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Il rapporto fra autorità militari di occupazione e popolazione civile fu inizialmente compromesso dalle forti tensioni causate dal comportamento irresponsabile di parte dei soldati alleati, in particolare sovietici89, che nei giorni immediatamente successivi alla fine del conflitto si macchiarono di crimini e di violenze commessi contro la popolazione90.

Sebbene la storiografia abbia oramai chiaramente evidenziato come tali crimini siano da imputare a un’esigua minoranza degli eserciti occupanti, l’impatto delle violenze subite avrebbe impresso un marchio indelebile nella memoria collettiva degli austriaci, contribuendo in modo decisivo a determinare il futuro rapporto della popolazione con gli occupanti91.

Prima diretta conseguenza di questi crimini sarà la riproposizione di alcuni cliché razzisti sull’inferiorità dei sovietici, già precedentemente introdotti dalla propaganda del NSPD come, per esempio, quello dei russi “sub- umani”. Chiarificatore in tal senso è il rapporto sulle violenze compiute dai reparti sovietici nell’Austria Inferiore redatto da alcuni ufficiali statunitensi dell’OSS sulla base delle testimonianze raccolte tra la popolazione civile, che evidenzia il profondo disprezzo verso l’Urss nutrito in molte zone dell’Austria orientale:

89 Alcuni studi hanno evidenziato l’importanza della componente punitiva insita

nelle violenze dei soldati, spesso spinti da sentimenti di vendetta e di rivalsa per il cruento trattamento subito dai civili russi durante l’avanzata della Wehrmacht sul Fronte orientale. Cfr. F. Fellner (a cura di), Alltag und Leben im Mühlviertel 1945-1955, Steinmaßl Verlag, Grünbach 2005.

Per una documentata analisi circa il comportamento dei militari sovietici si veda l’esaustivo lavoro di B. Stelzl-Marx, Stalins Soldaten in Österreich. Die Innensicht der so-

wjetischen Besatzung 1945-1955, Böhlau, Wien-Köln-Weimar 2012.

90 Documentate e recenti ricerche hanno evidenziato la brutalità e gli stupri di

massa che colpirono indiscriminatamente la popolazione femminile, indistintamente dalla posizione sociale e dall’età (fra 70.000 e 100.000 furono i casi documentati), con pesanti conseguenze sul piano emotivo e socio-sanitario (30-40% vittime di infezioni e malattie ve- neree o di altra natura, oltre a migliaia di casi di gravidanze indesiderate e di interruzioni di gravidanza) nel bimestre maggio-giugno 1945. Cfr. W. Dornik, Besatzungsalltag in Wien.

Die Differenziertheit von Erlebniswelten: Vergewaltigungen – Plünderungen – Erbsen – Straußwalzer, e K. D. Mulley, Die Rote Armee in Niederösterreich 1945-1947. Ein ambiva- lentes Geschichtsbild, in RAÖ, vol. I, pp. 449-467, e pp. 469-485.

91 Recenti studi hanno evidenziato come, nonostante a partire dagli anni Cinquanta

nella memoria collettiva austriaca si sia imposto un ricordo negativo delle forze di occupa- zione sovietiche, vi siano stati anche diversi aspetti positivi (rapporti consensuali tra soldati e donne, primi programmi di aiuti, contributo alla ricostruzione) solo in parte completamen- te emersi. Cfr. W. Dornik, Besatzungsalltag in Wien, cit.

queste persone – scrivono i militari statunitensi – non dimenticheranno mai ciò che l’Armata rossa ha fatto alle loro donne. Il sentimento attuale di queste persone semplici è che i russi siano dei sub-umani; questo sentimento durerà almeno fino a quando questa generazione vivrà92.

