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La sindrome di alienazione parentale nella giurisprudenza civile

CAPITOLO III: LA SINDROME DI ALIENAZIONE PARENTALE

3.3 Il riconoscimento giuridico

3.3.1 La sindrome di alienazione parentale nella giurisprudenza civile

Nelle aule giudiziarie italiane si fa riferimento alla PAS, in alcuni casi negandola e in altri invece viene considerata come un fenomeno sul quale intervenire.

Il primo provvedimento che fa riferimento alla sindrome di alienazione genitoriale è un ordinanza del Tribunale per i Minorenni di Milano emessa il 19 luglio 1998, la quale tratta di un minore affidato al servizio sociale perché la sua convivenza con il padre aveva portato all’instaurarsi di un rapporto lesivo per il figlio sul piano psicologico. Il bambino in questo caso sembrava affetto dalla PAS secondo alcuni esperti e inoltre stava assumendo i tratti paranoici della personalità del padre.

Un anno dopo in una Sentenza del 24 giugno 1999 n. 318 del Tribunale di Alessandria e poi confermata dalla Corte d’Appello di Torino, si disponeva l’affido del minore di 10 anni alla madre nei cui confronti presentava avversione perché nel bambino si ricontava la sindrome di alienazione parentale attivata dal padre. La Sentenza conferma la presenza della PAS come disturbo che insorge nel contesto di separazioni conflittuali a causa della campagna di denigrazione da parte del genitore alienante.

Vi sono comunque sentenze che negano la sindrome di alienazione parentale, tra queste c’è una vicenda molto discussa, il caso del

Cicero C., Rinaldo M., Principio di bigenitorialità, conflitto di coppia e sindrome 48

cosiddetto “bambino di Cittadella”. Tutto è nato da un matrimonio finito e dal provvedimento del Tribunale di Padova che prevedeva l’affidamento esclusivo del minore alla madre. Il padre, tramite il Tribunale per i Minorenni di Venezia, dichiara che i rapporti con il bambino dopo un po’ di tempo sono peggiorati e che non riesce a vedere il minore nei tempi e nei modi previsti dal provvedimento. Il Tribunale verifica che questo rifiuto del figlio deriva dalla campagna denigratoria messa in atto dalla madre (PAS) e con decreto del 2 ottobre 2009 pronuncia la decadenza della potestà genitoriale della madre affidando il minore ai servizi sociali di Cittadella. Provvisoriamente il collocamento del minore rimaneva presso la madre e il servizio sociale doveva attuare un piano di riavvicinamento tra il padre e il figlio. La madre impugna il decreto alla Corte d’Appello di Venezia che conferma il provvedimento. La situazione però non si modifica, ovvero il bambino continua a rifiutare un rapporto con il padre; quest’ultimo richiede nuovamente al Tribunale per i Minorenni di Venezia l’allontanamento del minore dalla casa materna e la sostituzione dei servizi sociali in carico perché inadeguati a gestire la situazione.

Il Tribunale rifiuta la richiesta di diverso collocamento del minore e affida il caso a servizi sociali di Padova. Il Padre dopo l’insuccesso dei servizi sociali, il cui intervento si rileva improduttivo, chiede reclamo alla Corte d’Appello di Venezia. La Corte, sentiti i servizi sociali e richiesto nuovamente una consulenza tecnica d’ufficio, accertava che il minore aveva un equilibrio psicofisico compromesso dalla condotta alienante della madre. Il 13 luglio 2012 la Corte d’Appello di Venezia dispone l’affidamento al padre e l’allontanamento del minore dalla madre e dalla famiglia materna, con inserimento presso una struttura

educativa e la programmazione di incontri con entrambi i genitori. Questo decreto verrà impugnato in Cassazione dalla madre.

La Corte di Cassazione Civile Sezione I con la Sentenza n. 7041 del 20 marzo 2013, sostiene: «Va cassata con rinvio la decisione dei giudici del merito che, nell’ambito di una controversia sull’affidamento del figlio minore, fondano la loro decisione di allontanamento dalla madre e affidamento al padre sulla base della sussistenza di una “sindrome da alienazione parentale non esaminando le censure, specificamente proposte, sia in relazione alla validità, sul piano scientifico, di tale controversa patologia, sia in merito alla sua reale riscontrabilità nel minore e in sua madre». La Cassazione in questo caso conclude che in ambito giudiziario non si possano adottare delle teorie che siano prive di una conferma scientifica . L’accertamento della diagnosi della PAS, che 49

