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LA FILOSOFIA DELLA PERSONA L’ANTROPOLOGIA SECONDO MARITAIN

TRA CONFRONTO E COOPERAZIONE

1.LA FILOSOFIA DEL SAPERE L’EPISTEMOLOGIA SECONDO MARITAIN

2. LA FILOSOFIA DELLA PERSONA L’ANTROPOLOGIA SECONDO MARITAIN

2. 1. Caratteri dell’antropologia

Tra le definizioni che della filosofia di Jacques Maritain sono state date, è abbastanza diffusa quella di “personalismo tomista” che può effettivamente sintetizzare il pensiero maritainiano, a condizione però che si metta l’accento più sull’aggettivo che sul sostantivo, in quanto è la “filosofia dell’essere” l’orizzonte entro cui per Maritain ha senso la filosofia della persona. Pertanto vorrei mostrare come si caratterizzi in Maritain l’approccio tomistico alla realtà della persona, come si confi-guri l’idea di persona nel pensiero di Maritain, e come si collochi nel suo personalismo di matrice tomistica. A tal fine ritengo necessario fare una duplice operazione: per un verso svolgerò una (per quanto es-senziale) ricognizione nella produzione maritainiana, in modo da evi-denziare come e quanto Maritain parli esplicitamente della “persona”;

e, per altro verso, effettuerò una (altrettanto essenziale) ricognizione delle valutazioni che di tale concezione sono state date, in modo da esplicitare quelli che la critica considera i nodi del pensiero maritainia-no. Muoviamo, allora, dalla definizione e caratterizzazione che della categoria di persona Maritain dà, quando affronta (direttamente o indi-rettamente) la questione in numerose opere, per passare a considerare una tale antropologia in rapporto alla filosofia che ne sta a monte, e infine presentare e discutere alcune interpretazioni e valutazioni, che dell’antropologia maritainiana sono state date.

Diciamo subito che, quella di Maritain, è una concezione che vuole coniugare insieme una visione dell’uomo come struttura unitaria di corpo, mente e spirito (secondo la visione ebraico - cristiana) e una visione dell’uomo come composto di materia e forma: il sinolo ilemor-fico (secondo Aristotele). Il che, come vedremo, può creare qualche

problema, che alcuni critici non hanno mancato di evidenziare, e che occorrerà chiarire per comprendere la posizione maritaniana. Prima di soffermarci sugli approcci alla persona e sul concetto di persona, riteniamo opportuno fare una duplice puntualizzazione, operata da Maritain a proposito del significato analogico, che egli attribuisce all’i-dea di persona, e del privilegiamento dell’amore che egli indica come accesso alla persona.

In primo luogo, è da dire che la filosofia di Maritain ha a monte la concezione cristiana, la quale è caratterizzata da due categorie fonda-mentali: la creazione (per cui l’uomo è stato fatto a immagine e so-miglianza di Dio) e l’incarnazione (per cui il Verbo si è fatto uomo) che comportano una concezione personalistica di Dio e di Cristo; il che spiega perché il personalismo sia stato, nel pensiero della Patristica e della Scolastica, un personalismo anzitutto teologico, e solo successi-vamente (e subordinatamente) anche antropologico. è, dunque, per il principio di analogia che si parla di persona hominis con riferimento alla Persona Dei, e tra le due nozioni rimane l’assoluta differenza che c’è tra creatore e creatura, tra l’essere che è l’essere e l’essere che ha l’essere. In breve: la nozione di persona, intesa in senso analogico, comporta un riferimento teologico: “la nozione di persona è una nozione analogica, che si realizza pienamente e assolutamente soltanto nel suo supremo analogato, in Dio, nell’Atto puro”.

