Conclusosi un conflitto che, come avrebbero indicato anche i primi docu- menti ufficiali emanati dal neo ricostituito governo repubblicano (si veda a esempio la Dichiarazione di indipendenza del 27 aprile), aveva visto come nemici sia “i liberatori” alleati, sia “gli occupanti” tedeschi118, nella primavera del 1945 l’Austria si presenta con la duplice connotazione di paese liberato e paese occupato119.
Considerate tali premesse si può parlare del 1945 come di un nuovo inizio per l’Austria?
Ritenuto da buona parte della popolazione l’occasione di un nuovo, «spe- ciale inizio»120, il 1945 ha tuttavia mostrato una linea di sostanziale
continuità con il precedente passato repubblicano. Questa continuità, emersa sin dai primi anni della Seconda repubblica, si è verificata sul tripli- ce piano, internazionale (all’Austria furono riconosciuti i confini risalenti al 1937, confermando così le decisioni precedentemente stabilite dal Trattato di pace di Saint-Germain); costituzionale (di fatto, dopo il settennato di “occupazione” tedesca il paese danubiano riprendeva il proprio percorso democratico da quella forma repubblicana che si era tragicamente conclusa nel 1934 con la ascesa di Dollfuss) e politico (l’Austria sarà guidata, sia nel processo di transizione democratica, sia nei decenni successivi, da esponen- ti delle stesse élite politiche che erano state protagoniste tanto degli ultimi anni del governo imperiale che della Prima repubblica)121.
sta, della componente socialrivoluzionaria di Josef Afritsch, che avrebbe potuto favorire quell’unione delle forze proletarie del paese che non si era realizzata negli anni della Prima repubblica. Si vedano a proposito K. Fischer, Phantom Prikryl, in «Jahrbuch des Vereins für Geschichte der Stadt Wien», (1995), pp. 265-297, e A. Schärf, Österreichs Wiederaufrich-
tung, cit., pp. 43-51.
118 La lettura del periodo 1938-45 fatta dalle tre forze democratiche era stata molto
chiara in merito: l’Austria aveva cessato di esistere come stato sovrano a seguito dell’annessione al Reich tedesco, e conseguentemente, la Wehrmacht doveva esser conside- rata come una forza di occupazione che aveva tenuto in ostaggio il paese per sette anni e il cui giogo era stato tolto dagli alleati. Si tratta di una chiara e strumentale lettura che, come sottolineato dallo scrittore Heinrich Böll, non aiutava gli austriaci a comprendere se l’8 maggio ci fosse stata una liberazione o una sconfitta. Cfr. Ableitinger in Mantl, 122.
119 E. Hanisch, Der lange Schatten des Staates, cit., p. 400.
120 A. Pelinka, Changing minds and political institutions. Political development in
Austria since 1945, in http://www.doew.at/cms/download/9h65u/pelinka.pdf (il file è stato
consultato il 21 settembre 2015), p. 1.
121 Cfr. A. Pelinka, N. Rainer, Bürgerkrieg, Sozialpartnerschaft. Das politische
System Österreichs. Erste und Zweiter Republik. Ein Vergleich, Jugend und Volk Verlag,
Nonostante tale linea di continuità quelle stesse élite politiche presentavano anche elementi di novità, frutto dell’elaborazione e della maturazione delle precedenti esperienze; fra questi vi sarà uno stile comunicativo nuovo, caratterizzato da un mutamento radicale di mentalità, che garantirà nei de- cenni successivi un approccio politico diverso e più indirizzato verso l’orientamento del consenso122.
La documentazione d’archivio e la letteratura storiografica hanno fornito ulteriori elementi di conferma alla tesi della linea di significativa continuità fra la classe politica e dirigente della Prima e Seconda repubblica.
