5. Tecniche di realizzazione
5.1 Pettenelle dipinte
5.1.4. Tecnica pittorica
Le pettenelle erano dipinte mediante l’uso di colori a tempera183
, come già detto, stesi quasi sempre direttamente sul supporto senza che questo fosse stato in precedenza preparato, come di consueto, mediante uno strato uniforme di tempera o di gesso per rendere più omogenea e stabile la superficie destinata a essere dipinta. Una scelta che dipende dalla necessità di contenere tempi e costi di realizzazione: il legante proteico, infatti, era più economico dell’olio, asciugava prima e permetteva di ottenere colori chiari e brillanti particolarmente adatti a una pittura che, in molti casi, risulta essere decorativa184.
Il registro cromatico, infatti, doveva essere in origine piuttosto vivace, con un utilizzo di colori più chiari e di maggiore intensità rispetto a quanto siamo abituati a vedere oggi, come emerge dall’osservazione delle aree occultate, di quelle porzioni cioè che venivano inserite nelle travi e che, proprio per questo motivo, sono state risparmiate da secoli di polvere e fumo. In queste aree, infatti, i pigmenti si sono ben conservati,
180
PERUSINI & FAVARO 2013, nota 32 a p. 121.
181
POLDI 2008, nota 16 a p. 91.
182
ARRIGHETTI 2013, p. 133.
183
Come risulta anche dalle analisi svolte in occasione della mostra Tabulæ Pictæ. In alcuni casi, come nelle pettenelle analizzate da Gianluca Poldi, invece, «non sappiamo quale sia il legante impiegato per i pigmenti, né probabilmente sarebbe agevole intenderlo mediante lo studio di sezioni lucide di microprelievi, date le sostanze oleo-resinone e forse anche proteiche che nel corso del tempo sono state sovrammesse sulle tavolette per rinvigorirne il colore», POLDI 2008, p. 82.
184
Cfr. PERUSINI & FAVARO 2013, p. 119. Come osserva Gianluca Poldi «l’olio permetterebbe infatti una maggiore rapidità d’impiego, richiedendo tuttavia tempi d’essicazione maggiori che non l’uovo, pratica forse quindi evitata in botteghe pressate da grossi volumi di lavoro», POLDI 2008, p. 82. Anche se i leganti sono in genere sempre di natura proteica, secondo Fabio Frezzato, tuttavia, «è presumibile che le velature verdi trasparenti a base di verdigris (verderame) fossero date a olio, come generalmente si faceva anche con le lacche rosse», FREZZATO 2013, p. [8].
giacché protetti dall’alterazione della luce e dallo sporco consentendo così ai colori di mantenere la brillantezza originaria185.
Se la possibilità di osservare oggi i colori vivi che le pettenelle avevano in origine è, in genere, maggiore in àmbito lombardo - perché qui, spesso, alle estremità dei lati corti delle tavolette venivano applicate anche cantinelle (si veda più avanti, pp. 279-280) - un esempio ancor più significativo ci è offerto, proprio in area friulana, dalle pettenelle di palazzo Boiani a Cividale (soffitto A, [cat. 26]). Questo soffitto fu sottoposto, a pochi decenni dalla realizzazione, risalente all’ultimo quarto del Quattrocento, a un rifacimento con la sovrapplicazione, a colla, di carta dipinta. Un’operazione probabilmente resasi necessaria a seguito della decorazione di un attiguo soffitto (soffitto B, [cat. 32]) - realizzato nel secondo decennio del Cinquecento e caratterizzato dall’uso di colori più scuri – determinata dall’esigenza di aggiornare e ‘raccordare’ il vecchio soffitto con il nuovo. Una scelta che ha protetto il colore sull’intera superficie della tavoletta, e non solo lungo i margini come di solito accade, consentendoci di poter apprezzare pienamente quale dovesse essere la resa cromatica del soffitto nella sua formulazione originaria, esempio pressoché unico in regione. Un soffitto purtroppo non più in opera ma che in occasione della mostra Tabulæ Pictæ.