In secondo luogo, Maritain rileva il ruolo che l’amore svolge nell’esse-re persona e nel pensanell’esse-re la persona. In proposito egli ritiene che la via migliore per accedere alla persona sia quella di considerare la “relazio-ne tra la personalità e l’amore”. Infatti, “l’amore non va a delle qualità, non si amano delle qualità - ciò che io amo è la più fondamentale realtà, sostanziale e nascosta, la più esistente dell’essere amato, - un centro metafisico più profondo di tutte le qualità e le essenze che io posso scoprire ed enumerare nell’essere amato”, ed “è a questo centro che va l’amore, senza separarlo dalle qualità indubbiamente ma come nucleo che fa tutt’uno con esse, Un centro, in certo modo inesauribile,

di esistenza, di bontà e di azione, capace di dare e di darsi”. In questo senso, la considerazione della legge propria dell’amore introduce nel problema metafisico della persona. L’amore non va a qualità, né a na-ture e ad essenze, ma a persone”.

2. 2. Un’antropologia fra ontologia ed empiriologia

Fatta questa duplice puntualizzazione, possiamo affermare che la conseguente concezione della persona porta Maritain ad elaborare un personalismo metafisico, che è all’insegna di una ontologia individuale non meno che relazionale; una citazione per tutte: “la persona richie-de la società al tempo stesso per abundantiam” in quanto personalità,

“e per indigentiam” in quanto individualità. Questo personalismo di Maritain è il risultato di una riflessione speculativa e pratica che può essere sintetizzata con il titolo della sua opera più famosa, Umanesimo integrale, che rappresenta l’esito della ricerca svolta, e con il sottotitolo del suo capolavoro filosofico, Distinguere per unire, che rappresenta la metodologia adottata. Si tratta di un programma che appare caratte-rizzato anzi tutto da un lavoro che è essenzialmente filosofico ma non esclusivamente filosofico, in quanto Maritain ritiene che l’antropolo-gia vada costruita con molteplici apporti: da quello filosofico, che coglie la natura ontologica della persona (cioè la sua essenza metafisica), a quello religioso, che ne coglie la condizione esistenziale (cioè la sua na-tura decaduta e redenta), a quello scientifico, che ne coglie la situazione concreta (cioè la sua specificità individuale e sociale, storica e cultura-le): tutti e tre sono approcci a diverso titolo importanti per avere una conoscenza completa dell’uomo.

Anche per l’antropologia vale la regola epistemologica cara a Mari-tain, quella di coniugare scienza e sapienza, per cui l’uomo è oggetto di conoscenza empiriologica (empirioschematica ed empiriometrica) e di conoscenza ontologica (filosofica e teologica). In questo senso si può dire che Maritain punta ad un umanesimo integrale, dove la valorizza-zione dell’uomo avviene sia in termini di integralità antropologica (cioé

tiene conto della molteplicità degli aspetti che caratterizzano l’essere persona) sia in termini di integrazione assiologica (cioé pone in sinergia quanto di valido è presente in diverse antropologie). Dunque, quella di Maritain, è una valorizzazione che scaturisce dalla volontà di ri-spettare la complessità dell’uomo, rivendicandone in primis il carattere di totalità unitaria e strutturata, nell’ambito della quale distingue in secundis gli aspetti che la costituiscono, e che Maritain individua senza separarli o contrapporli, bensì cogliendoli come espressioni in cui si articola l’unità profonda che caratterizza l’essere dell’uomo. Insomma, l’unità è a monte di ogni specificazione e non è compromessa da alcu-na distinzione.

Riteniamo, quindi, necessario chiarire sia l’unità che Maritain ri-vendica come propria della persona intesa come un tutto, sia la distin-zione che nella persona Maritain rintraccia tra le due polarità della individualità e della personalità, ma pur sempre nella rivendicazione dell’unità della persona. Di “spirito nella condizione d’incarnazione”

parla Maritain nell’opera omonima per definire l’uomo, altrove de-finito “uno spirito animatore d’una carne” (Ragione e ragioni, p. 15).

