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La premessa per la ricostruzione democratica La Dichiarazione di Mosca

Il processo di ricomposizione di un governo democratico, avviato in Au- stria alla fine del secondo conflitto mondiale dopo dodici anni di repressio- ne (dei quali cinque del regime autoritario dello Ständesstaat e sette dell’occupazione nazista), rappresentava per gli alleati una sfida tremenda. Posto fine a un periodo caratterizzato dall’imposizione di un modello totali- tario di partecipazione politica della popolazione, occorreva saper indirizza- re e sostenere una nuova e più matura coscienza civile che fosse capace di imporsi come modello positivo nel rinnovato processo democratico.

Il complesso processo di transizione dalla dittatura nazionalsocialista alla democrazia, è avviato dalle potenze alleate con tempi e modalità diverse in Austria e Germania.

Nella strategia postbellica il vero nodo del contendere era la questione tede- sca. La necessità di una futura e duratura pace, così come della sicurezza del continente europeo, avevano radicato nelle potenze alleate la convin- zione della necessità di punire la Germania, sottoponendola a un processo di denazificazione, di disarmo e di controllo del suo potenziale industriale. Diverse tuttavia erano le posizioni delle quattro potenze: sebbene la Francia e la Gran Bretagna volessero esser certe che la Germania non rappresentas- se più una minaccia alla sicurezza dell’Europa, erano tuttavia coscienti dell’importanza dell’economia tedesca nella ricostruzione postbellica euro- pea e altresì decise, al pari degli Stati Uniti, a non alimentare il sentimento nazionalista che si sarebbe riacceso col protrarsi di condizioni eccessivamen- te punitive, che avrebbero inevitabilmente generato miseria e sottomissione. L’Urss sembrava decisa a imporre ingenti riparazioni di guerra, da una par- te necessarie per sostenere il difficile processo di ricostruzione dell’economia postbellica sovietica, dall’altra per impedire il rilancio dell’apparato industriale tedesco. Una Germania economicamente debole e dipendente dalle potenze occupanti avrebbe inoltre facilitato il condiziona- mento della sua vita politica.

Per tutta la durata della guerra e almeno fino al 1946 il futuro della Germa- nia sarebbe rimasto sospeso; l’unica certezza fra gli alleati, da Yalta in poi, era che il paese tedesco avrebbe dovuto sperimentare la fermezza di un processo di denazificazione e di rieducazione, inteso come lo strumento più

idoneo per liberare la società civile dai residui ideologici del totalitarismo nazista. Sforzi che avrebbero dovuto impegnare attivamente i tedeschi, per- ché considerati la premessa per un nuovo inizio.

Idea condivisa fra le potenze era che si realizzasse un elevato grado di di- scontinuità con il passato nazista e in questo senso il 1945 fu inteso per la Germania come l’ora zero (Stunde null), il punto di partenza di una nuova stagione politica, sociale ed economica65.

Nel dopoguerra la Germania sperimenterà così un controllo totale da parte delle potenze occupanti (Unione Sovietica, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia), una «dittatura costituzionale»66 nel corso della quale ogni forma di partecipazione alla vita politica fu di fatto sospesa fino al 1949. Davanti ai reciproci timori che andavano diffondendosi fra gli oramai ex alleati, gli occidentali decisero di prevenire sia la possibilità che la Germania fosse preda dell’influenza di Mosca, sia il risorgere di un pericoloso nazionali- smo e optarono per una ripresa democratica.

L’Austria affronterà sfide diverse67.

La ridefinizione democratica del paese danubiano ha rappresentato un caso speciale (Sonderfall) e senza eguali nella storia contemporanea europea no- vecentesca.

Sebbene avesse condiviso con la Germania una traiettoria politica e cultura- le simile, l’Austria venne trattata diversamente dalle potenze vincitrici, di- venendo ben presto il centro nevralgico della delicata situazione geopolitica postbellica dell’area danubiana nel contesto della guerra fredda.

Liberati dalla dominazione tedesca gli austriaci otterranno dagli alleati oc- cidentali un’autonomia politica che si rivelerà fondamentale per la ricosti- tuzione delle istituzioni e per l’avvio del processo democratico.

