Capitolo 2. Il femminismo degli anni Settanta
3.1 Favorevoli e contrari: la posizione dei maggiori partiti italiani,
Una proposta di legge per l'istituzione del divorzio venne presentata per la prima
volta al Parlamento italiano il 13 maggio 1878. A prendere l'iniziativa fu un deputato repubblicano del Salento, Salvatore Morelli noto per le sue doti di uomo integerrimo e per essere stato precedentemente rinchiuso in un carcere borbonico sotto accusa di cospirazione. Da tempo si occupava di problemi sociali ed in particolare di quelli riguardanti la famiglia, ma soprattutto in lui si potevano rintracciare i presupposti della visione laicista che annoverava tra i motivi fondamentali a favore del divorzio “lo sviluppo della personalità della donna in relazione alla mutata coscienza sociale della società”.208 “ Il divorzio -sosteneva il parlamentare che si batteva anche per il
voto alle donne- è divenuto una necessità, un'urgenza di ordine pubblico, un'urgenza di moralità sociale reclamata dal bisogno della pace sociale”.209 Il suo primo progetto
di legge non ebbe successo, ma senza scoraggiarsi lo ripresentò due anni dopo, nel 1880, ottenendo un risultato parimenti negativo. Dopo la sua morte avvenuta nello stesso anno, il divorzio trovò altri fautori, e progetti di legge in suo favore vennero presentati nel 1882, nel 1883, e dopo un periodo di silenzio, comparirono ancora nel 1892 per opera dell'onorevole Villa. La cosidetta “questione sociale” fu alla base anche della proposta presentata nel 1901 dagli onorevoli Berenini e Borciani che ritenevano che il divorzio fosse la condizione per porre fine ai matrimoni falliti e
208 Anna Tonelli, Politica e amore, cit., p. 309. 209 Ivi.
favorire invece “unioni più convenienti e socialmente utili.” basate sul rispetto “dei diritti e dei doveri dei coniugi fra loro e riguardo alla prole.210
Il bisogno di rispondere ai cambiamenti radicali della società determinati dal primo conflitto mondiale spinse i socialisti Marangoni e Lazzeri a intervenire nel 1920 in Parlamento per cercare di “porre fine al gravissimo problema dello sconvolgimento causato nella vita delle famiglie dalla guerra”. La guerra infatti determinò profonde trasformazioni e rotture nel tessuto sociale, ma anche nelle abitudini, nella mentalità e nel vissuto.211 Una delle conseguenze riguardava il ruolo della donna e il rapporto fra
i sessi. Sostituendo a lavoro i mariti impegnati al fronte, le donne si trovarono ad acquisire una nuova autonomia sottraendosi in questo modo anche all'autorità maschile. Inoltre l'assenza degli uomini impiegati in guerra determinò un vuoto, anche sentimentale, che spesso veniva colmato con la ricerca di nuovi affetti sia da parte delle donne che dei soldati. Di fronte a questo scenario, si rinnovava l'appello dei socialisti a introdurre il divorzio come parziale soluzione alle crisi familiari prodotte dalla guerra. Ma la proposta Marangoni-Lazzeri incontrò la forte ostilità del mondo cattolico, riuscendo a coalizzare anche le donne cattoliche che raccolsero più di un milione di firme contro un provvedimento considerato come il frutto del “bolscevismo” e della “scristianizzazione”.212
Dopo la lunga esperienza dello stato fascista seguita dal faticoso dibattito della Costituente sui temi familiari, fu ancora una volta un socialista a introdurre con forza il tema del divorzio, pur in casi molto limitati: Luigi Renato Sansone si fece promotore di un progetto di legge per il divorzio proposto alla camera il 26 ottobre
