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La liberazione dell’Austria si realizza tra la fine di marzo e i primi giorni di maggio attraverso una morsa militare che gli alleati stringono fra due fronti: a est l’Armata rossa, che per prima sfonda le difese della Wehrmacht al confine orientale del Burgenland, penetra in Austria il 29 marzo 1945 nei pressi del centro rurale di Klosternmarienberg raggiungendo la capitale il 13 aprile per proseguire la marcia verso sud, occupando le regioni del Burgenland e della Bassa Austria e giungendo l’8 maggio (fine della guer- ra) a Graz occupando buona parte della Stiria.

A ovest le armate degli eserciti alleati occidentali si erano mosse lungo tre direttrici: i francesi erano giunti in Vorarlberg occupandolo, gli statunitensi provenienti dalla Baviera meridionale erano giunti nel Tirolo nord- occidentale, in Alta Austria e nel Salisburghese, mentre i britannici avevano occupato la Carinzia, il Tirolo orientale e la parte rimanente della Stiria109.

L’avanzata alleata aveva incontrato resistenze diverse: se infatti la liberazione dell’Austria orientale era stata duramente contrastata da una massiccia opposizione della Wehrmacht, che aveva causato ai sovietici perdite consistenti, le zone occidentali del paese danubiano vennero liberate senza che gli eserciti franco-anglo-statunitensi subissero ingenti perdite110.

A pochi giorni dallo sfondamento delle difese tedesche, il comando militare del terzo fronte ucraino indirizzò alla popolazione civile un messaggio nel quale si chiarivano le ragioni della presenza sovietica nel paese. Come si chiariva nel proclama diffuso anche oltre le linee nemiche, l’Armata rossa non era giunta in Austria perché spinta da brame di conquiste militari, ma per liberare il paese dal dominio nazista:

l’unico obiettivo è quello di distruggere le truppe nemiche tedesco-fasciste e di li- berare l’Austria dalla sua dipendenza dalla Germania. L’Armata rossa sta operando sulla base della Dichiarazione di Mosca delle potenze quadripartite in base alla

109 Cfr. M. Rauchensteiner, Der Krieg in Österreich, cit., pp. 63-65.

110 La più massiccia e ostinata resistenza all’avanzata sovietica può essere spiegata

con il maggior timore verso l’Urss rispetto agli angloamericani, come testimoniano le perdi- te subite in entrambi i fronti di guerra nel corso della liberazione del paese. A fronte, infatti, di 12.000 soldati sovietici morti in battaglia sono stati stimati 200 caduti statunitensi e appe- na 40 francesi (a oggi mancano studi specifici sui soldati britannici caduti nella liberazione dell’Austria). Per ulteriori approfondimenti si rimanda ai dati elaborati da Eisterer sulla base della documentazione di archivio e ora raccolti in K. Eisterer, Österreich unter alliierter Be-

satzung 1945-1955, in R. Steininger, M. Gehler (a cura di), Österreich im 20. Jahrhundert. Ein Studienbuch in zwei Bänden. Vom Zweiten Weltkrieg bis zur Gegenwart, Böhlau, Wien-

quale le potenze alleate hanno promesso l’indipendenza dell’Austria. Ciò contri- buirà al ristabilimento delle condizioni esistenti in Austria fino al 1938, in altre pa- role, fino all’invasione tedesca dell’Austria. L’Armata rossa sta combattendo con- tro l’occupante tedesco, non contro la popolazione austriaca. Gli austriaci possono continuare a portare avanti indisturbati le loro pacifiche attività. (…) Cittadini di Vienna! Sostenete l’Armata rossa nella liberazione di Vienna, la capitale dell’Austria! Aiutate a liberare l’Austria dal giogo tedesco-fascista111.

Nelle intenzioni di Stalin il messaggio intendeva esplicitare il disegno so- vietico sulla prossima pianificazione postbellica evidenziando il diverso de- stino che sarebbe toccato all’Austria rispetto a quello ideato per la Germa- nia: l’Armata rossa non stava combattendo contro la popolazione, ma contro «gli occupanti tedeschi» e lo avrebbe fatto fino al loro «totale anni- chilimento» perché l’obiettivo era di «liberare l’Austria dalla dipendenza tedesca» e «contribuire al ristabilimento dell'ordine antecedente il 1938»112.

Secondo precise direttive del Cremlino trasmesse al comando militare so- vietico, in tutte le zone liberate e occupate dall’Armata rossa si sarebbe do- vuto procedere, con il sostegno del KPÖ, all’immediata formazione di am- ministrazioni comunali provvisorie e alla contestuale nomina di un sindaco che doveva «esser tuttavia esclusivamente o comunista o tutt’al più socialista»113. Anche in ogni quartiere di Vienna si ricostituiscono organi amministrativi con un leader provvisorio, che si presentano come organo della forza di occupazione sovietica. I responsabili nominati ai vertici delle strutture temporanee sono quasi sempre militanti comunisti114.

