TRA CONFRONTO E COOPERAZIONE
1.LA FILOSOFIA DEL SAPERE L’EPISTEMOLOGIA SECONDO MARITAIN
4. LA FILOSOFIA DELL’AGIRE L’ETICA SECONDO MARITAIN
4. 1. Approcci alla filosofia morale
Di filosofia morale Maritain ebbe a occuparsi a più riprese, a partire dagli anni Trenta, quando scrisse ”Chiarimenti sulla filosofia morale”, pubblicati nel volume Scienza e saggezza, fino agli ultimi interventi raccolti nel volume di “scritti cristiani”: Approches sans entraves. Dun-que, un quarantennio di ricerche e riflessioni, che hanno avuto carat-tere sistematico (quello morale è il problema filosofico che Maritain ha affrontato in modo più organico) e una trattazione secondo diversi approcci (storici, teoretici e pratici). C’è stata, infatti, una ricogni-zione storica ne La filo sofia morale; fondazionale in Nove lezioni sulle prime nozioni di filosofia morale; epistemologica in Scienza e saggezza;
antropologica ne I diritti umani e la legge naturale; e teologica in Dio e la permissione del male. Tutti questi scritti, pur nella diversità del taglio, hanno un comune carattere dottrinale. Anche l’opera che pre-senta un carattere storico - La filosofìa morale - ha a ben vedere una finalità speculativa; lo stesso Maritain lo sottolinea nella prefazione all’opera, quando dichiara senza mezzi termini che “il suo proposito è di natura dottrinale, non storica”. E infat ti non si giustificherebbero, se fosse una ricostruzione propriamente storiografi ca, certe omissioni:
non tanto quelle di Agostino e Tommaso, che Maritain tra lascia vo-lutamente. considerandoli più teologi che filosofi (il che è significati-vo per lo statuto epistemologico che Maritain attribuisce alla filosofia morale), quanto quelle di filosofi moderni (da Spinoza a Hume, da Fichte a Rosmini) e contemporanei (da Nietzsche a Moore, da Russell a Croce).
Con questo carattere prevalentemente dottrinale, gli scritti di Mari tain sulla filosofia morale offrono un quadro del suo pensiero
su temi di etica, e si tratta di un quadro organico in sé e coerente con l’impostazione complessiva del l’Autore. Dei vari aspetti presi in considerazione da Maritain, privilegeremo quel lo epistemologico, cer-cando di mostrare quale sia, secondo lui, lo statuto scientifi co della filosofia morale. Per intendere l’impostazione che il filosofo francese dà a tale questione, riteniamo utile richiamare preliminarmente alcune peculiarità della sua riflessione (anche in campo morale); ciò aiuterà a comprendere pure i motivi della sua scarsa presenza nell’odierno di-battito etico, che pure avrebbe tutto da guadagnare da un confronto con l’”inattuale” pensiero maritainiano.
4. 2. Tomismo e filosofia morale
Per impostare la questione epistemologica della filosofia morale ser-vono le “puntualizzazioni” che Maritain fa in apertura del suo “esame storico e critico dei grandi sistemi”, dove richiama un criterio storio-grafico essenziale, vale a dire che “abbiamo sempre un sistema di riferi-mento in filosofia”, e aggiunge: “ciò che importa è di essere consapevo-li di questo fatto e di essere in grado dì giudicare consapevo-liberamente la nostra filosofia” (La filosofia morale, p. 7). Ebbene, nel suo caso, il referente filosofico è il tomismo, secondo la configurazione che Maritain ne ha dato in molteplici opere nell’arco di tutta la sua riflessione.
In primo luogo, è da osservare che l’espressione “filosofia tomistica”
sem brava inappropriata a Maritain per almeno tre ragioni (che saran-no ribadite anche dieci anni più tardi ne Il contadisaran-no della Garonna).
A parte che “sarebbe certamente molto dispiaciuta a s. Tommaso”, la denominazione è inadeguata, “perché non conviene indicare una dottrina filosofica col nome di un teologo”, e inoltre “perché non con-viene indicare col nome di nessun uomo, fosse anche il più grande dei pensatori, una filosofia che, identificandosi con la philosophia perennis, deve rinnovarsi di generazione in generazione e di secolo in secolo e nutrirsi di tutto il passato per andare costantemente al di là del passa-to” (p. 8). Da qui la proposta di sostituire l’espressione “filosofia
tomi-stica” non con altre che si prestano ad essere equivocate (per esempio,
“filosofia cristiana” e “filosofia nella fede”, che sembrano quasi voler sacralizzare o clericalizzare un’attività che per sua natura è secolare, laica), ma con espressioni come “filo sofia dell’essere” (actus essendi) o
“filosofia dell’analogicità dell’essere” (ana logia entis) o, con un neolo-gismo efficace, coniato dallo stesso Maritain, “ontosofia”.
