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Fondi a contribuzione definita e fondi a prestazione definita

2. I FONDI PENSIONE IN EUROPA: UN’ANALISI COMPARATA

1.2. Fondi a contribuzione definita e fondi a prestazione definita

Nella parte iniziale del presente lavoro è stato fatto frequente ricorso alla distinzione tra fondi pensione a contribuzione definita (DC) e fondi pensione a prestazione definita (DB). Nei primi l’entità della prestazione finale non è predeterminata, bensì dipende dall’ammontare dei contributi e dei rendimenti ottenuti nel tempo; nei secondi

30 Un caso tipico è quello in cui ciascun datore di lavoro raccoglie i contributi dei lavoratori e li

trasferisce ad un fondo collettivo per la gestione dei fondi.

Piani pensionistici privati A capitalizzazione Contratti di assicurazione previdenziale Fondi pensione Con personalità giuridica Trust/Fondazione Ente societario Senza personalità giuridica Fornitore dedicato Altra istituzione finanziaria Con riserve di bilancio Contributivi

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l’elemento variabile, oltre al rendimento, è invece rappresentato dall’entità delle contribuzioni in fase di accumulazione, mentre il livello dei benefici pensionistici viene viene stabilito ex ante in fase di adesione.

Nel corso del primo capitolo è stato rilevato come i recenti mutamenti demografici espongano gli schemi pensionistici a rischi la cui natura è strettamente dipendente dalla tipologia degli schemi stessi: i piani DB, in particolare, presentano criticità relativamente alla loro sostenibilità finanziaria, mentre i piani DC prestano il fianco a problemi di adeguatezza dei benefici erogati. Nell’ambito del confronto che abbiamo tracciato tra sistema pubblico e sistema privato, si è poi fatto cenno alla possibile presenza di fenomeni distorsivi apportati dalle due tipologie di piani alle scelte inerenti l’offerta di lavoro e di risparmio.

In questa sede cercheremo di tratteggiare le caratteristiche tecniche salienti di queste due macrocategorie di fondi e di sviluppare con un maggior grado di dettaglio le considerazioni di carattere economico emerse in precedenza.

I fondi pensione, come detto, possono essere distinti in base al grado di garanzia fornito, inteso come di livello di copertura dei rischi connessi al piano pensionistico complementare: si hanno fondi a prestazione definita (DB), fondi a contribuzione definita (DC) e fondi misti, che presentano una combinazione di entrambi gli elementi (DC/DB). Nel corso dell’ultimo decennio si è verificato, a livello globale, un significativo trasferimento degli iscritti da schemi DB a schemi DC. Questo processo è stato in larga parte agevolato dalle recenti riforme previdenziali attuate da molti Stati membri, ancorchè con modalità diverse: i Paesi che hanno fatto ingresso più recentemente nell’UE hanno fondato i propri pilastri di previdenza complementare esclusivamente su piani a contribuzione definita (tra gli altri, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Slovenia), mentre nei 15 Stati della vecchia Unione si è assistito ad un progressivo spostamento del baricentro della previdenza complementare da schemi DB a schemi DC, sulla scia delle evoluzioni più recenti seguite dai mercati finanziari e dal mercato del lavoro, ma soprattutto in risposta al sensibile aumento delle aspettative di vita della popolazione (ad esempio nel Regno Unito, in Austria e in Italia). Gli schemi a prestazioni definite rimangono comunque prevalenti in alcuni Stati membri il cui sistema previdenziale è particolarmente radicato al settore pubblico, come nei Paesi Bassi, in Germania e nel Regno Unito.

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Figura 12. Distribuzione tra fondi pensione DB e DC per asset totali in Europa. Fonte: EIOPA (2013).

