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LA FILOSOFIA DELLA POLITICA LA DEMOCRAZIA SECONDO MARITAIN

TRA CONFRONTO E COOPERAZIONE

1.LA FILOSOFIA DEL SAPERE L’EPISTEMOLOGIA SECONDO MARITAIN

5. LA FILOSOFIA DELLA POLITICA LA DEMOCRAZIA SECONDO MARITAIN

5. 1. Il programma maritainiano

Sembra oggi legittimo affermare che l’itinerario del filosofo fran-cese sia stato profondamente compatto, pur nella specificazione delle fasi che ha attraversato; pertanto, piuttosto che enfatizzare la riparti-zione in un primo, un secondo e un ultimo Maritain all’insegna della discontinuità, è da rilevare una pluralità di momenti che, pur condi-zionati dalle vicende storiche. sono tra loro fortemente collegati in una inesausta tensione veritativa. Con ciò si vuole affermare che la riflessione speculativa di Maritain si è sempre coniu gata con l’impegno sociale e religioso; non è stata, in altre parole, una filoso fia accademica o disincarnata: Maritain ha vissuto in prima persona quello che ad-ditava come il compito proprio del pensiero cattolico, vale a dire la fedeltà all’eterno congiunta all’attenzione al tempo.

Tenendo presente una tale impostazione non astratta né ideolo-gizzata si può meglio comprendere oltre lo sviluppo del pensiero maritainia no. anche la sua ampiezza tematica. Il fatto che abbia af-frontato quasi tutte le questioni canoniche della filosofia non deve far dimenticare che su certe tematiche Maritain è tornato con maggiore insistenza, e almeno tre sono certamente quelle privilegiate: la meta-fisica, la politica e l’estetica, e delle tre certamente alla politica è stata riservata la maggiore attenzione almeno a livello di ricezione (con il cosiddetto “maritainismo”).

5. 2. Un tomismo vivo

Al di là del dato quantitativo, è da dire che la metafisica costitu-isce la base di tutta la costruzione maritainiana; si tratta della meta-fisica che Maritain eredita dall’Aquinate, perché - secondo Maritain

- il tomismo, elaborato nella premodernità, è vitale anche nella post-modernità. Infatti, il tomismo è stato nel medioevo il sistema che ha saputo accogliere e assimilare aspetti del pensiero greco, ellenistico, cristiano, ebraico e islamico; questa lezione di sin tesi (che non ha nulla di sincretico) riportata nel mondo contemporaneo invita ad operare nuove aperture e integrazioni, non meno audaci, come quella avviata da Maritain tra pensiero classico e pensiero moderno. Dunque, po-tremmo dire che il tomismo offre la proceduralità che risulta costante, pur nella diversità dei problemi affrontati e dei periodi attraversati da Maritain, il quale nei con fronti dell’Aquinate ha sviluppato una fedeltà creativa, che lo ha messo al riparo da ogni acritica accettazione e anacronistica ripetitività. Certamente, quello di Maritain è anche un tomismo di contenuto, almeno a livello di metafisica dell’atto d’essere (actus essendi), tuttavia è da ribadire che è soprattutto un tomismo di stile, in quanto Maritain più che ripetere Tommaso, tende a ripe-terne il problema, e per questo fa sua la metodologia del distinguere per unire (e non è un caso che, questo, sia il titolo del suo capolavoro), grazie alla quale Maritain individua le articolazioni del reale, i gradi del sapere, i piani dell’agire e le forme del fare. è attraverso il metodo del “distinguere per unire” che Maritain, ripetendo il problema di san Tommaso, originalmente sviluppa una filosofia che realizza una inedi-ta conciliazione tra i guadagni storici della premodernità e quelli della modernità, evitando la parzialità o le unilateralità dell’una e dell’altra.