Fatta questa precisazione sul senso e l’uso del termine “tomismo”, occorre fare una seconda puntualizzazione, relativa ai “tomisti”. Al ri-guardo Maritain svolge nei loro confronti una critica, specificamen-te riferita alla filosofia mora le, che, secondo lui, “non è stata ancora formalmente liberata per se stessa dalla teologia morale nell’insegna-mento tradizionale della filosofia tomistica” (p. 7). Infatti, “quello che troviamo nei corsi o nei manuali di etica che si richiamano a questa è troppo spesso un semplice ricalco che si toglie alla luce propria della teologia per portarlo nella luce della ragione naturale e della filosofia continuando a conservare l’ordine e la struttura del trattato teologico, al quale ci si ispira. Il prodotto che ottiene non è né filosofico né teo-logico: è una teologia sgerminata che vuoi farsi passare per filosofia”.
Si tratta di una critica decisa e precisa, che porta al centro della elabo-razione della filosofia morale la questione epistemologica, e si tratta di una critica tanto più importante in quanto Maritain affermerà pure la necessità del collegamento tra filosofia morale e teologia morale. Ma quello che auspica è un collegamento da realizzare nel rispetto delle due autonomie (filo sofica e teologica), senza cioè inficiare lo statu-to epistemologico dei due approc ci all’etica. Sta qui il punstatu-to cruciale della posizione maritainiana: rivendicare lo studio della morale in pro-spettiva filosofica, e, insieme, riconoscere che tale prospetti va ha da integrarsi con la prospettiva teologica (anzi non solo teologica, perché occorre portare attenzione anche alla scienza e anche alla esperienza).
Insomma, un’impostazione che non piace ai tomisti, perché troppo autonoma, e non piace ai laici, perché troppo religiosa.
Maritain è stato ben consapevole delle possibili critiche che gli
sa-rebbero state mosse, però ha continuato a sostenere la sua imposta-zione e a motivarla, in quanto convinto della specificità della filosofia morale, che, diversamente dalla filosofia teoretica, ha bisogno - per essere, come deve essere, pratica - di inte grarsi con il teologico, per-ché diversamente sarebbe una filosofia astratta, che parla della natura dell’uomo, trascurandone la condizione e la situazione in cui concreta-mente agisce. Ebbene, un’antropologia adeguata è quella che permette di conoscere dell’uomo la natura (ontologica), la condizione (esisten-ziale) e la situazione (individuale); questa antropologia integrale si co-struisce pertanto attraverso un triplice contributo: metafisico, religio-so e scientifico. Mentre la filo religio-sofia teoretica si identifica con la ricerca ontologica, la filosofia pratica (sul ver sante morale, ma anche su quello politico e pedagogico) è chiamata a fondarsi su una visione non astrat-ta ma concreastrat-ta. Da qui la necessità di tenere conto di altri approcci:
da quello religioso a quello scientifico a quello esperienziale. Maritain, dal canto suo, ha prestato attenzione tanto alla teologia morale quanto alla etnologia, alle quali la filosofia morale è associata, eppure distinta (p. 524), per disporre di una concezione antropologica adeguata, che costituisce la base per sviluppare “la filosofia morale adeguatamente presa”, dove l’espres sione “adeguatamente presa” vuol significare il ca-rattere “esistenziale” che deve avere la morale, cioè rispondente alla realtà effettuale dell’uomo, per cui ha bisogno di conoscere la condi-zione esistenziale dell’uomo: proprio questo comporta l’apertura alla religione, che è, quindi, richiesta dalla stessa filosofia morale in quanto filosofia pratica.
