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Sapere assoluto (Filosofia)

Nel documento www.sfi.it Registrazione: ISSN 1128-9082 (pagine 87-90)

Pierluigi Morini gli Alunni della Classe III D

6- Sapere assoluto (Filosofia)

– La coscienza supera la differenza tra sapere e verità.

Così il sapere esprime sia l’essenza della coscienza che l’essenza del suo oggetto. Il sapere assoluto si manifesta attraverso tre processi di unificazione di due opposte totalità: la coscienza e la religione

6.1 - Primo processo di totalizzazione: togliere il

limite dell’universalità astratta – La coscienza rinuncia

all’universalità astratta della sua pura interiorità e si affida all’essere, alla differenza assoluta; la religione rinuncia all’universalità astratta della propria essenza immobile e suprema per divenire, con il cristianesimo, la religione disvelata. Il sapere assoluto che si genera con questa

unificazione è anche la dissoluzione di coscienza e

religione intese come strutture separate.

6.2 - Secondo processo di totalizzazione: togliere il

limite della successione temporale – Lo Spirito può

presentarsi come Spirito del Tempo. Ciò che è “altro”, non è più estraneo alla vita e all’autocoscienza dello Spirito e può svilupparsi liberamente in ogni sua forma più particolare e nella più radicale negazione di sé, senza oscurare la certezza del suo autoriconoscersi. Il Sapere assoluto è l’autoriconoscimento dell’Assoluto nel suo essere Altro.

6.3 - Terzo processo di totalizzazione: togliere il limite

dello spazio e del tempo – Il superamento del limite

implica un sacrificio, il sacro ufficio di restituire all’oggetto, dopo averlo in sé compreso, la totale libertà. Ciò avviene quando lo Spirito diventa altro da sé nello spazio e si fa

Natura. Avviene poi quando lo Spirito diviene altro da sé

nel tempo e si fa Storia. La storia è intesa come memoria (Erinnerung) di ogni possibile forma di esperienza della coscienza.

Come Rorty, anche Hilary Putnam è un filosofo analitico che prende le distanze dalla propria prima formazione, tuttavia non assume lo stesso atteggiamento di abbandono nei confronti della filosofia come disciplina.

L’etica di John Dewey è presa a modello da Putnam in quanto rifiuta sia il formalismo morale (Kant) inteso come un sistema di regole fondato su una legge universale (imperativo categorico), sia il naturalismo morale (Bentham e l’utilitarismo classico) che riduce la morale ad un sistema di impulsi biologici già dati, atti ad evitare il dolore e a conservare la vita, calcolabili in funzione dell’utilità personale e collettiva.

Dewey concepisce l’etica come la disciplina che si occupa della soluzione dei problemi che incontriamo nella vita pratica. Questo genere di problemi si presenta in una forma tutt’altro che predefinita e non si presta mai a soluzioni definitive; sembrerebbe perciò che essi siano situati agli antipodi dei problemi scientifici, se per scienza si intende la fisica. Invece, sia per Dewey che per Putnam, la conoscenza della verità e la ricerca del bene si originano entrambe nell’uomo come risposte circostanziate nel tempo a problemi specifici, anche scientifici, ed in contesti culturali differenti. Ciò comporta l’abbandono dell’idea che la filosofia, tanto in ambito teoretico quanto in ambito pratico, debba ricercare l’esistenza di verità sostanziali e permanenti.

Putnam, soprattutto nei suoi ultimi scritti, intende superare la dicotomia fatti/valori, la distinzione rigida della scienza dall’etica, restituendo alla filosofia analitica

del linguaggio la sua funzione critica. La filosofia analitica

sembra andare nella direzione giusta nel momento in cui mette l’argomentazione al centro dell’attività filosofica, ma poi si trasforma in metafisica quando applica le proprie analisi su oggetti immaginari ed oggetti d’intuizione.

L’etica delle virtù prodotta da Aristotele in antichità resta ancora oggi un buon approccio contro la tendenza “platonista” rivolta all’elaborazione di una teoria etica centrata sull’idea formale del bene (platonismo e kantismo).

Ontologia inflazionista:

Platone e platonismo.

L’esito “platonista” della filosofia di uno dei fondatori dell’analisi del linguaggio (riduzione in senso logico di enunciati complessi ad enunciati semplici): gli enti di intuizione in G. E. Moore.

Ontologia deflazionista:

Nominalismo nella teoria del concetto. Edonismo morale.

Materialismo metafisico degli atomisti antichi. Idealismo dogmatico di Berkeley.

Per Putnam le “entità” che popolano il nostro linguaggio ordinario (cfr. studi di Wittgenstein sul linguaggio ordinario) sono il risultato dell’uso costante di una svariata gamma di registri linguistici, costruiti e sviluppati in diversi contesti storici e culturali. In questa prospettiva, perciò, non dobbiamo soltanto chiederci “che cosa c’è?”, ma piuttosto “a che cosa serve?”, “in funzione di che cosa, ciò esiste?”.

La filosofia di Rorty ha proposto una versione debole di realtà, una realtà contingente, indeterminata e

imprevedibile, comprensibile solo attraverso

un’ermeneutica storica, un pluralismo culturale ed una filosofia intesa come pratica transdisciplinare. Ma la post-filosofia di Rorty, così polemica con l’epistemologia, rischia di cedere al relativismo ed al soggettivismo.

