TRA CONFRONTO E COOPERAZIONE
1.LA FILOSOFIA DEL SAPERE L’EPISTEMOLOGIA SECONDO MARITAIN
3. LA FILOSOFIA DELLA STORIA LA STORIA SECONDO MARITAIN
3. 1. Approcci alla storia
L’approccio epistemologico alla storia porta a collocarla a diversi livelli: se riguardata come prassi, la storia è la realtà degli accadimenti (res gestae); se, invece, è riguardata come conoscenza la storia può di-versamente configurarsi: in primo luogo, come teoria, che può essere
“ricostruzione” (scientifica o non scientifica che sia considerata) degli accadimenti: tale è la storiologia (cioè historia rerum gestarum), e “va-lutazione” delle stesse ricostruzioni: tale è la storiografia (cioè historia historiarum rerum gestarum); in secondo luogo, può connotarsi come
“riflessione” (prevalentemente o esclusivamente filosofica) sulla storia:
riflessione che può tradursi in una ermeneutica della storia, vuoi come filosofia della storia vuoi come teologia della storia, accanto alle quali sono da segnalare una riflessione critica nei loro confronti e un’indagi-ne linguistica relativa alla scienza della storia.
Tra questi livelli Jacques Maritain ha privilegiato quello filosofico, coerentemente con la sua vocazione di filosofo, e ha elaborato una filosofia della storia, che si configura - ecco l’ipotesi che intendiamo dimostrare - come “epistemologia della storia”; epistemologia in un duplice senso: sia come puntualizzazione dei diversi approcci discipli-nari che si possono realizzare nei riguardi della storia, sia come indi-viduazione delle leggi filosofiche, che ne favoriscono l’intelligibilità. Per questa originale impostazione riteniamo che, anche dal punto di vista della storia, sia importante confrontarsi con il pensiero di Maritain: si avrà modo di ripensare alla storia come ricerca empirica, come filosofia della storia e come teologia della storia, colte tanto nelle loro specifi-cità quanto nelle loro relazioni. Il risultato, cui Maritain perviene, è una filosofia cristiana della storia, e sarà importante vedere come vi
perviene, ma al di là di tale configurazione, non meno importante sarà il quadro nel quale la storia viene collocata, e che viene disegnato sulla base della metodologia tomista del “distinguere per unire”, per cui, nell’ambito dell’orizzonte unitario della storia, se ne chiariscono i diversi significati.
Si potrebbe anche dire che la filosofia della storia configurata come epistemologia della storia vede Maritain impegnato su un duplice fron-te: quello del distinguere le diverse forme di indagine sulla storia (e si tratta di una operazione diversa rispetto a quella della filosofia analiti-ca, che è analisi della scientificità e del linguaggio della storia) e quello dell’interpretare la realtà storica cercando di comprenderla (e si tratta di una operazione diversa rispetto a quella delle filosofie - idealista o materialista o positivista - che ritengono di poterla spiegare in modo totalizzante). Insomma, si può affermare che, per Maritain, è riduttivi-stica la filosofia analitica della storia ed è pretenziosa la filosofia metafisi-ca della storia; da parte sua, invece, egli assegna alla filosofia della storia due compiti epistemologici: quello di precisare i diversi oggetti formali cui può dar luogo l’oggetto materiale della storia, e quello di stabilire entro quali limiti si colloca l’oggetto formale della filosofia della storia, mostrando i collegamenti con altre forme di sapere: da quello storico a quello morale, a quello teologico.
Di questa filosofia della storia come epistemologia della storia Ma-ritain ha tratteggiato un quadro essenziale ma organico nell’opera Per un filosofia della storia; quest’opera è costituita dalla registrazione, cu-rata da Joseph Evans, di “quattro lezioni tenute originariamente in inglese durante un seminar dell’Università di Notre Dame nel 1955”, alle quali in seguito Maritain ha fatto “numerose aggiunte” (tr. it., pp.
7-8). Certo, sono riflessioni tutt’altro che definitive; anzi, che attendo-no di essere riprese e sviluppate, per cui potremmo ripetere anche per la sua filosofia della storia quanto è stato detto (e Maritain ha detto) per altre sue innovative concezioni filosofiche: della natura, dell’arte e dell’educazione, solo per fare esempi di campi in cui il tomismo
ma-ritainiano è stato un originale neotomismo. Nella fattispecie lo stesso Maritain ha dichiarato di aver compiuto, prima di Per una filosofia della storia, solo “alcune incursioni in questo ambito, in un modo più o meno sporadico” e che, solo tardi, ha operato una trattazione siste-matica delle proprie “vedute sulla filosofia della storia”, e anche in tal caso “non un trattato sistematico” (ivi, p. 131) ne è risultato, perché Maritain ha inteso “evitare ogni sistemazione prematura” (ivi, p. 127) e avviare piuttosto una riflessione in cui Maritain ha voluto “insistere in modo del tutto particolare sull’aspetto critico o gnoseologico del problema” (ib).