A ciò si sommava un senso di diffuso smarrimento di una popolazione che, se sette anni prima aveva accolto positivamente l’Anschluss, ritenuta la soluzione migliore ai problemi economico-sociali del paese danubiano, nella primavera del 1945 appariva smarrita e pessimista sul futuro, complici i gravi problemi connessi alla sussistenza e alla sicurezza individuale93. La fine della guerra era stata accolta con sentimenti contrastanti e diversi a seconda delle regioni del paese: paura per il timore di cadere vittime delle violenze delle “orde rosse” che avevano fatto registrare un significativo aumento del numero di suicidi94 nelle regioni più orientali, diffuse scene di giubilo per la riacquistata libertà dall’oppressione prussiana nelle zone occidentali occupate da statunitensi e franco-britannici; inattese reazioni di manifesta simpatia che colsero di sorpresa i comandi militari alleati95. La spontanea e festosa accoglienza riservata in molte città agli alleati occidentali contribuirà in modo determinante a definire positivamente il rapporto delle autorità militari con la popolazione e le autorità civili.

Tuttavia almeno nelle settimane immediatamente successive al conflitto le direttive dei comandi militari alleati differiscono sulle modalità di approccio. Se infatti il comando francese chiarì sin da subito che l’Austria non sarebbe stata trattata come un paese ostile, ma amico, favorendo la socializzazione e la fraternizzazione dei francesi con la popolazione e permettendo che i rapporti tra le autorità militari occupanti e gli occupati rimanessero sempre cordiali96, più fermo e deciso, almeno inizialmente,

sarebbe stato l’atteggiamento anglo-statunitense.

92 The Russian Occupation of Ravelsbach (Lower Austria). A personal report by

Leonard Hankin OSS (1° settembre 1945), citato in O. Rathkolb (a cura di), Gesellschaft und Politik am Beginn der Zweiten Republik, cit., pp. 294-301, qui p. 300.

93 Cfr. J. Lewis, Workers and politics in occupied Austria 1945-55, Manchester

University Press, Manchester 2007, pp. 34-60.

94 K. Eisterer, Österreich unter alliierter Besatzung 1945-1955, cit., p. 149.

95 Cfr. NARA/RG 407/107-5. I rapporti inviati dal comando statunitense della set-

tima armata a Washington registrano lo stupore per l’accoglienza riservata dagli austriaci ai militari, prevalentemente salutati come “liberatori” e non come nemici, sottolineando come tensioni e scontri fossero da imputare prevalentemente a cittadini tedeschi. Cfr. A. Ableitin- ger, Die innenpolitische Entwicklung, in W. Mantl (a cura di), Politik in Österreich. Die

Zweite Republik. Bestand und Wandel, Böhlau, Wien-Graz 1992, pp. 119-203, qui p. 122.

96 T. Angerer, Französische Freundschaftspolitik in Österreich nach 1945. Grün-

Poco interessati a fraternizzare con la popolazione e inclini a non fare molta distinzione fra austriaci e tedeschi, trattati inizialmente alla pari come cittadini di una nazione sconfitta (Germania) e non liberata (Austria)97, i governi di Londra e Washington imposero precise direttive ai rispettivi comandi sulla gestione dei rapporti coi civili, la cui interpretazione fu spesso rigida, in particolare verso i leader della resistenza e gli esponenti dei risorgenti partiti. Particolarmente rigido fu il controllo della polizia militare circa le assemblee o gli incontri a carattere politico con partecipanti superiori a dieci persone98. Sebbene a conoscenza della diffusa volontà di partecipazione della popolazione alla ricostruzione democratica, le autorità anglo-statunitensi imposero la richiesta preventiva da parte di tutti i soggetti a carattere politico-associativo dell’autorizzazione allo svolgimento di qualsiasi iniziativa. Una misura restrittiva che nella prima fase del “controllo totale” del paese divenne una normativa precisa imposta dall’ACA su tutto il territorio nazionale, e la cui osservazione fu particolarmente scrupolosa nella capitale, venendo progressivamente meno solamente negli ultimi mesi del 194699.