65 Cfr. H. J. Rupieper, Die Wurzeln der Westdeutschen Nachkriegsdemokratie,

Westdeutscher Verlag, Opladen 1993; A. Doering-Manteuffel, Turning to the Atlantic: The

Federal Republic’s Ideological Reorientation, 1945-1970, in «Bulletin of the German Histo-

rical Institute», 25 (1999), pp. 3-21.

66 C. J. Friedrich, Military Government and Dictatorship, in «Annals of the Amer-

ican Academy of Political and Social Science», 267 (1950), p. 6. Il tema della “dittatura co- stituzionale” dei governi militari interalleati nelle fasi immediatamente successive alla fine dei combattimenti è stato approfondito sin dai primissimi anni del secondo dopoguerra. Sul dibattito storiografico del periodo cfr. C. L. Rossiter, Constitutional Democracy: Crisis Go-

vernment in the Modern Democracies, Princeton University Press, Princeton 1948.

67 Cfr. M. Gehler, Österreich, die Bundesrepublik und die deutsche Frage

1945/49-1955. Zur Geschichte der gegenseitigen Wahrnehmungen zwischen Abhängigkeit und gemeinsamen Interessen, in Id. (a cura di), Ungleiche Partner? Österreich und Deutsch- land in ihrer gegenseitigen Wahrnehmung: Historische Analysen und Vergleiche aus dem 19. und 20. Jahrhundert, Studien Verlag, Innsbruck-Wien-Bozen 2009, pp. 535-580.

Questo trattamento di favore sarà riconosciuto in primis dagli statunitensi, che nella fase finale della guerra avevano già pianificato le modalità di at- tuazione di questa diversità di approccio all’ex paese nemico.

Nell’estate del 1944 un’apposita commissione statunitense costituita dal Dipartimento di stato per lo studio dei programmi postbellici in Europa, aveva sottoposto all’attenzione di Roosevelt una dettagliata relazione nella quale erano indicati i piani riguardanti l’Austria.

Obiettivo primario era la ricostituzione di un paese «politicamente ed eco- nomicamente forte», per evitare che nel futuro fosse «nuovamente vittima» delle mire espansionistiche di paesi confinanti più forti o dei pangermanisti. Secondo gli analisti statunitensi in Austria, a differenza della Germania, vi erano le condizioni «per permettere agli austriaci di aver voce in capitolo nel determinare il proprio futuro status [giuridico]»68.

La posizione geografica dell’Austria svolse un ruolo determinante nell’orientamento delle scelte della diplomazia statunitense che, «dati gli incerti sviluppi in Austria e in Europa centrale», raccomandava a Roosevelt di evitare atteggiamenti troppo “rigidi” nei confronti delle scelte che gli au- striaci avrebbero compiuto in materia economica e politica, soprattutto in rapporto ai paesi confinanti69.

La sopravvivenza di una «certa forma di opposizione nazionale» al nazio- nalsocialismo negli anni dell’occupazione tedesca permetteva inoltre che in Austria si potesse realizzare una forma di governo autonomo, che fosse frutto della collaborazione fra le diverse forze democratiche (cattolici, so- cialisti e comunisti) che avevano composto il fronte antinazista. Per questi motivi gli austriaci potevano esser lasciati «liberi di determinare la propria forma di governo»70.

Un trattamento dunque profondamente diverso rispetto a quello che sarà riservato alla Germania sconfitta e che garantirà all’Austria di restaurare più rapidamente la propria entità nazionale, quella che la storiografia au- striaca ha indicato come «proiezione statuale»71.

68 Memorandum by the Committee on Post-War Programs. The Treatment of Aus-

tria (8 giugno 1944), in FRUS 1944, vol. I, pp. 437-449, qui p. 437.

69 Ibid., pp. 438-439.

70 Ibid., pp. 446-447.

71A. Ableitinger, Österreichisch-Deutsche Nachkriegsbeziehungen seit 1945, in R.

