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5. Tecniche di realizzazione

5.2. Pettenelle con carta dipinta

Al momento della scoperta del soffitto di palazzo Boiani [cat. 26], avvenuta a seguito dei sismi del 1976, i volti dipinti sulle tavolette, risalenti all’ultimo quarto del Quattrocento, erano nascosti da un intervento successivo, realizzato mediante l’applicazione - a colla - di carta dipinta secondo un decoro che, nella sua interezza, oggi possiamo soltanto intuire (fig. 43 a p. 83). La carta, infatti, venne tolta da tutte le pettenelle - pur se spesso non completamente - causando in alcuni casi ampie e profonde abrasioni nella pellicola pittorica, e quindi gettata. L’applicazione della nuova decorazione venne fatta senza smontare il soffitto: la carta infatti non copre in nessun caso quelle porzioni della tavoletta che venivano inserite, e quindi nascoste, lungo le scanalature delle travi. Al contrario, spesso si può osservare la sovrapposizione di strette strisce di carta, larghe circa mezzo cm, proprio lungo i lati corti, per meglio sanare la differenza che correva tra la distanza delle travi (che poteva variare leggermente) e le dimensioni sempre costanti della carta. Il motivo decorativo è di tipo floreale, realizzato probabilmente con mascherine e si conseva sempre incompleto. Infatti, ciò che resta delle carte originarie sono solo i lacerti posti lungo i bordi di alcune tavolette, mentre in nessun caso se ne è salvata la porzione centrale. Questa nuova decorazione può essere fatta risalire ai primi decenni del Cinquecento, quindi a pochissima distanza di tempo dalla realizzazione del soffitto. Il motivo di questa scelta può essere attribuito sia a un cambiamento nel gusto - così come accadde per esempio nel caso del soffitto cividalese di palazzo de Nordis Fontana [cat. 13], in questo caso realizzato con la ridipintura di un motivo ad archeggiate mediante l’uso di mascherine - sia, più probabilmente, dal desiderio di uniformare la decorazione, aggiornandola, con quella di un nuovo soffitto. Infatti, nei primi decenni del Cinquecento, probabilmente subito dopo il terremoto che colpì Cividale nel 1511, in occasione della realizzazione di una loggia - adiacente all’ambiente che ospita queste pettenelle - venne realizzato un soffitto [cat. 32] le cui tavolette presentano anch’esse ritratti, che tuttavia, sia per la diversa tipologia, sia perché realizzati con una maggiore attenzione al dettaglio, sia, ancora, per il diverso registro cromatico impiegato (i colori sono qui più scuri), mal si conciliavano con la decorazione del soffitto già esistente. La scelta di coprire le pettenelle con carta decorata secondo uno stile e, soprattutto, con colori che più si avvicinano a quelli del nuovo

soffitto è quindi probabilmente dovuta all’esigenza di aggiornare la decorazione della sala e uniformarla così alla loggia appena costruita.

L’applicazione di carta dipinta alle pettenelle, secondo una modalità non raramente posta in essere nel decoro di arredi218 - dalle piccole cassette ai cassoni agli stipi - e strumenti musicali219 anche nei secoli successivi, è una pratica ad oggi scarsamente documentata e che si riscontra solo in pochissimi casi: per esempio nella Sala dei Provveditori nel palazzo della Magnifica Patria a Salò (Bs)220, dove, come per il soffitto Boiani [cat. 26], aveva la funzione di coprire una precedente decorazione; i soffitti del Banco Mediceo221 e di alcuni ambienti di palazzo Borromeo a Milano222; il soffitto di palazzo Ghiringhelli a Bellinzona223. In questo ultimo caso, i disegni a tempera su carta, a differenza dei soffitti di Cividale e Salò, costituiscono un complesso programma iconografico in parte d’ispirazione letteraria, incentrato sulla celebrazione dell’amore, della virtù e della fama; inoltre, le carte non coprono una precedente decorazione ma furono applicate alle tavolette prima della loro messa in opera224.