Putnam, pur condividendo l’orizzonte pragmatista entro cui si muove Rorty, obietta a quest’ultimo che se è vero che lo sviluppo della prassi (le scelte che hanno spinto i primi uomini ad agire) è stato il presupposto storico-genetico dello sviluppo della teoresi (le scelte teoriche possono inizialmente sorgere da esigenze pratiche), ma è certamente pur vero che da quel primo

presupposto la teoresi può svilupparsi anche

autonomamente e produrre scelte oggettive.

Il riferimento all’oggettività della conoscenza mette in campo il problema del realismo. La posizione realista prevede un impegno ontologico verso le realtà esistenti nel campo d’indagine di una determinata disciplina.

Perciò, in generale, date tante tipologie di enti reali, vi saranno altrettanti realismi. Il realismo scientifico è un realismo che si impegna sull’esistenza di realtà non osservabili ma solo postulate dalle scienze empiriche, come i quark o gli ioni. Il realismo “platonista”, o “platonismo matematico e logico”, si impegna sulla credenza di oggetti astratti come i numeri o gli insiemi. Il

realismo del senso comune, assume come esistenti gli

oggetti dell’esperienza quotidiana, come i piatti, le sedie, i lampioni, i televisori. In tutti i casi il realismo si impegna contro le apparenze (tutti gli oggetti menzionati non sono immaginari). Più difficile è parlare di realismo etico o di

realismo psicologico, in quanto non si possono facilmente

definire come “oggetti”, le realtà di cui si occupano l’etica e la psicologia. Si dovrà allora parlare di impegno sull’esistenza di “enunciati” etici o psicologici.

Le tre fasi dello sviluppo del concetto di realismo in Putnam

-1 Realismo metafisico (corrisponde a tutte e quattro le tesi qui sotto esposte) e realismo non-epistemico (corrisponde alla tesi -a -):

e) il mondo è costituito da una totalità fissa di oggetti indipendenti dalla mente

f) la verità comporta una relazione di corrispondenza fra linguaggio e mondo

g) esiste un'unica teoria vera che descrive il mondo h) ogni enunciato del linguaggio è vero o falso (bivalenza logica V/F).

Kurt Gödel stabilisce che un sistema formale contiene sempre delle proposizioni che non riesce a dimostrare, ciò è compatibile con i punti (a), (b) e (d), ma non con (c). Putnam non può più accettare che esista un’unica teoria vera che descrive il mondo.

-2 Realismo metafisico sofisticato:

Sostituisce la tesi (c) con la tesi delle descrizioni

equivalenti. La posizione epistemologica che ne deriva,

consiste nel considerare la nostra teoria che illumina un determinato campo d indagine, come fosse un buon resoconto su quel “mondo”, ma accanto ad essa esiste sempre la possibilità che ve ne siano altre altrettanto valide.

-3 Realismo interno e realismo epistemico:

abbandono della prospettiva esternista del realismo metafisico.

«La “verità” è, secondo una visione internista, una specie di accettabilità razionale (idealizzata) — una specie di coerenza ideale delle nostre credenze le une con le altre e con esperienze in quanto tali esperienze siano esse

stesse rappresentate nel nostro sistema di credenze —

anziché una corrispondenza con uno “stato delle cose” indipendente dal discorso e dalla mente. Non c'è alcun punto di vista dell'Occhio di Dio che si possa verosimilmente conoscere o immaginare: invece, vi sono soltanto vari punti di vista di persone reali, che riflettono diversi interessi e scopi, sottesi alle loro descrizioni e teorie («teoria coerentista della verità», «non-realismo», «verificazionismo», «pluralismo» e «pragmatismo» sono tutti termini che sono stati applicati alla prospettiva internista: ognuno di essi ha però connotazioni che li rendono inaccettabili a causa di altre loro applicazioni storiche). I filosofi internisti rifiutano l'ipotesi dei cervelli

Per spiegare il realismo interno ed epistemico, Putnam ricorre anche a due ipotesi esemplificative.

In un’ipotetica terra gemella, dove l’acqua possiede una diversa caratteristica chimica rispetto a quella del nostro pianeta, tutto viene giudicato secondo i propri parametri, mentre il mondo ed i parlanti restano un solo insieme. Così la verità ed il significato della parola “acqua” si possono giudicare in quel contesto e non altrove. Ci troviamo di fronte ad un realismo epistemico, che giudica vero solo ciò che possiamo conoscere ed al contempo abbiamo scelto una forma di realismo interno, cioè un realismo che desume la propria oggettività dal patrimonio comune di conoscenze incorporate nello schema concettuale che è in uso nella comunità di parlanti di cui siamo parte.

Allo stesso modo Putnam dimostra che è possibile rifiutare l’ipotesi dei cervelli in una vasca, solo assumendo la prospettiva del realismo internista, perché, per poterla ipotizzare, occorre che vi sia un osservatore esterno che non interagisca con quel ipotetico mondo. Un ente esterno indipendente (simile ad un dio). Dato che l’esistenza di un tale ente non è verificabile, si tratta certo di un parto sterile della fantasia. Nella realtà non c’è una sola storia, ma molte versioni di essa e gli autori nelle storie sono tutti (attori) reali. La fisica contemporanea con la nozione di “campo” esprime gli stessi concetti del realismo interno, che Putnam denomina anche realismo di Pirandello (con riferimento a

Sei personaggi in cerca di autore) e kantismo demitizzato (emendato dal noumeno e dall’io trascendentale).

Nel documento www.sfi.it Registrazione: ISSN 1128-9082 (pagine 87-90)