A. Kann, F. Prinz, (a cura di), Deutschland und Österreich. Ein bilaterales Geschichtsbuch, Jugend&Volk, Wien-München 1980, pp. 199-222, qui p. 201; cfr. inoltre M. Rauchenstei- ner, Der Sonderfall, cit. p. 127.

Determinante per l’indirizzo del conflitto mondiale e punto apicale della strategia alleata fu, come ricordato, la Dichiarazione di Mosca72.

Parte integrante dei più vasti piani interalleati per la ridefinizione postbelli- ca dell’assetto geopolitico europeo, la dichiarazione moscovita aveva rico- nosciuto l’Austria come prima vittima della politica di aggressione hitleriana, ne aveva auspicato una pronta liberazione e, dichiarando nullo l’Anschluss, non aveva vincolato le potenze alleate al rispetto delle modifiche politico-giuridiche apportate in Austria dopo tale data. Aveva inoltre auspicato di poter presto assistere al ristabilimento della libertà e dell’indipendenza e di poter gettare le basi affinché gli austriaci potessero scoprire come la sicurezza politico-economica fosse l’unico presupposto per una pace duratura73.

La nota congiunta precisava come il paese danubiano avesse tuttavia una precisa corresponsabilità che non poteva essere elusa, a causa del suo intervento in guerra al fianco della Germania hitleriana, ma precisava che, nelle future discussioni sul riassetto del paese, sarebbe stato preso in debita considerazione un eventuale contributo alla sua liberazione.

A distanza di cinque anni quando, sfruttando abilmente il diffuso pangermanismo presente in Austria e violando deliberatamente le clausole dei trattati di pace, Hitler aveva ordinato l’invasione del paese danubiano, causando l’energica protesta alla Società delle Nazioni del solo Messico, emergeva così una chiara volontà alleata e una presa di posizione netta a favore dell’indipendenza austriaca.

La nota di protesta di Isidro Fabela, delegato del governo di Lázaro Cárde- nas, era stata la prima e unica vigorosa protesta diplomatica all’Anschluss (19 marzo 1938).

Denunciando l’aggressione tedesca sia come un’aperta violazione della sovranità di un paese e del suo diritto all’autodeterminazione, sia come la pericolosa premessa di un più vasto processo che avrebbe «inesorabilmente condotto» al disintegro del peraltro già «precario ordine internazionale», il delegato messicano aveva protestato per la mancata convocazione del Con-

72 La nota ufficiale dell’incontro moscovita riportava come data dell’Anschluss al-

la Germania la data del 13 marzo, in realtà essa avvenne due giorni più tardi, il 15 marzo. Cfr. S. Verosta, Die internationale Stellung Österreichs, cit., pp. 52-53; cfr. inoltre G. Stourzh, Geschichte des Staatsvertrages, Styria, Graz 1980, p. 214. Per un quadro più esau- stivo si rimanda a R. H. Keyserlingk, 1. November 1943: Die Moskauer Deklaration. Die

Alliierten, Österreich und der Zweite Weltkrieg, in R. Steininger, M. Gehler (a cura di), Ös- terreich im 20. Jahrhundert, cit., pp. 34-36.

siglio e denunciato l’inevitabile «sentenza di condanna alla morte politica» dell’Austria74.

Il mancato rispetto della risoluzione della Corte di giustizia internazionale dell’Aia (settembre 1931), aveva precisato inoltre Fabela, portava a consi- derare l’annessione «illegale, arbitraria» e «inammissibile», tanto più che la scelta dell’elite politica austriaca di abdicare al proprio ruolo cedendo il po- tere esecutivo, non era stata una decisione autonoma assunta in piena liber- tà, ma fortemente condizionata dall’aggressività politica della Germania e non rappresentativa della volontà della popolazione, «che sicuramente con- sidera la morte della sua patria come una tragedia». Il delegato messicano aveva ricordato come l’unico modo per conseguire la pace ed evitare «nuo- vi attentati internazionali», fosse il rispetto dei trattati; in caso contrario «disgraziatamente il mondo sarà vittima di un conflitto molto più grave di quello che attualmente si tenta di evitare»75.

L’Urss, nonostante la denuncia, peraltro tardiva e formale, di violazione dell’integrità dell’Austria76, aveva mantenuto nei confronti della questione

austriaca un atteggiamento prudente77.

