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Fondamenti ed esempi di un curricolo narrativo guidato dai concetti

Federico Corni

Federico Corni

Insegna Didattica della Natura Inorganica alla Laurea Magistrale in Scienze della Formazione Primaria. È responsabile di vari progetti di ricerca nazionali e interna-zionali, ha partecipato alla stesura delle Indicazioni Nazionali 2012, è fondatore del Centro di ricerca Metaphor and Narrative in Science di UNIMORE, e co-leader del gruppo tematico sulla formazione insegnanti K-6 del GIREP. Interessi di ricerca e attività: educazione scientifica nella scuola e formazione iniziale e in servizio degli insegnanti.

Abstract

A partire dai risultati di ricerca delle scienze cognitive, verranno identificati i concetti elementari fondanti il pensiero umano secondo la teoria delle mente embodied, tra-sversali e unificanti le discipline scientifiche e umanistiche. Verrà evidenziata l’im-portanza della metafora, del pensiero analogico e della narrazione nell’educazione scientifica e suggerito come su queste basi si può costruire, con una modalità bot-tom-up, un curricolo verticale interdisciplinare guidato dai concetti. Verranno infine portati esempi di percorsi verticali supportati da storie, sviluppati all’interno del pro-getto Max’s Worlds di MultiLab della Facoltà di Scienze della Formazione di UNIBZ.

In questo mio intervento vorrei innanzitutto introdurre le idee di fondo, cioè apprendere per concetti, apprendere i concetti; la pro-fondità piuttosto che l’estensione. Ci vogliono tutte e due chiara-mente nella scuola, ma quello che forse manca di più è la profon-dità, perché è il tempo che manca e il tempo è quello che permette la profondità della comprensione e dell’apprendimento. Poi vi par-lerò di mente embodied per dare un fondamento anche scientifico a questi concetti per apprendere. Vi mostrerò come questi concetti elementari che vi ho introdotto, possono essere pensati come una spina dorsale per un curricolo verticale di scienze.

Poco fa si parlava di curricolo verticale, di continuità fra scuola primaria e scuola secondaria di primo grado, poi fra scuola secon-daria di primo e secondo grado. Ecco, la continuità è data anche chiaramente da un curricolo verticale che, grazie anche agli istituti comprensivi, adesso è realtà, anche se comunque le difficoltà ci sono, perché sono diverse, comunque, le modalità con cui special-mente la scuola primaria e la scuola secondaria sono organizzate.

Quella secondaria è organizzata in ore di discipline, la scuola primaria non del tutto, quindi è difficile parlare di verticalità e di continuità, però dal punto di vista concettuale si può fare, un tenta-tivo si può fare. Lo dico per quanto mi è successo, per quelle scuole e istituti comprensivi che ho seguito. Ovviamente i presidi devono essere interessati in questo senso. Nelle scuole che ho seguito ho visto che la cosa è possibile.

Poi, come esempio di questo, vi presento il progetto Max’s Worlds, che è un progetto che ho sviluppato presso la Facoltà di Scienze della Formazione a Bressanone e che utilizzo con le stu-dentesse e gli studenti di Scienze della Formazione, in modo che poi, quando andranno nella scuola, almeno queste prime nozioni le avranno già sperimentate. Infine vorrei parlarvi del progetto Le-arning in Depth. Apparentemente sembra che non c’entri niente, pare quasi che cambi argomento, però nell’esperienza, nella prati-ca c’entra moltissimo.

Dicevo, i riferimenti sono quelli della teoria della metafora concet-tuale di Lakoff e Johnson degli ultimi anni del secolo scorso, e della ricapitolazione di Kieran Egan che è un filosofo dell’educazione cana-dese. Tra l’altro Erickson ha pubblicato un libro di Egan che si intitola

“Comprensione multipla. Sviluppare una mente somatica, mitica e romantica”. È un filosofo dell’educazione che ha dato molte idee a me e al mio gruppo e molte cose vengono suggerite da lui. Lo stesso Kieran Egan è colui che ha ideato questo progetto Learning in Depth.

Qual è l’idea di fondo da cui partire per un’innovazione? Il tema è l’innovazione; innanzitutto l’educazione comprende l’ampiezza e la profondità della conoscenza. L’ampiezza va bene, la conoscenza del noi, di tutte le cose che fanno parte del mondo, di come sono diventate così; poi c’è anche la profondità e per profondità intendia-mo imparare la natura della conoscenza.

