2. Analisi del mercato cinese e sostenibilità da parte di Mukki dell’apertura di una linea
4.2 Fattori che fanno variare il pH del latte
La composizione del latte può essere influenzata da diversi fattori, che possono incidere sulle caratteristiche dei suoi elementi strutturali e, di conseguenza, sulle proprietà chimico – fisiche del latte stesso (Alais, 2000).
Oltre che per motivi naturali, la variabilità della composizione chimico – fisica del latte può essere dovuta anche ad adulterazioni. L’adulterazione del latte comporta perdite economiche, il deterioramento della qualità dei prodotti finali e un rischio per la sicurezza dei consumatori (Mansour et al, 2012).
C’è da precisare però che l’acidità di titolazione è un indice del potere tampone del latte e una misura dell’equilibrio acido – base conferitogli soprattutto da caseine e fosfati. Proprio in virtù di questo potere tampone, il valore di pH del latte, che ricordiamo essere compreso tra 6,5 e 6,7, non è soggetto a grandi modificazioni se non in concomitanza di importanti variazioni del suo equilibrio acido – base, legate in particolare a una incipiente acidificazione o a una rilevante modificazione del contenuto di caseina e fosfati (Alais, 2000). Il potere tampone del latte è dovuto alla presenza di numerosi composti che hanno funzioni acide o basiche libere, che neutralizzano eventuali basi o acidi aggiunti; si tratta principalmente delle proteine del latte che presentano gruppi ionici con cariche positive o negative a seconda del pH. Esiste una relazione di proporzionalità inversa tra il pH e la quantità di proteine presenti, quindi quando il contenuto totale di proteine scende, il pH aumenta (Cabassi et al, 2000; Rosenthal, 1991).
L’abbinamento della misura del pH a quella dell’acidità di titolazione permette di individuare il tipo di problema che ha determinato la variazione.
I latti tendono a manifestare peculiari caratteristiche, che appaiono tali da configurare diverse tipologie acido-metriche. La principale caratteristica differenziale dei latti ipoacidi è quasi sempre rappresentata da una carenza di fosforo solubile, cui si correlano strettamente i valori di pH. Anche l’iperacidità è in gran parte legata al fosforo, il cui contenuto, in questo caso, risulta però nettamente più elevato della norma (Mariani, 1994). Oltre al fosforo, anche il basso contenuto di calcio, e soprattutto bassissimo valore del rapporto Ca/P, sono fattori che concorrono entrambi a determinare una significativa carenza di ioni calcio, portando ad una iperacidità il latte (Mariani, 1994).
103
La composizione del latte risente anche dello stato di salute dell’animale, infatti i fenomeni mastitici provocano una diminuzione e un’alterazione della produzione di latte. Tali patologie provocano un aumento nel latte delle cellule somatiche, proporzionale all’intensità del fenomeno infettivo, con conseguente arricchimento di enzimi di origine cellulare, oltre all’aumento delle immunoglobuline. La mastite provoca inoltre una diminuzione della capacità di sintesi della ghiandola mammaria, con conseguente diminuzione di grasso, caseina, lattosio ed aumento dei prodotti di filtrazione diretta del plasma sanguineo (sieroproteine, Sali minerali, enzimi, ecc.), determinato da una maggiore permeabilità dei capillari (Corradini, 1995). Nel loro insieme tutte le variazioni di composizione provocano un aumento del pH del latte, spesso superiore a 6,8 (Mariani et al, 1987; Atasever et al, 2010; Ogola et al, 2007).
Lo stadio di lattazione è ugualmente importante, per cui il pH raggiunge un minimo entro i primi 20 – 30 giorni di lattazione per poi aumentare negli ultimi 2 mesi della lattazione stessa. Anche l’alimentazione squilibrata delle bovine, come anticipato in precedenza, può influire sull’acidità del latte, abbassandola in caso di razioni troppo ricche in carboidrati fermentescibili ovvero alzandola in casi di scarso apporto energetico o salino o per eccesso di proteine nella razione (Alais, 2000).
Figura 47: Valori indicativi di pH e di acidità di titolazione del latte (Alais, 2000). pH Acidità titolabile
(°SH/100 mL)
Latte fresco normale 6,6 – 6,7 6 – 8
Latte ipoacido 6,65- 6,75 < 7
Latte iperacido 6,4 – 6,5 >8
Latte mastitico, latte di fine lattazione >6,9 < 6,5
Latte di inizio lattazione 6,4 – 6,5 8,5 – 10
Latte colostrale 6 >10
Latte che non sopporta la sterilizzazione a 110° C 6,4 9
Latte che non sopporta la pastorizzazione 6,1 11
4.2.2 Fattori che agiscono sul pH all’arrivo in Azienda
Una volta giunto in azienda come materia prima cruda, il pH del latte può subire ulteriori variazioni. Sia per i possibili residui di detergenti di lavaggio nelle cisterne, sia per il trattamento termico a cui è destinato.
104
Infatti, quando la temperatura del latte aumenta, il suo pH diminuisce, scendendo a valori inferiori a 6,0 quando la temperatura supera i 100° C. Nei processi commerciali, come la pastorizzazione HTST e il trattamento UHT, il pH ritorna quasi al suo valore originale dopo il raffreddamento. Tuttavia, dopo la sterilizzazione, in serbatoio, il pH finale è inferiore (On-Nom et al, 2010).