Non c’è, allora, nessuna indebita intromissione, dal momento che è la stessa filosofia morale che reclama, per formularsi nella sua speci-ficità, di muovere da presupposti religiosi (ebraico - cristiani); infatti, la condizione umana si può comprendere, nella sua realtà effettuale, solo facendo riferimento alle categorie di ”peccato” e “grazia” che sono fornite dalla religione, in particolare da quella cristiana. La tentazione, cui reagire, è quella di dissolvere la filosofia morale nella teologia
mo-rale, come tendono a fare non pochi pensatori religiosi, tra cui - come ha denunciato lo stesso Maritain - esponenti del tomismo tradizio-nale. Una tentazione analoga a quella che si può verificare quando si presta esclusiva attenzione alle scienze del comportamento umano (a cominciare dall’antropologia culturale); in questo secondo caso, la tentazione è quella di sostituire la filosofia morale con una scienza comportamentale, secondo quanto sostenuto, per esempio, da Dewey (Rifare la filosofìa), per il quale bisogna “guardare la morale dalla pro-spettiva ormai propria delle scienze naturali” e operare “sforzi siste-matici per assoggettare all’indagine e alla critica scientifica la morale sottostan te alle vecchie abitudini istituzionali consolidatesi nei tempi prescientifici” (pp. 7 e 12). Per Maritain, invece, è ineludibile e non invadente né inquinante per la filosofia morale il suo collegamento con la teologia morale (come, per altro verso, con l’antropologia culturale):
collegamento, non riduzione perché epistemologicamente rispettoso della specificità della filosofia morale come rifles sione propriamente razionale sull’agire dell’uomo.
Per elaborare una siffatta filosofia morale Maritain muove da Tom-maso d’Aquino, cui riconosce che ha “largamente chiarito” tale ambi-to, seppure riconosca che “una filosofia morale concepita alla luce dei suoi principi e in grado di illuminare i nostri problemi moderni resti ancora da scrivere” (p. 7). Maritain si proponeva, appunto, “di dis-sodare il terreno e di aprire delle vie, di segnalare talune articolazioni essenziali e di determinare l’ordine normale dei problemi che un’etica autenticamente filosofica si trova a esaminare”, ponendosi nella pro-spettiva “del metodo proprio della filosofia morale come disciplina autenti camente filosofica”, cioè “integralmente fondata in ragione”, al fine di “inter pretare razionalmente l’esperienza morale degli uomini”
(p. 8). Quello che interessava Maritain era “la fondazione di una filo-sofia morale autentica (p. 8). Infatti, come egli stesso ha sottolineato, il primo dei principali problemi “concerne la natura stessa della filoso-fia morale, la sua funzione pratica e (in un senso per nulla kantiano)
normativa, il suo carattere essenzialmente riflessivo, la sua dipendenza nei confronti di certe grandi verità metafisiche e la sua dipendenza dall’esperienza, le sue relazioni che essa intrattiene con l’esperienza religiosa dell’umanità e con i dati teologici concernenti la condizione esistenziale dell’uomo” (p. 524).
L’elaborazione di tale filosofia morale consta di due momenti: per un verso, occorre operare un “esame storico e critico dei grandi sistemi”
(il che è stato svolto nel primo volume de La filosofia morale) e per altro verso occorre sviluppare un “esame dottrinale dei grandi problemi” (il che è stato abbozzato in Nove lezioni, e avrebbe dovuto essere oggetto del secondo volume de La filosofia morale). Si tratta di un’elaborazione che è “una specie di riscoperta della filosofia morale”, dal momento che si è in presenza di un “totale smarrimento” (p. 9) dell’attuale filo-sofia morale e di “larghi strati della coscienza comune e della umanità contemporanea” (p. 10). Pertanto la filosofia morale di Maritain appa-re agli antipodi sia della concezione spinoziana, perché l’etica non va costruita more geometrico, sia della concezione kantiana, perché l’etica non va costruita in modo normativo - formale: nell’uno e nell’altro caso si pecca di intellettualismo, e la specificità della filosofia morale è compromessa dal fatto che si tratta di filosofie di tipo speculativo, che peccano, cioè, di astrattezza. La cosa non cambia sostanzialmente in presenza di filosofie che appaiono molto concrete, “sono quelle di orientamento pragmatista ed esistenzialista) tanto che possono essere definite “etiche della situazione” pur nel diverso modo di configurare la situazione. Nel caso di Dewey la filosofia speculativa è sostituita dalla scien za, e la filosofia morale è sostituita dalla teoria morale juxta principia scientiae; il che produce una visione naturalistica all’insegna di una pseudo con cretezza, perché la scienza nulla ci dice della con-dizione esistenziale né della natura ontologica dell’uomo. Nel caso di Sartre, addirittura, «il dramma indi viduale e la soggettività dell’autore hanno una parte altrettanto decisiva che le sue idee» (p. 433).