Si potrebbe allora dire che - come nella migliore tradizione della cultura cristiana: da Agostino a Tommaso, da Rosmini a Balthasar - Maritain attua un programma di conciliazione. Il filosofo francese si è proposto un tale pro gramma lungo tutto il suo percorso: a partire dalla scoperta del tomismo, Maritain prima denuncia la modernità nei suoi aspetti negativi, poi. mante nendo la critica, ne evidenzia al-cuni aspetti positivi e avvia un’opera di sintesi con la premodernità;

di quest’ultima sottolinea il valore, senza peraltro nascondersene i li-miti. Tanto per esemplificare, possiamo dire che dai diritti umani alla

democrazia pluralistica, dall’autonomia della scienza alla ricerca della pace ci sono guadagni storici che sono stati indubbiamente conse-guiti dalla modernità, ma che proprio nella modernità (a causa del suo immanenti smo) sono diventati delle verità impazzite, producendo individualismo, rela tivismo, scientismo, totalitarismo. occorre allora che le grandi conquiste moderne riguardanti il soggetto, il sapere, la società e la storia vengano posi tivamente sviluppate; a tal fine è neces-sario - secondo Maritain - coniugarle con le acquisizioni della classi-cità, che è all’insegna della oggettivita natura le, conoscitiva, politica.

è un’operazione che va fatta in tutti i campi, e che mostra la vita-lità del tomismo o, meglio, della filosofia cristiana o, meglio ancora, della filosofia plenariamente concepita, cioè della ontosofia. Maritain infatti avverte l’i nadeguatezza di espressioni che legano il concetto di filosofia ad un pensato re con la denominazione di tomismo, mentre la filosofia è una ricerca libera (il filosofo non giura fedeltà a nessuno, nemmeno a san Tommaso) o lo legano alla religione con la denomina-zione di filosofìa nella fede, mentre la filosofia è una ricerca autonoma, o ad una confessione con la definizione di filosofia cristiana mentre la filosofia è una ricerca laica. Questo spiega perché Maritain finisca per prefe rire a queste espressioni il termine di ontosofia, che richiama lo specifico della filosofia come ricerca dell’essere. Ed è proprio in tale tensione veritativa che la filosofia s’incontra con la religione, in parti-colare con il cristianesi mo: il che, secondo Maritain, non costituisce un indebito collegamento ma una legittima apertura che rende pos-sibile alla filosofia di realizzare, nella concretezza del suo stato, la sua propria natura. Viene così superata la dicoto mia tra essenza della filo-sofia (che non può essere aggettivata, nemmeno in senso cristiano) e la sua condizione d’esercizio (che comporta sempre una qualificazione, meglio se è quella di cristiana): l’ultimo Maritain chiarisce infatti che l’essenza stessa della filosofia (come ontosofia) reclama una visione che legittimamente apre la filosofia ad ogni contributo che può venire alla ricerca dell’essere. In breve: l’autonomia della filosofia non la priva di

collegamenti con la teologia per un verso e con la scienza per l’altro che non devono per tanto essere visti come inquinanti per la filoso-fia, bensì come arricchenti, a condizione che tali collegamenti non si trasformino in una subordinazione della filosofia nei confronti della teologia o della scienza.

La filosofia deve quindi evitare di ridursi ad ancella della teologia o a metodologia della scien za; il che, d’altra parte, non significa che la teologia e la scienza non possano legittimamente avvalersi della fi-losofia, ma solo che questa non è finalizzata all’una o all’altra, e. pur collegandosi con l’una e con l’altra, procede in maniera propria e auto-noma. Conseguentemente, per Maritain, è un purismo deleterio quel-lo che pretende di isolare la fiquel-losofia, ma non meno compromet tente per il futuro della filosofia è anche la sua condizione di asservimento.

Abbiamo voluto insistere su questo punto, perché è condizionante per comprendere la stessa impostazione maritainiana della politica, su cui ora ci soffermeremo, per mostrare infine l’attualità della lezione mari-tainiana nel presente momento sociale ed ecclesiale.

5. 3. Epistemologia della politica

Anche in politica l’aggettivazione “cristiana” rischia di ingenerare equivoci; tuttavia la rivendicazione della laicità della politica non deve farne perdere di vista il carattere umanistico. Riconoscere l’autonomia della politi ca non deve dunque portare a considerarla semplicemente come una razionalizzazione tecnica della vita sociale; l’autonomia della politica è pur sempre da collocare nell’ambito etico, e in questo am-bito - di attività finalizzata al bene - la politica mostra il suo specifico di attività finalizzata al bene comu ne. Quest’ultimo è da intendere non come la somma (nemmeno la totalità) dei beni individuali, bensì come il bene proprio della società politica, la quale è il corpo politico, distinto tanto dalla società civile (che è società non nella sua confi-gurazione politica bensì privata) quanto dallo Stato (che della società politica rappresenta la parte più alta, ma pur sempre una parte).