è legata a profili psicologici, crea sicuramente maggiori problemi. Nella sentenza il giudice è contrario al fatto che il provvedimento adottato dalla Corte d’Appello sia privo di legittimità. La Cassazione rifiuta il riferimento alla PAS, perché essa non è riconosciuta come disturbo psicopatologico quindi si può parlare dell’alienazione come un semplice disagio senza base medica, perché parlare di sindrome significa che si fa riferimento ad un insieme di sintomi e segni clinici che possono dipendere da più malattie. Data l’assenza di un supporto medico- scientifico la PAS potrebbe essere utilizzata da un genitore nei confronti dell’altro come falso strumento di accusa. La Sentenza n. 7041/2013 cassa il provvedimento della Corte d’Appello di Venezia a favore del padre, pertanto gli operatori del diritto in questo caso si sono schierati

Maranò M. B., La sindrome di alienazione parentale (P.A.S.), in Avvocati di 49

famiglia, periodico dell’Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia n. 2, maggio/ agosto 2016.

sulla non validità della PAS e sul fatto che questa non possa essere alla base di un provvedimento giudiziale per l’affidamento dei minori, in più manda al giudice del rinvio, individuato nella Corte d’Appello di Brescia, di verificare la presenza di una condotta alienante che ha portato al rifiuto del padre da parte del minore. Quello che conta è se i comportamenti della madre siano la causa che ha portato il bambino a rifiutare il padre e sia responsabile del disagio del figlio, e non la valenza scientifica della PAS. La Corte bresciana conferma il collocamento del minore presso il padre, l’affidamento del minore ai servizi sociali per la programmazione di un progetto di sostegno psicologico al bambino; la madre essendo ritenuta inidonea non potrà essere reintegrata nella responsabilità genitoriale però viene comunque disposto un calendario di visite per garantire al minore la frequentazione con entrambi i genitori. Una sentenza importante per il riconoscimento della sindrome di alienazione parentale è quella della Corte di Cassazione, Sezione I, n. 6919, 8 aprile 2016.

Il fatto esposto nella Sentenza riguarda una coppia che si separa nel 2004, e il Tribunale per i Minorenni di Milano dispone l’affidamento condiviso della figlia con collocamento prevalente presso la madre e con incarico al servizio sociale di monitorare la situazione. Un successivo decreto vieta al padre di frequentare la figlia perché la minore si rifiuta di frequentarlo, in più prescrive alla bambina un percorso psicoterapico finalizzato al recupero del rapporto con il padre e ai genitori di rivolgersi ai servizi psico-sociali per un sostegno alla genitorialità, inoltre risponde negativamente al padre che aveva dedotto l’esistenza della sindrome di alienazione parentale. Il padre propone reclamo insistendo per ulteriori indagini che facessero luce sull’ostilità della figlia nei suoi confronti. Per

questo la difesa del ricorrente sostiene che la Corte milanese ha omesso di considerare la madre colpevole di aver ostacolato il rapporto tra la minore e il padre.

La Corte d’Appello di Milano conferma l’affido condiviso e il decreto che era stato impugnato nuovamente. Il padre ricorre per questo in Cassazione, la quale accoglie la necessità di verificare le motivazioni che abbiano spinto la figlia a tale rifiuto e l’esistenza di comportamenti riconducibili ad una PAS.

In conclusione la Corte cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte territoriale (composta diversamente) per un nuovo esame. Inoltre sulla base di tale ragionamento la Corte enuncia tale principio: «in tema di affidamento di figli minori, qualora un genitore denunci comportamenti dell’altro genitore, affidatario o collocatario, di allontanamento morale e materiale del figlio da sé, indicati come significativi di una PAS (sindrome di alienazione parentale), ai fini della modifica delle modalità di affidamento il giudice di merito è tenuto ad accertare la veridicità in fatto dei suddetti comportamenti utilizzando i comuni mezzi di prova, tipici e specifici della materia, incluse le presunzioni ed a motivare adeguatamente, a prescindere dal giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della suddetta patologia, tenuto conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena».

Il giudice di merito quindi è chiamato a verificare l’esistenza dei comportamenti denunciati dal genitore denigrato, significativi per la PAS, e non accertare la validità o meno della sindrome.

La PAS viene riconosciuta, pertanto, come elemento ostativo all’idoneità genitoriale data la creazione di ostacoli alla frequentazione con l’altro genitore.