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Le fasi della creazione di una provincia: la doppia identità e la definizione dei confini.

L’EVERGETISMO: STORIA, EVOLUZIONE E DINAMISMO NEI RAPPORTI TRA LE ÉLITES E L’IMPERATORE.

4.1 Le fasi della creazione di una provincia: la doppia identità e la definizione dei confini.

La provincia nasce dall’annessione progressiva a Roma di due regni indipendenti, riuniti a partire dal 64 a.C., per scopi amministrativi: il regno di Bitinia e la parte anatolica del regno del Ponto. Purtroppo, però non è sempre facile delineare i confini di questa provincia, soprattutto ad Oriente, inoltre la progressiva annessione dei regni dinastici e stati clientelari nell’Anatolia centrale produrrà ulteriori variazioni sulle frontiere meridionali.

La Bitinia alla morte di Nicomede IV, nel 74 a.C., fu lasciata in eredità alla Res Publica, prassi già verificatasi nella formazione della provincia d’Asia a seguito del lascito di Attalo III nel 133 a.C. All’inizio il nuovo territorio venne incorporato nella provincia d’Asia ma guadagnò quasi subito un’amministrazione indipendente.

Il Ponto, invece, venne annesso per diritto di conquista da Pompeo, evento questo che segnò la fine delle guerre mitridatiche che avevano impegnato Roma dall’87 al 63 a.C.

La pervicace resistenza che la regione del Ponto oppose alla conquista costrinse Pompeo ad adottare misure particolarmente intrusive e a procedere a una vera e propria riorganizzazione territoriale (figura 3): venne cambiato il pattern insediativo stabilendo una rete di città da Pompeiopolis a Nikopolis403. Questa nuova situazione trovò una

cornice legislativa nella lex Pompeia che aveva come scopo l’introduzione di un decentramento amministrativo e allo stesso tempo cercava di stabilizzare le élites delle singole città al fine di creare dei centri municipali attivi. A questo scopo vennero creati, sull’esempio greco-ellenistico, carte costituzionali che prevedono buolé, arconti e

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arconte eponimo e funzionari di vario grado, come ad esempio l’agoranomos, il

grammateus e tamias. Venne introdotta anche la figura dei censori, generalmente

nominati timetes, estranea all’ordinamento politico greco, con lo scopo, come del resto per gli equivalenti del modello romano-italico, di controllo della composizione del Consiglio decurionale. Questi notabili costituivano il canale privilegiato di comunicazione con Roma che, dal canto suo, allettava e premiava gli elementi compiacenti, promuovendone progressivamente lo status sociale, giuridico e politico sino alla tanto agognata meta della cittadinanza romana. La nuova lex Pompeia e le nuove fondazioni soprattutto nella parte “pontica” della provincia facevano quindi parte di un progetto di romanizzazione e incremento dell’urbanizzazione delle città e rimane un modello di organizzazione legislativa provinciale. Questa continuerà ad essere valida a lungo nel tempo come attestano per il II secolo d.C.404 l’epistolario di Plinio e il resoconto di Cassio Dione, e ancora in età tardo-antica, fino almeno alla riforma tetrarchica (fine III- inizio IV secolo d.C.).

La nuova provincia del Ponto-Bitinia poteva contare su dodici insediamenti con lo status di città405 con relative ampie aree rurali amministrate dai centri urbani. I confini orientali della provincia si spingevano sino alla città di nuova fondazione di Nikopolis e a sud sino ad includere l’alta valle del fiume Halys, quindi includendo ampie porzioni dell’altopiano paflagonico, con la città di Megalopolis. Nel 48 a.C., durante gli sconvolgimenti della guerra civile tra Cesare e Pompeo, Farnace II invase l’Asia Minore conquistando velocemente la Colchide, l’Armenia Minore, il Ponto e la Cappadocia. Venne sconfitto

404 Cassio Dione, XXXVII, 20, 2.

405 Plinio, Nat. Hist., V, 143 “nunc sunt XII civitates” relativo alla situazione ai tempi dell’imperatore

Nerone. I centri con lo status di città erano, da ovest a est: Bisanzio, Calcedone, Dascyleium, Caesarea Germanica (Germanicopolis), Prusa ad Olympos, Kios-Prusias, Nicea, Nicomedia, Iuliopolis, Prusa ad Hypios, Bithynion-Claudiopolis. Con l’aggiunta della città di Kreteia- Flaviopolis in epoca flavia.