A fine ottobre, con il formale riconoscimento del governo provvisorio, le potenze alleate occidentali completano la ricostruzione provvisoria dell’apparato amministrativo, in attesa delle elezioni del 25 novembre, nominando un esponente popolare come Landeshauptmann per l’Austria Superiore (una misura analoga era stata presa dai sovietici per la regione del Burgenland)100.

ner, R. Kriechbaumer (a cura di), Die Gunst des Augenblicks. Neuere Forschungen zu

Staatsvertrag und Neutralität, Böhlau, Wien-Köln-Weimar 2005, pp. 113-138, qui pp. 122-

134. Sulla politica estera francese nei confronti dell’Austria si rimanda al lavoro di K. Eiste- rer, De Gaulle und Österreich 1938-1946, in Id., O. Rathkolb (a cura di), De Gaulles euro-

päische Größe. Analysen aus Österreich (Jahrbuch für Zeitgeschichte 1990/91), Geyer Edi-

tion, Wien-Salzburg 1991, pp. 3-16.

97 Cfr. Report by Paul R. Sweet (OSS) on the Political Developments in Land Ti-

rol, 15 giugno 1945, cit. in O. Rathkolb, Gesellschaft und Politik, cit., pp. 374-385.

98 Lettera di Ignaz Palmer [capo della polizia] ai responsabili dei commissariati

di polizia locali di Vienna (7 novembre 1945), in ABPDW, Bewilligung des Wiener Interal- liierten Kommandos für öffentliche Versammlungen 1945.

99 A partire dal novembre del 1946, a seguito della firma del II Accordo di control-

lo (28 giugno) tra autorità alleate e governo federale, le misure restrittive furono allentate e l’obbligo di richiesta preventiva fu limitata alle manifestazioni, riunioni, cortei o processioni «all’esterno o sulla pubblica via», come precisò l’Alto comandante francese, il generale Emil Béthouart, al capo della polizia di Vienna Arthur Klauser. Lettera di Béthouart a Klau-

ser (27 novembre 1946), Ibid.

100 Le nomine erano state effettuate sulla base die rapporti di forza tra le forze po-

L’«atteggiamento tipico dei conquistatori» imposto dalle autorità statunitensi di occupazione nei primi mesi di governo101 non impedì tuttavia forme di progressiva socializzazione dei militari con gli austriaci. La fraternizzazione con le truppe occupanti fu agevolata dalla reazione di stupore di una parte della popolazione austriaca verso i soldati alleati; una reazione intesa sia come fascinazione per l’esotico e lo straniero, sia come forma di ribellione dopo anni di istigazione all’odio razziale del nazionalsocialismo. Questa curiosità iniziale si trasformò in sentimenti di riconoscenza verso un occupante che offrì un prezioso contributo alla ricostruzione materiale del paese e un apporto decisivo al rafforzamento della fragile nazione austriaca102.

In una situazione economica e sociale critica, infatti, gli Stati Uniti si presentarono non solo come i difensori della legge e dell’ordine103, ma

anche come i più validi e fidati protettori dell’Austria dalle molteplici minacce incombenti (sovietiche e jugoslave soprattutto). Grazie all’influenza economica e a una posizione politica di forza, il comando militare statunitense in Austria poté garantire una quotidiana sopravvivenza umana, economica, sociale e politica dello stato, più di quanto riusciranno a fare le altre potenze104. Sarà infatti grazie agli aiuti garantiti dagli Stati Uniti se il

paese danubiano potrà passare indenne i primi mesi postbellici.

Particolarmente difficile, sotto molteplici aspetti, la situazione nella capitale. Alla fame e alle malattie si aggiungeva l’esigua disponibilità di combustibili, in primis di carbone, non in grado di soddisfare la domanda della oramai prossima stagione invernale105. A ciò si univa un elevato tasso

guida di cinque Länder e il partito socialista di quattro. Cfr. G. Bischof, Die Amerikaner als

Besatzungsmacht in Österreich, 1945-1955, in M. Rauchensteiner, R. Kriechbaumer (a cura

di), Die Gunst des Augenblicks, cit., pp. 75-111.

