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FILOSOFIA E POLITICA. GIUSTIZIA, VERITÀ E UTOPIA Cristina Boracchi

Nel documento www.sfi.it Registrazione: ISSN 1128-9082 (pagine 137-140)

La filosofia classica si è nutrita di un forte legame con il contesto politico al quale l’uomo, come affermano Platone e Aristotele, appartiene essenzialmente. La visione aristocratica della polis ha comportato una radicale critica al demos – al quale si connette invece la concezione sofistica anche nelle sue degenerazioni eristico naturalistiche – mettendo in luce la possibilità di una forma ‘democratica’ di governo solo se sorretta dalla giustizia e dalla sapienza – Platone – ovvero da un equilibrio e da un’armonia strutturale – Aristotele. Accanto a tali riflessioni spicca l’utopia platonica, che tuttavia disegna scenari inquietanti anche per i riverberi sui secoli successivi, persino nella ripresa rinascimentale di Campanella nel De Civitate Solis. I valori di legge, giustizia e sapienza della cultura ellenica si traspongono nella concezione cristiana della civitas, che deve essere ad immagine di Dio, sintesi dei valori stessi, ovvero della Gerusalemme celeste – Agostino – per progredire dell’umanità sulla strada della salvezza.

Giustizia e Verità: il Socrate di Rossellini

Socrate è uno dei film con i quali Roberto Rossellini intendeva, nel secondo dopoguerra, avvicinare alle masse

le grandi figure della storia del pensiero umano come Agostino,

Pascal, Cartesio. Egli riteneva pertanto che il cinema fosse una forma

di arte destinata alle masse anche nella sua fruizione televisiva, e pertanto che esso che dovesse anche svolgere una funzione propedeutica. La figura di Socrate è da lui proposta attraverso una lettura estremamente semplificata, ma non meno efficace, dei dialoghi platonici: è dunque il Socrate dramatis persona ad emergere, più che il Socrate storico, del quale, del resto, non è dato avere una sola verità in assenza, peraltro, di scritti del filosofo ateniese. Pure, Rossellini sembra prefigurare in Socrate la figura del perseguitato a causa della verità, offrendone una lettura cristologica soprattutto nell’epilogo, dove al tema fedoniano della immortalità dell’anima il regista accosta insistentemente la prefigurazione della morte sacrificale. Tutto l’impianto narrativo, dalla sceneggiatura che è estremamente didascalica all’allestimento scenografico, esprime il chiaro intento di adattare il linguaggio filmico al suo contenuto, divenendo esso stesso strumento maieutico per una riflessione morale e politica su Socrate. Egli è la vittima di un demos che si è allontanato dalla

verità assumendo la giustizia del più forte – Crizia, i Trenta Tiranni – a criterio e metro di governo. In una sequenza

molto cruda, Rossellini mostra l’esito di tale lontananza della vita politica dalla morale: ateniesi al palo, morenti, in agonia, sono le vittime essi stessi della spirale violenta che, attraverso il diritto del più forte, di fatto consuma la vendetta dei privati.

SINOSSI: Socrate assiste impotente alla crisi di Atene durante e dopo la guerra con Sparta: il nuovo demos nasce sulle fondamenta della calunnia e della violenza, alla quale egli contrappone i criteri della giustizia e dell’armonia. Divenuto ostacolo ai potenti,. Socrate viene chiamato in giudizio e, dopo un breve processo al quale segue un mese di attesa, la condanna a morte viene eseguita. La chiusa del film vede Socrate chiedere al discepolo Critone di sacrificare, all’indomani, un gallo ad Esculapio per ringraziarlo della raggiunta salute dell’anima.