Maritain insiste sul fatto che l’uomo è “un’unica sostanza” costituita da materia e forma, dunque “una sostanza carnale e spirituale al tem-po stesso”; pertanto “l’anima e la materia sono due com - principi sostanziali d’uno stesso essere, d’una sola e unica realtà, che si chiama uomo”. Questo richiamo all’unità dell’uomo non porta ad alcuna for-ma di naturalismo, in quanto Maritain rivendica l’extraterritorialità della persona: l’uomo è, sì, un essere naturale (animal) ma che trascen-de la natura (rationale). Così si esprime in Strutture politiche e libertà:

“dire persona è dire tutto, non una parte”, più precisamente: “un tutto dotato di una sussistenza spirituale e chiamato a un destino superio-re al tempo” (p. 43). Ne I diritti dell’uomo e la legge naturale ribadì:

“quando diciamo che un uomo è una persona, vogliamo dire che egli non è solamente un pezzo di materia, un elemento individuale nella natura”, infatti “l’uomo è sì un animale e un individuo, ma non come

gli altri. L’uomo è un individuo che si guida da sé mediante l’intelli-genza e la volontà; esiste non soltanto fisicamente, c’è in lui un esistere più ricco e più elevato, una sopraesistenza spirituale nella conoscenza e nell’amore”. Dunque “la nozione di personalità implica così quella di totalità e di indipendenza; per povera e oppressa che essa possa essere, una persona è, come tale, un tutto e, in quanto è persona, sussiste in maniera indipendente. Dire che l’uomo è una persona, è dire che nel fondo del suo essere esso è un tutto più che una parte, e più indipen-dente che servo” (pp. 4-5).

2. 3. Una distinzione nella persona

In questo contesto Maritain avanza la distinzione tra individualità e personalità, e la presenta come una considerazione dal punto di vista metafisico:è in questa ottica che si può parlare di due poli nella per-sona, senza che la distinzione ne comprometta il carattere di totalità unitaria. D’altra parte, secondo Maritain, la distinzione “non è una cosa nuova, è classica, appartiene al patrimonio intellettuale dell’u-manità” ma, nello stesso tempo, è “una tra le verità di cui il pensiero contemporaneo ha particolarmente bisogno, e che da essa potrebbe trarre molto profitto”. La distinzione tra individualità e personalità (o tra individuo e persona) è - avverte Maritain - “una distinzione difficile a capirsi bene, e che presuppone un esercizio dello spirito metafisico, di cui il pensiero contemporaneo ha assai scarsa l’abitudine”. è una distinzione “difficile, soprattutto forse per i sociologi, che non sempre sono sensibili agli allettamenti del terzo grado d’astrazione (cioè quello metafisico), e che si chiedono a che pro equipaggiarsi innanzi tutto da metafisici”. è una distinzione difficile anche per “certi spiriti (che pur) propensi alla metafisica, trovano la confusione migliore della distinzio-ne”. Dal canto suo, Maritain ritiene decisiva tale distinzione e - sulla base della dottrina di san Tommaso d’Aquino e della riflessione di alcuni pensatori - sostiene che “l’essere umano è preso tra due poli: un polo materiale”, l’individualità; “e un polo spirituale”, la personalità.

Sono, questi, gli “aspetti metafisici dell’essere umano: individualità e personalità, con la loro fisionomia ontologica propria”. Ma - si badi, e Maritain non si stanca di ribadirlo - “qui non si tratta di due cose separate”, perché. “è lo stesso essere intero che in un senso è individuo (individualità) e nell’altro senso è persona (personalità)”. Per capire che tale distinzione non inficia l’unità della persona umana, lo stesso Mari-tain ha suggerito un esempio, paragonandola ad un quadro, che “è tut-to un complesso fisico - chimico in ragione delle materie coloranti di cui è fatto, e tutto un’opera di bellezza in ragione dell’arte del pittore”.