101 J. J. Carafano, Waltzing into Cold War, cit., p. 68.

102 G. Bischof, Austria in First Cold War, cit., p. 77.

103 Le fonti archivistiche sottolineano il difficile clima sociale postbellico del pae-

se e il quadro di diffusa instabilità e sicurezza vissuto dalla popolazione locale a causa di molteplici fattori, quali la fame, le malattie, la presenza di migliaia di sfollati e di profughi e l’atteggiamento spesso prevaricatore dei contingenti militari di occupazione. Cfr. Relations

with British Troops, in TNA/FO 1007/306. Si vedano inoltre i rapporti di polizia relativi ai

crimini commessi nella capitale, in ABPDW, Besatzungsmächte, Allgemein /5.

104 Sulla presenza statunitense in Austria nei mesi immediatamente successivi alla

fine della guerra e al suo contributo nella definizione dell’identità austriaca v. G. Bischof,

Between Responsability and Rehabilitation. Austria in International Politics, Ann Arbor,

Michigan 1990, pp. 149-291.

105 L’arrivo dell’imminente inverno (la stagione 1945-1946 avrebbe registrato uno

degli inverni più freddi del secolo) preoccupava le autorità cittadine dato che l’elevata do- manda di carbone per usi industriali e pubblica utilità (centrali elettriche, ospedali, uffici

di disoccupazione per il quale le autorità alleate potevano fare ben poco, se non insistere sul governo provvisorio affinché individuasse misure correttive adeguate106.

Il richiamo alla concordia e a un lavoro collettivo per il bene del paese, già espresso da Renner, Kunschak e Koplenig nella “Dichiarazione di indipendenza” e costantemente ribadito nelle colonne del giornale Neues

Österreichs, è presente anche nell’azione di sprone delle autorità militari

alleate per il rapido ritorno alla normalità e quotidianità; esse approvano la scelta delle autorità civili provvisorie di introdurre, soprattutto per i più giovani, strumenti coercitivi come il lavoro obbligatorio, data «l’assoluta necessità» di far ripartire i servizi essenziali (raccolta rifiuti, dispensa di energia elettrica e di gas, circolazione mezzi pubblici)107.

pubblici) sarebbe stata così elevata da non permettere di accantonare alcuna scorta per i con- sumi privati (Koche und heize mit Petroleum oder Öl! in «Neues Österreichs», 31 luglio 1945). Ciò avrebbe costretto la popolazione civile a ricorrere ai più disparati sistemi per cu- cinare e per riscaldarsi, come il taglio delle piante dei giardini pubblici o la raccolta di legna nel bosco di Vienna (il Wienerwald).

106 Fra le misure di emergenza per il contrasto alla disoccupazione e al reperimen-

to della manodopera necessaria per svolgere lavori di pubblica utilità vi fu la scelta di im- porre una mansione o un determinato lavoro (Arbeitsplicht); per rendere più efficace il provvedimento la dispensa dei generi alimentari razionati veniva condizionata all’effettivo svolgimento del lavoro imposto dalle autorità (cfr. Arbeit und Essen, in «Neues Österrei- chs», 12 luglio 1945). Misure che forse potevano sembrare eccessive, ma che erano ritenute da tutte le forze politiche come primarie per la costruzione di una coscienza civile austriaca. Occorreva impegnarsi, come affermò il sottosegretario per gli affari sociali, Lois Weinber- ger, per il bene della collettività e per «garantire un vicendevole aiuto per la completa puli- zia dell’economia dello Stato. L’Austria continuerà a vivere solo se tutti gli austriaci crede- ranno e lavoreranno per la sua ricostruzione». Cfr. Arbeitsunlust muß überwunden werden, in «Neues Österreichs», 31 luglio 1945.

