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L’EVERGETISMO: STORIA, EVOLUZIONE E DINAMISMO NEI RAPPORTI TRA LE ÉLITES E L’IMPERATORE.

3.2 L’imperatore e le tendenze dell’evergetismo microasiatico

Seguendo lo studio fatto da Barresi348 tracceremo le tendenze dell’evergetismo

microasiatico, con particolare attenzione ai committenti e alla loro caratterizzazione. Data la premessa metodologica che “ogni edificio nuovo va inserito in un programma edilizio di ampio respiro oppure dovuto a un’iniziativa particolare349”, sembra opportuno

richiamare all’attenzione, per prima cosa, alcune tendenze nella monumentalizzazione delle città nel periodo ellenistico e romano e successivamente rivolgere l’attenzione a coloro che di questo fenomeno furono i protagonisti. A partire dall’epoca di Augusto “si delinea così il modello organizzativo dell’edilizia pubblica nell’Oriente greco, nato dalla tradizione ellenistica -dunque con elementi di continuità- inserita nelle nuova situazione dell’età augustea: un modello che si adattava alla ricerca di prestigio e di consenso sociale delle classi più alte nelle singole città dell’Impero, orientale come occidentale. La sua diffusione nelle città dell’Impero si deve anche all’esempio di Augusto stesso, che offre

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BARRESI 2003, p. 205 ss.

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le opere non in quanto magistrato, come avveniva in Occidente in età repubblicana, ma come semplice benefattore”350 .

Per molto tempo però le pratiche evergetiche furono estranee ai Romani. A partire dal IV secolo a.C., si iniziarono a dedicare edifici ex manubiis di carattere principalmente religioso, soprattutto nel Campo Marzio. Questo però non si poteva considerare una forma di liberalità generata dall’utilizzo di fondi strettamente privati. Donare edifici, soprattutto quelli a carattere templare, era infatti una delle forme preferite di impiego del bottino di guerra; queste tipologie edilizie rispondevano perfettamente alle esigenze di eternare il nome del committente e accrescerne la dignitas, all’interno di un sistema di valori che privilegiava le dimostrazioni della pietas religiosa. A partire dal II secolo a.C. assistiamo a un progressivo processo di acculturazione delle élites romane ma è solo negli ultimi decenni della Repubblica che i comandanti romani usarono i fondi privati per donare a Roma nuovi edifici come ad esempio il teatro di Pompeo nel 61 a.C. Nelle province, nel I secolo a.C., i governatori romani non parteciparono alle evergesie, specie quelle edilizie. Un chiaro cambiamento lo possiamo percepire con Augusto: la sua attività edilizia sia nella capitale sia nelle province trova largo spazio nelle sue Res Gestae, di cui l’esemplare più integro è stato trovato ad Ancyra inciso sul muro perimetrale del tempio di Roma e Augusto, che rappresenta anche una delle prime manifestazioni del nuovo culto imperiale. Utilizzando le parole di un contemporaneo potremmo sintetizzare così questa nuova attenzione: “come però mi accorsi che non ti stavano a cuore non soltanto la nostra vita e la costituzione dello stato, ma anche la situazione dell’edilizia pubblica, affinché l’immagine della città non acquistasse credito unicamente per il numero delle province, ma anche per lo straordinario pregio degli edifici pubblici, e così contribuisse alla

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maestosità dell’impero”351. Con il suo impegno, seguito dai suoi successori, l’imperatore

si lega indissolubilmente all’ideale ellenistico di dominio: a uno schema composto da clientele particolari se ne sostituisce uno con al centro la figura dell’imperatore. La formazione di una nuova ideologia che aveva come cardine l’attività edilizia doveva esprimere lo splendore del dominio imperiale e propagandare la concezione di una nuova età dell’oro e una rinnovata prosperità, particolarmente auspicata soprattutto dalle province orientali, uscite dalla parentesi delle guerre civili economicamente provate. Sotto il principato l’evergetismo trovò terreno fertile per raggiungere la sua massima fioritura. I beneficia imperiali potevano essere di diverso tipo, ma per comodità li abbiamo suddivisi in due macro-categorie:

● Benefici che influenzavano lo status delle città, sia che si trattasse dell’attribuzione di titoli particolarmente ambiti quali quelli di “neocorato” e “metropolis”, connessi al culto imperiale; sia che si trattasse di promozioni dello status giuridico, che ormai avvenivano per penna piuttosto che per fondazione diretta, come quelli inerenti l’attribuzione o la promozione allo status di municipia e colonia352.