La riflessione maritainiana sulla filosofia della storia s’iscrive, come ogni forma di conoscenza, nell’orizzonte della epistemologia che, per Maritain, non è solo la teoria della scienza in senso moderno ma è (classicamente) individuazione delle articolazioni del sapere, che va anzi tutto distinto in sapere teoretico e sapere pratico, per poi distin-guere il sapere teoretico in scienza e sapienza, e il sapere pratico in etica e poietica. Si può pertanto affermare che Maritain procede secondo la logica del “distinguere per unire” fornendo una visione unitaria e insieme strutturata del sapere, che si specifica secondo la triplice fina-lità: del conoscere, dell’agire e del fare. occorrerà, quindi, tener ben presente queste distinzioni di piani, in modo da evitare, per quanto riguarda la storia, confusioni tra la dimensione pratica e teorica, scien-tifica e filosofica, e, nell’ambito di questa, tra un approccio teoretico (metafisico) e uno pratico (morale), e, nell’ambito di quest’ultimo, tra un approccio filosofico e uno teologico.
Più precisamente, possiamo dire che, dal punto di vista epistemo-logico, la storia è oggetto di una duplice metateoria: quella che lo stesso storico fa della sua disciplina, e quella che invece è svolta dal filosofo, il quale mostra come la storia possa essere fatta oggetto di tre approcci:
storico, filosofico e teologico, e colloca ciascuno di essi nel contesto della gerarchia del sapere, evidenziando la loro specificità e i loro rap-porti. è da rilevare che questo modo di procedere risente della
confi-gurazione globale della filosofia maritainiana, vale a dire del suo carat-tere “esistenziale”, per cui la sua è una metafisica dell’atto d’essere, cioè un realismo critico caratterizzato dal binomio essere (actus essendi) ed essenza (potentia essendi), una epistemologia della complessità noetica (teoretica e pratica), una articolata filosofia della prassi (etica e poieti-ca). Pertanto si potrebbe affermare che la filosofia maritainiana è tutta all’insegna del “distinguere per unire”: in senso epistemologico (i gradi del sapere), metafisico (i gradi della realtà) e pratico (i gradi dell’agire).
Dunque, filosofia della storia si può fare in più modi: analitico come esame delle condizioni di scientificità della conoscenza storica; meta-fisico, come spiegazione totalizzante del divenire storico; morale, come comprensione relativa dello sviluppo storico. è, quest’ultima, la pro-spettiva in cui si colloca Maritain con Per una filosofia della storia, e per ben comprenderla, occorre tenere presente la convinzione maritainia-na di fondo, secondo cui “la storia raggiunge la sua piemaritainia-na dimensione proprio in quanto storia” se cerca di “integrarsi in un sistema vero ed equilibrato di valori umani, morali e culturali, orientandosi insomma verso la filosofia” (ivi, p. 130).
3. 2. Livelli del sapere storico
Duplice il compito che Maritain attribuisce alla filosofia della sto-ria: da una parte, deve indicare i livelli epistemologici della storia e, dall’altra, individuare lo statuto epistemologico della filosofia della storia.Iniziamo con lo stabilire i livelli della storia: Maritain ne indivi-dua due storici e due filosofici.
Un primo livello è dato dalla storia che si può denominare “pura-mente avvenimentale”, cioè pura elencazione dei fatti (factual history):
in quanto tale “essa non è affatto una scienza”, ma è “una parte inte-grante della storia” che fornisce il “materiale, attentamente verificato e vagliato, che lo storico dovrà in seguito, pesare, valutare, interpretare e organizzare” (ivi, p. 129). Un secondo livello è dato dalla “storia inte-gralmente presa” con la quale espressione Maritain intende la “storia
filosoficamente orientata”: è la “vera storia”, la “storia allo stato di pie-no sviluppo o allo stato adulto”; essa dipende dal “corredo intellettuale dello storico come pure dalla sua filosofia dell’uomo e della vita” (ib.).
Dunque, per Maritain, lo storico sale dalla “storia fattuale” alla “storia integrale”, e “la storia appartiene per sua natura al genere narrativo, dipende essenzialmente dall’ordine speculativo e teorico” (ivi, p. 130).