Dunque, senza mai prescindere dal contesto unitario della persona ha senso operare la distinzione tra individualità e personalità. Parlare di individualità significa riferirsi al fatto che “ciascuno di noi è un fram-mento d’una specie, una parte di questo universo, un punto singolare della immensa rete di forze e d’influenze cosmiche, etniche, storiche, di cui subisce le leggi; egli è sottomesso al determinismo del mondo fisico”. Parlare di personalità significa riferirsi al fatto che egli “non è sottomesso agli astri, sussiste intiero della sussistenza stessa dell’anima spirituale, e questa è in lui un principio di unità creatrice d’indipen-denza e di libertà”: indipend’indipen-denza perché è “una realtà che, sussistendo spiritualmente, costituisce un universo a sé, un tutto indipendente (re-lativamente indipendente) nel grande tutto dell’universo e in faccia al Tutto trascendente che è Dio”; “la personalità ha per radice lo spirito, in quanto questo sta esso medesimo nella esistenza e vi sovrabbonda”;

metafisicamente considerata, personalità vuol dire “sussistenza”, “in-teriorità”, “comunicazione”. Precisa ulteriormente Maritain: è anche da “comprendere che l’individualità materiale non è certo qualcosa di cattivo in sé. No! è qualcosa di buono, poiché è la condizione stessa della nostra esistenza. Ma proprio in ordine alla personalità l’indivi-dualità è buona; e ciò che è cattivo sta nel dare la preponderanza a questo aspetto del nostro essere nella nostra azione”. Infatti, “proprio in conseguenza del fatto che è libero e mi impegna tutto, ognuno dei miei atti è trascinato in un movimento che va verso la dispersione,

dove, lasciata a se stessa, l’individualità materiale non domanda che di ricadere. è importante qui notare - osserva Maritain - che l’uomo deve realizzare, mediante la sua volontà, ciò che la sua natura è allo stato di abbozzo”, cioè “egli deve conquistare da sé, nell’ordine morale, la sua libertà e la sua personalità”. Insomma, “la sua azione può seguire o il pendio della personalità, o il pendio della individualità materiale.

Se lo sviluppo dell’essere umano ha luogo nel senso dell’individualità materiale, egli andrà nel senso dell’io odioso, la cui legge è di prendere, d’assorbire per sé; e nello stesso istante la personalità come tale tenderà ad alterarsi, a dissolversi. Se, al contrario, lo sviluppo va nel senso della personalità spirituale, allora l’uomo si dirigerà nel senso dell’io generoso degli eroi e dei santi. L’uomo sarà veramente persona soltanto nella misura in cui la vita dello spirito e della libertà dominerà in lui su quella dei sensi e delle passioni”.

La distinzione è ribadita anche nell’ottica sociale. Al riguardo Ma-ritain in Strutture politiche e libertà scrive: “Una persona è parte di una società, non propriamente secondo l’aspetto formale o legge tipica della personalità, poiché dire persona è dire tutto, non una parte, ma secondo l’aspetto formale o legge tipica dell’individuazione”, per cui

“la persona umana è membro o parte della società politica, ma non secondo tutta se stessa e tutto ciò che le appartiene, essa è membro o parte secondo l’aspetto della individuazione che porta impresso in sé” (pp.42-43). Da quanto detto consegue la necessità di evitare un duplice errore: la confusione e la separazione tra i due com - principi metafisici della persona umana: è, cioè, da evitare, per un verso, di confondere la personalità con l’individualità, e, per altro verso, di se-parare individualità e personalità.

2. 4. Quale epistemologia per l’antropologia

A questo punto, possiamo chiederci come si colloca l’antropologia maritainiana nel dibattito antropologico contemporaneo. A tal fine è necessario ricordare che il quadro delle antropologie rivali può essere

ricondotto, dal punto di vista epistemologico, a una duplice connota-zione: analitica oppure olistica. Nell’impostazione analitica si possono individuare tre concezione: quella monistico - materialistica (Democri-to, Hobbes, Comte, Wilson...), quella monistico - spiritualistica (Pla-tone, Plotino, Berkeley. Hegel...), quella dualistica (Cartesio, Popper, Eccles, Fodor...) e quella unitario - organicistica (Aristotele, Spinoza...).