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da Cesare a Zela nel 47 a.C. in una campagna fulminea e costretto ad ampie rinunce territoriali per ritornare a uno status ante quo. Con la riorganizzazione di Antonio (figura 4) tra il 39-31 a.C. la provincia del Ponto e della Bitinia venne ridotta a una lingua di terra comprendente principalmente le città costiere sino a Sinope, con alcune interruzioni territoriali come, ad esempio, la città di Eraclea Pontica e Apamea nella Propontide. Il resto della regione venne sottoposto all’amministrazione di regni clientelari e stati- templari come, per citarne alcune, Komana e Zela.

La Pax Augusta porterà a una profonda riorganizzazione dell’Asia Minore e del Ponto- Bitinia (vedi figura 5) che continuerà nella sua evoluzione sino all’età bizantina. I numerosi cambi di status delle province durante il periodo imperiale avevano motivazioni principalmente militari, soprattutto in relazione alle tensioni sul confine orientale con il potente vicino e nemico, a seconda dei periodi, rappresentato dal regno degli Arsacidi prima e dei Sassanidi poi. Inoltre, la progressiva annessione dei regni clienti nel plateau centrale della Turchia ebbe come conseguenza per la provincia di nostro interesse il mutamento dei confini, e la conseguente difficoltà nel definirli, soprattutto nella sua porzione meridionale e orientale406. La regione godette di un ampio periodo di pace interrotto solamente durante le spedizioni contro i Parti organizzate durante il periodo di Nerone, al comando dei generali Corbulo e Paeto, e successivamente con le vere e proprie “guerre partiche” promosse da Traiano e Lucio Vero (161-166 d.C.). La Bitinia-Ponto ritornò poi protagonista, soprattutto con le due città di Nicea e Nicomedia, delle lotte di successione al soglio imperiale di Pescennio Nigro e Settimio Severo. All'inizio del III

406 La notevole fluidità dei confini della provincia si riflette nell’evoluzione dei nomi che di volta in volta

ha assunto così come preservati dalle iscrizioni: nella metà del I secolo d.C. veniva chiamata semplicemente Bitinia; da Claudio in poi, inizia a comparire il doppio nome di Pontus et Bithynia; mentre Bithynia e Ponto diventerà di uso comune verso la fine del II secolo, quantomeno a partire da Settimio Severo

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secolo la regione fu sconvolta dalle invasioni dei Goti e da quelle dei Sassanidi. Questo quadro risulta essere coerente con quello fornitoci dalle fonti, soprattutto epigrafiche e numismatiche, le più dense di informazioni, che coprono un lungo periodo di tempo, che fanno registrare una prosperità che raggiunge il suo apice sotto Adriano per poi diminuire sostanzialmente durante il III secolo con un ultimo picco in positivo durante la prima metà del IV secolo d.C.

Figura 3: Organizzazione territoriale della provincia del Ponto-Bitinia così come voluta da Pompeo (64 a.C.), da MAREK 2003.

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Figura 4: Riorganizzazione della provincia sotto Marco Antonio (39-31 a.C.), da MAREK 2003.

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Il Ponto-Bitinia rientrava nel novero delle province senatorie, amministrate da un ex- pretore, scelto per sorteggio. La situazione sembra cambiare già a partire da Traiano che probabilmente in connessione con l’imminente campagna partica, assegnò a Plinio,

legatus con poteri consolari, il governo della provincia. Sotto Adriano possiamo trovare

la stessa attenzione sia per la presenza di un curator Patrokles, appuntato per la ricostruzione nella città di Nicea, sia per la testimonianza di un corrector et curator dell’intera provincia nella persona di C. Iulius Severus407 con imperium praetorium:

secondo Cassio Dione questo marca anche il cambiamento a provincia Caesaris. Anche se le testimonianze certe di un tale cambiamento è certo solo a partire da Marco Aurelio.

