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Nei 24 Comuni serviti da Geofor S.p.A sono presenti 24 centri di raccolta (Tab 3a e 3b).

5. Fine-Vita:

Mediante verifica dell’”Autorizzazione/Concessione alla gestione del Centro di Raccolta” viene individuato il Responsabile dell’eventuale Progetto di Bonifica e del Progetto di Ripristino del Centro medesimo.

Si possono verificare due casi:

Caso 1. Il Responsabile viene individuato nel Proprietario dell’Area, ovvero

l’Amministrazione Comunale. Sarà quest’ultima a doversi occupare di quanto previsto dal “D.lgs. 152/2006 Titolo V – Parte IV Bonifica dei Siti Contaminati”.

Caso 2. Il Responsabile viene individuato nel Gestore, quindi Geofor S.p.A. Di

conseguenza, il Servizio Tecnico dovrà impegnarsi a far attuare l’iter, secondo quanto previsto dal “D.lgs. 152/2006 Titolo V – Parte IV”, in maniera diretta o avvalendosi di Professionisti competenti in materia.

L’Analisi per Processi coadiuvata dall’applicazione delle Fasi in cui si concretizza il “Ciclo di

e ruoli/responsabilità fossero necessari per realizzare, progettare e gestire la vita/fine-vita di un CdR in Geofor.

Riguardo il “fine-vita”, di seguito, viene proposto un approfondimento, in quanto, in nessuno dei Regolamenti Comunali relativi ai CdR dei 24 Comuni serviti da Geofor vi è richiamo al “fine-vita” o a un piano di ripristino, nonostante sia richiesto all’interno dell’Allegato 1 del DM

8 aprile 2008 (DM 8 aprile 2008). Tale mancanza non deve essere recepita negativamente, in quanto un Centro di Raccolta si configura difatti come un sito di stoccaggio temporaneo di rifiuti. I rifiuti stoccati sono quasi sempre di tipo secco e non pericoloso; se le procedure previste vengono rispettate non si dovrebbe assistere ad alcuna produzione di percolato e se anche dovesse avvenire, il terreno risulta coperto da pavimentazione in conglomerato cementizio. In aggiunta a questo, i contenitori degli oli sono dotati di doppio fondo, oltre che adagiati su una piattaforma con vasca di contenimento. In base alle considerazioni sopra esposte, un Centro di Raccolta avrà, quindi, una vita molto lunga. Pertanto necessiterà di periodici interventi di manutenzione ordinaria al fine di evitarne il deterioramento (come di fatto l’IST-SA-01, descritta in precedenza, prevede). In ogni caso, qualora per sopravvenute normative o richieste comunali, dovesse rendersi non necessario l’utilizzo per gli scopi per i quali è stato progettato, dovrà essere messo in atto un “piano di ripristino” come previsto dal DM 8 aprile 2008. Secondo il D.lgs. 152/2006 all’Articolo 240 (Titolo V – Parte IV, Bonifica dei siti Contaminati) si trovano le definizioni di:

• bonifica:” l’insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le

sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR)”;

• ripristino e ripristino ambientale: “gli interventi di riqualificazione ambientale e

paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e definitiva fruibilità per la destinazione d'uso conforme agli strumenti urbanistici”.

Quindi, a seguito della rimozione dei rifiuti/smantellamento delle strutture preesistenti, sarà necessario accertarsi che non sia avvenuta alcuna contaminazione delle matrici interessate, ovvero suolo ed acque sotterranee tramite l’attuazione di una indagine preliminare. Se l’esito risulterà negativo, si potrà procedere alle operazioni di riqualificazione ambientale e paesaggistica, altrimenti dovranno essere messe in atto tutte le operazioni previste dal D.lgs. 152/2006 nel Titolo V – Parte IV. In quest’ultimo caso, sarà, quindi, necessario da parte del proprietario o gestore dell’area attuare tutte le misure di prevenzione necessarie, oltre che comunicare alle amministrazioni competenti (comune, regione e provincia) il superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC), secondo l’Allegato 5. Successivamente, si procederà all’ elaborazione/attuazione del piano di caratterizzazione (questo dovrà essere approvato dalla Regione o dalla Conferenza dei Servizi convocata dalla medesima) e all’analisi del rischio sito-specifica per determinare se il sito sia da ritenersi a tutti gli effetti contaminato o non contaminato (superamento o non superamento dei CSR). Nel caso di sito contaminato, dovrà essere elaborato il progetto di bonifica, che avrà a complemento il piano di ripristino, e il piano di monitoraggio (Avvenuta bonifica conferma dalla Provincia; Piano di monitoraggio approvato dalla Regione o Conferenza dei Servizi). Se la bonifica non è attuabile con le tecnologie ad oggi disponibili e l’intervento viene ritenuto troppo oneroso, si dovrà procedere con una messa in sicurezza permanente in attesa di realizzare la bonifica in futuro (Articoli 239-

251 del D.lgs. 152/2006).