Pettenelle e cantinelle a Cividale fra Medioevo e Rinascimento186 è stato ricostruito, tendendo conto delle condizioni di luce e altezza da terra originarie: operazione che ha reso così possibile apprezzare e verificare concretamente quale dovesse essere in origine l’effetto visivo, intensamente cromatico e d’impatto immediato dovuto alla tecnica pittorica non a caso simile a quella usata per le ceramiche coeve (fig. 41 a p. 82).
Dipintura su assi o su singole tavolette
Dall’esame degli esemplari originali e delle fonti documentarie è emerso come la dipintura di pettenelle poteva essere realizzata secondo due modalità: o su singole tavolette oppure in serie su lunghe assi, avendo cura - in questo caso - di lasciare uno spazio vuoto tra esse, necessario per poter procedere al successivo taglio a misura.
185
Cfr. CESERANI ERMENTINI 1999, pp. 182-183; GHEROLDI 2004, p. 111; ARRIGHETTI 2013, p. 133; PERUSINI & FAVARO 2013, p. 115. Anche in area francese i soffitti in origine erano «animée par des peintures aux couleurs éclatantes», Images oubliées du Moyen Age. Les plafonds peints du
Languedoc-Roussillon 2011, p. 9.
186
Quest’ultima modalità operativa emerge anche dall’esame della ricordata nota del convento di Santa Maria in Valle di Cividale del Friuli del 1488 - «item expendit pro duobus assidibus petenellorum cum figuris et armis»187 - nella quale, infatti, il riferimento alle «duobus assidibus petenellorum» conferma quanto già ipotizzato analizzando alcuni manufatti originali, ossia come le tavolette fossero prima dipinte in serie su assi e solo in un secondo momento - probabilmente poco prima della messa in opera - venissero tagliate a misura, circostanza che trova riscontro anche in una delibera comunale cremasca del 1493 in cui le tavolette da soffitto vengono definite «assi di pe[n]gere»188. Una modalità operativa, questa, che era stata ipotizzata anche da Mario Marubbi esaminando le pettenelle provenienti da due soffitti di Casa Aratori a Caravaggio (Bg)189. Un elemento ulteriore a sostegno di questa ipotesi si ricava anche dall’esame di una tavoletta decorata con racemi fitormorfi proveniente da palazzo Pisenti Stringher (Cividale del Friuli)190
ma ancor più chiaramente - e in maniera
187
G.B. della Porta, s.v «petenel(la)», in DELLA PORTA 1919-1940, pp. 569-570. Il documento originale non è stato reperito.
188
Secondo Winifred Terni de Gregory «nel registro n. 10 del Comune di Crema è registrata la delibera di far fare un nuovo soffitto nella Sala Magna del Consiglio. Seguono pagamenti […] a vari negozianti di legnami per 179 cantinelle e molte assi di “pegere”» (BCCr, Archivio Storico, Registri Provv. X, c. 25r, 1493; TERNI DE GREGORY 1981a, p. 156, nota 37; MARUBBI 1986, pp. 193-194). Il termine ‘pegere’ si spiega probabilmente con un errore nella stesura del documento (dimenticanza della lettera ‘n’ o della lineetta orizzontale sopra la vocale precedente) o nella sua lettura e che andrebbe corretto in ‘pengere’ (così risolto anche da GHEROLDI 2004, p. 108, e AGLIO 2010b, p. 41, nota 2).