Costituitosi all’indomani della liberazione della capitale, il governo provvi- sorio avrebbe mostrato sin dai primi mesi di vita il persistere di una linea di continuità col passato, definita dal diplomatico Josef Schöner come un ri- torno al primo periodo repubblicano123: buona parte della classe politica fu
espressione dell’élite prebellica, come testimoniano emblematicamente sia il cancelliere provvisorio Renner (padre fondatore e primo cancelliere della repubblica austriaca), sia gli esponenti più rappresentativi dell’antifascismo, Kunschak, Figl e Raab (ÖVP), Schärf e Elmer (SPÖ), Koplenig e Fischer (KPÖ)124.
Il processo di restaurazione delle istituzioni democratiche ante-guerra125
coinvolgerà anche i settori della burocrazia e della pubblica amministrazio- ne, dove si realizzerà il reintegro in servizio attivo dei dirigenti esautorati nel 1938126. Non si assisterà tuttavia, se non parzialmente e solo momenta-
neamente, né al rinnovo dell’apparato statale né alla completa epurazione dei funzionari iscritti all’NSPD, sia perché ciò avrebbe comportato il rallen- tamento del processo di ricostruzione postbellica, sia perché, come ricono-
122 Abbandonando le impostazioni risalenti al primo modello repubblicano, la
classe dirigente austriaca si dimostrerà così in grado di superare definitivamente sia le anti- che contrapposizioni politiche e ideologiche che avevano favorito l’ascesa dell’NSPD, sia un modello politico-istituzionale che lo statunitense Arend Lijphart ha definito come un «prototipo di democrazia centrifuga». Su questi temi si veda il datato ma sempre valido con- tributo di A. Lijphart, Democracy in Plural societies. A Comparative Exploration, Yale University Press, New Haven 1977, p. 2. Cfr. inoltre Id., Thinking about Democracy. Power
Sharing and Majority Rule in Theory and Practice, Routledge, London 2008, pp. 28-30.
123 Si vedano le riflessioni contenute nel diario di Schöner nei giorni compresi tra
il 27 aprile e l’8 maggio 1945 ora in E.-M. Csáky, F. Matscher, G. Stourzh (a cura di), Josef
Schöner: Wiener Tagebuch 1944/1945, Böhlau, Wien-Köln-Weimar 1992, pp. 190-237.
124 D. A. Binder, The Second Republic. Austria Seen as a Continuum, in «Austrian
History Yearbook», XXVI (1995), pp. 17-43.
125 E. Hanisch, Der lange Schatten des Staates, cit., p. 396.
126 G. Botz, Krisenzonen einer Demokratie. Gewalt, Streik und Konfliktunterdrü-
sciuto dai tre partiti antifascisti e più tardi anche dagli stessi alleati127, l’adesione al nazismo era stata sì pressoché totale, ma spesso solo formale. Avvenne così, per esempio, per il personale diplomatico del ministero degli esteri: alla breve sospensione dal lavoro per i funzionari e i dirigenti più compromessi con il regime, fece seguito il reintegro in servizio nel 1949, quando l’urgenza dell’anticomunismo avrebbe indotto gli alleati occidentali ad accantonare definitivamente il processo di denazificazione128.
Questa continuità con la Prima repubblica confuta la tesi dell’ora zero (Stunde null) e il secondo dopoguerra si presenta come una restaurazione senza riforme.
E sebbene la storiografia abbia chiaramente demolito il mito della Stunde
null in Austria, evidenziando l’assenza di un’ora zero, grazie a una metico-
losa lettura delle relazioni delle potenze occupanti sulla situazione austriaca nel 1945129, l’élite politica del dopoguerra invece sentirà un forte senso di
appartenenza a una nuova stagione anche grazie al nuovo spirito solidaristi- co formatosi tra i partiti nei campi di detenzione nazisti (der Geist der La-
gerstraße). I padri fondatori della Seconda repubblica, dal canto loro, ali-
menteranno il mito dell’«ora zero della democrazia», come nel 1951 sareb-
127 In un rapporto stilato dall’autorità militare di occupazione statunitense
sull’operato del governo provvisorio e trasmesso al Dipartimento di Stato si sottolineava come sia il Cancelliere sia i suoi ministri fossero consapevoli di tali limiti, ma come, date le circostanze, il governo provvisorio non potesse fare di meglio. Era inoltre riportato il cre- scente disappunto dell’SPÖ, che lamentava «il dominio incontrastato dei servitori fedeli del regime austrofascista nella pubblica amministrazione»; a questo proposito il rapporto preci- sava come lo stesso Renner avesse ammesso la carenza di personale preparato e qualificato da impiegare nella pubblica amministrazione. Questa carenza era poi accentuata dalla man- canza di competenze specifiche e da una preparazione personale che in molti casi risaliva al periodo imperiale e dunque inadatta ad «affrontare i problemi del momento». The Presence
Status of the Renner Government, NARA/RG 226/XL/15465, cit. in J. Leidenfrost, Die Amerikanische Besatzungsmacht, cit., p. 512.