218 Si veda, per esempio, l’incisione con disegni per la cornice di un quadro attribuita a Francesco Rosselli datata - come il ciclo in esame - al 1470-80, «uno dei primissimi esempi di carta stampata ornamentale destinata ai lavori in legno», THORNTON 1992, p. 100. I riquadri e le strisce decorative presenti su questi fogli erano ritagliati e incollati sul legno e potevano venire colorati. Come ricorda Alberto Vincenzo Vaccari, «l’uso di carte xilografate fu una tecnica povera, largamente usata prima e dopo il rinascimento, per decorare cassoni di poco pregio, e consisteva nell’incollare sul legno delle carte stampate in xilografia, talvolta colorate a mano», VACCARI 1992, p. 185.

219

Fino a oltre la metà del XVII secolo negli strumenti musicali le parti non dipinte erano spesso decorate con l’applicazione di carte stampate a disegni ripetuti. Si veda, per esempio, il virginale doppio con ottavino costruito ad Anversa da Ioannes Ruckers e datato al 1600 circa (Milano, Museo degli Strumenti Musicali, inv. N. 595): «sul fianco anteriore e nel vano della tastiera è presente un modello con delfini al negativo. La cinta della tavola armonica è rivestita con carta tratta dai modelli di Balthasar Sylvius. Sul portellone frontale è invece incollata una carta tradizionalmente usata dai costruttori membri della gilda di San Luca, corporazione alla quale apparteneva la famiglia Ruckers; comprendeva, al suo interno, anche gli stampatori di queste carte. […] La cinta dekka tavola armonica è decorata con un modello tratto dai disegni di Francesco Pellegrino», Museo degli strumenti musicali 1997, cat. 460, pp. 343-346.

220

«sulle due tavolette raffiguranti il leone marciano in cui la parte decorativa che contorna la figura era ricoperta da un cartoncino dipinto, questo si presentava sollevato in più punti, molto lacunoso e ricoperto da un consistente deposito di sporco», MASSARDI 2002, p. 46. Si vedano anche le immagini in MASSARDI 2002, p. 47, fig. 32.

221Museo d’arti applicate 1996, p. 130; AGOSTI &STOPPA 2010, p. 92.

222

AGOSTI &STOPPA 2010, p. 92.

223

Si veda PINI 1991, DI LORENZO 1994.

224

Monumenti ticinesi. Indagini archeologiche 1980, p. 29. Secondo Verio Pini «forse fu proprio il desiderio di ricorrere a un artista ammirato, ma lontano, che indusse il Ghiringhelli a commissionare le carte facilmente trasportabili; forse, più semplicemente, il soffitto era già ultimato quando fu presa la decisione di decorarlo e la carta fu una soluzione di ripiego: o forse, ancora, l’idea nacque a contatto con i

Oltre che sulle pettenelle, carte dipinte potevano essere applicatate anche agli elementi strutturali del soffitto, travi e assito, come nel caso di un ambiente al pianterreno di un edificio in via Mercatovecchio a Udine, secondo una pratica documentata anche in altri ambiti. Nella chiesa dell’Assomption de Notre-Dame a Villeneuve (Ao), per esempio, le cinque capriate di larice mostrano una decorazione databile alla metà del Quattrocento: tre di queste sono ricoperte con fogli di carta incollati con colla di farina, decorate sulle due facce con dipinti e sulla faccia inferiore con motivi eseguiti con mascherine225. Un altro esempio è fornito dalla chiesa di Santa Maria Assunta a Esine (Bs) dove la trave di catena dell’arco presbiteriale fu, intorno al 1492, rivestita con l’incollaggio di fogli di carta di grandezza costante e quindi decorata con un motivo realizzato con l’uso di mascherine226

. Infine, in palazzo Grimani a Santa Maria Formosa (Ve)227 - in due stanze del mezzanino inferiore, prospicente il rio di San Severo - è presente un soffitto con una decorazione a carta dipinta con fiori e motivi vegetali, applcata su tutti gli elementi lignei e realizzata in un periodo collocabile tra la fine del XV e l’inizio del secolo successivo228

. I disegni sono stati impostati con stampini molto semplici e quindi completati a punta di pennello: il fondo è ottenuto con nero vegetale mescolato a poca biacca e legato con colla animale, mentre le decorazioni vegetali e floreali - a colori molto vivaci - sono realizzate a tempera d’uovo e contengono pigmenti quali biacca, cinabro, minio, orpimento, terra verde, ocre gialle e rosse229.

Pure se, come detto, l’applicazione di carte dipinte ai soffitti lignei si registra raramente, tuttavia il carattere seriale delle decorazioni230 farebbe pensare che in origine

fornitori di carta - non dimentichiamo che il nostro committente vendeva questo prodotto - e fu eseguita su ordinazione, avvalendosi della loro mediazione», PINI 1991, p. 127.

