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terre nella Valle di Rapallo 137 , nella Valle di Chiavari (la Valle del Rupina ro) 138 , nella Valle di Lavagna 139 , nella cappella di Santa Giulia di Centau-

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di Salterana (nel piviere della Vara) e di qualsiasi altro luogo dell’arcidiocesi, effettuata o da effettuarsi dall’arcivescovo Siro in favore dei signori di Vezzano, di Nascio o di altri per ottenere la liberazione di maestro Durandus e dei suoi socii, cattutati dai medesimi, e che pertanto consu- les comunis Ianue vel de placitis vel vassallos prenominati archiepiscopi, unum vel plures, ad co- modum et utilitatem archiepiscopatus predicta integerrime posse postulare et exigere: I Libri Iu- rium cit., I/1, p. 253, n. 177; sulle pertinenze pievane cfr. A. FERRETTO, I Primordi cit., pp. 619, 620, 750-752 e 755-757. Il 7 gennaio 1166, in capitulo, i consoli (del Comune) Amico Grillo e Simone Doria privarono Cazaguerra (figlio di Conone di Vezzano), Sorleone (di Nascio), i figli del fu Oberto Tarditus (di Nascio) e i loro complici dei loro presunti diritti sulla villa e sugli uomini di Massasco. Emisero questa sentenza perché, avendoli spesso invitati, senza ri- sultato, a cessare dalle offese all’arcivescovo e a rispettare i suoi diritti, particolarmente quelli sui quali fra loro fuerat iudicatum, lo avevano ulteriormente danneggiato e avevano commesso una violenta depredazione sui suoi uomini di Massasco, costringendoli a riscattarsi, e, spesso citati, erano rimasti contumaci. La copia della sentenza è intitolata laus contra Cazaguerram et homines de Nasci: Il Registro cit., pp. 303 e 304; per l’identificazione di questi signori cfr. R. PAVONI, Signori della Liguria Orientale cit., p. 481, nota n. 68.

137 Beni a Culture, in Monte, in Bocela e altrove. Nel XII secolo Oberto Bianco e Gerardo

Scorza, figli di Pagano di Lavagna, tenevano a livello la pensio che la domus dei figli di Tedisio do- veva a Rapallo (cfr. la nota n. 139). Nella prima metà del XII secolo, nel piviere di Rapallo, i conti di Lavagna tenevano parte delle decime nel settore tra Rovereto e il flumen Memi (il Rio di Mon- ti), lo spartiacque e il mare: un terzo (1/12 delle decime dell’intero piviere) e, con la chiesa pieva- na, 1/12 (1/48 delle decime dell’intero piviere): Il Registro cit., p. 16, e A. BALLARDINI, In burgo Rapalli. Documenti e monumenti di un borgo medievale, Genova 1994, pp. 83 e 84.

138 Beni della chiesa di San Marcellino a Maxena. Immediatamente prima è citato Robo-

reto cum rebus in Monte Presbitero, che probabilmente corrispondeva al celebre Rovereto tra Zoagli e Chiavari. Nel XII secolo Oberto Bianco e Gerardo Scorza, figli di Pagano di Lavagna, tenevano a livello la pensio che la domus dei figli di Tedisio doveva a Chiavari (cfr. la nota se- guente). Sulle decime della Valle di Chiavari cfr. la nota seguente.

139 A Zullici, a Levaggi, sul Monte Carnella, in Cortine, in Buda e in Campo Sabadino. Nel

XII secolo Oberto Bianco e Gerardo Scorza, figli di Pagano di Lavagna, tenevano in feudo la pensio dovuta all’arcivescovo di Genova nella villa Benestai, a Levaggi, de Mortedo prope plebi de mari, de Cornio, de pertinentiis illis iuxta mare e a Nascio; inoltre tenevano a livello la pensio che la domus dei figli di Tedisio (quindi di tutti i conti di Lavagna) doveva per i servi e la terra di Ne, di Ra- pallo, di Massasco, di Chiavari, di Santa Giulia, di Levaggi, di Cassego, in Varise et in aliis locis, come risultava dal loro livello, per il quale davano una pensio di nove soldi e quattro denari di moneta pave- se: Il Registro cit., pp. 264-266. Infatti il livello del marzo 1031 aveva stabilito proprio tale pensio per i beni che non appartenevano ai canonici di San Lorenzo (cfr. la nota 144). Il Registro arcivescovile rife- risce che «hii sunt qui tenent eas (le decime del piviere di Lavagna), sive per ecclesias sive per mar- chiones sive per dominum archiepiscopum: omnes comites de Lavania, videlicet, omnes domini de Cugurno, omnes domini de Turri atque p....es (lacuna) Graveliasca atque Clavarina. Omnes enim qui in predicto plebeio decimas colligunt per aliquem istorum supradictorum ipsas recla- mant, preter Girardum de Solario, qui tenet decimas de Sanguineto, et preter Garganum de Garibal- do con suis consortibus, qui tenet decimas de Rivariolo et de confinio illo»: Ibidem, p. 17. Gerardo

ra

140

, in Finiza/Finita Sigestrina

141

, nei pivieri di Sestri

142

e della Vara

143

,

nonché un centinaio di servi della Chiesa Genovese

144

.