Fare scienze a scuola forse dovrebbe voler dire insegnare a la conoscenza, perché la scienza è infinita. Anche la letteratura è infi-nita, però, bene o male non si possono trattare tutti gli argomenti a scuola, neanche all’università si possono trattare, però se ai ragazzi si insegnasse che cos’è la conoscenza, sarebbe proprio il nostro obiettivo. La differenza fra conoscenza e opinioni, questo al giorno d’oggi è importantissimo, poi acquisire competenze.

Prendo una frase di Van Gogh: “Se uno padroneggia una cosa e comprende una cosa molto bene, allo stesso tempo ha una ca-pacità di comprendere e di approfondire tantissime cose”, che è il contrario di quello che si crede, sapere tante cose per sapere tante cose. Invece sapere bene una cosa ci consente poi di andare a co-noscerne tantissime altre.

Questa è un po’ una premessa, adesso entriamo un po’ nell’idea di conoscenza che è il mio oggetto anche di ricerca e di interesse.

La conoscenza parte dal basso: qual è il problema della didattica della scienza nella scuola? O qual è stata la nostra esperienza, quan-do noi siamo stati studenti. La scienza viene presentata come una disciplina. Quando entro in classe e dico: bene, sono il vostro profes-sore di fisica, vedo subito nelle facce delle mie studentesse e dei miei studenti l’idea che gli racconterò tantissime formule, che gli raccon-terò tantissime leggi, tantissime regole che loro dovranno imparare.

Ma li rassicuro subito dicendo che il mio corso non comprenderà nessuna formula, nessuna regola, nessuna legge. Questo perché la regola, le formule e le leggi sono alla fine di un percorso. Rispetto alla scuola media e alla scuola superiore, alle elementari succede che si prende il libro di testo, si prende la fisica, si prende la chimi-ca, si prende la biologia, si semplifichimi-ca, perché i bambini chiaramen-te sono piccoli, però quella è la machiaramen-teria che si deve trasmetchiaramen-tere.

L’idea, invece, è partire dal basso, cioè partire da come quei con-tenuti possono essere scoperti nell’esperienza elementare. Questo vuol dire partire dal basso, anche perché, se una disciplina non fa parte della mia esperienza, della mia autocoscienza, si dimentica o comunque non serve a niente. Allora, l’idea è di costruire dal basso, con un percorso verticale basato su dei concetti elementari. Non partiamo dalla formalizzazione, se no partiamo dalla fine. Partiamo dall’inizio, dobbiamo partire dalla costruzione dei concetti.

Allora la mia idea è stata quella di andare in cerca di concetti ele-mentari che potessero fondare un percorso di scienze verticale. E finalmente ho trovato la vena giusta allargando un po’ le mie cono-scenze anche nel campo delle scienze cognitive, un po’ ai limiti del-la fisica e delle scienze, tra l’altro anche un po’ delle scienze umane e della filosofia. Mi sono accorto che della gente in questi campi stava lavorando proprio nella stessa direzione. A partire dalla teoria della mente embodied, cioè della mente incarnata, incorporata, si possono individuare dei concetti che sono proprio parte del nostro modo di sentire, modo di ragionare; così profondi e così basilari, che sono quei concetti che sono comuni a noi e anche ai bambini, ad Einstein e a un bambino. Ma poi sono concetti su cui si può co-struire, perché sono veramente appoggiati alla nostra comprensio-ne. L’idea della mente embodied è che le nostre concettualizzazioni, i concetti non siano delle cose astratte che ci vengono infuse nella nostra mente, delle astrazioni platoniche di cui noi saremmo dotati perché siamo uomini e non siamo animali, abbiamo la ragione e non reagiamo soltanto agli stimoli. I concetti non sarebbero qual-cosa di astratto, di fuori di noi, ma sono qualqual-cosa che nasce in noi per come il nostro corpo interagisce con l’ambiente. Vi faccio un esempio, ne avrei altri dieci ma non ho il tempo per illustrarli tutti.

Vorrei farvi capire che questi concetti sono veramente basilari, ma consentono di costruire la conoscenza.