Sono stati consultati alcuni regolamenti comunali e progetti definitivi/esecutivi afferenti a realtà comunali differenti da quelle servite da Geofor, ai fini di comprendere se qualche amministrazione comunale si fosse posta la domanda, e ad esito affermativo, come avesse

risposto al quesito del “ripristino di un CdR”. Il Comune di Castrignano del Capo (LE), nell’Allegato 9 del Progetto definitivo del Centro Comunale di Raccolta Rifiuti Differenziati, ad esempio, propone un piano di riconversione, piuttosto che di ripristino; riconversione indirizzata ad un utilizzo sempre a fini logistici nell’ambito dei servizi erogati dal Comune. Quindi, viene previsto che a chiusura del CdR, la struttura esistente e il piazzale potranno essere utilizzati per altre attività sulla base delle esigenze dell’allora amministrazione comunale proprietaria, previa realizzazione di interventi di adeguamento e, se necessari, anche di bonifica, per i quali dovrà essere rispettato quanto descritto in precedenza (Comune Castrignano del Capo, 2014). Nel Regolamento per la Gestione dei Centri di Raccolta Comunali nel Comune

di Sesto al Reghena (PN), il “piano di ripristino” presentato è un “ripristino ambientale”

dell’area adibita al CdR. Pertanto, a seguito della rimozione di tutte le strutture esistenti è prevista la ricostruzione dello strato edafico con terra vegetale con caratteristiche chimico- fisiche analoghe a quelle dello strato esistente; a seguire, l’inerbimento dell’area con specie erbacee perenni per stabilizzare la massa movimentata e per finire, la piantumazione di specie arboree ed arbustive autoctone e tipiche della zona adatte alle caratteristiche chimico-fisiche del suolo. Tutto questo, in quanto, l’area del CdR è inserita in un contesto territoriale prevalentemente agricolo. Tutte le operazioni sono realizzate in ottemperanza agli obblighi normativi previsti dal Titolo V – Parte IV del D.lgs. 152/2006 (Comune di Sesto al Reghena, 2011). Similarmente il Progetto Esecutivo per la realizzazione di un centro comunale di

raccolta differenziata nel Comune di Rosolini (SR) prevede, laddove sopraggiungesse la

necessità di chiudere il Cdr, lo smantellamento delle strutture presenti, precisando quale dovrà essere il fine-vita dei materiali così originati. Viene precisato, inoltre, che verranno effettuate tutte le caratterizzazioni delle componenti ambientali opportune per determinare se il sito debba essere considerato contaminato o meno. Non viene descritto, però, alcun piano di ripristino ambientale successivo, la cui elaborazione è posticipata al momento effettivo in cui dovrà essere realizzato lo smantellamento del CdR (Comune di Rosolini, 2016). Infine, Comune di Roncà (VR) nel Regolamento Comunale per la Gestione dell’Isola Ecologica, come “piano di ripristino” propone lo smantellamento del CdR e la bonifica del suolo e delle acque, laddove se ne manifesti la necessità (Comune di Roncà, 2012).

4.3.2 Il concetto “Prospettiva del Ciclo di Vita” secondo UNI EN ISO 14001:2015

Fra le novità che caratterizzano la UNI EN ISO 14001:2015, vi è la considerazione della

Prospettiva del Ciclo di Vita (Life Cycle Perspective) (UNI EN ISO 14001:2015 punto 6.1.2) nella gestione ambientale dei prodotti e servizi e, più in generale, nella gestione ambientale delle imprese e del complesso delle relazioni con gli interlocutori delle proprie filiere. L’inclusione di queste tematiche nel Sistema di Gestione Ambientale, abbreviato SGA, non è in assoluto un elemento nuovo nella pratica operativa, considerato che gli aspetti ambientali connessi ai prodotti e ai servizi rientravano esplicitamente fra gli aspetti indiretti, richiesti dalla precedente versione della norma, aspetti indiretti che le imprese erano chiamate ad indentificare, valutare e gestire nell’ambito del proprio SGA in proporzione alle proprie capacità di controllo e di influenza (Carnimeo et al., 2002; Assolombardia, 2009).

Il Ciclo di Vita viene richiamato come approccio concettuale e metodologico fondamentale per lo sviluppo del SGA che di fatto chiede all’impresa di considerare, in una visione e con una logica unitarie, tutti gli impatti ambientali connessi ai suoi prodotti e servizi lungo tutte le fasi della loro vita, nonché di valutare e gestire correttamente i processi e le attività da cui questi sono causati (Assolombardia, 2015). Assumere una Prospettiva del Ciclo di Vita nell’identificazione, valutazione e gestione dei propri aspetti ambientali significa adottare un approccio volto a considerare i processi produttivi e il loro impatto sull’ambiente in una prospettiva che trascende i ristretti confini del luogo ove si svolge la produzione/erogazione servizio in senso stretto, e prendere in esame anche tutte le fasi, a monte e a valle della produzione/erogazione servizio, dalla progettazione, alla distribuzione, al consumo fino al “fine

vita” dei prodotti e dei servizi, indipendentemente dal luogo dove materialmente si svolgono

tali fasi e dai soggetti cui fa capo principalmente la responsabilità di conduzione di tali attività (designer, trasportatori, smaltitori ecc.) che sono, nella maggior parte dei casi, entità ben distinte dall’organizzazione che si certifica (Assolombardia, 2015). Non è più possibile escludere dal campo di applicazione del SGA attività e processi in ragione della loro esternalizzazione, indipendentemente dalla loro natura “core” o “non-core” rispetto al business dell’organizzazione (Assolombardia, 2015).

Prendendo in considerazione, in particolare, un’azienda che si occupa di gestione integrata di rifiuti come Geofor S.p.A., anche la fase di progettazione di un servizio non rappresenta un’operazione trascurabile, in quanto la non adeguata considerazione delle problematiche di carattere ambientale derivanti dagli output progettuali potrebbe portare a conseguenze non trascurabili per l’ambiente. Già a partire dalla progettazione è, quindi, di vitale importanza l’analisi della Prospettiva del Ciclo di Vita di ogni servizio che si andrà ad erogare (REG-AA- 01).

In dettaglio, sarà necessario:

1. determinare quali requisiti ambientali dovranno essere richiesti/rispettati agli/dagli