128 Cfr. G. Bischof, Between East and West: The Origins of Post-World War II
Austrian Diplomacy during the Early Period of Occupation, in Id., A. Pelinka, M. Gehler (a
cura di), Austrian Foreign Policy in Historical Context (Contemporary Austrian Studies, vol. XIV), Transaction Publishers, New Brunswick-London 2006, pp. 113-142.
129 O. Rathkolb, Gesellschaft und Politik am Beginn der Zweite Republik. Vertrau-
liche Berichte der US-Militäradministration aus Österreich 1945 in englischer Originalfas- sung, Böhlau, Wien-Graz 1985, in particolare le pp. 9-11. Sul significato del 1945 come an-
no di svolta per la storia austriaca si vedano le riflessioni di G. Stourzh, 1945 und 1955:
Schlüsseljahre der Zweiten Republik. Gab es die Stunde null? Wie kam es zu Staatsvertrag und Neutralität? Studien Verlag, Innsbruck-Wien-Bozen 2005, pp. 15-63.
be stata definita dal neoeletto presidente Renner130, lasciandosi così alle spalle i silenzi e le complicità con il nazionalsocialismo131.
Chiave di volta di questo controverso nuovo inizio fu, come visto, la dichiarazione moscovita del 1943132.
Sebbene all’accordo raggiunto dai ministri degli esteri alleati non fosse sta- ta inizialmente attribuita quell’effettiva importanza che poi avrebbe concretamente avuto, almeno per l’élite politica austriaca133, esso fu stru- mentalmente inteso come il momento fondante della Seconda Repubblica e utilizzato per legittimare il neonato stato134. Come ha osservato Heidemarie Uhl, sia nella classe politica che nella popolazione finì per prevalere una «visione glorificata e mitizzata del passato», che avrebbe assunto «il tono di un pathos patriottico» e alimentato la teoria dell’Austria “prima vittima” del nazismo, tesi «universalmente accettata» dai tre partiti dell’arco costituzionale135.
130 Österreichische Bundesregierung (a cura di), Für Recht und Freiheit. Eine
Auswahl der Reden des Bundespräsidenten Dr. Karl Renner, Österreichische Staatsdrucke-
rei, Wien 1951, p. 14.
131 Cfr. G. Botz, A. Müller, „1945“. „Stunde null“, Historischer Bruch oder Kon-
tinuität mit der NS-Zeit und der Ersten Republik? in DÖW, „Jahrbuch 1995”, pp. 6-27.
132 Un’esauriente analisi su questo tema è fornita dal recente lavoro di S. Karner,
A. O. Tschbarjan (a cura di), Die Moskauer Deklaration 1943. ”Österreich wiederherstel-
len“, Böhlau, Wien-Köln-Weimar 2015.
133 Il già citato memorandum della commissione del Dipartimento di stato sui pro-
grammi del dopoguerra aveva precisato come la Dichiarazione di Mosca ponesse «il pro- blema dell’Austria senza che sia specificata una soluzione finale». The Treatment of Austria, cit., pp. 438-439. Si veda anche G. Botz, Krisenzonen einer Demokratie. Gewalt, Streik und
Konflikthunderdrückung in Österreich seit 1918, Campus Verlag, Frankfurt am Main-New
York 1987, p. 367.