Per come è fatto il nostro corpo noi costruiamo i nostri ragio-namenti. La matematica, la fisica, la chimica, la conoscenza, ma non soltanto quella scientifica, sono basate su delle categorie che il nostro corpo, la nostra mente può concepire perché il nostro corpo ha una certa relazione con l’esterno. L’esempio è molto semplice:

avete due occhi, tutti e due davanti, di fianco al naso, non avete gli occhi dietro, tutti gli uomini sono fatti così, da sempre e in ogni luo-go. Le gambe sono rivolte in un certo modo, quindi il nostro corpo, per come è fatto, dà alla nostra mente un concetto, davanti-dietro.

Per noi davanti è un concetto perché gli occhi ce li abbiamo lì, pro-babilmente se avessimo gli occhi distribuiti attorno a tutta la testa, se avessimo quattro gambe che ci permettono di andare da tutte le parti come fanno i granchi, non avremmo la stessa idea di davanti e dietro, perché per noi qualsiasi direzione sarebbe uguale.

Davanti e dietro, invece, non è un concetto che ci viene da una esterna idea platonica, davanti e dietro ci viene perché il nostro cor-po è fatto così, ha una direzione privilegiata. Bene, cosa c’entra que-sto? Vediamo un esempio di concettualizzazione. Il tempo, come lo concepiamo? Il tempo è il concetto più difficile, che cosa sia il tempo non lo sa nessuno. L’orologio, questo va bene, funziona, ma cosa sia il tempo, cosa pensiamo noi quando pensiamo al tempo non è così chiaro. Vediamo come pensiamo al tempo: il futuro è davanti, mentre il passato è dietro. Se noi non fossimo fatti così, per noi sarebbe difficile dire che davanti abbiamo il futuro, sarebbe difficile pensare al futuro e al passato come ci pensiamo adesso, lo faremmo in modo diverso.

Prendiamo tutte le espressioni che ne conseguono: “andiamo avanti con questo argomento”. Oppure: “quando alla fine arriverò a diventare grande, farò anche questa cosa”. Oppure: “torniamo sui no-stri passi, torniamo a quel che dicevamo ieri”. “Torniamo” vuol dire camminare all’indietro, davanti e dietro fanno parte del nostro pro-fondo concetto del tempo e il tempo in questo senso non è un’astra-zione. Il tempo non è un concetto esterno a noi, è un concetto interno a noi che ci deriva dal nostro corpo. Ci sono altre concettualizzazioni del tempo, che non sto a descrivere. Pensiamo all’idea di ciclo.

Ecco, se noi sappiamo, se noi potessimo sapere quali sono que-sti concetti così profondi, così embodied, perché provengono dal nostro corpo e fanno parte della nostra mente, se noi potessimo conoscere quali sono questi concetti, noi, soprattutto insegnanti di bambini piccoli, avremmo una marcia in più, perché sapremmo parlare alla loro mente. Saremmo sicuri di non dire delle cose da grandi o delle cose difficili, saremmo capaci, ma non tanto perché sono difficili, perché sono cose che non sono umane, cose che non possono essere basate su questi concetti di fondo, embodied, non sono apprendimenti umani.

Anche noi quando vogliamo capire una cosa, se qualcuno ci spiega una cosa nuova, un concetto nuovo, una scoperta nuova, noi cerchiamo di trovare, mentre ascoltiamo questa persona che parla, nella nostra mente delle immagini concrete della nostra comprensione che ci permettono di capire e di orientarci. Se non le troviamo diciamo che non abbiamo capito. Non capiamo per-ché assumiamo qualcosa dall’esterno, capiamo perper-ché qualcosa dall’esterno ci mette in ordine qualcosa dall’interno. Allora, se que-sto è il nostro problema, come facciamo a individuare quali sono questi concetti?

Questa del futuro davanti e del passato dietro, è un’astrazione, non è una cosa concreta, perché quando dico “vado avanti nel mio discorso”, “tiriamo avanti nella vita”, è una cosa astratta, non dico una cosa concreta, letterale; il tempo è una cosa astratta, quindi le astrazioni ci sono. Non sto dicendo che il nostro corpo ci fa com-prendere il mondo in modo concreto, no, il nostro modo di compren-dere il mondo è comunque astratto. Dico solo che queste astrazioni non ci vengono dall’esterno, o sono infuse nella nostra mente, ma sono astrazioni che la nostra mente riesce a costruire dalla nostra esperienza più concreta, più corporea.