Per quanto riguarda il seguente capitolo verranno analizzate le città che ci hanno restituito testimonianze archeologiche o epigrafiche relative a strutture collocabili in epoca adrianea. In questo contesto cercheremo di comprendere, per quanto possibile, che ruolo abbiano giocato i viaggi e come si sia effettivamente concretizzato l’intervento imperiale, in rapporto costante anche con gli evergeti locali.

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Figura 6: Asia Minore. In alto provincia del Ponto-Bitinia con segnalati i percorsi dei

viaggi e le costruzioni.

Legenda: quadrato/triangolo bianco: costruzioni sacre/profane finanziate dalle casse cittadine; quadrato/triangolo nero: opere finanziate interamente dall’imperatore; quadrato/triangolo metà bianco e metà nero: opere con contributo imperiale, da SCHORNDORFER 1997.

4.2 Apamea

Tra le città della Bitinia che hanno preservato una traccia del passaggio di Adriano possiamo indicare la colonia romana di Apamea408. Un’epigrafe409 su tabula ansata in

marmo, trovata in località Mundanya su una collina, oggi conservata al Museo di Bursa, menziona la dedica da parte della città (ex pecunia publica) di un edificio noto con il nome di Balineum Hadriani che purtroppo non è stato ancora localizzato. L’iscrizione in

408 RE I, 2 (1894), 2664 s.v. Apameia 5 409 CORSTEN 1987, 4 = CIL III, 6992.

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latino, visto anche lo status di colonia romana, si collega dunque alla costruzione di un edificio termale, dedicato ai numini della casa imperiale, ad Adriano, Sabina, il Senato e il popolo di Roma. La menzione della tredicesima tribunicia potestas permette di datare l’iscrizione, e quindi l’edificio, all’anno 129/128 d.C. L’occasione per questo tipo di costruzione può forse essere ricercata nel viaggio di ispezione dell’imperatore in Bitinia nel 123/124 d.C., quando, in viaggio da Nicea a Cizico, può ragionevolmente collocarsi il suo soggiorno in città; allo stesso momento potrebbe essere datata anche una statua dell’imperatore410.

4.3 Nicomedia

La città, capitale e metropolis411 della provincia venne visitata in almeno due occasioni dall’imperatore Adriano. La prima risale al viaggio di ritorno verso Roma, subito dopo essere asceso al soglio imperiale, nel 117 d.C. La seconda durante il suo primo tour provinciale, in occasione del quale la elesse a suo quartiere invernale412. In questo

contesto cronologico si devono situare le opere di restauro promosse dall’imperatore per alleviare le sofferenze causate dal terremoto che aveva colpito le città della Bitinia e in modo particolare Nicomedia, completamente distrutta, e Nicea gravemente danneggiata. La mancanza di una datazione sicura del terremoto, al 120 d.C. o 123 d.C. 413, implica l’impossibilità di decidere con certezza se gli edifici descritti come fondazioni adrianee

410 CIG 3725; INAN, ROSENBAUM 1966, p. 47 n°1.

411 Le viene concesso il titolo di metropolis probabilmente a seguito della visita di Germanico in Bitinia nel

14-19 d.C., compare in maniera continuativa a partire dal regno di Claudio in poi vedi ŞAHİN 1978, p. 25 nota 66-67.

412 Vedi Capitolo 2.

413Chr.Pasch., 475, fornisce una datazione per il 123 d.C., sulla base dell’indicazione dei consoli in carica

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dalle fonti siano stati commissionati in occasione della visita imperiale o già prima di

esse.

