• Non ci sono risultati.

Nel febbraio del 1034 o del 1035 145 Selveradus 146 ebbe dal vescovo Landolfo la conferma del livello che era stato concesso al suo avo Pietro,

———————

roca qui dicitur Nizalla, contrapposta a Gropo Marcio (de alio latere), se entrambi i luoghi erano sul confine occidentale, e soprattutto si contraddice laddove fa discendere da Groppo Marcio della Tarola il rio qui currit de Gauselia perché, se era la Graveglia, questa sarebbe stata abbando- nata alla Rocca Nizalla per risalire allo spartiacque della Vara (Monte Coppello). Nel XII secolo Oberto Bianco e Gerardo Scorza, figli di Pagano di Lavagna, tenevano in feudo la pensio dovuta all’arcivescovo di Genova a Nascio e a livello la pensio che la domus dei figli di Tedisio doveva a Massasco, a Cassego e in Varise et in aliis locis (cfr. la nota n. 139).

142 Selve e castagneti della cappella di Statale. Nella prima metà del XII secolo i conti di La-

vagna tenevano parte delle decime nel piviere di Sestri: i figli di Rubaldo di Lavagna, un quarto e, in Emdidasco (così per Candeasco/Casarza) metà di un quarto (1/8 del totale); in quest’ultimo quarto i figli del conte Gerardo, le decime in Terra Campasca e a Libiola: Il Registro cit., pp. 17 e 18; cfr. anche R. PAVONI, Signori della Liguria Orientale cit., p. 476, nota n. 35.

143 Decime e massaricia nelle ville di Costa de Castro, Casa Martinasca, Scioverana, Cassego,

Chinela, Trenzanasca, Zanego e Kastro. Nella prima metà del XII secolo, nel piviere della Vara, tutti i conti di Lavagna tenevano le decime nella ripartizione territoriale compresa tra i torrenti Scagliana e Chinela, lo spartiacque e la Vara: Il Registro cit., p. 18, e R. PAVONI, Brugnato cit., p. 97, nota n. 240.

144 21 servi e ancille della Chiesa genovese, cosicché considerando i loro figli si trattava di

un centinaio di persone. Erano «Sempertus, cum filiis et filiabus, una cum massaricio ipsius, qui posito est Vineli; Eldeprando, Iohannes, germanis, cum aliis germanis et germane, una cum uxo- res et filiis et filiabus illorum; filia Andrea Ruso, cum filiis et filiabus suis; Iohannes, filio Loperti, cum uxores et filiis, filiabus; Andrea, cum uxores et filiis, filiabus; Bernilda, Gotiza, Petrino, ma- ter et filia et filii, cum filiis et filiabus; Iohannes, Ermeza, Bruna, germanis, cum filiis, filiabus; Bernilda, filia quondam Petri; Iuvenzo, Alberto, fratribus, cum filiis, filiabus; Teuzo, cum filiis, filiabus; Aduxo, Mainucio, Mineza, Eriza, filia Altrudi, germanis; cum omni conquistu eorum et cum omnibus rebus iuris ipsius Ecclesie quod . . . (lacuna) servis detinent», con il diritto di su- prascriptis servis et ancillis apprehendere et in servitio mittere ove fosse stato opportuno, tranne sei inter servis et ancillis, nomina eorum Sigezo, Giso, Iohannes et Iohannes seu Boniza . . . (lacuna), quod ipse donnus Landulfus episcopus apras (probabilmente per a pars) in ista Ecclesia in sua reser- vavit potestate. Il livello riguardava casis, vineis, castanetis, ficetis, olivetis, roboretis aliisque arbori- bus, fructiferis et infructiferis, silvis, campis et pascuis. Per la curticella di Libiola Tedisio, i suoi figli e i suoi abiatici dovevano versare annualmente, il primo gennaio, una pensio di sei soldi al vescovo Landolfo o ai canonici di San Lorenzo, questi ultimi evidentemente titolari della curticella; per tutti gli altri beni e servi una pensio annua di nove soldi e quattro denari optimi, nella città di Ge- nova, ai gastaldi del vescovo Landolfo e dei suoi successori; inoltre dovevano suprascriptis servis et ancillis regere et gubernare et suprascriptis rebus meliorare et iam dictas ecclesias regere et gubernare, con restituzione alla Chiesa dopo la morte loro o dei loro figli. Il vescovo Landolfo sottoscrisse il livello: Il Registro cit., pp. 290-294.

145 L’ottavo anno di impero di Corrado andava dal 26 marzo 1034 al 25 marzo 1035, cosicché a

febbraio del 1035 correva la terza indizione, ma il documento reca la seconda; poteva trattarsi dell’ottavo anno di regno in Italia di Corrado, che andava dal 23 febbraio 1033 al 22 febbraio 1034.

