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6. Soggetti iconografici

6.3. Figure animate isolate

Si tratta di pettenelle nelle quali la decorazione è costituita nella maggior parte dei casi da singole figure - raramente due - e che, come nel caso degli stemmi, sono inserite all’interno di un arco (soffitti de Nordis Fontana e Formentini di Cusano a Cividale [cat. 13-14], palazzo Manin a Udine [cat. 15], Polacco Barbarich Scaramuzza e Ricchieri a Pordenone [cat. 10-11]). Una tipologia decorativa che, nei soffitti lignei dipinti d’àmbito friulano, trova diffusione in particolare nell’ultimo quarto del Quattrocento.

Come detto, all’interno di un arco trilobo (quello centrale inflesso) realizzato tramite l’uso di una ‘mascherina’, è posta - nella maggior parte dei casi - una singola figura - un uomo o una donna, raramente un animale (fig. 245 e fig. 246 a p. 258) - sempre diversa e disegnata a mano libera. Solo nel caso del soffitto di palazzo Formentini di Cusano [cat. 14] a tavolette con figure si alternano un cospicuo numero di stemmi. Lo spazio esterno può essere occupato da elementi vegetali su fondo rosso (soffitto de Nordis Fontana a Cividale [cat. 13]) - secondo una soluzione che si può riscontrare anche in pettenelle provenienti da altri ambiti (fra cui Crema, Brescia e Salò604) e nelle quali compaiono iconografie del tutto simili - oppure da un elemento di tipo architettonico costituito da finti intagli di forma circolare, uno per lato, come nel caso dei soffitti Manin a Udine [cat. 14] e Formentini di Cusano a Cividale [cat. 14].

A differenza di quanto accade nel caso di pettenelle con stemmi - per esempio quelle cividalesi presenti nel primo soffitto de Nordis [cat. 22] o in quello di palazzo de Claricini Dornpacher [cat. 18] - la funzione dell’arco nei cicli con figure isolate non si esaurisce nella semplice delimitazione dello spazio dipinto, ma è soprattutto quella di offrire una quinta scenica, dalla quale i personaggi sembrano affacciarsi, fingendo in alcuni casi di essere un elemento architettonico reale visto che, talvolta, viene toccato con una mano. Sia nel caso dei soffitti de Nordis Fontana sia in quello Formentini di Cusano [cat. 13-14] le figure - sempre diverse - emergono da un fondo scuro - solo in

604 Mi riferisco, in particolare, al soffitto del portico di palazzo Colleoni a Brescia, ora all’interno dell’oratorio dei Padri della Pace (BONFANDINI 2005, p. 46), alle pettenelle della sala dei Provveditori a Salò (Tavolette lignee a Salò 2002, pp. 35-36), alle tavolette di una collezione privata a Crema (CESERANI ERMENTINI 1999, pp. 172-173), al soffitto di scuola cremonese, ma rimontato nel salottino Glisenti presso la Fondazione Ugo da Como a Lonato (Bs) (Tavolette lignee a Salò 2002, p. 25).

un caso: azzurro (fig. 247 a p. 258) - e sono caratterizzate, per la maggior parte, da un disegno monocromo giocato su toni bruni (fig. 248 a p. 258).

I tratti dei volti, le pieghe delle vesti e tutti gli altri particolari sono affidati - come di consueto nella produzione di tavolette da soffitto - a decise linee nere di contorno, mentre la tridimensionalità è resa efficacemente mediante ombreggiature affidate a rapidi tocchi di pennello. In particolare, nella decorazione del soffitto de Nordis Fontana [cat. 13] si rincorrono figure femminili e maschili, appartenenti a ceti diversi, come indicano i differenti abiti indossati e le alterne attività nelle quali sono occupate, che illustrano uno spaccato della realtà dell’epoca: contadini che trasportano in cesti i loro prodotti, dame, cavalieri con le loro armi, intellettuali con libri.