Agli albori della previdenza complementare, gli operatori che predisponevano schemi pensionistici integrativi erano unicamente interessati a incentivare l’adesione agli stessi da parte dei lavoratori, spinti dal modesto numero di pensionati e da una normativa assai poco stringente in termini di requisiti di sostenibilità finanziaria. Il contesto mutò radicalmente a partire dagli anni ’70: in seguito all’introduzione di più rigide regole di equilibrio fnanziario ed all’affinamento dell’offerta previdenziale, ma anche in conseguenza dell’aumento della speranza di vita e quindi del numero dei pensionati, divenne presto evidente che non sarebbe più stato possibile assicurare alle nuove generazioni gli stessi benefici promessi ai vecchi iscritti, pena l’insorgenza di costi crescenti, se non insostenibili. La necessità di avviare interventi di riforma fu in un primo momento scongiurata dal buon andamento dei mercati finanziari, che consentì agli schemi DB di far registrare soddisfacenti performance. Lo scoppio della bolla speculativa degli anni Duemila e la susseguente crisi finanziaria, dando avvio ad un lungo periodo di bassi tassi di interesse, hanno posto l’accento sull’urgenza di un ridisegno del sistema in generale e degli schemi a prestazione definita in particolare, essendosi questi ultimi irrimediabilmente esposti al rischio di insolvenza. La

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Schemi a prestazione definita (DB) Schemi a contribuzione definita (DC) Schemi ibridi (HY)

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prolungata situazione di underfunding di molti fondi DB ha portato alla chiusura dei relativi schemi e alla conseguente trasformazione degli stessi in schemi DC31.

Figura 13. Distribuzione tra fondi pensione DB e DC per membri in Europa. Fonte: EIOPA (2013).

La conseguenza più immediata del declino dei piani DB in favore di quelli DC è la connessa modifica del grado di compartecipazione ai rischi – in prevalenza biometrici e finanziari – per gli iscritti ed il fondo o l’impresa promotrice, con i primi (siano essi lavoratori o membri delle forme complementari di previdenza) sottoposti ad un livello di rischio maggiore rispetto alla forma pensionistica o allo sponsor. I vantaggi per gli iscritti sono relativi al maggior grado di libertà, generalmente concesso dai fondi DC, nella scelta inerente l’ammontare delle contribuzioni e quindi del risparmio da destinare alla pensione, che a sua volta concorre a determinare l’entità del reddito alla data di pensionamento. Nondimeno, il singolo iscritto ad uno schema DC ha la possibilità di esercitare un buon grado di controllo sul processo di asset allocation del fondo, attuando linee di investimento maggiormente coerenti con il proprio profilo rischio-rendimento.

Il suddetto trasferimento del rischio di investimento dal datore di lavoro al lavoratore dipendente è da molti considerato un fattore indesiderato del processo, tale da esludere la convenienza stessa dell’adesione ai piani DC da parte del lavoratore. Secondo alcuni

31 L’incapacità delle imprese promotrici di coprire i deficit dei piani pensionistici supportati è appunto la

principale fonte di rischio cui sono soggetti i fondi a prestazione definita. Tale rischio può essere coperto in vari modi ma principalmente stabilendo principi di prudenza negli investimenti.

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studiosi, tuttavia, queste considerazioni sono inficiate dal fatto che negli schemi DC è esplicita l’esposizione degli aderenti ai rischi connessi agli investimenti e ai tassi di rendimento delle prestazioni, mentre gli schemi DB, oltre ad inglobare in via indiretta rischi, sottopongono i loro membri a rischi aggiuntivi, specifici dell’impresa sponsor non diversificabili, nonchè ai costi derivanti dall’affidamento fatto dai lavoratori sulle promesse pensionistiche del proprio datore di lavoro. La superiorità degli schemi DC sarebbe poi ben evidente nel caso dei lavoratori con elevata propensione alla mobilità, data la maggior flessibilità operativa e regolamentare che essi garantiscono; inoltre rappresenterebbero uno strumento efficiente per la raccolta e la gestione del risparmio con finalità previdenziali, in virtù dei relativamente bassi costi operativi, gestionali e regolamentari. Nell’ottica del lavoratore, gli schemi DC risultano preferiti nella fase iniziale della carriera, laddove la maggior frequenza di adesione a forme contrattuali a tempo determinato richiede un elevato grado di portabilità dei contributi versati. Per il lavoratore, il rischio minore è dato dall’adesione ad un fondo a prestazione definita che eroga benefici pensionistici di entità correlata al livello dell’ultimo salario percepito; il rischio massimo si verifica in presenza di adesione a un fondo DC privo di garanzie sui benefici. Tra questi due estremi si collocano però soluzioni intermedie (ibride) che includono la presenza di garanzie finanziarie di vario genere e formule relative a prestazioni pensionistiche o di altra natura, calcolate su ampi orizzonti temporali al fine di contenere il rischio per il datore