210 Anna Tonelli, Politica e amore, cit., p. 310. 211 Ivi.
1954 e ripresentato nel 1958 con la firma anche di Giuliana Nenni.213 Il deputato
presentò alla Camera un disegno di legge per l'istituzione del cosiddetto piccolo divorzio, applicabile solo ai matrimoni con scomparsi senza lasciare traccia, condannati a lunghe pene detentive, coniuge straniero in presenza di divorzio all'estero, malati di mente, lunghe separazioni fra i coniugi o tentato omicidio del coniuge. La proposta non fu nemmeno discussa e fu ripresentata il 12 giugno del 1958 da Sansone assieme alla Nenni, al Senato. Neanche al Senato vi fu una discussione su questo disegno di legge che pur aveva alimentato un vivace dibattito nel Paese.214
Le persone abbienti, però, potevano rivolgersi al Tribunale ecclesiastico della Sacra Rota, oppure far deliberare in Italia sentenze di divorzio pronunciate da tribunali di Paesi dove la legislazione locale consentiva il divorzio anche di cittadini stranieri (segnatamente il Messico e la Repubblica di San Marino), il resto dei coniugi che si separavano doveva rassegnarsi a non poter regolarizzare le unioni con i/le loro nuovi compagni/e ed i figli nati da esse, i quali fino alla riforma del diritto di famiglia del 1975 continuarono a subire discriminazioni.215
Nella ferma volontà di rispettare il costume proletario, i comunisti rifiutavano ogni pratica borghese, annoverando fra le consuetudini da condannare anche l'annullamento del matrimonio attraverso la Sacra Rota. Divorzi per ricchi, era il titolo che “Vie nuove” aveva dato ad un articolo del 1974 denunciando la politica dei democristiani che, mentre si battevano per l'indissolubilità del matrimonio, consentivano che lo scioglimento delle unioni ormai fallite avvenisse attraverso il
213 Anna Tonelli, Politica e amore, cit., p. 314. 214 Ivi.
tribunale ecclesiastico che “non fa divorzi, ma annulla i matrimoni ai maggiori offerenti”216.
Pur non avendo alcuna intenzione di sollevare la questione del divorzio, a maggior ragione dopo il sofferto accordo nella Costituente, i comunisti escogitarono un metodo efficace per aggirare l'ostacolo senza entrare in conflitto con la Chiesa e, sopratutto, senza dare adito a pericolosi clamori: l'annullamento dei matrimoni all'estero, e in particolare in paesi con governi filocomunisti. In breve tempo la cerchia si restrinse a tre casi: Ungheria, Romania e San Marino, con il terzo paese che divenne in pochi anni il luogo ideale per svolgere le pratiche legali.217 La vicinanza
con l'Italia, il governo social-comunista, gli accordi di buon vicinato, la presenza dei segretari di Stato che spesso svolgevano la professione di avvocati, costituirono condizioni favorevoli per eleggere la piccola Repubblica di San Marino a meta preferita dei comunisti per mettere fine a quei matrimoni consumati dall'esperienza dell'antifascismo e della guerra. A utilizzare la via estera furono quasi esclusivamente i dirigenti, che non solo potevano contare sugli appoggi e sulla maggiore disponibilità economica, ma di fatto legittimavano il potere della loro autorità con un comportamento non consentito a tutti. Togliatti stesso, provò a intraprendere un percorso di separazione dalla moglie Rita Montagnana, per poter legalizzare la sua nuova unione con la compagna Leonilde Iotti; il suo “esempio” fu seguito anche dai compagni Luigi Longo, D'Onofrio, Pietro Amendola, Gerratana, Grieco.218 In assenza
di una legge sul divorzio, la prospettiva dell'annullamento presso la località di San Marino, era l'unica percorribile per i dirigenti del partito e per le persone abbienti che
216 Anna Tonelli, Gli irregolari. Amori comunisti al tempo della Guerra Fredda, Editori Laterza, Bari, 2014, p. 60. 217 Ibidem p. 61.
volevano porre fine a matrimoni ormai naufragati.219
Nel 1965, in concomitanza con la presentazione alla Camera dei deputati di un progetto di legge per il divorzio da parte del deputato socialista Loris Fortuna, iniziava la mobilitazione del Partito Radicale per sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema dell'istituzione del divorzio in Italia. Soprattutto dopo il 1969, insieme alla Lega italiana per l'istituzione del divorzio (LID), il partito si mobilitava con grandi manifestazioni di massa e una continua azione di pressione sui parlamentari laici e comunisti ancora incerti. Il 1º dicembre 1970 il divorzio veniva introdotto nell'ordinamento giuridico italiano; nonostante l'opposizione della Democrazia cristiana, del Movimento sociale italiano, e dei monarchici del Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica e con i voti favorevoli del Partito Socialista italiano, del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, del Partito Comunista Italiano, del Partito Socialista Democratico Italiano, del Partito Repubblicano italiano, del Partito Liberale Italiano, veniva approvata la legge 1°dicembre 1970, n.898. "Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio" risultato della combinazione del progetto di legge di Loris Fortuna che si era fusa con la proposta del deputato liberale Antonio Baslini. Analogamente ai comunisti, anche i parlamentari socialisti ribadirono in tutte le sedi l'unità della famiglia, sostenendo che il divorzio non serviva per disgregare nuclei familiari, ma per sanare rotture già avvenute di fatto.220 Nello stesso anno il
Parlamento approvava le norme che istituivano il referendum con la legge n.352 del 1970, proprio in corrispondenza con le ampie polemiche che circondavano l'introduzionedel divorzio in Italia.221