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de Solario è compreso nell’elenco di coloro che tra il febbraio 1142 e il gennaio 1143 giurarono di trasferirsi a Rivarola: cfr. R. PAVONI, La politica ligure di Genova cit., p. 150, nota n. 4.

140 Il diritto di decima sulle ville e i massaricia di Campo Senasci, Sorlana, Saponico, Barassi,

Campolo, Cereto (frazione di Barassi), Besancia, Cruce e Cavi. Pertanto nel 1031 Sorlana e Baras- si, allora dipendenti dalla cappella di Santa Giulia di Centaura, filiale della pieve di Lavagna, erano in questo piviere e soltanto in seguito passarono a quello di Sestri: cfr. A. FERRETTO, I Primordi cit., pp. 738, 739, 760 e 763-765. Nel XII secolo Oberto Bianco e Gerardo Scorza, figli di Pagano di Lavagna, tenevano a livello la pensio che la domus dei figli di Tedisio doveva a Santa Giulia (cfr. la nota precedente).

141 Beni a Massasco e la curticella di Libiola, con la cappella e con case, massaricia e beni in

Vineli, a Comuneglia, a Codivara e altrove, entro i seguenti confini: da una parte fine roca qui di- citur Nizalla, da alio latere fine Gropo Marcio, descendente per rio qui currit de Gauselia, et desuper via publica que currit da lo Copello et Caxauo, descendente per aqua de Scablana, desubtus fossadello qui descendit de Terricio in Lignone et ibi nominatur Fauarido. Grazie alle identificazioni effet- tuate dal Chiappe si può determinare l’ambito territoriale ove si trovavano le pertinenze della curticella di Libiola, il quale risulta delimitato a nord dalla via publica del Monte Coppello, da Cassego e dalla Scagliana, a est da Groppo Marso (sul versante meridionale del Monte Tanano, descendente per rio qui currit de Gauselia, a sud da San Quirico/San Bernardo delle Cascine, a ovest dalla roca qui dicitur Nizalla (il Monte Castellaro, tra Arzeno e Statale): M. CHIAPPE, Il Ti-

gullio cit., p. 27 e cartina n. 4, con l’unica obiezione che il rio qui currit de Gauselia, essendo di- sceso dopo Groppo Marso, non può essere il torrente Torza, ma necessariamente uno degli af- fluenti di destra del Petronio. Invece il Garbarino ha identificato Gropo Marcio con un’omonima località sul Rio Tarola (alla testata della Val di Taro, a nord-est del Passo del Bocco), e il rio qui currit de Gauselia con la Graveglia, ritenendo che il documento trascurasse volutamente il confi- ne orientale e specificasse quello settentrionale e quello occidentale fino al mare perché questi ul- timi «non coincidevano con quelli delle pievi di Lavagna, Sestri, Varese e Bedonia», modificati dalla conquista longobarda dei Fines Lavanienses, cosicché tale confine occidentale della curticella di Libiola avrebbe seguito il «corso del Graveglia fino alla Rocca Nizalla, da dove risaliva fino allo spartiacque col Vara e, da questo, si collegava con quello del Taro». A questa identificazione del confine il Garbarino è stato indotto dalla necessità di spiegare la presenza o l’assenza di portali in “Stile Eulitico I”, che secondo la sua teoria sono collegati alla conquista longobarda dei Fines Me- dianenses e dei Fines Lavanienses (599-603) e alla conseguente prima fase della colonizzazione monastica bobbiese (614-643, più vicina alla prima data che alla seconda). Poiché aveva rilevato l’assenza di portali in “Stile Eulitico I” nel settore settentrionale dei Fines Medianenses, nella maggior parte della Val di Taro e in Val di Vara, sulla marina di Lavagna e sulla sinistra della Graveglia fino a Statale, ma la loro presenza nel settore meridionale dei Fines Medianenses, nel territorio di Santa Ma- ria del Taro, sulla destra della Graveglia e sulla sua sinistra ad Arzeno e a Reppia, il Garbarino ha rite- nuto di interpretare nel senso suddetto i confini della curticella di Libiola: O. GARBARINO, Monaci, milites e coloni cit., pp. 31-81 (Stili Eulitici), pp. 125-136 (distretti militari bizantini), pp. 137-153 (conquiste longobarde) e p. 150 (confini della curticella di Libiola). Tuttavia, senza entrare nel merito di questi problemi e in attesa di un pronunciamento da parte degli specialisti sulla cosid- detta “Architettura Eulitica” del Garbarino, in questa sede ci si deve limitare alla confutazione del confine da lui attribuito alla curticella di Libiola: tale interpretazione non spiega la menzione della

Nel febbraio del 1034 o del 1035

145

Selveradus

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ebbe dal vescovo