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5. Tecniche di realizzazione

5.1 Pettenelle dipinte

5.1.1. Supporto ligneo

Le pettenelle d’àmbito friulano sono ricavate generalmente da assi di abete bianco (Abies alba Mill.), raramene di abete rosso (Picea abies L.)75 mentre in un solo caso è stato accertato l’uso del castagno76

.

La preferenza nella scelta del legno di abete - dovuta alla facile reperibilità, al basso costo e soprattutto alla facilità di lavorazione - è una consuetudine diffusa che si riscontra anche in altre aree geografiche come, per esempio, in Lombardia. In particolare, l’abete bianco è accertato in area bresciana nelle pettenelle conservate presso i Musei civici di Brescia provenienti da palazzo Maggi Gambara77 e nelle otto tavolette di fine XV secolo del Museo civico di Breno (Bs)78; in area cremasca in alcuni cicli conservati nel Museo Ala Ponzone di Cremona79: le sei pettenelle con animali della metà del XV secolo provenienti da casa Melati già Campi, le tre tavolette di origine ignota con ritratti di giovani (pittore cremonese, metà del XV secolo) e le ventiquattro con profili di nobildonne e gentiluomini (pittore cremonese di àmbito bembesco, ultimo quarto del XV secolo). L’utilizzo dell’abete rosso, invece, si ha nelle pettenelle conservate presso il Museo civico di Gavardo (Bs)80.

In nessuno dei casi analizzati in regione si registra l’utilizzo di legno di latifoglie, non infrequente, invece, in area lombarda81 e in quella padana inferiore82 dove pioppo e tiglio sono impiegati sia per le tavolette da soffitto sia per le cantinelle.

75

Come nel caso, per esempio, delle tavolette di palazzo Vanni degli Onesti a Udine [cat. 6].

76

Nucleo di sei pettenelle provenienti da Cividale, ora in collezione privata [cat. 12].

77

Si tratta di quattro pettenelle del XV secolo con profili maschili e stemmi, si veda ARRIGHETTI 2013, p. 130 e nota 8 a p. 135.

78

Provenienti da Cividate Camuno (Bs), raffigurano figure femminili e maschili e lo stemma della famiglia Federici, si vedaARRIGHETTI 2013, p. 130 e nota 10 a p. 135.

79

ARRIGHETTI 2013, p. 130 e nota 12 a p. 135.

80

Si tratta di diciannove tavolette raffiguranti stemmi, vizi e virtù, originariamente collocate in palazzo Medici e databili intorno alla metà del XV secolo, si veda ARRIGHETTI 2013, nota 13 a p. 135. Sul ciclo BONFADINI 2005, pp. 95-97.

81

Tavolette in pioppo, per esempio, sono quelle di alcuni cicli conservati al Museo Ala Ponzone di Cremona: quindici tavolette di bottega bembesca di metà XV secolo con vaso e putti (AGLIO 2004c), due tavole di origine ignota con figure maschili e cartiglio (pittore cremonese, metà del XV secolo, AGLIO 2004e) e due pettenelle con raffigurazioni maschili (si veda ARRIGHETTI 2013, nota 18 a p. 135). In

Dall’esame del supporto emerge come nelle pettenelle la venatura del legno sia sempre disposta in senso orizzontale, contrariamente a ciò che avviene nella maggior parte dei dipinti su tavola, dove è disposta invece in senso opposto83. La ragione di questa scelta trova una possibile spiegazione nella necessità di garantire una più stabile e sicura collocazione in sede della pettenella ed è conseguenza diretta del metodo usato per fissarla al soffitto. Infatti, poiché se da un lato le tavolette sono praticamente sempre solo incastrate tra le travi84, dall’altro il processo di ritiro e rigonfiamento naturale del legno avviene soprattutto nel senso ortogonale alla fibra: la meditata scelta di collocare la pettenella con la venatura in senso orizzontale ne assicura così una migliore stabilità, giacché evita che i movimenti di contrazione del legno possano farla cadere85.