Pure se le tipologie delle vesti indossate coprono tutta la durata del Quattrocento - trasversalità suggerita soprattutto dalla diversa forma e ampiezza delle maniche, tanto per gli abiti femminili quanto per quelli maschili - la presenza e addirittura la marcata prevalenza di forme più tarde sposta la datazione alla seconda metà del secolo.

La foggia delle maniche presenti, infatti, è molto variabile. Nel caso degli uomini, accanto a zuparelli con maniche a còmeo si possono osservare quelli in cui la forma da rigonfia fino all’omero diventa poi tubolare, spesso abbinata con un giornea caratterizzata da maniche ampie e da ricche pieghe. Le donne indossano una zupa stretta sotto al seno e chiusa sul petto da bottoni - a volte coperte da giornee o pellande - e in cui le maniche, come nel caso delle vesti maschili, passano da ampie e a gozzo a strette all’avambraccio. Se l’uomo in fig. 249 a p. 258, per esempio, indossa una tipologia di abiti che può essere ricondotta alla prima metà del secolo - come suggerisce la manica a gozzo del suo zuparello, stretta solo da un breve polsino, e la berretta floscia a mazzocchio con la falda lasciata ricadere sulle spalle - quelli indossati invece nel caso della fig. 247 a p. 258 - un giubbone molto corto e aderente e una berretta con calotta semisferica - sono da ricondurre, invece, a quelli in voga a partire dalla fine del Quattrocento. Se la fanciulla in fig. 250 a p. 258 indossa un ampio balzo portato con leggera bilanciatura all’indietro, fronte e nuca depilate e chioma nascosta all’interno del copricapo secondo la moda della prima metà del Quattrocento; la dama in fig. 251 a p. 258 indossa, invece, un velo forse di ‘Bologna’, «impalpabile e pregiatissimo a coprire

un’impalcatura di trecce appuntate molto alte sul capo»605

e una zupa secondo lo stile del secondo Quattrocento.

Attraverso queste pettenelle si possono così seguire i mutamenti del costume lungo il XV secolo e, nel contempo, osservare il coesistere in quest’area dello stile gotico con quello rinascimentale: «come se, nel campo della moda, vi fossero due diverse velocità: quella più lenta del Gotico, destinata a resistere nell’Europa continentale fin quasi al Cinquecento, e quella del Rinascimento, che nell’Italia centrale fa capolino già dal tardo Trecento»606.

In due pettenelle dello stesso ciclo (fig. 252 a p. 258) possiamo riconoscere soggetti in arme analoghi a quelli presenti in una miniatura di Giovannino de’ Grassi (fig. 124 a p. 228)607 o nelle illustrazioni del Flos duellatorum di Fiore dei Liberi da Premariacco608. Non solo la costruzione delle scene, ma anche le posizioni e i gesti degli armati sono ripresi puntualmente. Pure se tale somiglianza può essere giustificata con una standardizzazione degli esercizi di combattimento e quindi dei movimenti, tuttavia è ragionevole pensare che gli artisti conoscessero il trattato. Posizioni di guardia e di difesa dimostrano quanto gli artisti fossero informati o fossero sollecitati a raffigurare le regole conosciute e fatte proprie dalla società che rappresentavano. In queste pettenelle le figure impugnano uno stocco, una lunga arma bianca a una mano, solitamente fornita di un pomo piuttosto affusolato, in questo caso della tipologia ‘a bulbo’, con impugnatura abbastanza lunga, e di un elso a semplice crociera609

. La lama è robusta, sottile e acuta, proprio perché adatta a colpire solamente di punta, progettata per inserirsi tra le piastre delle armature, come s’intuisce del resto anche dal modo in 605 MARTIN 2013, p. 173. 606 MARTIN 2013, p. 174. 607

Scena di duello, Venezia, Fondazione Cini, Collezione Lugt, n. 1347v, metà del XV secolo; Theatrum

Sanitatis, Roma, Biblioteca Casanatense, ms 4182, f. 185v, seconda metà del XIV secolo.

