art. 335 c. p. p. solo a fini disciplinari e penali.

45La retrodatazione della notizia di reato avrebbe comportato l’inutilizzabi-

lità ex art. 407 comma 3 c.p.p. degli atti di indagine compiuti successivamente alla scadenza del termine delle indagini preliminari computato a partire dalla data individuata dal giudice in sede di retrodatazione.

46Ciò è quanto è stato stabilito dalle Sezioni Unite penali della Corte di

Cassazione, con la pronuncia n. 40538 del 20 ottobre 2009, in www.penale.it/ page.asp?mode=1&IDPag=806

4.4

Il codice rosso: una corsia prefe-