74 Il delegato messicano alla Società delle Nazioni aveva definito l’aggressione

hitleriana un grave attentato sia alla Società delle Nazioni sia ai «sacri principi» del diritto internazionale. Questa violazione “in flagrante” dei principi fondanti della stessa Società aveva di fatto portato alla cessazione dell’Austria come stato indipendente, così come rico- nosciuto nel primo dopoguerra («El Nacional», 20 marzo 1938).

Le clausole del trattato di Saint-Germain avevano sancito l’inalienabilità del paese danubiano e garantito l’indipendenza politica, l’integrità territoriale e una piena sovranità. Sulle garanzie di indipendenza sancite dai trattati si veda Rot-Weiss-Rot-Buch. Gerechtigkeit

für Österreich. Darstellungen, Dokumente und Nachweise zur Vorgeschichte und Geschich- te der Okkupation Österreichs. Erster Teil (nach amtlichen Quellen), Österreichische

Staatsdruckerei, Wien 1946, pp. 19-20.

75 La Protesta de México: La Declaración de Isidro Fabela, in L. I. Sainz (a cura

di), México Frente al Anschluss, Archivo Histórico Diplomático Mexicano, Secretaría de Relaciones Exteriores, Ciudad de México 1988, pp. 83-84.

76 Il Cremlino aveva condannato l’Anschluss tedesco soltanto sei mesi più tardi, il

21 settembre, dopo il Messico, il Cile (11 maggio) e la Spagna (19 settembre), alla vigilia della XIX seduta generale della Società delle Nazioni (12-30 ottobre), che si sarebbe caratte- rizzata per l’imbarazzante velo di silenzio calato sull’Austria. Cfr. S. Verosta, Die internati-

onale Stellung Österreichs, cit., pp. 35-42.

77 Sin dai primi anni Sessanta il dibattito storiografico sulla politica estera sovieti-

ca negli anni della seconda guerra mondiale ha evidenziato come la volontà di Stalin fosse quella di legare il destino dell’Austria alla politica da attuare nei confronti del Terzo Reich (cfr. W. L. Stearman, The Soviet Union and the Occupation of Austria. An Analysis of the

Soviet Policy in Austria 1945-1955, Siegler Verlag, Bonn 1961, p. 11; F. Fellner, Die au- ßenpolitische und völkerrechtliche Stellung Österreichs 1938 bis 1945. Österreichs Wieder- herstellung als Kriegsziel der Alliierten, in E. Weinzierl, K. Skalnik (a cura di), Österreich. Die Zweite Republik, Styria Verlag, Graz-Wien 1972, vol. I, pp. 53-90, qui p. 63). Questa

In un discorso pronunciato a Mosca nell’inverno del 1941, Stalin, eviden- ziando una discrepanza fra la retorica propagandistica e la necessaria real-

politik nella politica sovietica, definì l’annessione austriaca l’esito naturale

dell’espansionismo hitleriano e delle frenesie imperialiste dell’NSPD, sal- damente radicato in Austria, come aveva dimostrato il voto referendario plebiscitario sull’Anschluss (10 aprile 1938), col quale la stragrande mag- gioranza degli austriaci, «ferventi pangermanisti», aveva avallato la strate- gia hitleriana78.

Le altre grandi potenze, su tutte Gran Bretagna e Stati Uniti, avevano avuto un atteggiamento attendista, nonostante fosse oramai nota l’«estrema bruta- lità» di Hitler nei confronti del cancelliere Schuschnigg79. Sebbene nei mesi

immediatamente precedenti l’Anschluss più volte i diplomatici delle poten- ze occidentali a Vienna avessero trasmesso a Londra e a Washington allar- mate relazioni sulla debolezza del governo repubblicano80, britannici e sta-

tunitensi, pur riluttanti per le implicazioni economico-finanziarie derivanti dall’annessione (riguardanti il saldo del debito internazionale austriaco che

tesi ha trovato riscontro anche in studi più recenti, basatisi sulle acquisizioni del materiale archivistico russo reso da poco disponibile, che hanno confermato e rafforzato queste posi- zioni (cfr. W. Mueller, Die sowjetische Besatzung in Österreich, cit., e P. Ruggenthaler, The

Concept of Neutrality in Stalin’s Foreign Policy, cit.).