Soprattutto dalle esperienze ripetitive: siccome noi continua-mente facciamo una certa esperienza, la nostra continua-mente su quell’e-sperienza lì dice: allora sarà importante. Allora quella equell’e-sperienza la fa diventare concetto e la usa in modo astratto, in modo generalizza-to anche quando quell’esperienza lì non c’entra niente. Il fatgeneralizza-to che gli occhi siano davanti non c’entra niente col tempo, però la nostra mente è capace di riutilizzare il concetto davanti-dietro anche per il tempo. Allora come facciamo a conoscere questi concetti che sono alla base della nostra comprensione.

La verità è che se la lingua è uno specchio della mente, analiz-zando la lingua possiamo risalire a cosa c’è nella mente, attraver-so il linguaggio, questo è quello che i linguisti cognitivi mi hanno aiutato molto a scoprire. Nella linguistica cognitiva si scopre che ci sono dei concetti, delle strutture elementari del linguaggio che sono universali, non soltanto per noi italiani del nord e del sud, e neanche per noi occidentali rispetto agli orientali, o dell’emisfero nord o sud, il linguaggio umano è basato su delle strutture “univer-sali”, perché i corpi di tutti gli uomini sono fatti alla stessa maniera.

Nella linguistica cognitiva ho trovato quei concetti che cercavo prima, quei concetti elementari su cui si può costruire un’idea di scienza dal basso e non imposta dall’alto. Questi sono quelli che loro chiamano image schema. Potremmo dire che sono i concetti basilari della nostra mente, non platonici perché non derivano da fuori né ci sono stati infusi, ma sono qualcosa che la nostra mente ha costruito.

Vorrei fare un passaggio importantissimo. Qual è la differenza fra noi e uno scimpanzé? Il corpo di uno scimpanzé non è molto diverso dal nostro, anche lui sta in piedi, guarda avanti. Pensiamo, ad esempio, quando noi da piccoli ci siamo alzati in piedi, perché ci siamo alzati in piedi? Volevamo diventare grandi come la mamma e il papà, quindi alto e basso è un concetto che ci deriva dal fatto che ci siamo alzati in piedi da piccoli, non è un’astrazione; il no-stro corpo ci dice che l’alto è importante e invece il basso è meno importante. Guardate che se fossimo nati in una navicella spaziale dove l’alto e il basso non esistono perché tutto levita, ogni direzione è equivalente alle altre, non avremmo il concetto di alto e basso.

Abbiamo detto davanti e dietro, ma alto e basso è un concetto im-portantissimo, perché l’alto/basso determina la scala di valori, se vogliamo. In alto c’è il re e in basso c’è il popolo, perché il re in alto?

Perché il nostro corpo ci dà l’idea che stando in piedi si è più impor-tanti che stando sdraiati.

Ma questa è una cosa sociale, pensiamo invece alle scienze: la temperatura. Alta o bassa. L’umidità è alta o bassa. Il volume della radio è alto o basso. Noi cioè usiamo l’alto o basso, cioè lo stare in piedi o lo stare per terra per comprendere, per dire, per capire dei concetti che sono invece molto più lontani e che sono quelli che fondano anche la scienza, cioè l’intensità dei fenomeni. L’intensità dei fenomeni per noi è una scala verticale, che ci è data dal fatto semplicemente che siamo nati sulla terra e che c’è la forza di gra-vità. Se fossimo in una navicella spaziale non avremmo l’idea di gravità e di alto-basso.

Una cosa che dico sempre ai miei studenti alle mie studentesse:

avete mai visto un termometro orizzontale? Perché i termometri li appendiamo sempre in verticale? Funzionerebbero anche in oriz-zontale? Sì, però a noi piace vederli in verticale, perché per noi la temperatura è una scala verticale. Non è un concetto platonico l’al-to/basso, è un concetto fisico.