Le pettenelle rintracciate in area friulana hanno tutte forma rettangolare - con il lato orizzontale sempre maggiore del verticale - e con dimensioni variabili, a seconda dei cicli, in relazione alla grandezza delle travi e del loro interasse, di circa 31÷57 cm in larghezza e 15÷24 cm in altezza. Per quanto riguarda il loro spessore, anch’esso è variabile: si registra infatti una tendenza all’assottigliamento che nel corso del tempo procede dai circa 3 cm (cicli Vanni degli Onesti a Udine, anni trenta del Quattrocento, [cat. 6]) fino ai 0,5 cm (per esempio nelle pettenelle de Nordis a Cividale, circa 1530, [cat. 48]). In base ai dati raccolti nel corso della ricerca ermerge come, in àmbito friulano, lo spessore delle tavolette risulti essere, quindi, un fattore importante da tenere in considerazione, utile per avanzare una preliminare ipotesi cronologica.

pioppo anche le sette tavolette di bottega bembesca ora al Museo Pogliaghi di Varese (VILLA 2013, p. [2]) e ventisette pettenelle - su un totale stimato di circa centocinquanta unità, di cui sedici ancora in opera - provenienti da un edificio del centro storico cremonese, datate tra il settimo e l’ottavo decennio del Quattrocento, probabilmente di bottega bembesca; si veda VISIOLI 2003.

82

GHEROLDI 2004, p. 108.

83

GHEROLDI 2004, p. 111; MARUBBI 2010, p. 35; ARRIGHETTI 2013, p. 130.

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Nel caso del soffitto del palazzo de Thurroye a Villeneuve-lès-Avignon (Gard) le tavolette sono invece fissate con chiodi: «Le relevé montre que les closoirs qui mesurent 45 cm dans leur plus grande largeur sont fixées dans les poutres maîtressespar des broches et maintenus à leurs extrémités par des encoches de 1 cm. taillées dans les poutres secondaires et les solives», MAYER 2009, pp. 204-205. Insolito il caso del soffitto di casa Folletti a Massagno (Locarno), dove le pettenelle sono «sigillate lungo i bordi con un fine intonaco di calce», CARDANI VERGANI 2005, p. 158. Secondo Paola Bonfadini le pettenelle potevano essere «inserite dall’alto con un complesso sistema di incastri o mediante inchiodatura»: la studiosa, tuttavia, non fornisce esempi nei quali siano stati utilizzati i chiodi (BONFADINI 2002a, p. 23)

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ARRIGHETTI 2013, p. 130. Di forma assai particolare e inconsueta sono, inoltre, alcune delle trentadue pettenelle oggi conservate al Museo d’Arte Antica del Castello Sforzesco a Milano e provenienti probabilmente dall’eredità Guasconi: questo nucleo include, infatti, quattro elementi angolari «costituito ognuno da due pannelli congiunti lungo il lato più lungo» (NATALE 1997, p. 230).

Non è presente invece il tipo, comune per esempio in Lombardia a partire dalla seconda metà del Quattrocento, caratterizzato da un maggiore sviluppo in altezza: consentito dall’innalzamento del piano di incrocio dei travetti sulle travi per mezzo di mensoline e che permetteva dimensioni sufficienti ad alloggiare più comodamente i ritratti86. Tavolette che, in alcuni casi, vennero realizzate con una superficie ricurva (concava)87. Tale curvatura si spiegherebbe, secondo Elisabetta Arrighetti, con la volontà di facilitare ulteriormente la visione dal basso e sarebbe ottenuta intagliando il massello fino a ottenere un supporto convavo88. Secondo lo stesso tipo di lavorazione che, in base a quanto riporta Mario Marubbi89, era già emerso dalle indagini effettuate sulle tavolette con storie della Genesi di àmbito bembesco conservate al Museo civico Ala Ponzone di Cremona e che avrebbero permesso di stabilire come i supporti - in pioppo - sarebbero stati ricavati «da una sezione segata verticalmente e poi rifiniti con un pialletto usato per scavarle, fino ad ottenere la curvatura voluta»90. Una modalità che, tuttavia, lascia aperti alcuni interrogativi: sia perchè nei soffitti a pettenelle la