4. 3. Epistemologia della filosofia morale
A questo punto, possiamo chiarire quali sono le caratteristiche del pensiero etico di Maritain, limitandoci a quelle che sono rilevanti dal punto di vista fondazionale, cioè - per adoperare la terminologia in uso nel Novecento - non di «etica normativa» né di «etica applicata», bensì di «metaetica», intendendo que sta espressione non nel suo signi-ficato (caro ai filosofi analitici) di filosofia del linguaggio etico, bensì di epistemologia della filosofia morale. In tale prospettiva, possiamo dire che la filosofia morale di Maritain s’i scrive nell’orizzonte del “pratico”
come distinto dallo “speculativo”; il conosce re che, teoreticamente, ha come fine la conoscenza stessa, è, dal punto di vista pratico, finalizzato all’agire e al fare. Nell’ambito ordinato all’agire, che costi tuisce l’etica, si debbono distinguere tre gradi: quello della filosofia morale, che è rivolta alle ragioni d’essere dell’azione; quello delle scienze morali pra-tiche, che assegnano le regole prossime all’azione; e quello della virtù di prudenza, che si esercita nel concreto dell’azione. Si potrebbe allora dire che mentre il sapere speculativo s’innalza verso l’intemporale me-diante i tre momenti della visualizzazione astrattiva (fisica, mate matica e metafisica), il sapere pratico ridiscende verso il tempo attraverso tre momenti: quello speculativamente pratico per dirigere da lontano l’a-zione; quel lo praticamente pratico per dirigere da vicino l’al’a-zione; e quello del giudizio pru denziale per dirigere immediatamente l’azione.
Di questi tre livelli, propriamente scientifico (nel senso che è anco-ra specu lativo) è quello della filosofia moanco-rale. Questa si occupa dell’a-gire umano, e se ne occupa non astrattamente ma concretamente: ciò significa che prende in consi derazione l’uomo reale, che “non è nello stato di pura natura” bensì “nel suo essere esistenziale”, cioè di essere
“decaduto e riscattato”. Ne consegue che la morale è, sì, filosofia, ma filosofia che condivide il suo oggetto con la “teologia, in cui si integra o a cui si subalterna. Si può allora dire che quella morale (scrive Ma-ritain in Sulla filosofia cristiana) è “filosofia pratica che resta filosofia, che procede nel modo proprio della filosofia, ma che non è puramente
filosofia e che deve essere necessariamente una filosofia resa più alta, una filosofia fatta subalterna alla teologia, pena il misconoscere e il deformare scientificamente il suo oggetto” (pp. 63s).
Per intendere una tale concezione si può operare una distinzione:
quella tra etica naturale e filosofia morale. L’etica naturale fa riferimen-to all’essenza dell’uomo, e perciò non ha carattere di scienza, in quanriferimen-to non considera l’uomo nella sua condizione concreta; invece la filosofia morale è propriamente scien za, in quanto considera l’uomo nella sua condizione concreta: non solo nella sua essenza metafisica, astratta, ma anche nella sua esistenza storica, effettuale. “Nello stato in cui si trova di fatto la natura umana, una scienza morale mera mente filosofica non sarebbe capace di far ben vivere l’uomo, non costituirebbe una vera scienza pratica”, ha scritto Maritain nei «Chiarimenti» (p. 270).
Per non limitarsi a elaborare “un sistema semplicemente teorico”
(p. 270), la filosofia morale ha bisogno di collegarsi alla teologia, su-bordinandosi ad essa in una certa misura: è ciò che Maritain chiama
“subalternazione”, e che così ha spiegato (in Scienza e saggezza): “La filosofia morale adeguatamente presa è subalternata alla teologia nel senso che, per poter conoscere adeguatamente il suo oggetto, essa deve necessariamente completare o perfezionare i principi della ragione na-turale, che sono i suoi propri principi, con le veri tà teologiche, le qua-li si risolvono, per la mediazione della fede, nell’evidenza sopranna-turale” (p. 152). E già in una nota (in appendice a Sulla filosofia cri-stiana) aveva puntualizzato che la filosofia morale è subalternata alla teologia in ragione di principi, in maniera completiva e perfettiva, non radicale o originativa.
Se questa è la configurazione epistemologica della filosofia morale, si pone il problema di che cosa distingue tale filosofia dalla teologia morale. Al riguardo Maritain (in Scienza e saggezza) rivendica la diffe-renza tra i due approcci alla condotta umana, sostenendo che, mentre
“la teologia considera le cose umane [...] in funzione del mistero della vita divina”, la filosofia morale adeguatamen te presa le considera “in
funzione del mistero dell’esistenza creata” (p. 159); mentre la teologia considera la condotta umana nei suoi fini temporali ed eter ni nella prospettiva del fine soprannaturale della vita umana, la filosofia mo-rale adeguatamente presa considera la condotta umana nei suoi fini temporali ed eterni nella prospettiva dei fini naturali. Ne consegue che tra teologia e filosofia, dal punto di vista etico, non è diverso l’oggetto materiale (l’uomo nella sua condizione effettiva), ma è diverso l’ogget-to formale, cioè la prospettiva da cui guardare alla condizione effettiva.