78 A. Filitov, Sowjetische Planungen zur Wiedererrichtung Österreichs, cit., p. 29;

cfr. inoltre G. P. Kynin, J. Laufer, SSSR i germanskij vopros, cit., p. 644.

79 Con queste parole il cancelliere Kurt Schuschnigg, nel corso di un colloquio col

ministro degli esteri francese Alexis Léger, aveva riassunto i toni dell’incontro avuto a Ber- chtesgaden con Hitler. La frase è riferita dall’ambasciatore statunitense a Parigi William Bullitt, al Dipartimento di Stato, cfr. Telegramma di Bullitt a Hull, 15 febbraio 1938, in FRUS 1938, vol. I, p. 394.

80 In un telegramma inviato al Dipartimento di Stato dall’ambasciatore statunitense

a Parigi nel febbraio del 1938, si rilevava come il cancelliere Schuschnigg continuasse a lot- tare per l’indipendenza del suo paese nonostante i ripetuti diktat di Hitler, non ultimi quelli dettati a Berchtesgaden alcuni giorni prima dell’Anschluss. L’indipendenza dell’Austria, secondo il diplomatico che aveva avuto un colloquio privato con il cancelliere austriaco, poteva esser preservata nel lungo periodo solamente a seguito di una riconciliazione fra Francia, Gran Bretagna e Italia e a un successivo accordo per sostenere e difendere l’indipendenza austriaca. Come aveva chiarito anche lo stesso Schuschnigg era questa l’unica ipotesi che avrebbe potuto assicurare un futuro di indipendenza al paese danubiano, dato che una opposizione in solitaria dell’Austria alla Germania non sarebbe stata né possi- bile né fattibile. Cfr. Telegramma di Bullitt a Hull (16 febbraio 1938), in FRUS 1938, vol. I, pp. 384-482, qui pp. 397-98.

la Germania aveva già dichiarato di non voler onorare)81, optarono per il riconoscimento de facto dell’Anschluss82.

All’origine delle trattative fra le potenze alleate per l’elaborazione di un te- sto condiviso sul destino dell’Austria postbellica, non vi erano state sola- mente ragioni a carattere politico, ma anche precisi piani militari tesi alla rottura dell’unità del fronte interno avversario.

Le divergenze di vedute sulla questione austriaca sembravano dimostrare la consapevolezza, fra gli alleati, che essa si sarebbe potuta definitivamente risolvere solo a guerra conclusa.

Obiettivo immediato era e rimaneva la destabilizzazione e la rottura dell’unità del fronte interno.

Per questo il testo della dichiarazione fu tradotto in lingua tedesca e diffuso in Austria con il duplice scopo di demoralizzare il nemico e far comprendere sia alla popolazione civile, sia ai soldati austriaci inquadrati nella Wehrmacht che l’Austria sarebbe stata sostenuta nella riconquista della libertà83.

All’indebolimento del Reich tedesco, attraverso l’intensificazione della guerra psicologica che per prima era stata inaugurata dal PWE in un mo- mento in cui sembrava vi fossero le condizioni per «causare imbarazzo alla Germania», favorendo forme di resistenza e sabotaggi in Austria, dove i «sentimenti anti-tedeschi» sembravano in crescita84, le tre potenze avevano

subordinato la soluzione di tutti gli altri problemi, compresa la definizione del futuro status giuridico della nuova Austria, anche se il riassetto postbel- lico rimaneva comunque al centro dell’interesse e delle riflessioni della di- plomazia internazionale.

Il risultato politico-diplomatico raggiunto con la Dichiarazione di Mosca fu triplice: dimostrò l’efficacia di un’azione congiunta alleata, lasciando ipo- tizzare ulteriori intese future85, portò alla definizione di un piano condiviso

81 Le problematiche finanziarie-fiscali scaturite dall’annessione dell’Austria alla

Germania furono oggetto, nel corso dei mesi aprile-giugno, di una costante attenzione da parte del Dipartimento di Stato. Cfr. FRUS 1938, vol. II, pp. 483-515.