Allora, quello che vorrei dire è che la differenza tra noi e uno scimpanzé è che utilizziamo concetti appresi in un contesto e li applichiamo in contesti molto diversi e lontani. Facciamo cioè delle metafore. La metafora è utilizzare una cosa nota in un con-testo non noto. Quando io non conosco una cosa, per conoscerla provo, per tentativi, a ricordarmi un’esperienza nota, che per me è diventata astratta, perché non sto collegando due cose in modo fisico, le sto collegando in un modo astratto. Cerco un’esperienza nota e da questa esperienza nota faccio una proiezione su questa esperienza nuova e dico: mah, sarà così. Il tempo che è davanti e dietro è una metafora, è una proiezione metaforica del concetto davanti/dietro. La scala di temperatura è una proiezione metafo-rica dell’idea di alto/basso, cioè la differenza fra noi e un animale

è di utilizzare queste astrazioni in modo metaforico. Utilizzandole in tanti contesti, questo ci dà la conoscenza. Poche idee in tanti contesti.

POLARITÀ Chiaro-scuro, caldo-freddo, femmina-maschio, buono-cattivo, giusto-ingiusto, lento-veloce, alto-basso

SPAZIO Su-giù, davanti-dietro, destra-sinistra, vicino-lontano, centro-periferia.

Altro: contatto, percorso

PROCESSO Processo, stato, ciclo

CONTENITORE Contenimento/confinamento, dentro-fuori, superficie, pieno-vuoto, contenuto

FORZA/CAUSA Equilibrio, forza in opposizione, costrizione/obbligo, limitazione/

restrizione/ritegno, impedimento, abilitazione, bloccaggio, diversione, attrazione

UNITÀ/MOLTEPLICITÀ Unione, raccolta, divisione, iterazione, parte-tutto, numerabile-non numerabile, collegamento

IDENTITÀ Corrispondenza, sovrapposizione

ESISTENZA Rimozione, spazio circoscritto, oggetto, sostanza, sostanza fluida

Quali potrebbero essere quindi i concetti pochi ma buoni, pochi ma strong, che possono essere utilizzati in modo trasversale per un curricolo verticale? Io, che sono un insegnante della scuola dell’in-fanzia, so che ci sono certe cose importanti che quando i bambini cominciano a svilupparle, a sentirle importanti io li aiuto, io vado loro dietro. Io, che sono un insegnante di scuola primaria, so che magari in prima e seconda non sanno ancora leggere e scrivere, però so che questo è l’obiettivo. Mentre in quarta e quinta so che devo considerare queste cose, perché poi alle medie queste diven-tano la base della formalizzazione più importante della scienza.

Questi sono i concetti che ho individuato: polarità, perché noi dividiamo sempre il mondo in due, belli e brutti, caldo e freddo, buio e luce. Nella genesi Dio creò il mondo e divise l’acqua dalla terra, la luce dal buio, dunque è dentro la nostra testa l’idea di dividere e questo è uno strumento cognitivo, un image schema. Dico polarità, perché non si parla tanto di bianco o neri, ma ci sono anche tutte le scale di grigio, questo è l’image schema che ci permette di concet-tualizzare l’intensità dei fenomeni. Di parlare di ruvido/liscio, bello/

brutto, caldo/freddo, più avanti scoprirò che non c’è soltanto luce/

buio ma anche tutte le tonalità intermedie.

Poi sostanza, quantità: le grandezze. Cioè al mondo ci sono delle cose che esistono, della mamma per un bambino, ai giocattoli, alle cose, ecc. Allora anche le cose che non esistono noi le facciamo esistere, il calore non esiste, non è una sostanza, il calore, è

qual-cosa che sento perché ha degli effetti eccetera, ma non è qualco-sa che veramente esiste come un sostanza vera e propria. Però il calore, per noi, esiste. Infatti: “chiudi la porta sennò viene dentro il caldo” d’estate, “una mano calda cede calore a una mano fredda”, oppure “il fornello riscalda l’acqua”, cioè noi, quello che scientifica-mente è astratto la nostra scientifica-mente lo fa esistere: perché? Perché la nostra mente basa la sua comprensione sugli oggetti, sulle cose.

qual-cosa che sento perché ha degli effetti eccetera, ma non è qualco-sa che veramente esiste come un sostanza vera e propria. Però il calore, per noi, esiste. Infatti: “chiudi la porta sennò viene dentro il caldo” d’estate, “una mano calda cede calore a una mano fredda”, oppure “il fornello riscalda l’acqua”, cioè noi, quello che scientifica-mente è astratto la nostra scientifica-mente lo fa esistere: perché? Perché la nostra mente basa la sua comprensione sugli oggetti, sulle cose.