219 Anna Tonelli, Gli irregolari, cit., p. 75. 220 Anna Tonelli, Politica e amore, cit. p. 321. 221 Ibidem., p. 322.
"Onorevoli colleghi, il voto testé espresso ha concluso un lungo, appassionato, e dotto lavoro svolto per esprimere il pensiero del Senato sul modo di fronteggiare sitazioni assai gravi per la famigia, tenendo conto di convincimenti e tradizioni religiose e di istituti giuridici e sociali. In questo momento, senza venir meno allo scrupolo che mi ha guidato nel regolare questo liberissimo dibattito, sento il dovere di esprimere il voto che, con convergente, e tempestiva efficace azione, il Parlamento ed il Governo sappiano migliorare le condizioni di ambiente, di casa, di lavoro, di istruzione, di benessere e di moralità, idonee ad assicurare a tutte le famiglie italiane vita sana, operosa, prospera e serena garantita nella sua concordia dal dolce vincolo dell'amore"222.
Con queste parole il 9 ottobre 1970, si concluse a Palazzo Madama la fase decisiva della battaglia parlamentare per il divorzio. Esse furono pronunciate, subito dopo il voto per appello nominale che approvò con 164 “si” e 150 “no” la legge Fortuna- Baslini dal Presidente del Senato on. Amintore Fanfani.223
Lo scioglimento del matrimonio era dunque ammesso, fino agli anni '70, solo nel caso di morte del coniuge, salvo quanto previsto in tema di morte presunta ed in ordine alle possibilità di scioglimento del matrimonio concordatario per mancata consumazione. La legge 1-12-1970 n. 898, introdusse in Italia lo scioglimeto del matrimonio per causa diversa dalla morte di uno dei coniugi e cioè per il venir meno della comunione spirituale e materiale tra i coniugi. Per divorzio si intendeva, così, lo scioglimento non retroattivo di un matrimonio valido, concesso dal giudice solo se sussisteva una delle cause indicate dalla legge dalle quali si presumeva il venir meno di quell' affectio maritalis che costituiva il substrato di ogni solida unione. Le cause che consentivano la proposizione della domanda di divorzio erano nello specifico: la
222 Vera Vegetti, Divorzio: così fu varata la legge, in " l'Unità", 16 aprile 1974. 223 Ivi.
separazione legale protrattasi ininterrottamente per almeno tre anni, la condanna dopo la celebrazione del matrimonio di uno dei coniugi per reati di particolare gravità, l'ottenimento all'estero dello scioglimento e dell'annullamento del vincolo, la mancata consumazione dell'unione coniugale o il mutamento di sesso di uno dei coniugi.224
Il primo referendum dell'Italia repubblicana si svolse nel 1974: era stato chiesto nel 1971 da circa 137 mila italiani per abrogare la legge Fortuna Baslini sul divorzio, approvata poco prima.225 La difesa del divorzio era voluta da un molteplice e
composito coro, in cui trovarono posto oltre ai maggiori partiti della sinistra come il Pci, il Psi e Partito Radicale anche le testate del laicismo più rigoroso, come “L'Espresso” e varie riviste femminili. A queste ampio schieramento si aggiunsero anche voci significative provenienti dallo stesso mondo cattolico, con l'impegno dei “Cattolici per il no”. Non furono certo senza conseguenza i decisi pronunciamenti del pontefice e di vasti settori del cattolicesimo tradizionale, ma non era più prevalente l'Italia cui si era appellato il Comitato antidivorzista fondato da Gabrio Lombardi, per il quale il divorzio era “una variante dell'harem diluita negli anni”.226 Quell'Italia
arretrata manteneva comunque una sua consistenza e ad essa finirono per richiamarsi i due partiti che si impegnarono per l'abrogazione: il Msi di Giorgio Almirante e la Dc, che Amintore Fanfani ritenne di guidare in questo modo a una “vittoria sul campo”.227
Risuonarono così i richiami della destra neofascista ai tradizionali valori cristiani, in polemica con la stessa Chiesa del Concilio, e le invocazioni al “blocco d'ordine” che
224 Citazione tratta dalla Appendice III del Codice civile, L.1°dicembre 1970,n.898, Edizioni giuridiche Simone, Napoli 2008.