● Tutta quella serie di benefici che avevano esito monumentale. L’intervento si poteva sostanziare in modalità differenti: attraverso la concessione di fondi provenienti dal fiscus o dalla res privata dell’imperatore; o attraverso la

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Vitruvio, De Architettura, Praef., 2.

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Possiamo subito notare come delle numerose città che ricevettero l’attenzione dell’imperatore si registrano rari casi di cambiamento dello status giuridico in Oriente. Le ultime colonie di fondazione saranno opera di Adriano: Colonia Aelia Capitolina (Giudea) e Colonia Aelia Mursa (Pannonia). Abbiamo già notato come in Aulo Gellio, nel passo noto con il nome di de Italicensibus, si stata incidentalmente conservata traccia di quella che sembrerebbe essere una predilezione dell’imperatore Adriano per il mantenimento delle tradizioni locali, difficile è comprendere quanto questa attenzione sia da attribuire a preferenze personali dell’imperatore o alle tendenze del periodo che mostrano una rinnovata attenzione per il passato particolare delle singole entità urbane.

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concessione di manodopera specializzata o di materiali edilizi provenienti dalla cave imperiali.

L’intervento imperiale poteva limitarsi, in maniera più indiretta, alla semplice autorizzazione delle opere edilizie, spesso però lasciata alla discrezione dei governatori. Inoltre, piuttosto che impiegare fondi diretti possiamo notare la preferenza a garantire delle esenzioni temporanee di tasse e tributi provinciali, le cui somme venivano prontamente reindirizzate sulle opere pubbliche.

In cambio di questo nuovo interesse imperiale nei confronti delle città, l’imperatore riceveva, come contropartita, gli onori che in precedenza erano riservati ai re ellenistici nella forma di dedica di statue, agoni, templi del culto imperiale o l’attribuzione sia di titoli onorifici, quali ktistes o soter, sia di magistrature eponime o sacerdozi locali. Le città potevano anche decidere di cambiare la propria onomastica in favore di quella imperiale. Nel periodo adrianeo possiamo contare, nella sola Asia Minore, ventidue città che associano al proprio nome una qualche forma dell’onomastica imperiale come per esempio Hadriane, Hadrianoi, Hadrianopolis353. Le città mandavano costantemente legazioni e ambascerie, composte dagli uomini di prestigio delle comunità, alla corte imperiale per ottenere benefici e attenzioni. Lo stesso Dione attribuisce particolare importanza all’instaurazione di contatti personali con i rappresentanti del governo, specialmente con l’imperatore che ne costituiva il vertice, che potevano essere strumentalizzati a beneficio della città. Dalle lettere di Antonino Pio a P. Vedio Antonino di Efeso, portato in giudizio da alcuni suoi concittadini per frode e appropriazione indebita, accusa che possiamo immaginare fosse all’ordine del giorno, possiamo intuire

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quanto fosse importante coltivare i rapporti con il potere centrale infatti questo evergete locale in questo frangente aveva trovato il pronto sostegno dell’imperatore354.

L’attitudine positiva di Augusto insieme con il periodo di pace, si riflette nella possibilità concreta delle città di potersi dotare di parure monumentali più o meno complesse a seconda delle possibilità economiche e dell’intraprendenza delle élite locali. L’imperatore fornisce un modello, un esempio soprattutto per la classe dei notabili che governavano le città. I benefattori principali in questo periodo sono personaggi di spicco: cittadini romani,

clientes che coltivavano un rapporto privilegiato con il princeps e sacerdoti del nuovo

culto imperiale. Nel periodo giulio-claudio troviamo di nuovo in primo piano le élites municipali, mentre quasi nulla è la partecipazione degli elementi dell’amministrazione romana come senatori ed equites. Per quanto concerne l’intervento dell’imperatore questo è principalmente diretto alla parte occidentale dell’impero. Sotto Claudio gli evergeti sono principalmente i componenti dell’élite provinciali e i liberti imperiali. Nel periodo neroniano troviamo impegnate nello sforzo evergetico specialmente le famiglie asiatiche e romane. Nel regno di Vespasiano assistiamo a una riorganizzazione territoriale che interessa soprattutto il limes orientale. Subisce un’accelerazione il processo di passaggio da uno stato territoriale a uno egemonico che ha come conseguenza l’inglobamento dei regni clienti soprattutto in Asia Minore. L’intervento imperiale dunque si concretizza nella costruzione di strade e nella diffusione del fenomeno urbano in profondità soprattutto nella zona del plateau centrale dell’Anatolia. È interessante notare l’emergere di una nuova classe dirigente con la presenza dei primi senatori di origine anatolica. Domiziano marca un ulteriore passo in avanti nei confronti della tendenza accentratrice che si declina in una più attenta sorveglianza delle opere pubbliche, a causa di un