146 Il nome Selveradus era diffuso in questa zona. Il breve dei beni del monastero di Bobbio in

nonché a Domenico e a Martino

147

; è incerto se da lui fosse derivato un ra-

———————

dus de Solario; questi potrebbe essere uno di quelli: cfr. R. PAVONI, Liguria medievale cit., pp. 194 e 195. Nel gennaio del 1147, nel palazzo arcivescovile, Dodo, filius quondam Merloni de Levi (Leivi), chiese all’arcivescovo Siro, presente l’hyconomus (Alessandro), di locare titulo conditionis, per 15 an- ni, a lui e ai suoi fratelli, tramite Ansaldo di Leivi (su di lui cfr. la nota seguente e la nota n. 153), tuto- re di tutti loro, 1/8 della decima de Bembegia (Vignale di San Colombano di Certenoli), al fictus an- nuo di sei denari genovesi, con facoltà all’arcivescovo Siro e ai suoi successori, al termine dei 15 anni, di locare la suddetta decima a chi volessero o di in domnicum retinere. Testi Selveratus di Leivi, Buon- giovanni, fratello di (Ansaldo) cintragus, Anselmo chierico, Isembardo e Bertolotto: Il Registro cit., p. 322. I filii Selveradi de Levalli, i filii Gisi de Levalli e i filii Ansaldi de Levalli sono compresi nell’elenco dei concessionari della Chiesa genovese nella villa Benestai, a Levaggi, de Mortedo prope plebi de mari, de Cornio e a Nascio, le pensiones dei quali erano state infeudate ai figli di Pagano di Lavagna: i primi dovevano III denarios et medio otolini; i secondi, III denarii ottolini; i terzi, omni tercio anno I denario de Cona (cfr. la nota n. 139). Inoltre Giso (di Levaggi) e Gerardo di Groppo sono compresi tra i consorti che nel giugno del 1145 donarono al comune di Genova il castello di Levaggi: R. PAVONI, La politica ligure di Genova cit., p. 142. È pertanto possibile che con l’omonimo di Groppo si identifichi il Guiberto, i cui figli, secondo il suddetto feudo dei figli di Pagano di Lavagna, dovevano omni tercio anno I denario de Cona e sono citati subito dopo i filii Ansaldi de Levalli. Tuttavia, nonostante l’identità del nome (Selveratus/Selveradus), peraltro dif- fuso, non dovevano essere le stesse persone perché Levi non sembra corrispondere a Levalli.

147 Selveradus, con la moglie e i figli maschi, con la solita clausola successoria, chiese al ve-

scovo Landolfo di locare loro titulo condicionis beni della chiesa di San Michele di Soglio, siti in Val Lavagna, «locus ubi dicitur Solio, plenum et vacuum, cum suas pertinentibus, in Cuselia (Coreglia?), in Monte Pellio (Montepegli), in Tropallio, in Casa Antica (Cà Vecchia, sul Rio di San Maurizio di Monti?) et in Cannavale (Canevale), quarta porcione, in Pannallo (Bosco Panalo, a est di Canevale), in Rouedo et in Tromalio (Romaggi?) et in Costa Luparia et in Plano Basilio- ni, in Trodueriole et in Gomareno, in Monte de Oscani (Pian dei Manzi di Coreglia) et capella una in villa ubi nominatur Solio, id sunt casis, vineis, ficetis, olivetis, campis, pratis, silvis et pa- scuis, fines vero de istis rebus de superiore capite Monte de Nastalo, da uno latere Fossato d’Isserona (Isolona), da tercia parte Costa de Certenulo (Certenoli), da quarta parte Monte de Bozalo (il Monte Bozale), infra istas coherentias omnia, quantum tenuit Petrus, avius suus, et Dominicus et Martinus de ipso loco, in integrum», alla pensio annua di due denari, con l’obbligo di migliorare e coltivare, con restituzione alla Chiesa dopo la morte loro o dei loro figli. Il vescovo Landolfo sottoscrisse il livello: Il Registro cit., pp. 283 e 284. Si trattava pertanto di un territorio in- centrato su Soglio ed esteso sulle due pendici della Val Lavagna: a sinistra fino allo spartiacque pada- no; a destra fino allo spartiacque marittimo, che forse superava alla testata del Rio di San Maurizio di Monti (Rapallo), se Montepegli corrispondeva all’odierno insediamento omonimo e non al sovra- stante Monte Pegge, sullo spartiacque, e Casa Antica a Cà Vecchia. La cappella era quella dei Santi Nazario e Celso di Canaussa (presso Casareggio), che aveva beni anche a Maxena, sulla riva destra del Rupinaro. Per l’identificazione dei luoghi citati nel livello di Selveradus cfr. O. GARBARINO, Il problema storico dell’Alpe Adra e dei suoi confini secondo la tesi del diploma interpolato, in «I Quaderni di Ivo» (Gruppo Ricerche Civiltà Ligure Yvon Palazzolo), II/2 (1998), pp. 13-43, alla p. 15, il quale, però, ha ribadito la propria inattendibile tesi sull’Alpis Adra, già confutata da M. TOSI, I monaci colombaniani cit., pp. 44-48, e soprattutto da M. CHIAPPE, Il Tigullio cit., pp. 126-131. Sulle due chiese di Soglio, sul settore sud-orientale del piviere di Cicagna, il quale dal XII secolo com-

mo dei signori di Soglio e di Cicagna, ma certamente era loro predecessore