V. SCIENZE DELLA VITA
3. FOCUS SULL’INDUSTRIA ALIMENTARE ITALIANA DATI FEDERALIMENTARE
Con 58mila imprese, 385mila addetti (più altri 850mila indiretti della produ- zione agricola trasformata), un fatturato 2017 stimato in 137 miliardi di euro
(di cui 32,1 derivanti dall’export), l’Industria alimentare è uno dei pilastri dell’e- conomia nazionale ed è posizionata al terzo posto in Europa, a ridosso dell’In- dustria alimentare tedesca e francese. Si tratta di un settore fortemente interessato all’affermazione su scala globale dei modelli di produzione e consu- mo sostenibili, in grado di far fronte al crescente fabbisogno della popolazione mondiale e di garantire la competitività dei sistemi agroalimentari, nel rispetto dell’ambiente e delle comunità territoriali.
L’industria alimentare investe l’8% del fatturato in ricerca e sviluppo (l’1,8% in R&S formale e informale di prodotti e processi innovativi, oltre il 4% in nuovi impianti, automazione, ICT e logistica e circa il 2% in analisi e controllo di qualità e sicurezza), coniugando la sapienza e le tradizioni del modello alimentare ita- liano con la costante innovazione di processo e di prodotto per andare incontro alle principali tendenze di consumo: la naturalità e la freschezza dei prodotti, la texture e i contenuti organolettici, la ricettazione e le tante sue riformula- zioni, il porzionamento e la presentazione con il servizio integrato, le valenze nutrizionali e salutistiche, la funzionalità, l’occasione e il luogo di consumo e la salvaguardia dell’ambiente.
Diversamente da altri settori industriali, che durante la crisi hanno dovuto ta- gliare pesantemente capacità produttiva e forza lavoro, l’Industria alimentare ha dimostrato di poter essere il motore della crescita e della ripresa della no- stra economia per le dimensioni e la forza del suo apparato produttivo, per il suo legame alla produzione agricola nazionale, di cui acquista e trasforma oltre il 72% delle materie prime agricole necessarie, per il suo ruolo di ambasciatrice del Made in Italy nel mondo, dal momento che quasi l’80% dell’export agroali- mentare italiano è rappresentato da prodotti industriali di marca, e per i valori sociali, culturali e ambientali di cui è portatrice.
Proprio per le sue caratteristiche intrinseche, per l’Industria alimentare italia- na - a differenza di quanto accade in altri settori manifatturieri - il fenomeno della delocalizzazione all’estero delle attività produttive è quasi inesistente. E nei rari casi in cui avviene, è funzionale esclusivamente alla conquista di nuovi mercati stranieri.
Si tratta di un settore ad alta intensità occupazionale, che ha confermato la sua preziosa forza stabilizzatrice e anticiclica, mantenendo i livelli occupazio- nali pressoché invariati, nonostante la crisi. Mentre sul piano nazionale si è
registrata una riduzione di ben 927.000 posti di lavoro, nell’Industria alimenta- re si è avuto un calo marginale di 20.000 unità dal 2007 ad oggi, da 405.000 a 385.000 addetti. Di questi, il 43% è impegnato nella produzione; il 22% nel con- trollo e gestione di qualità e sicurezza; il 19% nel commerciale; il 9% in logistica e magazzino; il 7% in amministrazione e finanza.
L’Industria alimentare italiana si pone da sempre l’obiettivo di andare incontro alle esigenze di sviluppo - in primo luogo - delle PMI, e ha individuato nella for- mazione del personale un driver primario per la crescita delle risorse umane e della competitività del settore che diviene così un’area di rilevante interesse per le prospettive occupazionali delle giovani generazioni.
Tenendo conto del turnover fisiologico del personale, calcolato in 11.600 unità all’anno, l’Industria alimentare italiana continua ad assumere migliaia di per- sone, di cui molte qualificate: nel 2015 si stima che abbiano fatto ingresso nel settore circa 1.800 laureati, di cui oltre l’80% provenienti da Università italiane. La manodopera complessiva prevista per il periodo 2017 – 2021:
43.540 unità, di cui 3.090 laureati, 11.620 con qualifiche di scuole superiori, 28.830 con qualifiche inferiori (Fonte: Modello Previsivo Unioncamere 2017-2021).
Per i laureati le discipline più richieste sono, nell’ordine:
- economico-commerciali, marketing e amministrative (35%) - scientifiche, tecnologico-alimentari, biochimiche (25%) - ingegneristiche, ambientali, logistiche, supply chain (21%) - giuridiche (19%).