IL REGISTA: Roberto Rossellini è stato il maggior esponente del Neorealismo e uno dei maestri del cinema mondiale, scoperto, prima che nel nostro paese, negli USA, dove attraverso i suoi film l’Italia riacquistò quel credito che con la parentesi fascista aveva perduto. Rossellini fu uno dei tanti italiani che, fedeli al Duce per una stagione, si ritrovarono, all’arrivo degli americani, improvvisamente antifascisti. E questo ritrovato sentimento scaturiva, nel regista come in tanti altri, soprattutto dall'aver vissuto personalmente la guerra e la povertà, temi ai quali dedicò Roma città aperta (1945), che parla di antifascismo, lotta partigiana, resistenza popolare, di accadimenti cioè estremamente familiari alla gente comune, e Paisà (1946). Molto più cupo appare invece Germania

anno zero (1947), che rivela l’assenza di speranza

per un corpo sociale distrutto dalle fondamenta. L’ottimismo neorealistico viene sostituito dall’assenza di fiducia e di speranza per le risorse dell’umanità: è quanto emerge in Stromboli terra di

Dio (1951), dove però lo strappo esistenziale viene

ricucito con l’accesso alla dimensione religioso-spirituale. Del resto, l'incontro con la spiritualità, era già avvenuto in Francesco giullare di Dio (1950). Negli ultimi anni Rossellini ha guidato la regia di importanti pellicole, spesso sperimentali e sempre degne di attenzione da parte della critica.

Al contrario, Socrate rappresenta, con la coerenza alla morale che vuole richiamare alla onestà della vita politica, l’ostacolo ‘politico’ – proprio lui, che non voleva a vere a che fare con la politica – alla messa in scena

della tirannia sotto le camuffate forme della demagogia: in questo senso, il regista assume il punto di vista dei

dialoghi platonici, condividendone l’analisi sulla degenerazione della democrazia in demagogia. La sequenza più significativa per una lettura ‘politica’ e’morale’ del film è tuttavia quella nel corso della quale Socrate in prigione incontra Critone, che gli annuncia di avere preparato tutto per la sua fuga: Socrate lo affronta con fermezza e serietà, ricordando che non può esserci giustizia senza onestà e moralità, ovvero senza verità. Egli ha servito lo Stato tutta la vita, si è nutrito delle sue leggi, da esse è stato accolto, e ora non potrebbe negare questo passato: l’immagine dell’omonimo dialogo platonico che prefigura le leggi in persona affrontare un Socrate immaginato ormai in fuga sulla via dell’esilio viene evocata dalle parole di Socrate, che ribadisce la volontà di morire pur di non ledere le leggi stesse ma ancor più per non dare adito a credere che esse possano esser tradite se ritenute non più convenienti. Si tratta di una critica sottesa alla convinzione sofistica del naturalismo che proponeva e legittimava la fedeltà alla Physis di contro al Nomos, giustificando, nelle estreme conseguenze, proprio la disparità e la violenza che vige nel regno animale - la metafora dei falchi che non possono né debbono fingersi mansueti per convivere con le colombe - . Socrate è dunque proposto come l’alfiere dei valori politici di libertà, giustizia, ma soprattutto di pace, quegli stessi che Rossellini in Roma città aperta (1945) attribuiva alla Resistenza italiana attraverso il percorso di tre personaggi - un comunista ricercato dai tedeschi, una donna che gli offre rifugio, un prete - sotto l’occupazione nazista, che combattono, pur da diverse ragioni ideali, nella comune volontà di liberare e ricostruire il paese.

L’utopia politica, la società chiusa e la società giusta: da Orwell 1984 a Metropolis

Come noto, la critica novecentesca all’utopia platonica prefigurata in La Repubblica è stata sostenuta in prima istanza da Karl Popper, il quale, in La società aperta e i

suoi nemici, indica in Platone il precursore dei moderni

totalitarismi. La figura del re-filosofo, che in nome della verità posseduta governa gli individui imponendo un solo modello educativo distinguendo nettamente i ‘tipi’ umani e quindi i ruoli sociali fino agli esiti eugenetici, è stata spesso trasposta nel cinema entro modelli interpretativi anche pessimistici della storia dell’umanità. Ne è un esempio, per l’eugenetica come sistema di dominio, il film Gattaca di A. Niccol (1997), che prefigura un’umanità divisa dalla modalità della sua nascita – i

migliori sono coloro che nascono in provetta, da geni selezionali - , mentre le atmosfere di Farenhait 451 di F. Trouffaut (1966) alludono al totalitarismo di una società politica

che non ammette la divergenza e, quindi, il pensiero critico -

che si fonda sull’esercizio della mente nella lettura di libri, comunque ‘proibiti’ dal regime – per sostenere la propria verità come l’unica possibile, in forza della presunta sapienza dei suoi detentori. Sulla scia di questo filone troviamo anche Orwell