134 Sulla questione dell’identità nazionale austriaca, così come sui complessi
rapporti politico-diplomatici che portarono alla nascita della Seconda repubblica v. G. J. Bischof, Between Responsibility and Rehabilitation. Austria in international Politics (1940-
1950), Harvard University Press, Harvard 1989; F. Fellner, Geschichtsschreibung und nati- onale Identität, Böhlau, Wien-Köln-Weimar 2002; O. Rathkolb, Die paradoxe Republik, cit.
Per un’analisi articolata del rapporto tra memoria e identità nazionale si vedano i diversi saggi contenuti in G. Bischof, A. Pelinka (a cura di), Austrian Historical Memory&National
Identity (Contemporary Austrian Studies, vol. V), Transaction Publishers, New Brunswick-
London 1997, pp. 20-202.
135 H. Uhl, Zwischen Versöhnung und Verstörung. Eine Kontroverse um Öster-
reichs historische Identität fünfzig Jahre nach dem „Anschluss“, Böhlau, Wien-Köln-
Weimar 1992, p. 331.
Tre erano i cardini principali della teoria dell’Austria “prima vittima” di Hitler: 1. L’occupazione e annessione del paese danubiano contro il proprio volere nel marzo del 1938; 2. Il fatto che l’Austria fosse stata liberata grazie anche al contributo offerto dai resi- stenti austriaci; 3. La constatazione che i sette anni di dominio tedesco (1938-1945) erano
Tre erano i punti della Dichiarazione di Mosca che sembravano conferire piena legittimità alla repubblica: la prevista ricostituzione di un’Austria libera e indipendente, che avallava la ripresa della vita democratica interrotta sette anni prima; il riconoscimento dello status di vittima della politica di aggressione nazista; l’implicita messa al riparo dell’Austria dall’essere ritenuta corresponsabile dello scoppio della guerra.
Punti controversi che tuttavia garantirono all’Austria le condizioni necessarie per un rapido ripristino delle sue strutture statali e per un ritorno alla legalità.
Questa sorta di pacificazione nazionale ometteva tuttavia di avviare una pa- cata e onesta riflessione sul recente passato, impedendo così di fatto l’apertura di un vero dibattito, che sarebbe stato invece necessario per appurare le responsabilità politiche di una società civile che invece uscì in- denne dai traumi del conflitto.
La Dichiarazione di Mosca si prestava quindi a interpretazioni differenti. Da una parte vi era l’atteggiamento della classe politica austriaca, impegna- ta a far valere il riconoscimento della “liberazione” dai tedeschi e la propria indipendenza, finalizzata alla legittimazione internazionale del mito di vittima (Opferthese) del regime nazionalsocialista, e dall’altra la posizione alleata, in particolare di britannici e statunitensi, più propensa al riconoscimento della non belligeranza austriaca. Questa posizione era stru- mentale alla tutela e alla protezione della struttura economica austriaca da eventuali, future richieste risarcitorie dell’Urss, che, se accolte, avrebbero compromesso o comunque pesantemente rallentato la ripresa economica del paese136.
Al già incerto futuro statuale-giuridico dell’Austria si sommavano i nume- rosi problemi che il paese aveva affrontato negli ultimi mesi della guerra, caratterizzati da una situazione al limite del caos: i bombardamenti alleati, che avevano provocato pesanti danni materiali e umani137, la furia cieca
stati anni di occupazione di un governo straniero e un periodo di resistenza e di persecuzione della lotta della nazione per la sua liberazione. H. Uhl, The Politics of Memory: Austria’s
Perception of the Second World War and the National Socialist Period, in G. Bischof, A.
Pelinka (a cura di), Austrian Historical Memory&National Identity, cit., pp. 66-94, qui p. 66.
136 Già nel luglio del 1944 il Dipartimento di Stato americano aveva chiaramente
indicato la tipologia e l’entità delle misure economiche che sarebbero dovute esser adottate in Austria alla fine delle ostilità con l’obiettivo e l’«interesse di prevenire il collasso econo- mico» del paese. Cfr. The Treatment of Austria, cit., p. 449.