Figura 7: Rieleaborazione della pianta di Nicomedia con segnati il luogo di rinvenimento del ninfeo, da BEKKER-NIELSEN 2008.

Le fonti letterarie non sono univoche nel riferire se Adriano fosse direttamente promotore414 della costruzione di agorai, tetraplateiai e mura urbiche in entrambe le città o se ne permise semplicemente la ricostruzione utilizzando fondi pubblici415.Le due opzioni, come abbiamo avuto modo di descrivere nel Capitolo 3, erano in effetti entrambe possibili. Per quanto concerne le costruzioni imperiali a Nicomedia, allo stato attuale della ricerca, non si conosce l’ubicazione né dell’agora o delle agorai né delle strade colonnate anche se di queste ultime si può forse trovare una traccia nella direttrice che conduce a Instanbul (Istanbul Caddesi). Infatti, durante i lavori di costruzione di un edificio nella

414 Chr. Pasch., 475

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zona meridionale della città, in prossimità del porto antico, sono stati ritrovati dei frammenti di colonne e di basi (figura 8) in marmo che hanno fatto ipotizzare l’esistenza di una via colonnata anche se non viene fornita né una datazione né una localizzazione sicuramente definita 416.

Figura 8: Frammenti architettonici rinvenuti nella parte meridionale della città nella zona del porto antico, sulla stessa direttrice dell’odierna Istanbul Caddesi, ritenute pertinenti a una possibile strada colonnata, da MELLINK 1976.

Non possiamo nemmeno stabilire l’entità dell’intervento imperiale sul circuito murario della città, di cui si conservano solo tratti e che aspetta ancora una pubblicazione che ne chiarisca la dinamica delle fasi costruttive417. È interessante però notare come Adriano

si rese responsabile di pochissimi interventi di costruzione o ricostruzione di circuiti murari e porte urbiche. Un intervento in tal senso è però documentato nella vicina città di Nicea, dunque è logico poter postulare lo stesso tipo di opera anche a Nicomedia. Inoltre, la menzione degli stessi beneficia concessi indistintamente a entrambe le città, nonostante la loro rivalità di lunga data, mostra “his sensitivity to the divisive effect imperial

416 MELLINK 1976, p. 284 417 SAHIN 1973, p. 9.

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munificence cuould have”418.

Agli interventi di Adriano in città è forse ascrivibile anche la costruzione di un ninfeo419

di cui nel 1930 sono stati rinvenuti i resti nella parte orientale della città in un luogo noto come Mahzenli, sempre sull’Istabul Cadde. In questa occasione è stato trovato anche un frammento di architrave in marmo (figura 10), oggi conservato nel giardino dell’Eski Türk

Evi, con decorazione a tralci e rosette e iscrizione in latino recante parte della titolatura

dell’imperatore Adriano al nominativo che fa supporre si tratti di un’opera a committenza imperiale420. L’edificio non è stato indagato estensivamente né pubblicato, abbiamo però conservati in pianta due nicchie semicircolari, la cui estensione non può essere determinata a causa della costruzione che gli insiste sopra. Inoltre, si è preservata una cisterna, il cui muro perimetrale è stato inglobato dal muro di fondazione della Eski Turk

Evi insieme con una parte del rivestimento marmoreo del vestibolo, nel lato anteriore che

si affaccia sulla Istabul Caddesi. Questa considerazione rafforza l’ipotesi della continuità del percorso stradale moderno con l’antica via colonnata421. I resti architettonici ci

restituiscono l’immagine di un edificio ricco e magnificamente decorato, probabilmente del tipo ‘a facciata’422, in linea con l’ipotesi di un edificio di committenza imperiale.

Barresi423 tentativamente lega l’edificazione di questa struttura a un più ampio progetto più ampio di completamento dell’acquedotto descritto da Plinio424.

