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CAPITOLO II: VIOLAZIONE DEI DOVERI GENITORIAL

2.4 Le figure professionali coinvolte

Le figure professionali coinvolte nei procedimenti di separazione e divorzio possono essere diverse soprattutto quando sono coinvolti dei minori.

Per affrontare la crisi della famiglia il dialogo risulta il metodo più efficace, quindi strumenti alternativi come la mediazione familiare oppure gli interventi psicoterapeutici individuali o di sostegno alla genitorialità si presentano utili per gestire queste situazioni particolari. Il giudice, in modo particolare del Tribunale Ordinario, spesso non ha gli strumenti per giungere alla soluzione più idonea per il minore, per questo può avvalersi di soggetti terzi come il giudice onorario oppure la C.T.U. (Consulenza Tecnica d’Ufficio).

Nel momento in cui compare il consulente tecnico d’ufficio è evidente che le parti non riescano a giungere ad un accordo e che le dinamiche relazionali siano costituite da un’alta conflittualità che coinvolge spesso i figli. L’obbiettivo è quello di fornire una soluzione condivisibile che permetta al minore di vivere serenamente.

La CTU serve per capire i limiti e le qualità dei genitori, aiutare la famiglia separata a strutturare un equilibrio adeguato per fronteggiare i bisogni del figlio.

Art. 570 bis c.p. 34

Pittaro P. L’assegno divorzile: profili penali in Famiglia e Diritto n. 11, 2018, la 35

Sentenza delle Sezioni Unite Civili, 11 luglio 2018, n. 18287 stabilisce che l’assegno di divorzio ha una funzione assistenziale e perequativa, pag. 1055.

Tutti i dati sono raccolti attraverso colloqui con i genitori, individualmente e in coppia, ascoltando i minori e le famiglie d’origine dei genitori; inoltre possono esserci colloqui con altre figure professionali come insegnanti, assistenti sociali. I dati possono essere raccolti grazie all’utilizzo di strumenti osservativi individuali e relazionali come i test o le griglie osservative per avere un’analisi funzionale della personalità nel suo insieme.

La CTU non va confusa con la mediazione familiare: la prima infatti viene svolta da un esperto che può essere uno psicologo o uno psichiatra che valuta le persone, le relazioni e raccoglie dati da fornire al giudice; la mediazione va intesa come il metodo utilizzato per trovare una soluzione ai conflitti nati all’interno della coppia che si separa, cercando di arrivare ad un accordo consensuale favorendo la comunicazione tra le parti. Il mediatore è un esperto della gestione dei conflitti, è imparziale, infatti deve porsi in una posizione neutrale senza fornire possibili soluzioni ai problemi ma deve unicamente facilitare la comunicazione e collaborazione tra le parti coinvolte.

Il servizio sociale del comune, il consultorio familiare e i servizi per l’età evolutiva sono servizi territoriali a sostegno della famiglie che spesso vengono coinvolti dai tribunali in quelle situazioni costituite da diverse problematiche o da alta conflittualità, che richiedono una valutazione e un lavoro di sostegno.

Le figure professionali che possono essere coinvolte sono gli psicologi, gli assistenti sociali o in casi più recenti il coordinatore genitoriale. L’atto giuridico emanato dal giudice che giunge ai servizi spesso richiede un lavoro ulteriore rispetto a quello svolto dalla CTU, approfondire una situazione, monitorarla, valutarla oppure optare per la presa in carico di un nucleo familiare.

I decreti variano in base alle richieste e alla situazione in esame, solitamente viene stabilita una data in cui i servizi coinvolti devono trasmettere una relazione che fornisca al giudice maggiori delucidazioni, per esempio quando viene chiesto al servizio di valutare le competenze genitoriali e in certi casi di regolamentare gli incontri tra il figlio e un genitore in forma protetta.

Il coordinatore genitoriale inizialmente era una figura estranea nel nostro sistema giuridico, con il tempo invece, si è dimostrato uno strumento essenziale per i casi di affidamento condiviso caratterizzati da un’alta conflittualità, egli è diverso dagli altri soggetti coinvolti nella controversia ovvero avvocati, terapeuti, consulenti e mediatori. La sua funzione è quella di condurre i genitori nella gestione del conflitto attuando così il piano genitoriale delineato dal giudice.

In particolare il coordinatore è parso utile per aiutare la gestione della conflittualità tra i genitori nei casi in cui essi non riescano a trovare un accordo per le decisioni di maggiore interesse riguardante i figli; e per alleggerire il carico giudiziario, visto che tali decisioni in caso di disaccordo sono rimesse al giudice, il ricorso al coordinatore risulta ancora più utile.

Dato che tale figura non è ancora disciplinata al livello normativo, bisogna capire quali sono i limiti e il ruolo effettivo che svolge il coordinatore genitoriale.