Ebbene, ci sembra che tali impostazioni - riduttivistiche o compositive - configurino l’uomo come una somma di elementi o come un compo-sto di elementi, ovvero lo riconducano ad uno solo degli elementi. Di contro a questa impostazione analitica e alle sue articolazioni, si pone un’altra concezione, quella olistica o idiografica, che dalla precedente si differenzia su un punto fondamentale: mentre quella analitica ad una unità (riduttivistica o conflittuale o conciliativa) perviene a partire dalla considerazione degli elementi che ritiene costitutivi dell’uomo, quella olistica dalla unità dell’uomo prende le mosse, per poi precisar-ne gli aspetti o le articolazioni, per cui la persona è vista come totalità unitaria e, insieme, articolata. è, questa, un’antropologia che potrem-mo definire “personocentrica”, che ha trovato espressione in Agostino e Tommaso, in Boezio e in Ugo da San Vittore; la sua caratteristica peculiare è quella di non esaurirsi in una dimensione meramente na-turalistica, ma di collocare la persona nell’orizzonte teologico.

L’antropologia personocentrica può essere considerata una tipi-ca espressione del cristianesimo, che della persona si è interessato a partire dal dibattito teologico: sia trinitario che cristologico. è da ag-giungere che la visione personocentrica, che ieri s’identificava con il personalismo cristiano (pur nelle sue diversificate espressioni), oggi si presenta sia come personalismo (o neopersonalismo) religioso, sia come personologia laica, la quale, per quanto si differenzi dal personalismo (per la connotazione laica, non religiosa, e per la connotazione scien-tifico - filosofica, non metafisica), con il personalismo ha in comune l’idea di persona come totalità unitaria e, insieme, strutturata.

Possiamo pertanto affermare che nell’odierno panorama

antro-pologico si fronteggiano principalmente due impostazioni: quella a carattere riduzionistico (con valenza positiva, per i suoi sostenitori) o riduttivistico (con valenza negativa, per i suoi critici), e quella a ca-rattere complesso (connotazione metafisica o fenomenologica). Detto questo, possiamo rilevare che Maritain s’iscrive nell’antropologia di tipo complesso: il suo è un personalismo ontologico che rivendica anzi tutto l’unità della persona, per poi specificarla in una duplice polarità.

Si tratta di una impostazione che è diversa, non solo rispetto alle varie forme di dualismo antropologico, ma anche rispetto alla posizione di chi, pur rivendicando l’unità, l’afferma come risultato di una composi-zione. Con ciò vogliamo sostenere che la distinzione operata da Mari-tain tra individualità e personalità che può sembrare un arretramento (in una nuova forma di dualismo) rispetto alla conquista del sinolo, in realtà è finalizzata a sottolineare con più forza l’unità della persona, perché la distinzione suggerita presuppone proprio l’unità della perso-na, e viene operata solo a partire da tale unità. In altre parole, mentre l’unità antropologica di Aristotele è conseguente alla composizione di materia e forma, l’unità antropologica di Maritain non è il risultato di un composto, bensì il supposto che permette di operare distinzioni di polarità, diversificazioni di approcci, individuazione di operazioni e funzioni.

Perciò riteniamo legittimo affermare che nel suo pensiero si può rintracciare un’antropologia personocentrica, e precisamente un perso-nalismo - a base metafisica - preoccupato soprattutto di rivendicare il carattere di totalità, di unità e di complessità dell’essere persona, e dunque coerente con il personalismo di ispirazione cristiana. Infatti, questo - come ha sintetizzato Bruno Forte - “è lontano da ogni conce-zione basata sul dualismo anima - corpo: esso guarda all’uomo come totalità personale, aperta o chiusa alla trascendenza (tale peraltro è il significato del binomio spirito - carne nel Nuovo Testamento: lo stesso uomo in quanto aperto al nuovo Dio è spirito, in quanto chiuso e ripiegato su se stesso è carne”. Ecco, in termini teologici, la duplice

polarità che Maritain avanza in termini filosofici: in entrambi i casi non c’è ombra di dualismo.