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crescente sperpero dei fondi delle casse cittadine e del numero elevato di opere lasciate incompiute. Per le nuove imprese edilizie diventa dunque necessaria un’autorizzazione da parte del potere centrale nella figura dell’imperatore o molto più verosimilmente del governatore355. L’autorità dei governatori comprendeva anche l’ispezione degli affari

amministrativi delle città anche se, a causa della mancanza di risorse, il controllo risultava sporadico. Inoltre, le città libere si riservavano il diritto di non far ispezionare i loro ‘libri contabili’ alle autorità governative. Questo processo comporta dunque una maggiore ingerenza romana negli affari interni delle città. Si discute ancora a quando ascrivere l’istituzione di “commissari” speciali per il controllo delle finanze, chiamati curatores rei

publicae o loghistes. All’inizio con la parola “cura” indicava semplicemente un compito

pubblico, come ad esempio la cura acquae; questi erano uffici dal carattere volontario e onorario e in genere erano i magistrati cittadini che commissionavano una particolare

cura a una persona di rango elevato che poteva permettersi sia di non percepire

retribuzione sia di corrispondere finanziariamente ad eventuali necessità o ammanchi. In epoca imperiale questi ufficiali venivano appuntati dall’imperatore con lettere di incarico in cui erano ben definite e limitate nel tempo le competenze. Si preferivano elementi di spicco di rango senatorio o equestre356 e nel corso del tempo trovarono il loro posto anche i notabili locali. Il loro operato, di norma, comprendeva il compito di tenere ordinate le finanze comunali e sorvegliare l’acquisizione di terreni e la costruzione di edifici pubblici. Generalmente agivano di concerto con i magistrati locali sebbene l’autorità di cui erano

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Dig. 50, 8, 7, 1; 10, 7; 10, 3, 1 contra Jones 1940, p. 135 ss. Secondo cui l’inizio di questa procedura è da iscriversi alla metà del II secolo d.C. Mentre DRÄGEGER 1993 conclude che sia più verosimile collocare questo passaggio I secolo a.C.

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Negli studi moderni la presenza dei curatores nelle città provinciali, poiché generalmente selezionati all’esterno, non è altro che un ulteriore segno dell’aumento dell’interferenza del potere romano. Non è della stessa opinione la BOATWRIGHT 2000, cap. IV che dimostra come generalmente i compiti di curatela venissero affidati a personaggi locali.

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stati investiti dall’imperatore ne aumentavano il peso decisionale. Poiché spesso, e in misura crescente a partire dal II-III secolo d.C., troviamo decreti onorari dedicati ai

curatores dalle comunità nelle quali erano attivi è probabile supporre che la loro nomina

non fosse avvenuta in contrasto con la volontà comunale; spesso erano proprio i magistrati locali a richiedere all’imperatore l’invio di curatori. Sotto Nerone è testimoniata l’attività di un curator/loghistes a Smirne357; altri curatori sono stati probabilmente nominati sotto

Domiziano358. Tuttavia, li troviamo con maggior frequenza a partire dal regno di Traiano e per tutto il II secolo d.C. Sotto Adriano viene fatta menzione di un corrector et curator assegnato alla provincia del Ponto-Bitinia359 con compiti evidentemente diversi da quelli

che aveva ricoperto Plinio sotto Traiano. Secondo Graham Burton360 i curatori sono diventati un’istituzione urbana permanente, sempre più nelle mani di elementi provinciali, solo sotto i tetrarchi e trovano nel Digesto361 una compilazione precisa dei loro ambiti di competenza. La loro autorità si estendeva al:

● Subaffitto dei terreni;

● Prevenzione dell’abuso sia di terreni sia di edifici pubblici da parte dei privati cittadini;

● Monitoraggio dei fondi pubblici;

● Protezione dei fondi e lasciti dall’appropriazione indebita.

Nel 111 d.C. Traiano autorizzò Plinio a recarsi in Bitinia-Ponto, provincia senatoria, in qualità di legatus Augusti con poteri da proconsole, probabilmente anche in vista

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Filostrato, Vit.Soph., 512, la datazione del passo però è incerta e alcuni autori tra cui JONES 1940, p. 136 ss. pongono la nascita dell’istituzione in epoca traianea.

358 MAGIE 1950, p. 1454 ss. ; ILS, 1017. 359 JONES 1940, p. 135. 360 BURTON 1979, pp. 465-487. 361 Dig. 50, 8, 11,2; 10, 5, 1; 22, 1, 33; 8, 12, 2; 12, 1.