86 Le tavolette, infatti, «possono essere dipinte, inserite in posizione inclinata tra un travetto e l’altro, inizialmente rettangolari e di piccolo formato, poi più grandi (40x40 ed anche 40x50) e perfino ricurve quanto i travetti vengono rialzati su mensole per creare spazi maggiori da figurare» (COLOMBETTI 1996, p. 187). Anche i cicli più antichi d’àmbito lombardo, infatti, con serie di soggetti naturalistici ed elementi zoomorfi, spesso di invenzione, presentano pettenelle di forma allungata e di piccole dimensioni, simili quindi a quelle friulane, come le tavolette di palazzo Anguissola a Cremona o di palazzo Benzoni a Crema, ora nel museo civico (MARUBBI 2013, p. 108; si veda anche COLOMBETTI 1995, p. 81 e COLOMBETTI 1996, p. 188). È a Cremona che intorno alla metà del XV secolo «si assiste a una progressiva specializzazione nella formulazione di diverse tipologie di tavolette da soffitto, che ora si fanno più grandi e diventano verticali per adeguarsi alla profondità dei soffitti» (MARUBBI 2013, p. 110). Grazie quindi all’inserimento di mensoline tra le travi ‘di banchina’ e ‘rompitratta’ e le travi era possibile ottenere pettenelle che potevano raggiungere anche i 50 cm di altezza. La forma poteva essere rettangolare oppure quadrata, come nel caso delle ventiquattro tavolette con profili maschili e femminili (39 cm per lato, pittore cremonese d’àmbito bembesco, ultimo quarto del XV secolo) al Museo Ala Ponzone di Cremona (ARRIGHETTI 2013, nota 16 a p. 135). Ovviamente il solco praticato in senso diagonale nella trave, attraverso il quale veniva fatta scorrere la tavoletta, proseguiva anche nel piano della mensola (MASSARDI 2002, p. 49; TERNI DE GREGORY 1981a, p. 68).

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Come nel caso delle tavolette bembesche con storie della Genesi del Museo Civico Ala Ponzone di Cremona (AGLIO 2010a) o le tavolette in collezioni private, sempre del medesimo àmbito, studiate da Monica Visioli (VISIOLI 2003).

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«Alcuni cicli di tavolette furono addirittura intagliati nel massello per ottenere un supporto concavo sul quale poi si dipingeva. In questo caso si preferivano le tavole in latifoglia, che offrono migliori risultati nella lavorazione con sgorbie, scalpelli e pialle, rispetto alle conifere», ARRIGHETTI 2013, p. 131. Un tipo di lavorazione che è stato proposto anche per le due tavolette della Fondazione Roberto Longhi di Firenze, vicine al ciclo Meli: secondo Sandrina Bandera Bistoletti la curvatura del supporto fu «ottenuta con una specifica piallatura», si veda BANDERA BISTOLETTI 2007, p. 86.

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«Una attenta analisi dal punto di vista materico è stata condotta da Mariarita Signorini in occasione del restauro per conto della Soprintendenza di Mantova in tempi recenti (2002-2003)», MARUBBI 2004a, p. 153.

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visione è già assicurata dalla disposizione inclinata delle tavolette, sia perché si tratterebbe di un’operazione lunga e costosa, difficilmente praticabile visto i tempi rapidi e l’economicità che la caratterizzano, sia perché sarebbe stato molto più semplice e pratico flettere il supporto. Secondo Roberta Aglio si tratterebbe di tavole curvate meccanicamente. La ragione di questa scelta dipenderebbe, inoltre, non da motivi estetici ma da una diversa modalità di posa in opera delle pettenelle, dovuta alla volontà di aggiornare un soffitto già esistente: se, infatti, «le tavole piane, maggiormente diffuse, erano solitamente impiegate nelle abitazioni di nuova costruzione, collocate al soffitto ‘dall’alto’ quando ancora il solaio era in fase di realizzazione […] le tavole curvate meccanicamente consentivano invece un’applicazione ‘dal basso’, ideale quando la dimora era già dotata di soffitto: questa conformazione consentiva inoltre una maggior superficie aderente alla trave»91.

Si tratta, comunque, di un tipo particolare di supporto che in àmbito friulano non si riscontra mai anche se, talvolta, le pettenelle risultano comunque leggermente concave. Circostanza dovuta a una deformazione naturale del supporto, che si verifica anche in altre aree geografiche e che è voluta e ricercata da chi realizzava le tavolette da soffitto: secondo Elisabetta Arrighetti, infatti, «mentre di norma il ‘tradizionale’ dipinto su tavola è realizzato dipingendo sul lato che, nell’eventualità di una deformazione del supporto (anche a causa della sezione di taglio tangenziale) potrà comunque garantire la visione del dipinto, in una lettura più o meno convessa, nel caso delle tavolette da soffitto si è potuto notare che, al contrario, era abitudine abbastanza consolidata (per lo meno nei casi analizzati) dipingere sul lato opposto e questo perché l’osservazione dal basso poteva risultare migliore se la tavola si deformava in senso concavo rispetto a convesso»92.

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AGLIO 2010a,nota 15 a p. 22.

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