189
Secondo Mario Marubbi, infatti, «nonostante la frammentarietà del ciclo, è stato possibile verificare per esempio che le tavolette delle fanciulle civettuole, che palesemente mostrano una stretta parentela, non solo sono dipinte (come di norma accade in tali manufatti) su tavole dalla venatura orizzontale, ma anche che queste dovevano essere contigue e costituire un unico asse (forse con quattro o cinque figure), che veniva sezionato in seguito al momento della posa in opera delle singole tavolette. Allo stesso modo i due condottieri delle tavolette A1 e A2 appaiono concepiti e realizzati insieme, come anche dimostra l’analisi del retro delle tavole dove l’evidente fiammatura del legno di conifera dimostra la loro iniziale contiguità» (MARUBBI 2010, pp. 35-36). Anche nel secondo soffitto del medesimo edificio «sembra di poter confermare la stessa pratica di dipingere un intero asse e poi tagliarlo al momento del montaggio» (MARUBBI 2010, pp. 38). Di questa stessa opinione anche Elisabetta Arrighetti, secondo la quale, sempre a proposito dei cicli di Casa Aratori, «le tavole potevano inoltre essere ricavate da un’asse e successivamente tagliate, forse anche dopo la loro esecuzione pittorica» (ARRIGHETTI 2013, p. 131). Modalità operativa che è stata riscontrata anche in area francese da François Guyonnet: «d’autres indices prouvent que ces closoirs étaient faits en sèrie sur de longues planches découpées en fonction des besoins. Grâce à un fragment de closoir, on comprend que l’on peignait plusieurs compositions à intervalles réguliers en laissant entre chaque closoir un espace nécessaire à la découpe», GUYONNET 2011, p. 25.
190 In questa tavoletta, infatti, «la composizione appare lievemente scentrata e ciò costituisce un’ennesima conferma delle modalità esecutive di queste tavolette, le cui scene venivano dipinte senza soluzione di continuità su una tavola intera che solo successivamente veniva segata secondo misure prestabilite, ma che, in taluni casi, potevano non corrispondere esattamente allo spazio disponibile fra le travi»; PERUSINI
probatoria - dall’esame di due pettenelle in collezione privata a Pordenone (fig. 44 a p. 84). In questi due esemplari, infatti, non solo le decorazioni non sono centrate ma è riconoscibile lo spazio libero che veniva lasciato tra esse per il successivo taglio a misura191.
L’altra possibilità, che - come detto - prevedeva il taglio della pettenella prima della sua decorazione, emerge invece dall’esame di un esemplare appartenente al secondo soffitto di palazzo Boiani sempre a Cividale [cat. 32]: nella parte superiore interna di entrambi i lati corti si possono infatti osservare alcune macchie di colore, probabilmente lasciate dalle dita del pittore mentre la spostava subito dopo averla dipinta (fig. 42 a p. 83)192. In entrambi i casi, comunque, la dipintura avveniva sempre prima della messa in opera della tavoletta: come già detto, infatti, quasi sempre i bordi coperti dalle guide praticate nelle travi sono colorati193.
& FAVARO 2013, p. 115. Così anche secondo Jean-Marie Martin, il quale, a proposito del soffitto di un palazzo in rue de Verdun a Carcassonne (Aude), scrive che le tavolette «étaient peints au sol, avant la pose, et découpés à la demande, au fur et à mesure que le plancher était mis en place, d’où l’existence fréquente d’imperfections dans le sciage des panneaux: partie de décor amputé ou motif partiellement caché par un couvre-joint», MARTIN 2009,p. 221.
191 Resta da chiarire il motivo per cui queste pettenelle siano state utilizzate nonostante l’evidente difetto compositivo. La spiegazione più ragionevole è che solo al momento della posa le maestranze si resero conto che le tavolette già realizzate non erano sufficienti e che, arrivati a quel punto, non ci sia stato più il tempo per dipingerne delle nuove. Per poter procedere con i lavori e posare il tavolato soprastante, si decise così di inserire anche queste tavolette, quasi sicuramente in un luogo marginale, forse agli angoli della stanza. In questa posizione - e probabilmente per lo stesso motivo - si trovano anche due pettenelle nel soffitto D del castello di Valvasone (Pn, si veda a p. 65) [cat. 44] la cui dipintura non fu completata. Una soluzione temporanea, probabilmente con l’intenzione - poi mai realizzata - di completare o ridipingere le pettenelle in un secondo momento.
192
La stessa modalità è stata riscontrata anche nel caso del palazzo des Caracassonne a Montpellier (Hérault) dove «les planchettes, les moulures et les baguettes sont préparées en grandes longueurs et recoupées à la dimension requise. Des traces au dos des planchettes à l’hôtel des Carcassonne à Montpellier montrent les essais faits avant la mise en couleur définitive», Images oubliées au Moyen Age.
Les plafonds peints du Languedoc-Roussillon 2011, p. 20.