di lavoro.

I fondi DB consentono non solo una forte condivisione del rischio da parte dell’impresa promotrice, ma anche un trasferimento dell’alea d’investimento dai pensionati e dai lavoratori più anziani verso i giovani lavoratori. La stabilità dei pagamenti pensionistici può coesistere con un’accentuata volatilità dei mercati, dato che la forza lavoro di più giovane età sarà tendenzialmente indifferente al valore delle proprie attività, se non vi sono motivi per credere che l’impresa ripudierà le proprie promesse di copertura dei deficit previdenziali. Questi aspetti di condivisione e riallocazione dei rischi sono del tutto assenti negli schemi DC, nei quali il livello contributivo è fissato e i benefici variano in funzione dei rendimenti di mercato. I vantaggi relativi in termini di rischio dei fondi a prestazione definita nell’ottica dei singoli membri possono essere racchiusi nel concetto di “assicurazione sul reddito pensionistico”, che gli schemi DB forniscono a copertura di diverse tipologie di alee.

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In primo luogo vi è il rischio di inadeguatezza del tasso di sostituzione previsto dagli schemi a contributi definiti, contro il quale gli schemi DB forniscono assicurazione sotto sotto forma di protezione dal rischio di investimento; lo stesso avviene in caso di tagli al sistema di sicurezza sociale, se tali fondi sono integrati nel sistema previdenziale pubblico. Inoltre, il rischio di longevità viene neutralizzato tramite la previsione di erogazioni esclusivamente sotto forma di rendita vitalizia, laddove la possibilità offerta da molti fondi DC di riscuotere il montante accumulato in un’unica soluzione espone i beneficiari al rischio di un futuro stato di povertà. Infine, l’indicizzazione dei benefici all’inflazione, prevista dai fondi DB in alcuni paesi, fornisce copertura anche contro questa tipologia di rischio.

I fondi a contribuzione definita sono viceversa più appetibili per le imprese, soprattutto per il loro basso costo e la loro semplicità aministrativa; ciò è ascrivibile in parte all’assenza di forme implicite di assicurazione da finanziare ed alla riduzione del rischio finanziario, ma soprattutto all’assenza degli oneri regolamentari imposti dall’adozione di schemi a prestazione definita, in termini di norme di capitalizzazione minima, riserve obbligatorie a garanzia dei benefici, vincoli alle politiche di investimento attuabili.

È infine opportuno sottolineare come per molti lavoratori la maggior sensibilità della pensione ai redditi da lavoro di fine carriera, implicita nei piani DB, può includere elementi di rischio, legati al fatto che i sentieri di sviluppo dei salari individuali sono imprevedibili all’inizio della vita lavorativa. Gli individui potrebbero pertanto preferire modelli pensionistici bilanciati sulla media di tutti i redditi da lavoro percepiti, elemento implicitamente presente nei fondi DC, dal momento che i benefits dipendono dai contributi versati in ogni anno di vita lavorativa.

I principi fondamentali su cui si basa la maggior parte degli schemi a contribuzione definita si identificano in genere nella libertà di adesione e nello stretto legame tra livello di rischio-rendimento delle soluzioni di investimento e livello delle prestazioni finali, mentre quasi mai si tiene conto degli elementi di carattere redistributivo in favore degli altri iscritti, tipici degli schemi pensionistici pubblici di natura obbligatoria e presenti a vario titolo anche nei fondi a prestazione definita.