1984 di M. Radford (1984), che è la trasposizione

cinematografica dell’omonimo romanzo che Orwell scrisse nel 1948 nel timore di nuovi totalitarismi di matrice comunista dopo gli esiti del nazismo e dei fascismi europei. La storia di Winston e Julia è quello di un amore negato da un potere che

controlla le menti, i pensieri, oltre che le azioni, dei cittadini-sudditi: la verità è quella che viene decretata tale dal potere del

Grande Fratello, la cui sapienza onnisciente invade tutte le case senza possibilità di fuga. La sequenza chiave è quella nel corso della quale il ‘torturatore’, emissario del Grande Fratello, spiega alla vittima – il funzionario Smith, la cui mansione sociale SINOSSI: Londra, 1984: la città come tutta la "Oceania",

che è uno dei tre superstati in cui è divisa la terra (gli altri sono l'Eurasia e l'Estasia), è sotto il controllo del Ingsoc (partito unico). Tutta l'umanità è controllata ad ogni passo, in ogni azione, costretta a utilizzare una neolingua nella quale sarà abolito e inesprimibile il concetto di ribellione. In questa città, dunque, vive tra gli altri Wiston Smith, che tenta, attraverso un diario segreto, di resistere, sia pure in privato, alla massiccia campagna di omologazione delle menti. Quando incontra per caso Julia, una coraggiosa ragazza più giovane di lui, con lei inizia una relazione, in una casa che quasi incredibilmente sfugge al controllo del Grande Fratello. Ma il sogno dell'uomo si rivela una triste illusione; scoperto da un dirigente del partito viene torturato e piegato nel corpo e nell'anima fino a quando, sottoposto all'ennesima, atroce tortura, diviene un suddito pienamente conforme alle ragioni del partito, e tutto il suo amore è rivolto al Grande Fratello.

IL REGISTA: Cresce in Medio Oriente ma studia a Oxford per poi iscriversi alla National Film School. Per la BBC gira documentari ed inchieste per approdare poi al lungometraggi con "Another Time, Another Place, una storia d'amore". Nel 1984 dirige "Orwell 1984" adattamento cinematografico del libro di George Orwell, che ottiene il British Film Award per il miglior film e miglior attore. Radford poi si trasferisce prima in Francia e poi in Italia, dove scrive sceneggiature e gira qualche pubblicità. Nel 1994 dirige e sceneggia " Il Postino" tratto dal romanzo omonimo di Antonio Skarmeta che viene candidato a 5 Oscar e "Il mercante di Venezia" con Al Pacino nel 2004.

consiste nella rilettura e ricostruzione del passato alla luce delle direttive del presente – la logica sottesa alla necessaria omologazione delle menti:il potere non può ammettere devianza e il controllo, la coercizione, fa parte della sua garanzia del mantenimento della ‘verità’ decretata dal regime.

L’ambientazione è molto vicina al Metropolis di Friz Lang (1926), che del resto è a sua volta interpretabile, accanto a una lettura economica - il richiamo al socialismo utopico - in termini di una visione politica molto vicina

a quella cristiana: la sequenza finale del film, infatti, vede il mediatore - figura cristologica - unire le mani del

rappresentante dei lavoratori del sottosuolo con quelle del padrone sul sagrato di una chiesa e sotto lo sguardo vigile di Maria, la predicatrice della giustizia e della pace che anima le ’catacombe’ dei lavoratori, esse stesse ricolme di croci.

Attività proposte

 Visionare le sequenze segnalate del Socrate di Rossellini con una particolare attenzione ai dialoghi e

ricercare le corrispondenze con i dialoghi platonici esplicitamente citati.

Identificare, alla luce dell’analisi di Gattaca le componenti platoniche dell’utopia eugenetica e le

caratteristiche di un’acritica società chiusa.

In Orwell 1984 si analizzino le sequenze nel corso delle quali il funzionario Smith rielabora la storia alla

luce delle direttive del ‘partito’ e si confronti tale scenario con quello prefigurato dall’utopia platonica per metterne in risalto distanze ma anche rischi comuni.

IL DESTINO, LA LIBERTÀ E IL MALE. UN PERCORSO DI APPROFONDIMENTO

Nel documento www.sfi.it Registrazione: ISSN 1128-9082 (pagine 137-140)