418 BOATWRIGHT 2000, p. 122.

419 Vedi FIRATLI 1971, pl. 20, 30; SAHIN 1973, p. 14-17.

420 TAM IV, 1, 10 = SAHIN 1973, n°1 possediamo due iscrizioni la prima delle quali parzialmente

cancellata dalla seconda. Probabilmente la prima versione era stata pre-intagliata ma successivamente modificata e spostata a sinistra di una lettera e disposto a colonne per poi essere inciso più profondamente. Non può essere ricavata una datazione più precisa per l’edificio.

421 Libanio, Or., 61, 7-10 una delle fonti principali per la storia della città nella tarda antichità e per la sua

architettura.

422 Il confronto più diretto sarebbe con il ninfeo di Hierapolis in Frigia, BARRESI 2003 p. 549. 423 BARRESI, ibid.

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Figura 9: Pianta dei resti del Ninfeo, con evidenziati una delle due nicchie e una cisterna inglobate nelle fondazioni dell’edificio Esk Türk Evi. Da notare l’orientamento verso l’Instabul Caddesi, da SAHIN 1973.

Figura 10: Disegno dell'architrave decorato con doppia iscrizione, una incisa sull'altra, proveniente dal ninfeo. Il pezzo è oggi conservato nel giardino della Eskı Türk Evi, da SAHIN 1973.

Questa ipotesi si basa principalmente sulla corrispondenza e il parallelismo con la città di Nicea per la quale è testimoniato un acquedotto di epoca adrianea.

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La città compare anche nella monetazione imperiale nella quale Adriano è acclamato come RESTITVTOR NICOMEDIAE425. Generalmente questo tipo di coniazioni erano

riservate alle province, che apparivano personificate con i rispettivi attributi, nell’atto di porre omaggio all’imperatore. Il caso di Nicomedia è dunque peculiare, l’unica altra testimonianza la possediamo per la città di Alessandria. Possiamo, dunque, immaginare un riconoscimento dell’importanza della città e allo stesso tempo un richiamo all’operato ‘provvidenziale’ dell’imperatore, intervenuto per risollevare le sorti di una città gravemente danneggiata, nel solco delle modalità tipiche nelle quali si inseriva l’evergetismo imperiale. La città in segno di riconoscenza assunse nella propria onomastica il titolo Hadriane426, questo ultimo può essere considerato un ulteriore indice verosimilmente connesso all’azione diretta dell’imperatore in città 427. Inoltre, la

raffigurazione di un tempio ottastilo, presente nei più importanti tipi di cystophori ritrovati in Bitinia e a Nicomedia, è stato a più riprese collegato con il tempio di Roma e Augusto428, distrutto dal terremoto e ricostruito in epoca adrianea429. Ad arricchire

ulteriormente il panorama delle modalità dell’intervento imperiale abbiamo anche un’iscrizione430, in stato frammentario e oggi purtroppo perduta, che riportava una lettera

425 STRACK 1933, p. 164-165; BMC III, p. 524, n° 1827.

426 CIG 1720 compare il titolo di ‘Αδριανὴ νεωκόρος Νικομήδεια’; CIG 1771 = IGR III, 6.

427 BOATWRIGHT 2000, p. 105 i conii di molte città mostrano l’assunzione del titolo di Hadriane. Un

riflesso della percezione di questi titoli come segni del favore imperiale la possiamo trovare nella biografia di Adriano nell’Historia Augusta (HA, Hadr., 20, 4) “ […] se non amava apporre iscrizioni sulle opere pubbliche (nelle quale figurasse il suo nome), diede però il nome di Hadrianopolis a molte città […]”. In alcune città come Abdera e Parium il termine Hadriane “commemorates actual benefactions from Hadrian”. Nelle altre, come quelle che assunsero il titolo di Hadrianopolis, escluso il caso di Atene, nessuna testimonianza permette di identificare con certezza l’attività dell’imperatore. La SCHORNDORFER 1997 p. 121 riporta l’ipotesi recentemente avanzata di collegare il titolo di Ktistes nel senso delle misure edilizie di iniziativa imperiale. Trova conferma, infatti, nel confronto tra le città che onorano Adriano di questo titolo con le misure edilizie di cui si ha traccia. Non siamo però così fortunati per la Bitinia-Ponto.