225 Guido Crainz, Il Paese mancato, cit., p. 498. 226 Ibidem., p. 499.
voleva mantenere il matrimonio indissolubile.228
Sarà bene cominciare dal principio. La iniziativa di una raccolta firme per chiedere un referendum abrogativo della legge sul divorzio fu approvata nel Parlamento italiano nel 1970, non partì né dalla Commissione episcopale italiana (CEI) né dalla Dc. Fu una scelta della destra clericale (Gabrio Lombardi, Gedda, monsignor Fiordelli) -dei vecchi uomini dei comitati civici, della scomunica, dell'integralismo- subita dalla gerarchia ecclesiastica e dalla Dc. Sarebbe opportuno richiedere che sia consentito se non ai singoli cittadini almeno ai rappresentanti qualificati di organizzazioni politiche, di esaminare i volumi nei quali sono raccolte le firme di un milione e trecentomila elettori ed elettrici che hanno chiesto il referendum.229
Durante gli anni '60 e i primi anni '70, il voto della Democrazia cristiana nelle elezioni politiche era rimasto sorprendentemente stabile: il 38, 3 per cento nel 1963, il 39,1 per cento nel 1968, il 38,7 per cento nel 1972. La tradizionale base rurale del partito si era indebolita, ma si era tuttavia allargata quella della nuova Italia urbana. Al di là delle apparenze, non tutto, comunque andava per il meglio. Il partito aveva un carattere ancora spiccatamente meridionale; la decisione di tesserarsi era spesso fondata più su necessità clientelari che sulle convizioni ideologiche. Vi era scarsa mobilità nelle élites del partito, e i deputati democristiani erano quelli la cui permanenza a Montecitorio si protraeva più a lungo. Le organizzazioni fiancheggiatrici non giocavano più il ruolo cruciale che prima era loro assegnato: l'Azione Cattolica vide il crollo dei propri iscritti, mentre le Acli erano diminuite quantitativamente, e avevano nello stesso tempo affermato la propria autonomia dal partito; come anche la Cisl, che era cresciuta numericamente ma parallelamente
228 Guido Crainz, Il Paese mancato, cit., p. 499.
aveva aumentato la sua indipendenza.230
Secondo lo storico Paul Ginsborg, l'aspetto peggiore della Dc, però, era la mancanza di una strategia, in un'Italia profondamente cambiata dopo la fine degli anni '60. Già nel giugno 1973 l'esperimento di centro-destra di Giulio Andreotti non poteva funzionare; con molte difficoltà i leader delle diverse correnti democristiane raggiunsero un nuovo accordo, il cosidetto “patto di Palazzo Giustiniani”, firmato alla vigilia del XII Congresso nel quale venne rilanciato il centro-sinistra con Rumor alla Presidenza del Consiglio e Fanfani alla segreteria del partito.231
Fanfani intendeva rafforzare l'organizzazione del partito e l'industria pubblica, come aveva già fatto negli anni '50. Da allora, però molte cose erano cambiate, e come se non bastasse all'inizio del 1974 il partito fu scosso da sue scandali di grosse proporzioni. Il primo scoppiò in seguito alle rivelazioni di un magistrato genovese, secondo il quale alcune compagnie petrolifere avevano versato soldi a personaggi politici, prevalentemente democristiani, in cambio di misure governative a loro favorevoli. Il secondo scandalo riguardava le attività dei servizi segreti. Dall'inchiesta di un giovane magistrato di Padova, Giovanni Tamburino, emerse l'esistenza di un'organizzazione neofascista, denominata “Rosa dei Venti”, che coordinava azioni di terrorismo in previsione di un colpo di stato; tra i suoi affiliati v'erano alti esponenti delle forze armate e dei servizi segreti, e si parlò di un suo legame con i servizi segreti della Nato.232 Questi due grossi scandali provocarono un'ondata di critiche
sull'integrità morale e la capacità politica della Dc. Nella primavera del 1974, infine, tornò alla ribalta la spinosa questione del referendum sul divorzio: non si potè più né