193
Così anche GHEROLDI 2004 p. 96. Anche in area francese «la présence de peinture sur les bords de certains closoirs, là où ils sont places dans les rainures taillées dans les solives, indique qu’ils n’étaient pas peints in situ mais sur le chantier, voire à l’atelier du peintre», GUYONNET 2011, p. 25. Secondo Elisabetta Arrighetti dall’analisi di tavolette da soffitto lombarde risulta, invece, come «le tavolette dipinte in modo più accurato e raffinato sono realizzate a terra, mentre colature di colore in senso verticale testimoniano per altre la loro esecuzione già in opera» (ARRIGHETTI 2013, pp. 131-132). Si veda anche Images oubliées au Moyen Age. Les plafonds peints du Languedoc-Roussillon 2011, p. 85.
Linee guida
Prima di procedere alla dipintura del soggetto delle tavolette, in genere, venivano realizzati alcuni segni, quasi sempre incisi, che servivano da guida:
1- per delimitare lo spazio che doveva essere dipinto: si tratta di linee incise realizzate grazie a regoli o squadre, quasi sempre lungo i lati corti e, più raramente, lungo quelli lunghi. Il primo caso si riscontra, per esempo, nei cicli con scene, come quelli pordenonesi della Banca Popolare FriulAdria [cat. 1] e del Museo civico di Pordenone [cat. 2]; il secondo nel nucleo di pettenelle di origine cividalese [cat. 12].
2- per centrare la composizione: si tratta ancora una volta di linee incise realizzate con regoli e squadre, in questo caso tracciate lungo le diagonali e che si possono osservare nelle pettenelle cividalesi appena ricordate.
3- per realizzare elementi accessori quali clipei, archi o archeggiate194: i primi, usati spesso nelle pettenelle con ritratti, sono realizzati con l’uso di un compasso (si veda, per esempio, il soffitto B di palazzo Boiani a Cividale, [cat. 32]); archi e archeggiate, presenti sia in pettenelle con figure isolate (palazzo de Nordis Fontana a Cividale, [cat. 13]) sia in quelle con stemmi (palazzo de Nordis a Cividale, [cat. 22]), sono realizzati, invece, seguendo il contorno di sagome.
Colori di fondo
Particolare attenzione veniva posta nella realizzazione della campitura di fondo che - vista la disposizione delle tavolette, distanti dall’osservatore e scarsamente illuminate - aveva lo scopo di far risaltare i soggetti della decorazione: per questo motivo venivano in genere impiegati il rosso e l’azzurro. Il primo, realizzato probabilmente con terra rossa, è utililizzato in particolare nelle pettenelle di primo Quattrocento con scene come,
194
Metodo riscontrato anche nelle tavolette da soffitto cremonesi con motivi araldici e busti maschili e femminili studiate da Lia Bellingeri: «dal punto di vista tecnico i dipinti sono eseguiti su pannelli in legno di conifera dello spessore medio di due cm, preparati con una sottile stesura di gesso e colla sulla quale gli archi sono incisi a compasso», BELLINGERI 2004, p. 178. Secondo Lidia Ceserani Ementini, invece, «la serialità delle tavolette fa supporre l’uso di spolveri […] per le parti che sono di cornice al soggetto principale, le architetture e le cortine di verzure o fiori», CESERANI ERMENTINI 1999, p. 184.
per esempio, i nuclei pordenonesi della Banca Popolare FriulAdria e del Museo civico di Pordenone e i cicli attribuiti alla bottega di Antonio Baietto (palazzi Vanni degli Onesti e Moises a Udine, Moretti a Venzone e casa Bront a Cividale [cat. 3-6]). Sempre in rosso, ma di un tono più chiaro tendente all’aranciato e realizzato probabilmente associando alla terra rossa minio o cinabro, è il fondo delle pettenelle con scene oggi in collezione Fontana e risalenti all’ultimo quarto del Quattrocento. L’uso dell’azzurro, intenso e ottenuto con azzurrite, si riscontra invece solo nel nucleo di tavolette con singole figure di provenienza cividalese [cat. 12].