Un terzo livello è quello della “filosofia della storia” cui si perviene quando le nozioni filosofiche utilizzate nel lavoro storico vengono
“enucleate esplicitamente e discusse in se stesse” (ivi, p. 128). Una tale filosofia “è una parte della filosofia morale, e pertanto “dipende dalla saggezza pratica (speculativo - pratica)” (ib.). Al riguardo occorre ricordare che, per Maritain, la filosofia morale deve essere “adegua-tamente presa”, cioè in connessione con i dati della teologia. Da qui discende - è il quarto livello - la specificazione della filosofia della sto-ria come “filosofia cristiana della stosto-ria”: questa più che agli aspetti naturali presta speciale attenzione ai dati sovra - filosofici, con i quali ha a che fare la filosofia, dal suo punto di vista” (ivi, p. 131).Infatti,
“non c’è una filosofia della storia completa o adeguata senza una con-nessione con certi dati profetici o teologici” (ib.). Pertanto Maritain ritiene che, “se una filosofia autentica della storia adeguatamente presa deve svilupparsi, tanto i filosofi quanto i teologi dovranno stabilire, come fondamento, una nozione razionalmente articolata del mistero del mondo”, un mistero “del tutto diverso da quello della Chiesa, ed in stretto rapporto con esso” (ib.).
Possiamo allora concludere su questo punto rilevando un duplice movimento: “Da una parte, abbiamo la storia integralmente presa, nella quale lo storico risale dalla pura elencazione dei fatti verso la filosofia - senza tuttavia raggiungere il livello proprio di quest’ultima.
E dall’altra parte abbiamo la filosofia della storia, nella quale il filosofo discende dalla filosofia morale verso la storia, senza tuttavia pervenire al livello proprio di questa” (ivi, p. 128).
3. 3. La filosofia della storia in sé
Passando al compito di stabilire lo statuto della filosofia della storia, Maritain così lo sintetizza: “segnalare la possibilità e la validità di al-cune leggi filosofiche - sia funzionali sia vettoriali - che illuminano la storia umana e ce la rendono maggiormente intelligibile, ma che non la spiegano, né riconducono alla necessità il corso degli avvenimenti;
necessari sono solamente alcuni tratti generali e alcune configurazioni fondamentali, all’interno dei quali tocca alla libertà umana determina-re il particoladetermina-re orientamento che darà agli avvenimenti stessi un signi-ficato tipicamente umano” (ivi, p. 127). Fermo restando che la cono-scenza storica ha un carattere squisitamente induttivo, sia dal punto di vista empirico che da quello filosofico, è tuttavia da riconoscere che per quest’ultimo occorre tenere presente anche un minimo di deduzione, che è dato dai due tipi di “leggi della storia”: quelle funzionali e quelle vettoriali. In primo luogo, sono da ricordare le “formule assiomatiche”, che “riguardano lo sviluppo storico considerato o nel suo insieme o in una qualsiasi delle sue parti”; sono anche dette “leggi funzionali”, in quanto “esprimono una relazione funzionale tra alcuni caratteri ge-nerali e intelligibili della storia; possono, pertanto, essere verificate in ciascuna tappa dello sviluppo storico” (ivi, p. 41). In secondo luogo, sono da ricordare le “formule tipologiche”, che manifestano la varietà delle età o degli aspetti della storia umana”; sono anche dette “leggi vettoriali”, in quanto riguardano “i vettori della storia” (cioè “segmenti dati, determinati nella loro estensione, direzione e significato”) e “le relazioni tra due vettori” (ivi, p. 85).