Con questa impostazione Maritain ripropone la concezione classi-ca della politiclassi-ca integrandola però con la concezione moderna di tipo statuale ed eco nomico. Vediamo un po’ più da vicino come si articola l’epistemologia maritainiana della politica.

La modernità ha ridotto la politica all’esercizio del potere tenuto esclusi vamente dallo Stato, per cui la società, privata del potere poli-tico, si caratte rizza in termini economici come finalizzata al profitto;

in tal modo la moder nità espropria la vita sociale (vuoi politica, vuoi economica) del suo carattere etico, connotandola come problema di carattere tecnico, nel senso che è oggetto della razionalità strumentale, cioè di quella razionalità scientifica che si caratterizza come avalutativa.

in quanto s’interroga non sui fini ma solo sui mezzi: i fini infatti sono considerati immanenti alla stessa attività politica (il potere) ed econo-mica (il profitto), per cui alla ragione è richiesto solo di trovare i mezzi che meglio permettano di raggiungerli; per questo il successo diventa il metro per misurare la bontà di un’azione, la cui verità s’identifica con la sua efficacia ed efficienza. Accade così che la pur legittima au-tonomia della politica e della economia - rivendicata dalla modernità - ha finito per confi gurare la politica e l’economia come ambiti tecnici anziché etici. Maritain, senza misconoscere l’autonomia della politica e dell’economia, le vede come attività oggetto della razionalità etica, nel senso che le vede finalizzate al bene comune, per cui il potere e il profitto sono legittimamente perseguiti se sono visti nella prospettiva etica del benessere comunitario. Tale razionalizzazione etica della vita sociale appare chiaramente ripristinando il concetto di società politica che la modernità ha smarrito, in quanto lo ha sostituito con quello di Stato per un verso e con quello di società civile per l’altro, affer mando il primato dell’uno (Hegel) o dell’altro (Marx). Invece, nella imposta-zione maritainiana la razionalizzaimposta-zione politica ed economica è frutto della razionalità etica, che individua il fine (il bene comune) e ad esso subordina i mezzi (il potere e il profitto).

Si potrebbe dire che, con una tale impostazione, la riflessione

ma-ritainiana ha in una certa misura anticipato la cosiddetta “riabilitazio-ne della filosofia pratica” che caratterizzerà il pensiero contempora“riabilitazio-neo della seconda metà del Novecento, così come la sua posizione si può collegare alla cosiddetta risco perta della filosofìa classica nel campo politico; in tal modo quella maritainiana risulta tutt’altro che una voce isolata nel contesto della postmodernità.

Quest’ultima con lui si connota in termini inediti, in quanto si tratta di una postmodernità che si presenta come ultramodernità, an-ziché come pre modernità (arcaica, classica o medievale) o antimoder-nità (nichilista o debolista) o tardomoderantimoder-nità (neoilluminista o neo-razionalista); infatti Maritain propone una postmo dernità che non è né rifiuto della modernità in nome di qualche forma di pre moderno, né fuoriuscita dalla modernità in nome di una diversa condizione, né permanenza nella modernità riproposta senza eliminare le deviazioni che si sono determinate.

è così che scaturisce una nuova impostazione che non è né premo-derna, né mopremo-derna, né antimopremo-derna, bensì ultramopremo-derna, che va cioè oltre la moder nità conservandone i guadagni storici e coniugandoli con quelli della premo dernità, in modo da produrre una nuova visio-ne che Maritain denomina uma visio-nesimo integrale, visio-nel senso che offre una visione integrale (ma senza integrali smi) e integrata (ma senza sincretismi). è integrale in quanto non cade come la modernità nel secolarismo. né come la premodernità nel sacralismo. ma indirizza il processo di secolarizza zione verso la secolarità, cioè verso il ricono-scimento della legittima autonomia delle realtà tem porali, evitando la loro indebita assolutizzazione: così è lo storicismo (ideali sta) e lo scientismo (positivista) cui approda la modernità, e che bisogna evi-tare senza peraltro trascurare di fare i conti con la storia e con la scien-za. Ecco che l’integralità reclama l’integrazione di diverse concezioni in quello che esse hanno di positivo: anziché rigettare tutto, Maritain opera delle possibili selezioni e conciliazioni.