In base a quanto emerso dalle analisi tecnico-scientifiche realizzate su campioni prelevati da pettenelle appartenenti a soffitti cividalesi, è possibile stabilire come, in genere, la dipintura del fondo preceda quella delle altre parti: si veda, per esempio, la stratigrafia a fig. 23 (p. 76) dove, infatti, la linea nera con cui è stata realizzata la cornice dipinta della tavoletta è stata stesa sopra il pigmento azzurro di fondo.
Dalla ricerca è emerso, inoltre, come soprattutto a partire dai primi anni del Cinquecento e in particolare nei cicli che comprendono ritratti, stemmi e decorazioni a grottesche, trofei o vasi ornamentali il fondo sia praticamente sempre ottenuto alternando l’uso del rosso e dell’azzurro, secondo una prassi documentata anche in altri ambiti territoriali, Lombardia195 e Francia196 in particolare. Scelta che trova una
195
Si vedano, per esempio, le cinque pettenelle di palazzo Verdelli (CESERANI ERMENTINI 1999, pp. 133-135); la serie di tavolette del Museo civico di Crema dove «i fondali sono ora di rosso squillante ora d’azzurro intenso» (COLOMBETTI 1995, p. 83) oppure le pettenelle di palazzo Cavalcabò a Viadana caratterizzate da fondali «dalle intense, pastose tinte rosse e blu generalmente impiegate in questi spazi» (AGLIO 2013, p. 17). Anche nel soffitto di palazzo Ghiringhelli a Bellinzona, opera probabilmente di maestranze lombarde, si osserva l’alternanza del rosso, blu e bianco per il colore di fondo; si veda PINI & PINI 1997, p. 14 e SEGRE 2014b, p. 38.
196 Anche nei soffitti d’àmbito francese «y prédomine la loi du contraste: tout voisinage d’une forme ou d’une teinte doit se faire avec son contraire, le rectilighe au conatct du courbe, le clair à celui de l’obscur et inversement, le rouge avec le bleu. La même règle s’applique aux plafonds: un closoir rouge alterne avec un closoir bleu, une solive claire avec une solive sombre», […]», Images oubliées au Moyen Age.
Les plafonds peints du Languedoc-Roussillon 2011, p. 25. Così, per esempio, nella chiesa di
Sainte-Eulalie a Millas (Pyrenées Orientales, 1442 circa) «deux rangées de closoirs peints de motifs végétaux où alternent les fonds rouges et bleus s’intercalent entre les corbeaux et au-dessus, entre le poutres» (Images
oubliées au Moyen Age. Les plafonds peints du Languedoc-Roussillon 2011, p. 50). In area francese è
diffusa, inoltre, l’alternanza di rosso e verde per il fondo: come in un edificio a Béziers (Hérault; GOMEZ 2009, p. 180); o nella loggia detta ‘de la Reine’ nel palazzo dei re di Maiorca a Perpignan (Pyrenées-Orientales) di fine XIII secolo, dove «le principe dominant est l’alternance du rouge et du vert» (Images
oubliées au Moyen Age. Les plafonds peints du Languedoc-Roussillon 2011, p. 84), oppure nel soffitto di
un edificio in rue des Infirmières ad Avignone dove il fondo è «rouge ou bleu-vert» (GUYONNET 2011, p. 26).
plausibile giustificazione dall’esigenza di ordine e simmetria che caratterizza questi soffitti e che si riscontra, infatti, anche nella successione dei soggetti dipinti nelle pettenelle, ottenuta alternando ritratti, stemmi e decorazioni. Leggermente diverso, invece, il caso del soffitto quattrocentesco di palazzo Boiani a Cividale [cat. 26], dove sono utilizzati due colori per ogni pettenella: uno che fa da sfondo al ritratto inserito in un clipeo, l’altro che completa la colorazione della restante porzione della tavoletta. Alternando, a seconda dei casi, il rosso all’esterno e l’azzurro all’intero, o viceversa, oppure usando lo stesso colore ma con due tonalità differenti. Una decisione che può essere spiegata con la necessità di evitare un effetto di monotonia che si sarebbe creata vista la presenza, in questo caso, di soli ritratti.