Iniziando con le leggi funzionali che sono le leggi universali del divenire storico, proprie di tutti i tempi e di tutti i paesi, Maritain ne segnala sei. Anzi tutto, “la legge del doppio progresso contrastante”,
“secondo la quale la storia progredisce ad un tempo nel senso del bene e nel senso del male” (ib.). Precisa Maritain: “da un punto di vista fi-losofico dobbiamo dire che il movimento di progressione delle società nel tempo dipende da questa legge del duplice movimento; legge che
può essere designata, in questo caso, come la legge della simultanea degradazione e rivitalizzazione dell’energia della storia o della massa di attività umane da cui il movimento della storia dipende”. Si può pertanto dire che la vita delle società “avanza e progredisce grazie alla sopraelevazione dell’energia della storia dovuta allo spirito e alla li-bertà. Ma contemporaneamente la medesima energia della storia si degrada e si dissipa a causa della passività della materia e del conflitto tra i contrari di cui la materia è il luogo. E, naturalmente, in alcuni periodi della storia quello che domina e prevale è il movimento di degradazione; in altri periodi è il movimento di progresso. Ma quel che voglio dire - scrive Maritain - è che ambedue esistono contem-poraneamente, ad un grado o ad un altro” (ivi, p. 43). Come si può comprendere, si tratta - sottolinea Maritain - di “un’idea di progresso completamente differente, da una parte, dalla nozione di progresso necessario, rettilineo e indefinito”, per cui si supponeva che “le cose future (...) fossero, sempre e di diritto, migliori delle cose passate; e, dall’altra parte, differente da quella negazione di ogni progresso e da quel disconoscimento dello slancio di origine divina operante in mez-zo a noi che prevalgono in coloro che disperano dell’uomo e della libertà” (ib.). Una particolare applicazione di questa legge del duplice movimento antagonista si trova in quella che Maritain definisce “la legge secondo cui l’errore assolve, come parassita, una funzione nel progres-so della conoscenza speculativa e teorica, specialmente nell’ambito della nostra conoscenza della natura e in quello della filosofia” (ivi, p. 46).
Una conseguenza della legge del duplice movimento è quella che Ma-ritain chiama “la legge della ambivalenza della storia”, nel senso che, “se la storia umana è condizionata dai due movimenti contrari più sopra segnalati, possiamo affermare che in ciascun momento la storia umana presenta due facce” (ivi, pp. 46-47), per cui “nessun periodo della sto-ria può essere assolutamente condannato o assolutamente approvato”
(ivi, p. 47). L’ambivalenza della storia cui fa riferimento Maritain non va confusa - avverte il filosofo - con “il manicheismo (che) non è una
filosofia della storia migliore del relativismo” (ivi, p. 48), e bisogna sfuggire tanto alla “tentazione manichea” quanto alla “tentazione he-geliano - marxista, che fa di gran parte dei nostri contemporanei degli adoratori assai sottomessi alla storia” (ivi, p. 51). Sempre in tema di ambivalenza nello sviluppo della storia Maritain ritiene che si debba
“fare una distinzione tra il giudizio di valore morale relativo agli uo-mini responsabili” degli avvenimenti ed “un altro giudizio relativo al valore storico e culturale degli avvenimenti”; riguardo a questo giudi-zio di valore storico o culturale “ci troviamo posti davanti all’ambiva-lenza della storia: nessun avvenimento umano è assolutamente puro, nessun avvenimento umano è assolutamente cattivo”, beninteso “nella prospettiva del valore culturale e storico (ivi, p. 108). Una terza legge è “la legge della fruttificazione storica del bene e del male”; questa legge, che “riguarda il rapporto tra morale e politica” (ivi p. 52), ricorda che il bene, che è frutto della giustizia delle società umane, e il male, che è frutto della loro ingiustizia, non hanno nulla a che vedere con l’imme-diato risultato visibile: bisogna tener conto della durata storica” (ib.), cosa che non fa il “machiavellismo”, che guarda al successo immediato.
Una quarta legge è “la legge del significato mondiale degli eventi di por-tata storica”, secondo cui, data l’unità vitale del mondo o dell’umanità, quando un evento di portata storica si produce in un punto particolare dello spazio si produce per il mondo intero, ”naturalmente, con effetti diversi, contrastanti e opposti” (ivi, p. 55). Una quinta legge è “la legge della progressiva presa di coscienza”, per cui, da una parte è un segno di umano progresso, ma, da un’altra parte e contemporaneamente, implica degli inevitabili rischi” (ivi, p. 59). Infine abbiamo “la legge della gerarchia dei mezzi” che si specifica in due leggi, a seconda che i mezzi siano relativi a fini spirituali ovvero ad un’opera temporale: in ogni caso sono da privilegiare i mezzi poveri. Così, “i mezzi tempo-rali poveri (quelli “che sono propri dello spirito”, vale a dire “i mezzi propri della sapienza” che per farsi sentire ha pur bisogno di mezzi temporali) sono superiori ai mezzi temporali ricchi (quelli che “per se
stessi esigono un certo grado di successo tangibile”, “sono mezzi tipici del mondo”), in relazione al raggiungimento di fini spirituali” (ib.), per cui “è opportuno che la gerarchia dei mezzi sia salvaguardata insie-me alle loro giuste proporzioni relative” (ib.). Così, “i insie-mezzi spirituali di attività temporale di lotta sono superiori ai mezzi carnali di attività temporale di lotta” (ivi, p. 60). Avverte Maritain: non si tratta di rifiu-tare i mezzi materiali, ma di riconoscere la maggiore efficacia dei mezzi spirituali, come l’amore e la non violenza.