La leva fiscale è tra le prime cui si può ricorrere per introdurre elementi di solidarietà in uno schema pensionistico complementare: possono essere stabiliti incentivi fiscali sulle contribuzioni ed esenzioni parziali di finanziamento degli schemi contributivi a capitalizzazione rientranti nel primo pilastro, insieme ovviamente ad un basso livello di tassazione delle rendite pensionistiche.

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Una seconda opzione redistributiva consiste nella predisposizione di linee di investimento con garanzia posta a tutela delle prestazioni pensionistiche. Tale garanzia può essere rappresentata da una riserva di capitale detenuta presso il fondo, oppure da un rendimento minimo percentuale o indicizzato ad un parametro quale l’inflazione; inoltre può essere applicata a tutta o solo ad una parte della contribuzione, ovvero, nel caso di più fonti contributive, a tutte o solo ad alcune di esse. I costi amministrativi che gravano sui versamenti possono essere inclusi o meno nella base di calcolo della garanzia. Il fondo può subordinare tale diritto all’esistenza di determinati requisiti minimi in termini di anni di contribuzione, ovvero al verificarsi di alcuni eventi (ad esempio, la richiesta di anticipazioni totali o parziali in caso di invalidità o inabilità del partecipante, richiesta di trasferimento della posizione individuale ad un altro fondo, ecc.).

Negli schemi a prestazione definita un certo grado di redistribuzione si riscontra nella definizione di formule di calcolo dei benefici basate sulla media dei redditi percepiti nell’arco dell’intera carriera lavorativa anzichè sull’ultimo reddito. È inoltre possibile determinare contributi e prestazioni senza tener conto delle differenziazioni nell’aspettativa di vita tra uomini e donne, così come si può prescindere dall’esistenza di diversi gradi di rischiosità ed usura nelle professioni svolte dai partecipanti.

Tra le forme di tutela che un fondo pensione può offrire, può collocarsi anche l’intervento di un “Fondo Sociale” a copertura di periodi di mancata contribuzione da parte dei partecipanti, per il verificarsi di eventi o condizioni straordinarie ed inaspettate (quali disoccupazione, invalidità, gravi malattie, maternità) che potrebbero comportare significative penalizzazioni nelle prestazioni finali. Il Fondo Sociale – alle cui prestazioni possono avere accesso i membri che hanno maturato una certa anzianità nello schema – può essere finanziato attraverso parte dei rendimenti della gestione finanziaria o delle commissioni amministrative a carico dei partecipanti32.

Gli schemi pensionistici a contribuzione definita, basati su conti previdenziali personali, sono per loro stessa struttura estranei a logiche redistributive, in quanto si fondano su principi di rigida equità attuariale. Tuttavia in alcuni Stati sono stati di recente introdotti elementi solidaristici anche per questa tipologia di schemi: in particolare in Belgio è nato nel 2004 il Social Pension Fund, che prevede l’intervento del fondo a copertura dei mancati contributi in caso di inattività del partecipante dovuta

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a disoccupazione, malattia ed invalidità. In Polonia, il fondo pensione obbligatorio OFE garantisce l’intervento dello Stato per il finanziamento dei periodi di disoccupazione e servizio militare, mentre negli schemi pensionistici assicurativi finlandesi il datore di lavoro è obbligato a versare contributi di entità più elevata per i lavoratori di breve carriera o che essendo prossimi al pensionamento hanno maturato un’insufficiente anzianità contributiva. Infine, altri schemi europei hanno introdotto incentivi fiscali più cospicui per i lavoratori autonomi: in Austria, ad esempio, nell’ambito degli schemi DB anche i periodi in cui non sono stati versati contributi sono computati ai fini della maturazione dei benefici pensonistici.