608 Fiore dei Liberi, nato a Premariacco nella seconda metà del Trecento, fu avviato fin dall’adolescenza al mestiere delle armi e prestò servizio come maestro d’armi presso i più celebri capitani e condottieri del suo tempo. Famoso per la sua abilità, soggiornò in prestigiose corti italiane: presso i Visconti, i Carraresi, gli Estensi. Fu proprio per Niccolò III d’Este che all’inizio del XV secolo scrisse il Flos duellatorum (una copia a Los Angeles, J. Paul Getty Museum, codice Ludwig XV 13), miniato da artisti della scuola di Altichiero, e che può considerarsi ancora oggi uno dei trattati più antichi ed esaurienti pervenuti. Sull’argomento: MALIPIERO 2006.

609

Si veda a titolo di esempio la spada di Estorre Visconti (M. Scalini, in A bon droyt 2007, pp. 172-175, n. 37). In campo figurativo un esemplare di stocco si può osservare ad esempio nella Madonna con il

bambino e santa Caterina, attribuita a Michelino da Besozzo (Verona, Museo di Castelvecchio, inv.

cui viene utilizzata610. Lo scudo imbracciato è una variante della rotella da pugno611, il brocchiere (o boccoliere), riconoscibile dalla presenza di un umbone612. Ha forma circolare e profilo convesso, con struttura sempre in lamina di ferro, generalmente terminata a torciglione al bordo, da cui emerge al centro il brocco, piano o rilevato, quasi sempre enfatizzato da un cespo di foglie in ferro battuto. Si tratta di un’antica protezione usata in Europa, specie meridionale, almeno dal Duecento613. Un esemplare che potrebbe essere assimilato a quello presente nelle pettenelle è visibile, per esempio, nel secondo San Michele della collezione Carrand e Ressman614.

In un gruppo di pettenelle occultate seriormente615 si possono riconoscere, grazie alla parziale caduta della ridipintura, alcune figure femminili allegoriche che rappresentano le virtù, fra quelle che è stato possibile individuare, compaiono la

Prudenza, la Fortezza (fig. 255 a p. 259), la Giustizia, la Temperanza e la Fede.

610

Evidente soprattutto in alcune pettenelle Vanni degli Onesti; BOCCIA 1996, p. 144, figg. 93-94.

611

Piccolo scudo da impugnare, in uso nei secoli XIII-XVII, specie in duello singolo; BOCCIA 1975, II, p. 49. Un esemplare originale è conservato nell’armeria del castello di Monselice (PD); L’armeria del

Castello di Monselice 1980, p. 40 e fig. 41.

612

Protuberanza metallica posta al centro di alcuni scudi a coprire la cavità circolare entro la quale passava la mano di chi lo teneva.

613

BOCCIA 1988,p.40.

614

Firenze, Museo nazionale del Bargello, collezione Carrand e Ressman, inv. 1493C.

615

Il soffitto [cat. 13] fu in parte ridipinto, pure se non è stato possibile stabilire in quale momento. Infatti, in alcune pettenelle - contigue tra loro e limitate a una specifica porzione del soffitto - è evidente la sovrapposizione di un motivo decorativo che si ripete sempre uguale, realizzato attraverso l’uso di mascherine e quindi senza la necessità di smontare le tavolette dalla loro sede. Tale motivo è costituito da una semplice serie di cinque archi, ancora una volta trilobi, sostenuti da colonne con capitelli descritti sommariamente (fig. 253 a p. 259). Una scelta che potrebbe essere stata dettata da un cambiamento nel gusto - come nel caso del primo soffitto di palazzo Boiani [cat. 26] - o da un passaggio di proprietà dell’edificio - come potrebbe far pensare l’occultamento dello stemma de Nordis (fig. 254 a p. 259) - oppure, ipotesi assai più probabile, dal cambiamento della destinazione d’uso dell’ambiente nel quale questa porzione di soffitto si trovava.