137 Nel corso degli ultimi mesi del conflitto, nel tentativo di fiaccare la tenace resi-
stenza tedesca, l’aviazione anglo-statunitense aveva intensificato i bombardamenti aerei sui centri industriali e civili, causando pesantissime perdite e la morte di oltre 20.000 persone. Fra i centri più colpiti vi furono Vienna, Wiener Neustadt, importante snodo ferroviario e di
delle SS abbandonatesi a una «orgia di sangue» con eccidi indiscriminati di civili ed esecuzioni di massa138, le devastazioni dell’esercito sovietico, che animato da sentimenti di odio e vendetta verso la Germania per le brutalità commesse durante la campagna di Russia e non riuscendo o non volendo riuscire a distinguere fra tedeschi e austriaci, commise stupri e saccheggi indiscriminati139.
Questi fattori resero ancora più incerto il futuro del paese danubiano e più problematico il rapporto con le potenze occupanti, in particolare con l’Urss. Sebbene la propaganda sovietica avesse presentato l’Armata rossa come un esercito di liberazione dal nazismo e riportato enfaticamente il favore con cui la popolazione austriaca aveva acclamato i soldati sovietici, primi fra gli alleati a penetrare in Austria140, in realtà ai presunti liberatori di rado
venne riservata la «benevola accoglienza» propagandata dal Cremlino, quanto piuttosto un «gelido benvenuto». Ciò avvenne sia perché i primi territori a esser invasi erano stati quelli del fronte orientale, dove l’adesione al nazionalsocialismo era stata massiccia e la fedeltà al Reich rimasta pres- soché immutata141, sia per gli effetti della propaganda anticomunista, che
aveva radicato nella popolazione civile l’idea di un «bolscevismo sanguinario e spietato»142.
comunicazione, e numerosi distretti industriali in Alta Austria e Vorarlberg. Si vedano M. Rauchensteiner, Der Krieg in Österreich 1945, Österreichischer Bundesverlag, Wien 1985, pp. 29-77, e G. Walterskirchen, Bomben, Hamstern, Überleben. Österreich 1945, Molden, Wien 2005.
138 W. Aichinger (a cura di), Die Stunde null. Niederösterreich 1945, Amt der
Niederösterreich Landesregierung, Wien 1975, p. 15. Cfr. inoltre E. Tàlos, E. Hanisch, W. Neugebauer (a cura di), NS-Herrschaft in Österreich. Ein Handbuch, ÖBV&Verlagsgesellschaft, Wien 2000.
139 Sui numerosissimi casi di stupri e di violenze subiti dalla popolazione femmini-
le di ogni fascia di età e ceto sociale, così come sui saccheggi perpetrati dai soldati dei primi reparti sovietici si veda G. Bischof, Austria in the First Cold War, cit., pp. 30-42.
140 Penetrato in Austria sfondando le difese al confine ungherese, il terzo fronte
ucraino dell’Armata rossa guidato dal maresciallo Tolbuchin era giunto a Klosternmarien- berg, nella provincia del Burgenland, il 29 marzo 1945. Aveva poi proseguito l’avanzata verso la capitale. Riunitosi con il secondo fronte ucraino guidato dal generale Malinovski, l’esercito sovietico occupò in meno di un mese tutte le regioni orientali dell’Ostmark (Vien- na, Burgenland e Austria inferiore) attestandosi alla fine della guerra (l’8 maggio) in Carin- zia, dove aveva occupato la parte meridionale e orientale. M. Rauchensteiner, Der Krieg in
Österreich, cit., p. 126.
141 Sulla convinta adesione al regime nazista e più in generale sui sentimenti della
popolazione austriaca durante l’occupazione tedesca si veda E. B. Bukey, Hitler’s Austria, cit.