230 Paul Ginsborg, Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi, cit., p. 469. 231 Ibidem, p. 470.
rinviarlo né evitarlo, e la consultazione popolare venne stabilita per il 12 maggio. Nonostante due anni prima la Dc si fosse adoperata in tutti i modi per rinviare il referendum, Fanfani vi intravedeva adesso la possibilità di un rilancio della Dc e, nello stesso tempo, suo personale. Dopo aver fallito per ben due volte, nel 1964 e nel 1971, l'obiettivo di conquistare la Presidenza della Repubblica, egli scelse di abbandonare definitivamente la sua consolidata immagine di uomo di centro-sinistra in favore di un approccio che si rifacesse ai valori cattolici tradizionali. Le elezioni del 1972 gli erano sembrate un segnale di come sarebbero potute andare adesso le cose, visto che i due partiti antidivorzisti, la Dc e il Msi, avevavo ottenuto assieme il 47,4 per cento dei voti; sarebbe bastato poco, pensò Fanfani, per far pendere la bilancia in loro favore. 233
La crociata contro la indissolubilità del matrimonio -anche quello civile!- dirà Fanfani in un incredibile discorso a Grosseto- è per il segretario della Dc una occasione per avviare a quel “pieno di voti” sullo slancio del quale costruire in Italia un bipartitismo alla francese o alla tedesca dove la Dc (con un alleato scelto tra i tanti disponibili) farebbe un governo “stabile” accantonando tutti gli altri partiti in una sterile opposizione parlamentare.234
La maggior parte della Democrazia cristiana, seguì disciplinatamente l'iniziativa di Fanfani. La sua campagna elettorale cominciò in Sicilia, con alcuni comizi decisamente fuori dall'ordinario. A Enna dichiarò che col divorzio si stava realmente mettendo in discussione la sopravvivenza della famiglia italiana; a Caltanissetta, di fronte a una platea di agricoltori con tanto di coppola e baffi affermò che se la legge sul divorzio fosse passata, in Italia ci sarebbe stato anche il rischio di matrimoni tra
233 Paul Ginsborg, Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi, cit., p. 471.
234 Italo Avellino, Qualcuno anche nella Dc ha puntato sul referendum per fare il “colpo grosso” contro governo è istituzioni, in “Giorni”, 1974, p.13.
omosessuali. 235
I discorsi pronunciati da Fanfani nel suo fulmineo raid attraverso i nove capoluoghi dell'isola hanno toccato vertici di oscurantismo, come se il segretario democristiano avesse voluto rimestare nel fondo più oscuro del passato della Sicilia. […]
La Dc si avvantaggia peraltro di una sorta di divisione del lavoro con la parte più retriva della Chiesa siciliana, che si è impegnata a fondo nella campagna. Isolati i pochi sacerdoti che si sono pronunciati per la libertà di coscienza, l'apparato ecclesiastico utilizza i pulpiti come tribune per comizi, e nega l'assoluzione ai credenti orientati a votare no, minaccia l'accesso alle donne che votassero per mantenere la legge sul divorzio, getta tutto il suo peso nello sforzo per far sopravvivere un costume e un ordinamento giuridico che umilia la donna nella famiglia e nella società.236
Non tutti i cattolici erano d'accordo con la linea dettata da Fanfani sulla necessità e sulla sensatezza di una campagna violenta contro la legge sul divorzio. Il pontefice Paolo VI decise di rimanere in disparte: la sua opposizione alla legge era netta, ma era altrettanto chiaro il desiderio di mantenere la “pace religiosa”.237 La Conferenza
episcopale, scegliendo la strada più dura, il 21 febbraio ammonì che “in così grave circostanza nessuno può stupirsi se pastori adempiono la loro missione di illuminare le coscienze dei fedeli e se questi, consapevoli del loro diritto-dovere, difendono l'unità della famiglia e l'indissolubilità del matrimonio.”238 Non mancarono,
comunque, vescovi che si affrettarono ad aggiungere che per loro la scelta era un problema di coscienza individuale. Molti dirigenti della Cisl, fra i quali Luigi Macario e Pierre Carniti, si dichiararono a favore del divorzio; lo stesso fece la maggior parte dei gruppi cattolici di base, fioriti negli ultimi anni '60 e nei primi anni
235 Paul Ginsborg, Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi, cit., p. 471.
236 Aniello Coppola, Spezzare il circuito dell'arretratezza che genera soggezione, in “Rinascita, 1974, 18, p. 9. 237 Paul Ginsborg, Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi, cit., p.472.
'70.239
La direzione della Dc ha mantenuto un lungo atteggiamento ambiguo e riservato, non ha promosso una discussione interna sulla possibilità di una soluzione concordata che evitasse il referendum, si è pronunciata per il “si” alla abrogazione alla ultima ora nella seduta del 9 febbraio. Fanfani ha invitato gli iscritti “a prepararsi “ a “sostenere la proposta di abrogazione della legge Fortuna” , impegnando “ il partito in posizione autonoma e respingendo ogni tentativo di portare fuori dall'area democratica l'equilibrio politico del Paese”. La motivazione di Fanfani è stata assai illogica: ha parlato di