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dell’imminente campagna in Oriente. Il compito era quello di controllare lo stato economico delle città con un’autorità che si estendeva anche alle città libere. Dal libro X dell’epistolario362, dedicato alla corrispondenza tra il governatore e Traiano, possiamo

ricavare una serie di informazioni preziose sull’amministrazione e la regolamentazione dei problemi finanziari di questa provincia con un’attenzione specifica alle opere edilizie. Sembra che alcune città avessero iniziato a costruire edifici monumentali spendendo quantità ingenti di denaro per opere lasciate incompiute, come l’acquedotto a Nicomedia363, il teatro a Nicea e a Bithynion-Claudiopolis364 le terme. Altre città avevano chiesto il permesso di costruire nuovi edifici: a Prusa365 doveva essere costruite delle

nuove terme perché l’edificio esistente era vecchio e fatiscente. Plinio pensò anche di far costruire un’esedra con dei portici nella piazza adiacente, dove un tempo sorgeva un edificio per il culto imperiale; in questo caso abbiamo un esempio dell’attività edilizia che poteva essere intrapresa per iniziativa personale del governatore. A Sinope366, data la mancanza cronica di rifornimenti idrici, doveva essere costruito un acquedotto; di conseguenza Plinio scrive una lettera a Traiano per chiedere l’approvazione. A Nicomedia367 era stato costruito un mercato che però invadeva l’area di un vecchio

santuario della Magna Mater, ora in rovina, per il quale si chiedeva all’imperatore, mostrando anche scrupolo religioso, che l’edificio di culto potesse essere spostato in un altro luogo. Dalle risposte di Traiano possiamo dedurre che i criteri di valutazione ai quali Plinio doveva attenersi, nei rispetti dell’attività edilizia, dovevano conformarsi soprattutto al principio di utilitas, intesa come costruzione più appropriata alle esigenze funzionali e

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SHERWIN-WHITE 1966.

363

Plinio, Ep. X, 37.

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Plinio, Ep. X., 39 (Bithynion e Nicea).

365 Plinio, Ep. X, 23; 70. 366 Plinio, Ep. X, 90. 367 Plinio, Ep. X, 49.

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al decoro urbano, che l’imperatore vedeva garantita soprattutto nella costruzione di acquedotti. L’oikonomia o distributio368 per quanto concerne il finanziamento: le città potevano ottenere l’autorizzazione imperiale qualora fossero state in grado di provvedere alle spese per le nuove costruzioni senza ricorrere a tasse o dazi aggiuntivi e senza aggravare la condizione delle loro finanze. A questo scopo potevano dunque trasferire i capitali dei fondi e lasciti testamentari o ricercare il sostegno finanziario delle classi più elevate attraverso il riscatto delle pollicitationes, attraverso i fondi derivanti dalle summae

honorarie o invogliando la partecipazione intera o parziale dei notabili locali. Con la firmitas si entra nell’ambito di tutto ciò che contribuisce alla solidità e la durevolezza di

una costruzione, l’aeternitas, dunque si parla di tecniche costruttive, selezione dei materiali e dei terreni più adatti. Infine, vengono considerati anche gli aspetti puramente estetici riassunti dai termini venustas o pulchritudo.

Per alcuni progetti il governatore cerca di conquistare l’interesse dell’importatore: è il caso della costruzione di un canale a Nicomedia che doveva collegare il lago Sophon (od. Sapanca Gölü) al mar di Marmara e rendere così più agevole il trasporto delle merci, in particolar modo marmo e legno destinato ai cantieri navali. Nel presentare l’opportunità all’imperatore Plinio la considera non solo degna della sua fama e gloria eterna ma anche un’opera della massima utilità pubblica. Inoltre, dei lavori di escavazione di una trincea erano già stati cominciati dai “uno dei precedenti re (ellenistici)” e per questo il governatore esorta l’imperatore a completare, anche grazie all’ampio uso di manodopera e militare e locale, ciò che i sovrani ellenistici hanno meramente cominciato369. Questo

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Plinio, Ep. X, 23-24.