Elementi che delimitano lo spazio
Archi, archeggiate, cornici rettangolari e clipei assieme a cortine vegetali servivano a delimitare lo spazio destinato a essere dipinto, sottolineando e isolando il soggetto della decorazione197:
1- Elementi vegetali: sono quasi sempre costituiti da alberelli o cespugli posti ai lati della composizione e sempre impiegati in cicli quattrocenteschi con scene, sia isolate sia a carattere narrativo, come nelle pettenelle pordenonesi della Banca Popolare FriulAdria e del Museo civico di Pordenone [cat. 1-2], in quelle attribuite alla bottega dei Baietto (a Udine palazzi Vanni degli Onesti e Moises, a Venzone palazzo Moretti, a Cividale casa Bront [cat. 3-6]), oppure nelle tavolette della collezione Fontana [cat. 7] e in quelle conservate al Museo Etnografico di Udine [cat. 9]. In area lombarda si osservano, per esempio, a Crema nel ciclo di palazzo Verdelli e nel nucleo del Museo civico198.
2- Archi e archeggiate: in area friulana sono impiegati soprattutto in cicli con stemmi e con figure isolate, in un arco cronologico compreso tra il secondo e l’ottavo decennio del Quattrocento. Sono costituiti, nella maggior parte dei casi, da semplici archi gotici a
197
A questo proposito, si veda AGLIO 2005a, pp. 289 e 292; AGLIO 2013, p. 17. Delimitazione che, comunque, non è sempre presente: come nel caso delle tavolette di palazzo Ghiringhelli a Bellinzona, dove, per esempio, un’unica scena è realizzata nello spazio di due pettenelle, di veda PINI 1991, figura a p. 127.
198
sesto acuto - in genere trilobati, raramente pentalobati (a Cividale palazzo Formentini di Cusano [cat. 14], Polacco Barbarich Scaramuzza [cat. 11] e Ricchieri a Podenone [cat. 10] e Museo Etnografico di Udine) o inflessi (palazzo de Nordis Fontana a Cividale [cat. 13], fig. 245 - fig. 255 a pp. 258-259) - realizzati direttamente sul supporto con l’aiuto di sagome. Possono essere costituiti da una o più linee - al massimo tre - di colore diverso, a volte tratteggiate, comprendenti l’intera tavoletta e, in alcuni casi, soprattutto a partire dall’ultimo quarto del Quattrocento, possono essere arricchiti ai lati con elementi vegetali - fiori o foglie (palazzo de Nordis Fontana [cat. 13]) - o con finti trafori decorativi simili a rosoni (Formentini di Cusano a Cividale [cat. 14], palazzo Manin a Udine [cat. 15]), secondo soluzioni che si riscontrano comunemente anche in àmbito lombardo199. Nella prima metà del Quattrocento, nel caso di cicli con stemmi, la porzione esterna rispetto all’incorniciatura architettonica è invece sempre lasciata con il legno a vista200.
Solo in un caso, nucleo di pettenelle di origine cividalese [cat. 12], si registra l’uso di un’archeggiata più complessa, costituita da una sequenza di quattro o cinque archetti trilobi tra i quali si inserisce un motivo a traforo e che limita solo il margine superiore della tavoletta, lasciando ‘aperti’ i due lati corti che, in questo caso, sarebbero stati ‘chiusi’ poi da due cantinelle.
Sono assenti in Friuli quinte architettoniche più complesse, caratteristiche invece di molti cicli lombardi: di matrice gotica, impreziosite anche da colonnine tortili201, alle quali saranno preferiti poi, a partire dal terzo quarto del XV secolo, un arco o una trabeazione di tipo rinascimentale, spesso con illusioni prospettiche202. In rarissimi casi,
199
Si vedano, per esempio, le pettenelle conservate presso il Museo Ala Ponzone di Cremona. In particolare quella con Figura maschile entro un arco (pittore cremonese, metà del XV secolo) dove un arco trilobato «è tratteggiato con linee di colore chiaro direttamente sulla superficie lignea del supporto» (AGLIO 2004f, p. 141); le due tavolette con Figura maschile che tiene un cartiglio (pittore cremonese,