2. 5. Alcune valutazioni

Dopo quanto abbiamo detto in merito all’antropologia e al perso-nalismo di Maritain, possiamo concludere affermando la necessità di superare alcuni luoghi comuni relativi alla concezione maritainiana, vale a dire che essa sia una semplice riproposta della concezione aristotelica;

che essa sia caratterizzata da una qualche forma di dualismo (spirito e corpo) ovvero di monismo (spiritualistico).

Riguardo al primo tipo di osservazione, è da dire che, quella di Ma-ritain, prima d’essere una filosofia della persona è una filosofia dell’es-sere, sulla cui base costruisce la sua antropologia, con cui ritiene di po-ter fornire una visione dell’uomo in modo integrale o esistenziale (con questi termini Maritain designa l’epistemologia dei gradi del sapere, la metafisica dell’essere come atto e come essenza, e la morale adeguata-mente presa). Pertanto riteniamo che la caratterizzazione “aristotelica”

per il personalismo di Maritain rischi di essere limitativa, per cui sa-rebbe meglio parlare di una concezione che, muovendo da Aristotele, perviene attraverso Tommaso ad una propria visione antropologica, impegnata a superare i ricorrenti monismi e dualismi antropologici, mediante apporti teologici, metafisici e fenomenologici.

Di fronte ad una tale impostazione la letteratura critica sul pensiero maritainiano presenta due linee di tendenza: una che esprime un deci-so apprezzamento, e l’altra che, invece, avanza altrettanto decisamente delle riserve. Il primo orientamento può essere rappresentato da uno studioso, M. F. Canonico, che nel suo panorama di antropologie filoso-fiche del nostro tempo a confronto riserva un particolare rilievo a Mari-tain, riconoscendogli il merito di “aver restituito all’intelligenza umana il suo oggetto formale: l’essere in tutta la sua densità ontologica, inteso, cioè, non come questo o quell’ente ma come actus essendi, fondamento primordiale di ogni esistente, ratio essendi e ratio cognoscendi di ogni

realtà”, e, in questo contesto metafisico, di aver considerato l’uomo come “una persona che si possiede per mezzo dell’intelligenza e della volontà”, cioè “un microcosmo, in cui il grande universo intero può essere racchiuso mediante la conoscenza”. Il secondo orientamento si ritrova in un’altra studiosa, Mirella Lorenzini, che all’Antropologia di Maritain ha dedicato uno specifico studio, per denunciare quella che ritiene “l’errata concezione della sussistenza” (p. 181), che caratteriz-zerebbe la concezione maritainiana della persona, e da cui scaturirebbe anche la sua “nota distinzione fra individuo e persona” (ib.). Secondo questa studiosa c’è in Maritain “l’errata identificazione della persona

realtà”, e, in questo contesto metafisico, di aver considerato l’uomo come “una persona che si possiede per mezzo dell’intelligenza e della volontà”, cioè “un microcosmo, in cui il grande universo intero può essere racchiuso mediante la conoscenza”. Il secondo orientamento si ritrova in un’altra studiosa, Mirella Lorenzini, che all’Antropologia di Maritain ha dedicato uno specifico studio, per denunciare quella che ritiene “l’errata concezione della sussistenza” (p. 181), che caratteriz-zerebbe la concezione maritainiana della persona, e da cui scaturirebbe anche la sua “nota distinzione fra individuo e persona” (ib.). Secondo questa studiosa c’è in Maritain “l’errata identificazione della persona