142 Su questi temi si rimanda al saggio di I. Fraberger, D. Stiefel, “Enemy Ima-
ges”. The Meaning of “Anti-Communism” and Its Importance for the Political and Econom- ic Reconstruction in Austria after 1945, in G. Bischof, A. Pelinka, D. Stiefel (a cura di), The
L’avanzata sovietica aveva scatenato durissimi scontri con le forze tede- sche, in particolare nella capitale, dove una sanguinosa battaglia per la libe- razione della città si protrasse per una settimana (dal 6 al 13 aprile)143. Proclamando la conquista e la simultanea liberazione della capitale con l’annuncio “Vienna è libera” (Wien ist frei), le autorità militari sovietiche intesero precisare il significato della loro presenza in Austria per sottolinea- re come il destino deciso per il paese sarebbe stato diverso da quello, peral- tro ancora incerto, della Germania: non erano state «brame di conquiste ter- ritoriali» a spingere l’Armata rossa a invadere l’Austria, ma la volontà di combattere e di sconfiggere le forze di occupazione tedesche per aiutare la popolazione a liberarsi dalla nefasta dipendenza dal Terzo Reich e contri- buire così al ristabilimento dell’ordine politico antecedente il 1938144.
La contemporanea offensiva militare franco-anglo-statunitense sul fronte occidentale e meridionale avrebbe portato alla capitolazione definitiva della Wehrmacht l’8 maggio, sancendo la fine della guerra e l’avvio del difficile processo di ricostruzione145.
Concluso l’incubo dell’Anschluss, occorreva avviare il ripristino della vita democratica procedendo alla ricostruzione materiale e morale di un paese che, accettando passivamente l’occupazione tedesca, nella primavera del 1945 appariva come devastato e stremato.
L’approvvigionamento alimentare, l’insufficienza degli alloggi, la presenza di migliaia di profughi e delle forze militari alleate di occupazione, unita- mente all’esigenza di riavviare rapidamente l’apparato burocratico statale erano solamente alcuni dei problemi più urgenti da affrontare per il riavvio della ripresa democratica della nazione146.
Marshall Plan in Austria (Contemporary Austrian Studies, vol. VIII), Transaction Publish-
ers, New Brunswick-London 2000, pp. 56-97.
143 Cfr. M. Rauchensteiner, Der Krieg in Österreich 1945, cit., pp. 189-192.
144 Si veda in proposito la dichiarazione delle autorità militari sovietiche del 1° aprile
1945 in WStLA, M511 (1945-1947), Die Verwaltung der Bundeshauptstadt Wien, pp. 15-23.
145 Al momento della resa tedesca le truppe degli alleati occidentali avevano libe-
rato e contestualmente occupato le regioni del Vorarlberg (francesi), della Stiria (britannici), del Tirolo, Salisburghese e dell’Austria superiore (statunitensi). M. Rauchensteiner, Der
Krieg in Österreich, cit., pp. 189-192.
146 Il nuovo assetto geopolitico che andava delineandosi in Europa sembrava porre
la futura Austria al limite estremo della società occidentale; come sarebbe stato confermato poco tempo dopo dall’atteggiamento degli Stati Uniti, l’Austria divenne l’inamovibile ba- luardo a difesa dei confini della sfera d’influenza occidentale, e la città di Vienna assurse a simbolo della resistenza alla penetrazione ideologica del comunismo e all’espansione della sfera di influenza dell’Urss. Cfr. O. Rathkolb, Internationalisierung Österreichs seit 1945, Studien Verlag, Innsbruck-Wien 2006.
Particolarmente drammatico era il quadro economico-sociale della città di Vienna: sotto shock per l’occupazione, era dai tempi di Napoleone che nes- suno straniero occupava la capitale austriaca147, le antiche vestigia della cit- tà danubiana erano state cancellate dalle ultime settimane di guerra e dall’avanzata degli eserciti alleati: i furiosi combattimenti casa per casa avevano trasformato Vienna in uno spettro di sé stessa, riducendola a un cumulo di rovine e privandola dei servizi essenziali (luce, acqua, gas) e dei beni di prima necessità.