Entram be tengono conto del naturale e del soprannaturale, della fede e della ragione: la differenza sta nella considerazione in cui i due mon-di (della natura e della grazia) sono tenuti, privilegiando il primo la filosofia e il secondo la teologia.
4. 4. Filosofìa morale e antropologia
Di fronte a una tale impostazione, sembra ad alcuni che sia com-promesso il carattere filosofico della filosofia morale e che venga meno la distinzione filosofia morale e teologia morale. Insomma, secondo questi critici, la filosofia morale di Maritain sarebbe una teologia mo-rale travestita, contestabile secondo alcuni dal punto di vista filosofico (non sembrando interamente filosofica) e secondo altri dal punto di vista teologico (non risultando interamente teologica). La risposta di Maritain agli uni e agli altri è che è impossibile elaborare un’etica na-turale che indichi quale debba essere la condotta dell’uomo, se non si ha un’idea adeguata dell’uomo concreto, e inoltre che è riduttivo dissolvere il filosofico nel teologico: il dato religioso va tenuto presen-te, ma in un’ottica che si mantiene razionale e che guarda al naturale.
In altre parole, Maritain rifiuta sia il laicismo che espunge il religioso dalla riflessione filosofica, sia il sacralismo di chi considera tutto sola-mente in funzione del religioso.
Maritain, assertore della laicità della filosofia, rivendica l’autono-mia (ma non l’assoluta indipendenza) dell’etico dal religioso. L’etica, dunque, non ha un carattere assoluto, bensì relativo, nel senso che è
relativa alla metafisica, senza peraltro essere deducibile da questa; è re-lativa all’antropologia, intesa però in senso integrale, frutto cioè della sapienza filosofica e teologica oltre che della scienza e dell’esperienza;
è relativa alla teologia, senza però asservimenti di sorta. Come ha sin-tetizzato nei “Chiarimenti”: “la filosofia morale adeguatamente presa è per eccellenza una filosofia esistenziale. Non è sulla natura umana astrattamente considerata, ma sulla natura ferita, della quale riceve dal teologo la nozione scientifica, che, come il teologo, il filosofo credente rivolge la sua attenzione” (p. 306).
Da questa impostazione consegue (avverte Maritain ne La filoso-fia morale) che non bisogna cedere alla “tentazione di accettare pura-mente e semplicepura-mente la condizione umana” (p. 531); occorre invece trascenderla (p. 533). Ciò può avvenire “in un modo che implichi un certo rifiuto di essa” (andando in direzione contraria alla natura) o
“consentendo ad essa” (andando più in alto della natura): “la prima via corrisponde a quella che chiameremo, per essere brevi, la soluzione indù - buddhista; la seconda alla soluzione che chiameremo evange-lica” (p. 533). A quest’ultimo riguardo, Maritain chiarisce (ed è pun-tualizzazione essenziale per comprendere l’epistemologia della filosofia morale adegutamente presa) che “la soluzione cristiana o evangelica (...) ci fa passare oltre la pura filosofia e oltre la pura ragione, e tuttavia, per un singolare paradosso, è in essa e nel mistero che essa ci propone che diventa possibile all’uomo un atteggiamento autenticamente razio-nale verso la condizione umana” (p. 534).
Abbiamo sottolineato l’espressione “autenticamente razionale”, perché essa evidenzia il punto cruciale dell’impostazione maritainia-na: un’autentica filosofia morale, un’autentica razionalità etica è quella che non si chiude nella filosofia e nella ragione, ma si apre oltre ad esse, e lo fa attraverso la stessa ragione, se questa è consapevole dei propri limiti; in altri termini, è filosofico non solo il procedere razio-nalmente, ma anche riconoscere che tale procedimento non esaurisce le possibilità conoscitive dell’uomo. Questa consapevolezza, valida in
ogni ambito, si presenta con particolare forza in campo etico, perché - ricorda Maritain - “ogni grande sistema morale è in realtà uno sforzo di domandare all’uomo, in un modo o in un altro, in un grado o in un altro, di superare in qualche maniera la sua condizione naturale”.
Secondo Maritain è, questo, il filo rosso, che lega le diverse (anche
Secondo Maritain è, questo, il filo rosso, che lega le diverse (anche