428 Cassio Dione, LI, 20. La concessione nel 29 a.C. da parte di Augusto della costruzione di un tempio

dedicato a Roma e Augusto fece della città di Nicomedia il centro del culto imperiale della provincia, inoltre divenne anche centro dell’assise dell’assemblea del koinon provinciale.

429 METCALF 1980, p. 137. C’è da chiedersi se non possa essere il tempio di neocorato dedicato ad Adriano

per il quale vedi CIG 1720.

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scritta da Adriano, probabilmente dopo il 129 d.C., e indirizzata alla città nella quale sembra essere discusso un programma per l’aumento demografico. A questo si collegano le iscrizioni che registrano due tribù cittadine che portano il nome di Adriano431 e Sabina432.

4.4 Nicea

Nel caso della città di Nicea (fig. 11) possediamo più testimonianze archeologiche che ci permettono di contestualizzare meglio l’opera di ricostruzione dell’imperatore Adriano. Anche qui le fonti letterarie433 collegano al terremoto del 120 o 123 d.C. gli stessi

interventi testimoniati a Nicomedia nella misura di tetraplateiai, agorai e ristrutturazione del circuito murario434. Alla ricostruzione adrianea va anche ricondotta l’edificazione di

un acquedotto, noto solo dalla testimonianza epigrafica435. L’iscrizione, la cui lastra è stata reimpiegata in una torre delle mura tardo-antiche, menziona l’imperatore e stabilisce le sanzioni e le regole alle quali devono attenersi i proprietari il cui terreno è limitrofo alla linea della struttura, stabilendo un’area di rispetto contro gli abusi e le appropriazioni indebite.

431 TAM IV, 40. 432 TAM IV, 238.

433 Chr. Pasch, 475; Gerolamo, Cronica, 198, 10. 434 Chr. Pasch. 475 non si comprende la menzione

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Figura 11: Pianta di Nicea, da BEKKER-NIELSEN 2008.

A questo punto però, mancando una documentazione di scavo, è impossibile stabilire se si tratti di un’opera interamente nuova o di un semplice restauro. La notizia però trova confronti nell’interesse manifestato dall’imperatore Adriano per questo tipo di costruzioni, così come appare perlomeno nella biografia dedicatagli nell’Historia

Augusta436. Gli acquedotti rappresentavano una delle tipologie edilizie predilette dagli imperatori, in quanto richiedevano alti costi e manodopera specializzata, ed erano particolarmente adatti a magnificarne l’operato non sono da un punto di vista monumentale ma anche dell’effettiva utilità pubblica. Questa preferenza trova un riflesso anche nella biografia di Adriano, infatti è curioso che tra tutti gli edifici promossi dell’imperatore, sui quali però ci viene detto che con un atteggiamento studiatamente

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modesto non faceva iscrivere il proprio nome, gli acquedotti, invece, rappresentino una delle poche eccezioni. Per quanto riguarda invece le tetraplateiai, Louis Robert437

interpreta come la monumentalizzazione con tetrapyla delle intersezioni tra le strade porticate, mentre Barresi vi riconosce l’incrocio di quattro strade, forse proprio ora colonnate e lastricate. Ciò che sappiamo è che la planimetria urbana in età augustea risultava formata da quattro grandi strade monumentali che si incrociavano al centro della città in corrispondenza del ginnasio438: infatti da tale luogo si vedevano simultaneamente le quattro porte urbiche. I dati archeologici mostrano in effetti che in epoca adrianea furono effettuati interventi di restauro su almeno due delle porte urbiche, in accordo con quanto riferito dalle fonti sui suoi interventi sulle mura439. È possibile dunque ipotizzare che la risistemazione delle porte abbia comportato un programma più vasto di interventi che coinvolgeva anche le strade urbane che alle porte facevano capo. Una prima cinta muraria, come racconta Strabone440, risaliva all’età ellenistica; non sappiamo quando