225

GHEROLDI 2004, nota 33 a p. 114; VICQUERY & REGNI 1987.

226

GHEROLDI 2004, p. 114-115; AGOSTI &STOPPA 2010, p. 92.

227

Si veda BORTOT 2008.

228

Intervento che si sovrappone a un precedente soffitto di legno con tradizionali cantinelle dipinte a stampo con motivi di losanghe azzurre e rosse su fondo bianco e che fu a sua volta occultato da una controsoffittatura realizzata negli anni Trenta del Cinquecento, BORTOT 2008, p. 189.

229

Cfr. BORTOT 2008, p. 189.

230

Cfr. BORTOT 2008, p. 190. Si veda inoltre il caso del soffitto in palazzo Lezze Michiel in campo Santo Stefano a Venezia riportato in VELLUTI 2002, p. 37. Come afferma Andrea Di Lorenzo, «la fragilità del supporto rende estremamente rare le decorazioni di ambienti rinascimentali eseguite su carta giunte fino a noi, ma la persistenza di alcuni esempi, come il soffitto dello studiolo di Casa Romei a Ferrara, dell’estrema fine del Quattro-inizi Cinquecento, induce a ritenere questa pratica ornativa più diffusa di quanto non si pensi comunemente», DI LORENZO 1994, p. 275.

il loro impiego fosse piuttosto diffuso. Una conferma che viene anche dall’esame dei documenti, come in quello riportato da Francesco Malaguzzi Valeri231 e ricordato poi da Marco Albertario datato al 29 aprile del 1471: un certo pittore Paolo «che sta su la piaza del Castelo» - che l’Albertario propone di identificare in Paolo de Patriarchi - riceve, infatti, lire 42 «per uno cello pinto de parpiro in la camera de sotto de le donne»232. La lettura di un altro documento, una lettera datata 5 agosto 1474 di Bartolomeo Gadio a Galeazzo Maria Sforza233, conferma questa consuetudine. In questa lettera, infatti, il primo riferisce al committente il parere avuto da Costantino da Vaprio in merito alla decorazione del soffitto - «di quel tipo a travi scoperte diffuso in àmbito lombardo»234 - della «sala grande», da identificare, secondo Marco Albertario, con la «sala nova»235. Costantino indica come, a suo giudizio, vada correttamente realizzato il soffitto, consigliando di dipingere su tavolette precedentemente preparate con una impannatura236 - «bisogna fodrarlo de canevazo et depingerli sopra» - ed escludendo l’uso della carta, giacché «callando crescendo le asse se starpariano et anche la balla le guastaria»237: il pittore, indicando come non vada usata la carta, testimonia, al contrario, la diffusione di questa pratica.

231

MALAGUZZI VALERI 1902, p. 226; ALBERTARIO 2003, doc. 24 a p. 38. Documento tuttavia non rintracciato in originale.

232

ALBERTARIO 2003, doc. 24 a p. 38.

233

ALBERTARIO 2003, doc. 69 a p. 59. ASMi, Autografi, Ingegneri e Architetti, Bartolomeo Gadio, cart. 88, fasc. 10.

234

ALBERTARIO 2003, p. 22.

235

«Che facia pingere il celle di quella salla grande ad divixe sue, nel modo è la camerretta della nostra illustrissima madona ch’è nella camera della torre lì», ALBERTARIO 2003, doc. 69 a p. 59.

236

Marco Albertario (ALBERTARIO 2003, p. 22) sostiene tuttavia che nella lettera si suggerisca «la possibilità di dipingere le tavolette su una preparazione a gesso e colla o su tele fissate poi alla tavola», interpretando cioè il «canevazo» con una tela sulla quale dipingere e da applicare poi alla tavoletta. A mio parere, invece, il pittore intende riferirsi alla tecnica dell’impannatura - «fodrarlo de canevazo» - con cui venivano abitualmente preparate, per esempio, le ancone lignee.