Un’altra possibile causa di alterazioni del valore del pH del latte è dovuta alla presenza di residui di liquidi di lavaggio nelle cisterne, in conseguenza di un non corretto lavaggio finale, che non rimuova efficacemente i residui di sanificanti, durante le operazioni di pulizia degli impianti.
Questo approfondimento prende in considerazione il contesto reale in cui avvengono le operazioni di pulizia e disinfezione degli impianti nella Centrale del Latte della Toscana. È bene specificare, però, che le alterazioni del pH non indicano una non corretta disinfezione degli impianti, in quanto quest’ultimo parametro sarà rilevato dalla presenza di batteri nel latte.
Le operazioni di sanificazioni della Centrale del Latte della Toscana sono gestite secondo una procedura denominata “Gestione Infrastrutture, Pulizie e Sanificazione”.
L’azienda impiega sistemi automatici di Cleaning In Place (CIP), la cui progettazione e realizzazione è stata effettuata contestualmente agli impianti tecnologici. Il sistema è progettato in modo tale da impedire la contemporanea attività di lavaggio e produzione, l’una inibisce automaticamente l’altra.
L’efficacia delle operazioni di pulizia e disinfezione degli impianti e macchinari rappresenta un prerequisito necessario a garantire la sicurezza alimentare dei propri prodotti. Nell’analisi dei pericoli condotta, la valutazione del rischio legato al pericolo rappresentato dal possibile re-inquinamento biologico dovuto a un’insufficiente o inefficace detersione degli impianti o attrezzature utilizzate nei diversi processi non è risultata essere un punto critico di controllo.
Dato che gli aspetti legati all’igiene degli impianti rappresentano un elemento chiave per l’ottenimento di prodotti sicuri, con la ditta produttrice dell’impianto, è stato realizzato un software di consultazione “Plant Data View”, nel quale sono riportate in maniera dettagliata tutte le fasi, le frequenze, i parametri significativi monitorati e i relativi valori di riferimento, per tutte le tipologie di lavaggio eseguite sugli impianti e sulle attrezzature. Eventuali non conformità rilevate durante i lavaggi determinano il ripristino delle
105
condizioni ottimali previste. In aggiunta, il responsabile di reparto, in funzione della gravità dell’evento rilevato, può effettuare nuovamente le operazioni di lavaggio.
Prima di ogni operazione di lavaggio degli impianti, è effettuato uno svuotamento dei residui di latte, panna o altro prodotto contenuto nelle linee. Gli svuotamenti avvengono secondo tempi e volumi predeterminati impostati nel sistema di controllo automatico degli impianti.
Le fasi che si susseguono sono: sterilizzazione prima dell’inizio del trattamento termico; lavaggio finale dopo il trattamento termico; lavaggio serbatoi di stoccaggio e linee.
4.2.3 Sterilizzazione prima dell’inizio del trattamento termico
L’intero impianto di pastorizzazione/sterilizzazione, prima dell’entrata in funzione, è messo a regime mediante circolazione di acqua a circa 95° C con vapore30. Tutta l’operazione di sterilizzazione avviene sotto il controllo del sistema di supervisione fornito dalla Tetrapak Food, che registra le varie fasi e dà il consenso all’inizio produzione solo se le soglie di controllo prestabilite sono state tutte rispettate. Effettuata la sterilizzazione per il tempo programmato, l’impianto stabilizza automaticamente le temperature di riscaldamento e di raffreddamento secondo i valori impostati. Quando l’impianto è pronto per l’inizio del trattamento termico, il sistema autorizza l’accesso alle operazioni successive d’invio del prodotto da trattare termicamente.
4.2.4 Lavaggio finale dopo il trattamento termico
Finito il trattamento termico, l’operatore attiva il CIP di lavaggio dell’impianto e delle linee utilizzate per il trasferimento del prodotto.
Il trattamento termico dei prodotti a base di latte porta alla precipitazione, lungo le tubature più soggette a riscaldamento, di un deposito formato da caseinati e da calcare (la cosiddetta “pietra di latte”): per le operazioni di disincrostazione è necessario un lavaggio che avviene secondo sequenze, tempi e temperature stabilite dal programma di controllo.
30 Rappresenterebbe la fase dei “preliminari di pastorizzazione/sterilizzazione” nelle ANP descritte nel
106
A fine lavaggio viene portata a termine automaticamente l’operazione di drenaggio delle tubature.
4.2.5 Lavaggio Serbatoi di stoccaggio e linee
I serbatoi di stoccaggio del latte sono lavati al termine del loro utilizzo. Le linee utilizzate per i trasferimenti di prodotto sono lavate a ogni fine produzione.
Quindi nel caso in cui ci sia un mal funzionamento dell’ultimo lavaggio c’è il rischio di ritrovare possibili residui di detergente nel latte, la cui rilevazione potrebbe basarsi sulla variazione del pH determinato sui campioni di latte sottoposto a verifica dal laboratorio.
107