82 Sulla protesta britannica v. Documents on British Foreign Policy 1919-1939,

(terza serie) 1938, vol. I, pp. 18-19; sulla posizione degli Stati Uniti v. FRUS 1938, vol. I, p. 473 e pp. 483-484.

83 M. Gehler, W. Chwatal, Die Moskauer Deklaration über Österreich 1943, in

«Geschichte und Gegenwart», 6 (1987), pp. 212-237.

84 Promemoria dell’ambasciata britannica a Washington al Dipartimento di Stato

(28 agosto 1943), in FRUS 1938, vol. I, p. 516.

85 In tale senso si era espresso il ministro degli esteri britannico nel sottolineare il

positivo esito dell’incontro di Mosca; prima di lasciare l’Urss il 3 novembre, Eden affermò che la conferenza tripartita aveva dimostrato che raggiungere risultati importanti era possibi-

sulla questione austriaca e sancì il riconoscimento dell’inalienabile diritto dell’Austria a riacquistare la propria indipendenza, sebbene vincolata a una garanzia di tutela, affinché, cessate le ostilità, assumesse una caratterizza- zione politica nuova, pienamente libera, autonoma e democratica.

Questa nuova entità statale avrebbe trovato una piena e concreta realizzazione due anni dopo a seguito della fondazione della Seconda repubblica86.

Garantite dunque le premesse per la nascita di una nuova Austria, l’accordo moscovita testimoniava la comune volontà alleata di separare i destini di due paesi che avevano scatenato la guerra e manifestava la diversità di trat- tamento nei confronti dell’Austria, che avrebbe inciso in profondità anche nel dibattito pubblico postbellico.

In anni recenti l’univoca lettura strategico-militare della Dichiarazione di Mosca, che ha prevalso per molti anni nel dibattito storiografico, austriaco e non, secondo cui la nota dei ministri degli esteri era un’abile mossa stra- tegica sul piano militare, ma priva di valore politico87, e ribadita anche re-

centemente da Keyserlingk88, è stata messa in discussione da Stourzh, che

ha messo in rilievo aspetti politici fino a quel momento non debitamente considerati89.

Il testo della Dichiarazione di Mosca, sottolinea Stourzh, assume «una chiara connotazione politica» nel momento in cui è usato come un’arma militare per istigare gli austriaci alla ribellione contro i tedeschi, come poi

le, aggiungendo che, se si fosse continuato a lavorare congiuntamente, l’ipotesi di collabora- zione sui futuri piani postbellici era «una concreta realtà». La frase è riportata in un tele- gramma di William Harriman (ambasciatore statunitense a Mosca) a Corder Hull (Segretario di Stato) del 5 novembre 1943, in FRUS 1938, vol. I, p. 699.

86 Sulle origini della Seconda repubblica austriaca cfr. H. Portisch, Österreich II.

Die Wiedergeburt unseres Staates, Kremayr&Scheriau Verlag, Wien 1985; E. Hanisch, Der lange Schatten des Staates. Österreichische Gesellschaftsgeschichte im 20. Jahrhundert 1890-1990, Uberreuter, Wien 1994, pp. 395-489.

87 A partire dagli anni Quaranta la Dichiarazione di Mosca è stata intesa come

un’«arma micidiale contro Hitler», e sebbene sia stata giudicata anche dai contemporanei come «una mossa rivoluzionaria» («Wall Street Journal», 5 novembre 1943) essa è stata a lungo interpretata come una mera dichiarazione di intenti priva di un peso politico.

88 L’assenza di una valenza anche politica della Dichiarazione di Mosca, secondo

Keyserlingk, era da attribuire alla manifesta incapacità degli alleati occidentali di elaborare una precisa soluzione politica alla questione austriaca, nonostante le reiterate sollecitazioni ad agire in tal senso dei pianificatori militari che in più occasioni avevano evidenziato l’urgenza di una strategia politica condivisa. A ulteriore riprova, secondo lo storico canade-