Può essere nominato come coordinatore l’assistente sociale che si occupa di aiutare a definire un piano genitoriale idoneo, cercando di far comunicare i genitori tra loro e guidandoli nelle scelte maggiormente adeguate per il benessere del minore. Spesso quindi si affida al servizio sociale il compito di verificare se un affido condiviso sia realmente realizzabile, date le assidue conflittualità, e quindi se sia possibile

affidare il figlio ad entrambi i genitori oppure prevedere soluzioni alternative a favore dell’interesse supremo del minore.

Il coordinatore nominato dal giudice si limiterà a guidare i genitori al dialogo, cercando di superare il conflitto e valutare l’effettiva realizzabilità dell’affido condiviso, egli però non ha potere decisionale e non può intervenire per porre fine al conflitto.

Secondo le linee guida il coordinatore è un soggetto privato nominato 36

dal giudice che, con il consenso scritto delle parti, fissa la durata dell’incarico e definisce i compiti che egli deve svolgere.

Il coordinatore non istaura con i genitori un rapporto di fiducia perché deve riferire al giudice gli esiti dei suoi interventi e segnalare eventuali comportamenti pregiudizievoli per il minore.

L’esperto nominato attua un’attività di supporto alla co-genitorialità per gestire nel modo migliore il conflitto derivato dall’esercizio della responsabilità genitoriale, questo ruolo non è diverso dalle figure professionali già note al nostro ordinamento come psicologi, psicoterapeuti, psichiatri, giuristi esperti in questa materia e assistenti sociali.

Si può fare ricorso al coordinatore genitoriale in due fasi: nella fase endoprocessuale, con ruolo prettamente ausiliare, che il giudice utilizza per capire se l’affidamento condiviso possa essere concretamente adottabile e nella fase successiva alla chiusura del procedimento, in questo caso il coordinatore non svolge una funzione che va a coadiuvare il giudice ma dovrà preservare la relazione genitoriale cercando di fornire le indicazioni ai genitori per gestire il conflitto, tale attività è funzionale per evitare l’instaurarsi di ulteriori procedimenti giudiziari.

La Spina A., La coordinazione genitoriale quale tecnica di gestione del conflitto 36

Nei casi di continua conflittualità tra i genitori nei procedimenti giudiziari si segnalano come necessari dei percorsi psicoterapeutici individuali o in comune per il sostegno alla genitorialità.

La Cassazione con la sentenza del 1° luglio 2015, n. 13506, dispone che “la prescrizione ai genitori di sottoporsi ad un percorso psicoterapeutico individuale e a un percorso di sostegno alla genitorialità da seguire insieme è lesiva del diritto di libertà personale costituzionalmente garantito e alla disposizione che vieta l’imposizione, se non nei casi previsti dalla legge, di trattamenti sanitari” . Questi trattamenti non 37

possono essere imposti al genitore, è innegabile però che lo stesso a fronte dall’esercizio della responsabilità genitoriale si adopererà in ogni modo per garantire al figlio una crescita sana ed equilibrata.

La criticità di un invio istituzionale del giudice ai servizi socio-sanitari riguarda l’obbligatorietà di effettuare determinati percorsi, per questo la prescrizione di interventi terapeutici viene spesso giustificata a fronte del percorso di sana crescita del minore. La nomina del coordinatore per esempio non deve essere riconducibile ad un trattamento sanitario, ma limitarsi ad affiancare i genitori nel loro compito.

Il giudice si trova ad affrontare situazioni complesse con equilibri familiari precari già a fronte della rottura della coppia genitoriale che crea diverse tensioni. Separazioni e divorzi sono sempre più frequenti e rappresentano un evento critico per la famiglia, in particolare per i figli e questo è l’ambito su cui si basa tutto il lavoro svolto in Tribunale: il supremo interesse del minore, garantendo alla prole di preservare il diritto alla bigenitorialità.

Danovi F., L’ordine di effettuare terapie e percorsi di sostegno: i poteri del giudice 37

Questo è il principio cardine che ha modificato il lavoro del giudice, non disponendo subito un affido esclusivo per quelle situazioni problematiche che giungono al Tribunale, ma invece attuando un procedimento attraverso una rete di professionisti che si assicurino che veramente l’affido condiviso sia contrario al benessere del minore. Solo in questo caso è plausibile un affido esclusivo.

Le coppie che attraverso il mandato del giudice giungono al servizio sono spesso lacerate nel profondo da questa conflittualità esacerbante e nonostante professino un amore incondizionato per il proprio figlio non riescono a trovare un punto di incontro e a comunicare per il bene del minore coinvolto. Il servizio oltre che svolgere il compito affidato dal Tribunale cerca di prevenire possibili rischi evolutivi del minore e di intervenire nel limite dei propri mezzi per garantirgli uno sviluppo sano ed equilibrato.