Questa occupazione delle istituzioni locali corrispondeva ai precisi piani che i sovietici avevano predisposto sin dalla fine del 1944 per il sostegno al KPÖ. Essi prevedevano, come scriveva Ernst Fischer, uno dei tre leader del Partito comunista, un percorso a tappe: inizialmente si sarebbero dovuti co- stituire appositi comitati locali e formare un “Fronte di liberazione” che avrebbe dovuto includere esponenti di tutte le forze «democratiche e

111 Il proclama sovietico è riprodotto, fra gli altri, da K. H. Ritschel, Österreich is

frei! Der Weg zum Staatsvertrag 1945 bis 1955, Tusch, Wien 1980, p. 88.

112 Die Verwaltung der Bundeshauptstadt Wien, in WStLA/M511/1945-1947, pp.

15-23; cfr. inoltre M. Rauchensteiner, Der Krieg in Österreich, cit., p. 491.

113 W. Mueller, Stalin, Renner und die Wiedergeburth Österreichs nach dem

Zweiten Weltkrieg, in «Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte», 1 (2006), pp. 125-154, qui p.

138.

114 Nei ventuno quartieri della capitale, stando al resoconto fornito dal leader del

Partito socialista Adolf Schärf, tredici erano quelli gestiti dai comunisti, sette quelli control- lati dai socialisti e appena un quartiere era stato affidato a un esponente dei cristiano-sociali. A. Schärf, Österreichs Wiederaufrichtung im Jahre 1945, Wiener Volksbuchhandlung, Wien 1960, p. 30.

antifasciste» (oltre a comunisti e socialisti, cattolici, democratici e indipendenti); successivamente si sarebbero dovuti nominare dei candidati ad hoc per la costituzione di una assemblea nazionale provvisoria, incarica- ta di realizzare le condizioni per lo svolgimento di libere elezioni; infine si sarebbe dovuto costituire un governo provvisorio guidato da un esponente di rilievo, meglio se un «noto indipendente» e formato da «conosciuti e vecchi esponenti come Seitz [Karl, socialista], Kunschak [Leopold, cattoli- co e leader cristiano-sociali], Körner [Theodor, già funzionario imperiale, ex generale, vicino ai socialisti] e altri indipendenti». In ogni caso, si preci- sava come i comunisti «reclamano il ministero dell’interno (in particolare i comunisti austriaci devono poter organizzare e guidare la polizia politica), dell’educazione popolare e dell’economia»115.

Per esser portato avanti con successo, tale progetto necessitava di una «linea di azione programmatica moderata», capace di chiamare a raccolta tutte le forze «democratiche, antifasciste e patriottiche» per «l’immediato raggiungimento di quattro obiettivi»: l’abolizione delle leggi e delle norma- tive naziste; la messa al bando di organizzazioni nazifasciste; il persegui- mento dei criminali di guerra; la dichiarazione della libertà di culto e del diritto alla proprietà privata, fondamentali se non si voleva alienarsi il con- senso della popolazione116.

Il primo tentativo di costituire un’amministrazione comunale nei territori liberati dall’Armata rossa venne compiuto nella capitale.

A Vienna le autorità sovietiche, contestualmente all’imminente fine dei combattimenti (l’11 aprile), nominarono sindaco provvisorio il militante comunista Rudolf Prikryl. Questa scelta non fu tuttavia accolta positiva- mente né dai leader dei vecchi partiti, che in quegli stessi giorni si stavano riorganizzando per ricostituire nuove forme partitiche, né dai vertici e diri- genti del KPÖ.

La volontà di non alienarsi le simpatie di dirigenti e militanti antifascisti aderenti alle forze democratiche austriache indusse Stalin a rivedere la sua scelta e a optare per una soluzione intermedia capace di non scontentare né i comunisti né i socialisti e i cattolici. Alla carica di sindaco di Vienna fu dunque indicato l’ex socialista Theodor Körner, al quale furono affiancati due vice, il popolare Kunschak e il comunista Karl Steinhardt117.

115 ÖGfZ, NL Fischer, Mappe 1 (1943-1945), doc. 1.

116 W. Mueller, Stalin, Renner und die Wiedergeburth Österreichs, cit., pp. 130-131.

117 La decisione di Mosca di soprassedere alla nomina di Prikryl preferendogli

Körner rientrava nella strategia sovietica di favorire l’avvicinamento delle forze di sinistra e poter giungere entro l’autunno alla loro fusione in un unico partito. La riuscita di questo am- bizioso piano poteva in effetti esser favorita dalla storica presenza, in seno al partito sociali-