107 A coloro che avevano avanzato perplessità e critiche verso le misure decise dal

governo, paragonandole ai lavori forzati introdotti nel settennato nazista, il giornale rispon- deva ricordando la profonda differenza esistente tra i due provvedimenti, perché la coerci- zione si era resa necessaria data l’assenza della volontarietà, mentre nei lavori forzati dell’epoca nazista «gli uomini erano chiamati a lavorare per la guerra e per la morte», men- tre ora il lavoro serviva «per la pace e per la vita». L’obbligo di lavoro era stata precipua- mente ideato per i giovani tra i 14 e i 30 anni, i soggetti più colpiti dalla propaganda nazio- nalsocialista, e per questo più bisognosi di una “riabilitazione” non solo politica, ma etica e civile. In questo senso l’obbligo di lavoro per la collettività assumeva grande importanza, data la sua valenza di richiamo al senso civico e alla responsabilità collettiva. Solo attraver- so uno sforzo comune si sarebbe potuti giungere al progresso e a una pace duratura, che avrebbe reso quegli stessi giovani cittadini, per i quali erano state evocate misure coercitive, dei «giovani liberi nel nostro stato libero». P. D. [Paul Deutsch], Arbeitsplicht, in «Neues Österreichs», 23 agosto 1945.

L’impegno profuso dagli alleati per il soccorso alimentare della città di Vienna, costante fin dalle settimane successive alla fine della guerra, aumenta di intensità nell’inverno del 1945-1946, stagione caratterizzata da temperature rigide e dall’esaurimento di una parte consistente delle scorte alimentari (latte e formaggi). A soccorso delle autorità annonarie della capitale intervennero i comandi militari alleati occidentali, come quello francese108, e, soprattutto, quello statunitense, che, in concerto con i produttori agricoli dei Länder sotto il proprio controllo, poté assicurare l’approvvigionamento di patate e di prodotti latteo-caseari109.

A queste prime, urgenti misure se ne aggiunsero altre predisposte dal comando militare statunitense, che modificarono la strategia imposta fino a quel momento da Washington. Dai primi mesi del 1946 si impone, infatti, una nuova e più collaborativa linea con la popolazione austriaca, tesa a conquistarne l’amicizia, come testimoniano le centinaia di invii di aiuti alimentati provenienti direttamente dagli Stati Uniti110, primi

provvedimenti della più complessa organizzazione che verrà realizzata con l’UNRRA e col piano Marshall poi.

Nonostante la solidarietà tra la popolazione e il contributo degli aiuti alleati, la situazione alimentare della capitale restava drammatica; ciò costrinse il governo di coalizione a prospettare la progressiva riduzione delle razioni alimentari giornaliere a 950 calorie111. Ciò fu dovuto in parte a

causa delle requisizioni sovietiche112.

Sin dalle prime settimane dell’avanzata in Austria, l’Armata rossa fu utilizzata dal Cremlino come principale strumento per la gestione dell’amministrazione sovietica nelle zone occupate. Forte degli oltre

108 Le autorità francesi imposero una lieve riduzione delle razioni alimentari in Ti-

rolo e Vorarlberg a favore di Vienna consentendo così l’immediato invio di cento tonnellate di farina. Cfr. Tirol kürzt seine Lebensmittelrationen zugunsten Wiens, in «Neues Öster- reichs», 29 gennaio 1946.

109 Come precisava il quotidiano viennese, la consegna dei primi quantitativi di

latte fresco era stata possibile grazie anche alle autorità sovietiche. Il comando russo, infatti, aveva permesso sia in transito delle autobotti nel Mühlviertel (regione settentrionale dell’Alta Austria controllata dall’Urss), sia la scorta armata dei convogli fino alla capitale. Cfr. Milch aus Oberösterreich für Wien, e 7 Millionen Kartoffeln aus Oberösterreich nach

Wien, in «Neues Österreichs», 15 e 17 gennaio 1946.

110 Il primo mercantile giunto in Austria nel febbraio del 1946 provenne dal Texas

e conteneva 8.000 tonnellate di frumento. Cfr. «Wiener Zeitung», 7 febbraio 1946.

111 Cfr. Herabsetzung auf 950 Kalorien?, in «Neues Österreichs», 12 maggio 1946.

112 Numerose, a Vienna, furono le segnalazioni degli uffici commissariali di poli-

zia al ministero dell’interno sull’occupazione di reparti dell’Armata rossa dei magazzini dell’annona. Cfr. Nota del commissariato del XVII distretto (8 aprile 1945), in LPAW, Be- satzungsmächte, Allgemein 1949-1955, III, Akten und Amtsblätter.