Le imprese alimentari richiederanno inoltre sempre di più conoscenze nelle in- ter-discipline necessarie a supportare l’innovazione continua, di prodotto e di processo, perseguita dal settore:
- tecnologie innovative (nanotech, biotech, micro e nutraceutica, soft proces- sing, energie rinnovabili, ecc.);
- modelli innovativi (necessità del consumatore, nuovi sistemi di organizzazio- ne e di distribuzione, ecc.);
- design innovativi (imballaggi, ingredienti e ricette, gusto e colori, shelf-life, convenience e ready-to-eat, nuove qualità, ecc.);
- competenze digitali per le certificazioni, tracciabilità/rintracciabilità di filiera, transazioni digitali (blockchain, valuechain).
Tutto ciò rende il settore agroalimentare italiano un’area di rilevante interesse per le prospettive occupazionali delle giovani generazioni.
Federalimentare, attraverso una sempre crescente collaborazione con il mondo accademico, intende promuovere competenze sempre più innovative che possano contribuire in modo significativo alla crescita del settore, ma vuole anche favorire lo sviluppo di una forte sinergia tra l’attività didattica e il mondo produttivo.
In tal senso è fondamentale l’esperienza maturata dal CL.uster A.grifood N.azionale CL.A.N., Associazione riconosciuta di imprese, università, centri di ricerca e rappresentanze territoriali, nata in risposta all’Avviso MIUR del 2012 per lo sviluppo e il potenziamento di Cluster Tecnologici Nazionali.
Nel suo Piano di Azione Triennale, il documento programmatico nel quale il Cluster ha indicato le future attività e modalità operative con una visione stra- tegica innovativa, le traiettorie tecnologiche di sviluppo dell’area di specializza- zione “Agrifood” riguardano:
1 Sostenibilità e cambiamenti climatici
2 Qualità e sicurezza (con un focus particolare sulla tracciabilità e il Made in Italy)
3 Nutrizione e salute
Tra gli obiettivi statutari del Cluster vi è proprio l’individuazione di fabbisogni e priorità di formazione nel settore agroalimentare per favorire l’incontro di do- manda e offerta formativa, con particolare attenzione alle Università e agli enti di formazione (es. dottorati innovativi, attrazione di talenti, PhD placement, formazione continua, etc..).
La formazione nel comparto è un ambito molto complesso, convenzional- mente strutturato, secondo le norme più recenti in cinque aree: la formazione professionale, l’istruzione scolastica, l’istruzione superiore non accademica, l’Università, l’istruzione degli adulti e l’educazione permanente.
I dati relativi all’istruzione e formazione riguardante il sistema agroalimenta- re sono di difficile reperimento, in quanto spesso le statistiche non riportano informazioni di dettaglio dei corsi di studio specifici, soprattutto nel segmento dell’istruzione secondaria superiore (istituti tecnici e professionali), della for- mazione professionale di I e II livello, di quella continua rivolta alla popolazione occupata. La formazione professionale è di responsabilità delle regioni, che de- finiscono i criteri di accreditamento delle strutture preposte a svolgere l’attività e i profili professionali da formare. Dalla frammentazione del sistema deriva anche una frammentarietà delle informazioni, difficilmente comparabili per la varietà di denominazioni e regole in vigore. La formazione dei lavoratori (forma- zione continua) è affidata in parte alle regioni e in parte ai soggetti datoriali che possono organizzare e gestire attività mirate all’aggiornamento professionale.
Il più importante Fondo interprofessionale per la formazione continua in Italia è Fondimpresa, il Fondo di Confindustria, Cgil, Cisl e Uil che finanzia la forma- zione secondo le esigenze di ogni singola azienda, veicolando buona parte dello 0,30% versato all’INPS in un conto personale (il Conto Formazione) da utilizzare per sviluppare piani personalizzati alle esigenze aziendali. La restante parte, con il Conto di Sistema - un conto collettivo pensato per sostenere le aziende aderenti di piccole dimensioni – viene utilizzata per finanziare attività forma- tive per le aziende dello stesso territorio o settore. Nel segmento del compar- to agricolo, il Fondo paritetico interprofessionale nazionale per la formazione continua in Agricoltura, costituito dalle maggiori organizzazioni professionali agricole e dai sindacati di categoria, offre un’ampia gamma di attività di forma- zione e aggiornamento rivolte a imprenditori e addetti al settore.
Pertanto, risulta necessaria una collaborazione forte e sinergie tra l’industria e i contesti educativi, formativi e di apprendimento e il Cluster può essere la sede idonea per progettare attività di formazione, rivolte soprattutto alle PMI, che consentano ai lavoratori di adattarsi ai cambiamenti in atto nel set- tore Agrifood, anche perché l’accelerata espansione delle tecnologie digitali (industria 4.0) richiederà livelli superiori di competenze cognitive (ad esempio: competenze di lettura e scrittura, di calcolo e di risoluzione di problemi) ma anche di competenze non cognitive e sociali (ad esempio capacità di comuni- cazione e creatività).
4. CASI DI SUCCESSO PROMOSSI TRAMITE