Passando alle leggi vettoriali, cioè alle leggi contingenti del dive-nire storico, alle leggi variabili in relazione ai diversi tipi di civiltà, Maritain ne segnala quattro, dopo aver rifiutato la legge hegeliana (della dialettica triadica) e la legge comtiana (dei tre stadi) che, in diverso modo, fanno torto alla complessità dell’uomo. Anzi tutto, “la legge del passaggio dal regime o stato magico al regime o stato logico nella storia della cultura umana”, nel senso che, secondo Maritain, “tutto il pensiero umano, con le sue grandi ramificazioni primordiali dap-prima indifferenziate (“la scienza, la filosofia, la metafisica, come la religione e la mistica, e come la poesia”, “fatte per crescere insieme”), passa attraverso una diversità di condizioni esistenziali o stati” (ivi, p. 82). Così il passaggio dallo stato magico a quello logico, per cui
“possiamo dire che il nostro stato presente è uno stato diurno o solare, poiché è legato allo psichismo luminoso o regolare dell’intelligenza;
mentre possiamo chiamare notturno lo stato magico, poiché è legato allo psichismo fluido e crepuscolare dell’immaginazione” (ivi, p. 80).
Si potrebbe allora sintetizzare con Viotto dicendo che “c’è progressi-vità e non successiprogressi-vità nello sviluppo umano” (Dizionario delle Opere, p. 323). La seconda legge è “la legge del progresso della coscienza mora-le”, che Maritain ritiene “una delle leggi più importanti della filosofia della storia”: vuol dire che “la nostra conoscenza delle leggi morali è per sua natura progressiva” (PuFds, p. 84). “Sia, però, ben chiaro che non intendo affatto - precisa Maritain - alludere ad un progresso nel comportamento morale dell’uomo (...). Intendo bensì parlare di un
progresso della coscienza morale come conoscenza dei precetti parti-colari della legge naturale”, e - aggiunge Maritain - “questo progresso nella conoscenza può prodursi contemporaneamente al deteriorarsi della condotta effettiva di molti” (ib.). La terza legge è “la legge del passaggio dalle civiltà sacrali alle civiltà profane o laiche”: si tratta di una distinzione, che è “di estensione universale”, ma che “solamente con il cristianesimo ha assunto la sua piena importanza storica” (ivi, p.
88). La quarta legge è “la legge dell’accesso del popolo alla maggiorità in materia politica e sociale” e “riguarda il progressivo passaggio, nel corso della storia moderna, del popolo da uno stato di soggezione ad uno stato di self - governement in materia politica e sociale; in altre parole, ad un regime di civiltà caratterizzata dallo spirito democratico e dalla filosofia democratica” (ivi, p. 91). Aggiunge Maritain: “considerato nei suoi tratti normali ed essenziali, l’accesso del popolo alla sua mag-giorità politica e sociale dipende dalle aspirazioni e dalle inclinazioni di fondo della natura umana”, favorite dalla “ispirazione cristiana, che compie il suo cammino nel profondo della coscienza profana” (ib.).
Abbiamo voluto presentare, sinteticamente, il quadro delle leggi della storia secondo Maritain, facendo parlare lo stesso Filosofo, in quanto ci è parso il modo migliore per mostrare la peculiarità della sua filosofia della storia, una concezione che non ha pretese totaliz-zanti e assolutistiche, ma che modestamente fornisce delle chiavi di lettura che (ed è il compito proprio della filosofia) rendono ragione del divenire storico, rispettandolo nella sua complessità di approcci e di intelligibilità.
3. 4. La filosofia della storia nelle sue relazioni
Da quanto detto dovrebbe risultare che la filosofia della storia ela-borata da Maritain non è certo una “metafisica” della storia”, che anzi è rifiutata categoricamente: così la filosofia della storia di Hegel, così le filosofie della storia di Marx e di Comte: da esse Maritain prende decisamente le distanze, perché le considera forme di “gnosticismo”
ovvero delle “teologie secolarizzate”. Mentre queste sono rifiutate, non è invece rifiutata un’autentica teologia della storia con la quale, anzi, la
ovvero delle “teologie secolarizzate”. Mentre queste sono rifiutate, non è invece rifiutata un’autentica teologia della storia con la quale, anzi, la