400.000 effettivi inviati sul fronte dell’Ostmark, 270.000 dei quali impegnati nella “presa di Vienna”, l’Armata rossa svolse importanti funzioni amministrative, logistiche, sanitarie-assistenziali e curava i collegamenti con la madrepatria. Un dislocamento di forze superiore agli altri contingenti alleati giustificato dai compiti che sarebbero spettati ai soldati sovietici una volta “liberata” l’Austria dai nazifascisti. Chiare in proposito furono le consegne del Cremlino inviate ai comandanti del terzo e quarto fronte ucraino impegnati nella battaglia di Vienna: la città doveva essere conquistata113.

Sebbene la propaganda sovietica si fosse sforzata di far apparire l’Armata rossa come un esercito giunto nel paese danubiano per liberarlo dal giogo nazista114, in realtà le intenzioni dell’Urss erano ben altre, come dimostra la

politica di requisizioni avviata a partire dal mese di marzo in tutti i territori occupati dall’Armata rossa; confische che seguivano precise indicazioni, che consistevano nella sottrazione coatta di qualsiasi bene o materiale che potesse risultare utile all’industria sovietica115. Così a partire dai mesi estivi

le aree di Vienna, Austria Inferiore, Burgenland e di buona parte della Carinzia furono oggetto di una politica di smantellamento di numerosi impianti industriali e commerciali e del loro successivo trasferimento in Urss. Queste confische assolvevano al duplice scopo di compensare Stalin per le perdite subite nel conflitto e di mostrare ai cittadini sovietici preziosi trofei di guerra116.

113 Il termine liberazione non è mai utilizzato né per la capitale austriaca né tantome-

no per la capitale tedesca. La differenza appare ancor più evidente, come rileva Erich Klein, se si confrontano gli ordini militari relativi alle offensive sulle altre capitali dell’Europa centro- orientale: per Belgrado, Varsavia e Praga si parla esplicitamente di “liberazione”. Cfr. E. Klein,

Die Russen in Wien. Die Befreiung Österreichs, Falter Verlag, Wien 1995, p. 16.

114 Si veda in proposito il proclama di Stalin alla popolazione austriaca. In esso il

Cremlino, annunciando enfaticamente che l’Austria avrebbe seguito un destino diverso da quello della Germania, si sostenne che l’Armata rossa avrebbe combattuto non contro la po- polazione, ma contro “gli occupanti tedeschi” fino al loro “annilichimento”; che l’Armata rossa non era giunta in Austria bramosa di conquiste territoriali, ma per liberare il paese dal- la “dipendenza tedesca” e per contribuire al ristabilimento dell'ordine antecedente il 1938. Cfr. M. Rauchensteiner, Krieg in Österreich, cit., p. 491.

115 Ibid., p. 176. Si veda inoltre O. Rathkolb, Historische Fragmente und die „un-

endliche Geschichte“ von den sowjetischen Absichten in Österreich, in A. Ableitinger (a

cura di), Österreich unter alliierter Besatzung, cit., pp. 137-158.

116 Particolarmente drastica fu la spoliazione delle risorse agricole, messa in atto per ga-

rantire i necessari rifornimenti agli occupanti, che incise sull’economia locale già fortemente debi- litata dalla guerra. Determinante per il crollo della povera economia rurale fu, a esempio, il seque- stro di foraggi necessari per l’alimentazione delle migliaia di cavalli in forza all’esercito sovietico, che determinò un’ulteriore flessione nella produzione agricola e nell’allevamento. Il settore zoo- tecnico fu infatti il più colpito dalla guerra e dalle requisizioni e il comparto era crollato del 50-

Una politica di spoliazione delle risorse economiche nota agli alleati, che inizialmente avevano acconsentito alla richiesta di compensazione avanzate da Stalin a Yalta, ma che irritò e indignò la popolazione locale al punto da determinare negli alleati occidentali un approccio diverso nei confronti dei beni e delle proprietà tedesche117. Tale scelta venne presa anche in considerazione dei danni causati nel medio e lungo termine all’economia delle regioni coinvolte, spesso maggiori di quelli che aveva causato il conflitto118.