237

«Et perché le asse del dito celle quale sono seche a tempo caldo se stringeranno et a tempo humido se allargaranno, volendo io intendere il melior modo che se possa tenire a questa depinctura ho imediate mandato per magistro Costantino depinctore, quale dice che volendose depingere il dito celle che stia bene et sia durabile bisogna fodrarlo de canevazo et depingerli sopra, per che callando et crescendo le asse, remanirà sempre fermo il canevazo quale dice costarà circa ducati cinquanta. In carte non se potria pingere che stesse bene perché callando o crescendo le asse se starpariano et anche la balla le guastaria. Chi anche il volesse dipingere senza canevazo et senza carte staria malissimo perché la dipintura non staria compressa per il callar et crescere delle asse [sì] che il modo del canevazo è il meliore che se possa tenire»,ALBERTARIO 2003, doc. 69 a p. 59.

5.2.1.Preparazione del supporto, pigmenti e tecnica pittorica

Pure se in assenza di indagini tecnico-scientifiche specifiche, è possibile comunque ipotizzare come la carta utilizzata per ricoprire le pettenelle quattrocentesche di palazzo Boiani (soffitto A, [cat. 26]) sia composta di fibre vegetali presumibilmente prodotta a partire da un miscuglio di stracci (pasta di cenci)238. Dovette essere sottoposta a una preliminare preparazione, che consisteva in una robusta calandratura della parte destinata a essere dipinta: sia per ottenere una maggiore resistenza sia, soprattutto, per renderla più impermeabile ai colori a tempera. In effetti, il verso dei frammenti considerati mostra la consueta ruvidità e porosità della carta ‘bombasina’ (o bambagina) - che era l’ideale per l’incollaggio - contrapposta alla superficie perfettamente liscia del

recto. A questo scopo fu stesa anche una mano di colla per impermeabilizzare

ulteriormente la superficie: secondo, quindi, lo stesso procedimento che all’epoca veniva seguito per i disegni a penna e acquarellati a tempera239. L’adesione tra la carta e il supporto ligneo avveniva tramite una colla forte che nei frammenti in questione risulta piuttosto farinosa e che dalle analisi svolte nel caso del soffitto di palazzo Grimani a Santa Maria Formosa (Ve) è risultata essere composta da una leggera stesura a base di solfato e carbonato di calcio240. L’applicazione della carta alla pettenella poteva avvenire quando quest’ultima era già in opera, come nel caso del soffitto B di palazzo Boiani a Cividale241 [cat. 32], oppure prima che venisse inserita tra le travi, come nel caso di palazzo Ghiringhelli a Bellinzona, giacché nel momento dello smontaggio di questo soffitto (avvenuto nel 1969) è emerso come non solo la carta fosse più grande del

238

A sostegno di questa ipotesi, le analisi effettuate su campioni provenienti dalle carte dipinte del soffitto di palazzo Ghiringhelli a Bellinzona, realizzato negli stessi anni di quello cividalese, hanno constatato la presenza di «fibre vegetali (pasta di cenci) con assenza di fibre animali, presumibilmente di cotone. Esistono tuttavia alcune fibre comparabili a quelle della juta e canapa e quindi la pasta potrebbe essere un miscuglio di cenci», Relazione Laboratorio Analisi Strumentali 1975, c. 13-14 e 26.

239

Si veda PETRIOLI TOFANI 1991, p. 210. Dalle analisi condotte sulle pettenelle di palazzo Ghiringhelli è stata evidenziata «la presenza di masse amorfe-gelatinose che potrebbero essere una collatura animale (colla animale)», Relazione Laboratorio Analisi Strumentali 1975, c. 27.

240

BORTOT 2008, p. 189. La presenza di carbonato di calcio «la cui provenienza può essere attribuita ai leganti sia dei pigmenti che della carta» è stata riscontrata anche nelle carte di palazzo Ghiringhelli,

Relazione Laboratorio Analisi Strumentali 1975, c. 26.

241

Ricordo come la carta non copra in nessun caso quelle parti della pettenella che erano incastrate, e quindi nascoste, lungo le scanalature delle travi mentre spesso si può osservare la sovrapposizione di strette strisce di carta lungo i lati corti, per meglio sanare la differenza che correva tra la distanza variabile delle travi e le dimensioni sempre costanti della carta.

supporto ligneo ma che, al momento del fissaggio, i bordi erano stati ripiegati242. Dall’anailisi tecnico-scientifiche realizzate su queste carte è emerso che i pigmenti usati non si differenziano da quelli impiegati in genere nella dipintura di pettenelle243, e che i leganti siano costituiti probabilmente da carbonato di calcio244.