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Fiscalità, partecipazione e solidarietà

Nel documento IL BARATTO AMMINISTRATIVO (pagine 94-98)

CAPITOLO 4. ASPETTI ECONOMICI DELL’ISTITUTO DEL

3. Fiscalità, partecipazione e solidarietà

Si è molto discusso sulla possibilità di utilizzare la fiscalità, come strumento per premiare la partecipazione attiva dei cittadini, nella prospettiva di evolvere il rapporto tra contribuente e fisco.

La “partecipazione” al tributo non è altro che l’attuazione in ambito tributario della “solidarietà”. Fiscalità, partecipazione e solidarietà sono quindi facce di una stessa medaglia.

Nonostante ciò la dottrina più attenta mette in evidenza che il collegamento tra partecipazione attiva e premialità fiscale è molto distante dal concetto di “partecipazione” che è a fondamento dei sistemi tributari. Quest’ultima è sì solidarietà, ma è solidarietà “obbligata” che, in quanto tale, è estranea ad ogni forma di “sussidiarietà”. L’applicazione dell’art. 24, anche se prevede una sorta di commutatività, deve essere analizzato tenendo sempre presente

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che il tributo trova la sua fonte e la sua regolamentazione solo nella legge, rimanendo estraneo da qualsiasi forma di pattuizione privata94.

Infatti il tributo può essere qualificato come una prestazione patrimoniale

imposta atta a determinare il concorso di tutti al finanziamento della spesa pubblica. Esistono 3 tipologie di tributo: IMPOSTE, TASSE E CONTRIBUTI.

L’IMPOSTA è un prelievo coattivo acausale nel quale il concorso alle

pubbliche spese ha come presupposto una fattispecie per il cui verificarsi non rileva in alcun modo la correlazione tra l’attività dell’ente pubblico e l’utilità che da essa possa ritrarre il contribuente.

Essa è pertanto dovuta dal soggetto passivo in base ad un presupposto di fatto che esclude l’esistenza di una relazione specifica con una determinata attività dell’ente pubblico riferita al soggetto passivo o dalla quale questi possa trarre vantaggio.

Nelle imposte difetta qualsiasi rapporto specifico di prestazione e controprestazione, manca l’individualità del bisogno e del servizio, ed è assente qualsiasi richiesta specifica del contribuente.

Quindi l’imposta può essere considerata la manifestazione più ampia del potere di supremazia dello Stato, che trova i propri limiti solamente nei principi contenuti negli artt. 23 e 53 della Costituzione.

La TASSA, invece, consiste in una prestazione imposta nella quale il concorso alle spese pubbliche ha come presupposto un fatto per il cui verificarsi rileva il godimento di un bene pubblico o una specifica correlazione tra l’attività dell’ente pubblico e il vantaggio che da essa possa ritrarre il contribuente.

94 G. Scotti L’art 24 dello “Sblocca Italia e il c.d. “Baratto amministrativo”. Un’opportunità per valorizzare

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La tassa può essere definita come una prestazione coattiva dovuta all’ente pubblico a fronte dell’espletamento di un’attività concernente in modo specifico il soggetto obbligato al suo pagamento, sebbene non richiesta dal medesimo o addirittura non vantaggiosa per lo stesso.

Il presupposto della tassa si caratterizza sempre per il fatto di comprendere lo svolgimento di un’attività della pubblica amministrazione specificamente riferibile al contribuente (assetto para-commutativo della tassa).

Il presupposto di fatto dell’imposta è un evento cui sono estranei l’ente e l’attività pubblica (ES: conseguimento di un reddito, possesso di un bene, e così via).

Ciò distingue L’IMPOSTA dalla TASSA.

Il CONTRIBUTO consiste anch’esso in una prestazione imposta che grava

su chi ritrae un vantaggio specifico dall’esplicazione di un’attività pubblica. Il contributo si distingue dalla tassa perché il vantaggio specifico deve pervenire al contribuente non quale singolo, ma quale membro di una collettività qualificata nei cui confronti l’ente pubblico svolge la propria attività ovvero in favore della quale realizza un’opera pubblica. Il principio del beneficio, in questo caso, assolverebbe la funzione di determinare i limiti del gruppo che deve concorrere alla copertura dei costi del servizio.

Quindi, il contributo è quella categoria di tributo che si ricollega ad un particolare vantaggio economico (es. incremento del valore degli immobili) conseguito dal contribuente per effetto dell’esecuzione di un’opera pubblica destinata, di per sé, alla collettività in modo indistinto (es: contributo di miglioria), o ad una maggiore spesa provocata dal contribuente all’ente pubblico (es: contributi integrativi di utenza statale)95.

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Proseguendo, la fiscalità si fonda su alcuni pilastri importanti: coercitività ed indisponibilità. Anche se proprio tra le tasse, che poi sono i tributi locali, la commutatività esiste ed è nella ratio del tributo, che è giustificato dalla possibilità di fruizione del servizio.

Gli studiosi della materia hanno definito questi tributi come “paracommutativi”: il tributo trova la sua giustificazione nello scambio (pago in quanto usufruisco del servizio), ma la sua fonte non è privatistica (non è nell’accordo), ma è sempre nella legge. Da ciò la coercitività delle tasse96.

I tributi para commutativi hanno come loro causa giuridica “una particolare prestazione o un particolare servizio ricevuti dalla pubblica amministrazione” il cui presupposto “consiste in una situazione di fatto che determina o necessariamente si ricollega al godimento di un bene pubblico, e/o all’esplicitazione di un’attività dell’ente pubblico in favore di un contribuente o di un gruppo, giuridicamente qualificato, del quale egli fa parte”.

Tali tributi “si collocano in rapporti autoritativi, non paritetici e soprattutto non contrattuali, in cui l’erogazione del servizio e il versamento del tributo non trovano causa nel reciproco scambio”97.

A questo punto subentra il rapporto fiscalità/sussidiarietà. Proprio tra i tributi para commutativi si è sviluppato l’aspetto della “partecipazione” sulla base della spontaneità. Non è lo Stato che obbliga il cittadino a partecipare, ma è il cittadino che spontaneamente partecipa svolgendo compiti dell’amministrazione, chiedendo allo Stato la riduzione dei tributi.

96 G. Scotti L’art 24 dello “Sblocca Italia e il c.d. “Baratto amministrativo”. Un’opportunità per valorizzare

i beni comuni in attuazione della sussidiarietà, in diritto.it

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In questo caso, occorre ricordare, per quanto riguarda il tema della fiscalità/sussidiarietà, che la soluzione prevista dal Baratto non è obbligatoria. Il Comune potrebbe pagare il servizio in un altro modo, ma opta per questa soluzione soprattutto a causa della carenza di fondi comunali. Infatti l’esenzione fiscale è solo uno strumento (di più agevole utilizzo) che viene impiegato per remunerare la sussidiarietà. Così facendo la fiscalità remunera la sussidiarietà.

Una legittimazione tributaria del Baratto Amministrativo sembra provenire dalla riserva di legge, ex art. 23 della Costituzione, relativo alle “prestazioni patrimoniali e personali”. Entrambe devono necessariamente essere previste dalla legge. Quindi in mancanza di una norma, il Comune, non potrebbe chiedere al cittadino (anche se moroso) di pagare il tributo attraverso lo svolgimento di un’attività di interesse generale. In questo caso sembra che il subentro della sussidiarietà alla fiscalità, sia legittimata dalla volontarietà dell’intervento sussidiario del cittadino98.

Nel documento IL BARATTO AMMINISTRATIVO (pagine 94-98)