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Plinio, Ep. X, 41, la manodopera era presente in abbondanza sia in città sia nelle campagne e il governatore si dice “certo che saranno volenterosi di aiutare nel completamento di un’opera che beneficerebbe tutti”. È anche probabile come sottolinea Mitchell (vedi: MITCHELL 1987, p. 338 nota 29)

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progetto permetterebbe di accrescere ancora di più la gloria di Traiano perché ne mostrerebbe la sua superiorità, in quanto certamente l’opera non sarebbe destinata al fallimento370. Ed è infatti l’unico progetto edilizio per il quale l’imperatore è disposto a mandare un librator/architectus dalla Moesia Inferior quando, invece, in altri casi, aveva rifiutato le richieste che gli pervenivano da Plinio di inviare specialisti, rispondendo che nelle province esistevano sicuramente professionisti che potessero aiutarlo; soprattutto non avrebbe avuto senso inviare un architetto da Roma, quando in così tanti giungevano nella Capitale proprio dalla Grecia.371 Esprimere il dominio imperiale e la maiestas dell’imperatore attraverso l’attività edilizia era uno dei tasti che il governatore Plinio esplicitamente utilizza per cercare di coinvolgere Traiano.

A partire dalla fine del I secolo d.C. possiamo notare una progressiva tendenza al disimpegno delle élites dall’assunzione di magistrature dall’impegno oneroso. Questa riluttanza dei notabili locali a farsi carico delle evergesie sarebbe indicativa secondo alcuni studiosi372 di un declino della “ ‘urban aristocracy’, holding that as early as the beginning of the second century there was a diminuition of the voluntary partecipation character of the Roman empire”373. Molte città richiedevano all’imperatore, quando non era sua diretta iniziativa, di aumentare il numero di consiglieri e ciò avrebbe permesso di aumentare la base contributiva e di converso anche quella partecipativa. Le città potevano così fare affidamento sulle summae ob honorem374 versate dai nuovi consiglieri. Un altro

che questa manodopera potesse essere costretta tramite obblighi di corvée come quelle che venivano utilizzate per la costruzione delle strade.

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Plinio, Ep. X, 41.

371

Plinio, Ep. X, 17, 39, 40-41, 61.

372

GARNSEY 1974, pp. 232-38; MITCHELL 1984, p. 124-125 che basa le sue riflessioni principalmente sulle orazioni 46, 49 di Dione di Prusa.

373

BOATWRIGHT 2000, p. 9.

374 E.G. Plinio, Epist., X, 112 sanzione dell’aumento dei consiglieri a Claudiopolis, in Bitinia. Secondo

quanto previsto dalla Lex Pompeia coloro che venivano cooptati nel senato locale dal censore pagavano una quota di ammissione, che veniva considerata come summa ob honorem, in favore della cassa cittadina;

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meccanismo era quello di andare alla ricerca dei patrobuloi ossia i figli dei maggiorenti cittadini, in virtù dell’aspettativa che anche loro si mostrassero generosi nei confronti della città a loro volta soprattutto qualora durante i consigli annuali per l’elezione dei magistrati non si fossero trovati candidati disponibili, spesso perché le cariche erano già state ricoperte più di una volta dalle stesse persone. Frequentemente i genitori associavano i figli nelle loro evergesie per far sì che potessero accrescere la loro dignitas in previsione di cariche future. Qualora però non si fosse raggiunto un accordo su quale notabile si dovesse fare carico degli oneri e onori delle magistrature ci si poteva rivolgere al governatore provinciale per dirimere la questione.

Nel corso del II secolo d.C. assistiamo a una crescente qualità e quantità delle opere edilizie promosse dall’iniziativa dei privati, specie dalle famiglie senatorie e dagli homini

novi. Questo periodo di intensa attività edilizia troverà il suo apice in epoca antonina

quando assistiamo alla costruzione di edifici più ampi e lussuosi da legarsi soprattutto a un aumento demografico e dei bisogni di agi. Possiamo però notare, già in questo periodo, per quanto riguarda le opere pubbliche come, da una parte, vengano varate una serie di misure imperiali che privilegiano l’utilizzo di fondi nel restauro di edifici già esistenti prima di poter intraprendere nuovi progetti edilizi, dall’altro, lo stesso imperatore aveva esplicitamente sostenuto l’attività edilizia con fondi privati. Dunque, il controllo della spesa pubblica verso criteri di maggiore razionalità contabile, di concerto con le limitazioni imposte all’aemulatio tra le città375 e il sostegno delle liturgie, sembravano

essere parte integrante della politica provinciale imperiale. Tra la fine del II e per tutto il III secolo d.C. assistiamo a un opera di sistematizzazione dell’evergetismo. Già nel

i consiglieri sovrannumerarii per decisione imperiale, invece, dovevano corrispondere la cifra di mille o duemila denarii all’atto dell’ingresso in carica.

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periodo dell’imperatore Marco Aurelio le opere sono ridotte in numero e costo e riscontriamo l’attenzione al completamento e al restauro delle opere già esistenti. Le evergesie ob honorem si fanno più pesanti e quantitativamente superiori rispetto a quelle dovute all’evergetismo libero. Anche le pollicitationes trovano una loro precisa