5. 4. La legittimazione della democrazia

La rivendicazione dell’autonomia della politica, così come viene configu rata da Maritain, porta a porre il problema della democrazia, e l’opzione democratica nasce dal fatto che la democrazia appare come la forma che meglio realizza nel mondo contemporaneo la politica in prospettiva etica, in alternativa all’altra forma, che è il machiavellismo;

questo si presenta come il senso autentico della politica, ma tale non è perché impoverisce la politica riducendola a tecnica anziché rispettarla nel suo proprium di etica sociale. Il machiavellismo in vario modo attraversa tutta la modernità: dall’iniziale assolutismo al terminale to-talitarismo, e le stesse ideologie del libera lismo e del socialismo, pur essendo rivendicazioni di valori come la libertà e l’eguaglianza, con-cludono nei totalitarismi di destra e di sinistra proprio per non essersi liberate dalla riduzione tecnica (machiavellica) della politica.

Da qui la necessità, acutamente avvertita da Maritain, e che lo mette in sintonia con altri pensatori tanto nella prima quanto nella seconda metà del Novecento, di ope rare una rifondazione della demo-crazìa. Al riguardo si può precisare che si tratta di una duplice opera-zione, in quanto il totalitarismo si presenta prima come ideologico e poi come tecnologico. Contro l’ideocrazia, che trova la sua espressione paradigmatica nel nazismo, e contro la tecnocrazia, che si nasconde nella società opulenta, Maritain ha sviluppato una denuncia intran-sigente, per cui lo possiamo mettere a fianco prima dei critici del to-talitarismo ideologico (Popper) e poi di quelli del toto-talitarismo tecno-logico (Scuola di Francoforte). Diversamente da altri autori, Maritain ha svolto la sua critica in nome del primato della persona che porta a rivendicare il valore individuale della persona di contro ai totalitari-smi ideologici che concepiscono lo Stato in modo totalizzante, ovvero porta a rivendicare il valore del bene della società in quanto compo-sta di persone di contro al totalitarismo tecnologico della società di massa che concepisce la società come totalizzante, pur enfatizzan do l’individuo. Secondo Maritain la rivendicazione dell’autonomia della

politica non può contraddire la sua essenza umanistica: la politica è infatti attività pratica che ha per fine la realizzazione dell’uomo e non può quindi determinarne la fine. Di fronte alle ragioni dello Stato totalitario (ideocrazia) o a quelle della società totalitaria (tecnocrazia), Maritain sostiene le ragioni della persona umana, la cui dignità la ren-de sempre fine e mai puro mezzo. Pertanto una politica che voglia essere autenticamente politica, deve essere principalmente umana, e tale può essere se è democratica: la democrazia, infatti, altro non è che la politica quando è rispettosa dell’uomo, in quanto lo considera sog-getto, per cui, contro il monismo dello Stato etico, rivendica il valore del pluralismo, e, contro l’individualismo della società consumistica, rivendica il valore del bene comune.

5. 5. Lo specifico cristiano in politica

oltre che rivendicare l’autonomia della politica e chiarire la legittimazio ne della democrazia, per cui a ragione Maritain è stato definito “un classico del pensiero politico del Novecento”, il filoso-fo francese sviluppa anche una riflessione - sempre sulla base del suo umanesimo integrale - riguardo allo specifico cristiano in politica, operando la distinzione tra “l’agire in quanto cristiani”, che riguarda il piano ecclesiale, e “l’agire da cristiani” che concerne l’ambito sociale in cui sono impegnati i cristiani laici. Si potrebbe allora dire che Maritain ha avanzato una duplice rivendicazione: quella del la autonomia della politica - della sua laicità che, pur in modo specifico, è da collocare nell’orizzonte etico - e quella della autonomia dei cristiani impegna ti in politica, cioè della loro laicità, che pur in modo specifico è da collocare nell’orizzonte etico. Ebbene, per Maritain, primo: la politica va salva-guardata nella sua autonomia e per questo va considerata libera dal sa-cralismo (che ne compromette il carattere laico) e dal secolarismo (che ne com promette il carattere etico); secondo: il laicato impegnato in politica va salva guardato nella sua autonomia, liberandolo da forme di clericalismo (che ne compromette la libertà politica) pur senza cedere

al prassismo (che ne com promette la coerenza cristiana). Consegue a questa impostazione quanto Maritain afferma a proposito del problema partito. Il filosofo in modo molto chiaro ha al riguardo preci sato che non è corretta l’idea di un partito cattolico ovvero un partito dei catto-lici, di un par tito che cioè pretenda l’unità politica in nome dell’unità religiosa: una tale pretesa contraddi ce la suddetta distinzione dei piani:

si può invece legittima mente ipotizzare un partito di cattolici o più partiti di cattolici, ovvero una presenza (magari una leadership) di cat-tolici in diversi partiti. Insomma. se anche l’unità politica dei catcat-tolici potesse realizzarsi, ciò dovrebbe avvenire per ragioni esclusivamente politiche e non religiose: queste ultime compro metterebbero infatti la laicità della politica e la laicità dei cristiani impe gnati politicamente.

Dopo quanto abbiamo detto dovrebbe apparire chiaro in che senso Maritain possa essere definito “filosofo cristiano della democrazia”: egli è stato infatti il teorico della politica in generale e il teorico dell’impe-gno dei catto lici in politica: nell’uno e nell’altro caso la rivendicazione dell’autonomia della politica come attività laica e dell’autonomia del laicato cattolico era conseguente ad una visione che collegava la poli-tica ad un preciso quadro antropologico et etico. Ed è questo il punto più caratteristico della imposta zione di Maritain e che ne fa oggi un maestro non solo possibile, ma direi necessario. Si tratta di un punto estremamente importante, in quanto offre una soluzione (che ci pare valida) al problema dell’impegno dei cattolici in politica. Rifiutata l’u-nità partitica sulla base di motivi confessionali, i cattolici debbono pur richiamarsi a valori comuni, a quei valori che hanno trovato espressio-ne espressio-nel Vangelo. In questo modo, tuttavia, i cattolici non compromet-tono l’aucompromet-tonomia della politica, in quanto questa - non essendo mera razionalizzazione tecnica della vita sociale, ma propriamente una ra-zionalizzazione etica - reclama necessariamente un quadro assiologico di riferimento, e quelli evangelici sono valori propriamente umani e umanizzanti. In altre parole, si può affermare che la politica per essere autenticamente tale deve essere democra tica, e la democrazia per

es-sere autenticamente tale deve eses-sere evangelica, ma non nel senso che deve essere confessionale, bensì nel senso che deve essere una politica umanistica; pertanto il collegamento tra democrazia e cristiane simo è essenziale per la democrazia tout - court. Ne consegue che la specificità dei politici cattolici non sta nell’affermare valori che escludono i non cattolici, bensì valori che valgono per tutti e tali sono quelli radicati nel Vangelo. Lo specifico dei cattolici in politi ca sta non solo nei con-tenuti di tali valori che sono riconducibili a quelli di libertà, eguaglian-za e fratellaneguaglian-za radicati nel Vangelo e secolarizeguaglian-zati dall’Illuminismo, cioè quelli di respon sabilità, giustizia e solidarietà fondamentali della dottrina sociale della chiesa e condivisi anche al di fuori di essa, ma sta anche in modo specifico nelle motivazioni, nella loro giustificazione, che è di carattere religioso.

Ebbene, ciò che deve interessare i cattolici è la condivisione pratica di tali valori, senza ovviamente pretendere dagli altri che accettino la legittimazione religio sa. In una tale ottica i cattolici sono chiamati a farsi promotori di un quadro di valori (evangelici) condivisi da parte di tutti (a prescindere dalla apparte nenza religiosa), ma che non tutti motivano o motivano allo stesso modo dei cattolici, i quali invece sono chiamati a motivare e a motivare religiosamente i valori additati;

si può pertanto affermare che ai cattolici è richiesta la condivisione dei valori e della loro giustificazione (ecco l’unità assiologica che significa coerenza con la propria adesione al cristianesimo); tuttavia, la tradu-zione di tali valori non è univoca: da qui la diversità delle scelte poli-tiche, come scelte di proceduralità diverse, che sono legittime se non sono in contraddizione con il quadro antropologico e valoriale religio-samente giustificato per sempre nell’autonomia delle scelte concrete.

Dunque, tra l’unità della fede religiosa (l’agire in quanto cristiani) e la pluralità delle scelte politiche (l’agire da cristiani) c’è una costante; il richia mo all’essere cristiani diversamente tradotto sul piano ecclesiale e su quello sociale: la diversità non può compromettere la coerenza e la

Dunque, tra l’unità della fede religiosa (l’agire in quanto cristiani) e la pluralità delle scelte politiche (l’agire da cristiani) c’è una costante; il richia mo all’essere cristiani diversamente tradotto sul piano ecclesiale e su quello sociale: la diversità non può compromettere la coerenza e la