5. I FONDI PENSIONE NELLE PRINCIPALI ECONOMIE EUROPEE
5.3. Il sistema pensionistico francese: una frammentazione ereditata dal passato
Profili evolutivi e struttura complessiva del sistema
Le pensioni francesi incarnano le caratteristiche tipiche del modello previdenziale “bismarckiano”, fondato su schemi pensionistici pubblici subordinati ad un certo limite di reddito, a copertura pressochè universale. Le prime forme assistenziali pubbliche ad adesione obbligatoria per i lavoratori dipendenti privati risalgono al 1945, quando fu emanato il Code de la Sécurité Sociale. In seguito le provvidenze furono estese a ricomprendere tutte le categorie professionali. Il processo di omogeneizzazione dell’impianto previdenziale francese ha tuttavia incontrato non poche resistenze, riconducibili da un lato alla riluttanza mostrata dai lavoratori autonomi rientrare in un unico sistema comune, dall’altro alla presenza, antecendente all’emanazione del Code de la Sécurité Sociale, di una pluralità di schemi di sicurezza nazionale a favore di specifiche categorie di lavoratori. Il risultato finale è stato quello di una generale frammentazione del sistema, che persiste ancor oggi: si registrano infatti oltre cento diversi schemi attivi per differenti gruppi professionali. Accanto ad una prima componente di carattere assistenziale, il sistema di sicurezza sociale prevede un secondo comparto di natura previdenziale, a sua volta suddiviso in tre sezioni distinte: la previdenza statale (régime générale); la previdenza aziendale a ripartizione (retraite complementaire); la previdenza aziendale a capitalizzazione (retraite supplementaire). I funzionari e gli impiegati pubblici sono iscritti a regimi pensionistici separati (régimes spéciaux).
La rete di sicurezza di base ed universale predispone un reddito minimo di vecchiaia garantito (minimum vieillesse), mentre una prestazione correlata al reddito copre i cittadini sprovvisti di una pensione contributiva.
Il régime générale, introdotto con il Codice del 1945, è stato nel corso degli ultimi venti anni più volte modificato: dapprima in via esclusiva nel 1993, con la Riforma Balladur, quindi nel 2003 con la Riforma Raffarin, che ha apportato rilevanti modifiche anche al regime spettante ai dipendenti pubblici143. Prevede l’erogazione di una pensione
143 La Riforma rappresenta una svolta nel sistema previdenziale francese, attuando una sostanziale
equiparazione delle condizioni di partecipazione al regime sociale obbligatorio tra dependenti pubblici e privati. Prima del 2003, infatti, esisteva in Francia una marcata sperequazione a vantaggio dei primi, principalmente in ragione di una durata contributiva minima posta pari a 37,5 anni contro i 40 dei dipendenti del settore privato.
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di vecchiaia il cui importo è calcolato seguendo una formula complessa, che tiene conto degli anni di contribuzione, dello stipendio medio degli ultimi 25 anni rivalutato144, nonchè di un’aliquota contributiva che varia in funzione dell’età
anagrafica e contributiva. L’età pensionabile è stabilita a 60 anni; sono tuttavia necessari 41 anni di contribuzione per avere diritto alla piena pensione statale, con prospettive di ulteriori aumenti per effetto della Riforma Raffarin145. Quest’ultimo
provvedimento ha introdotto la possibilità di accedere al pensionamento anticipato tra i 56 ed i 59 anni di età per coloro che hanno fatto ingresso nel mondo del lavoro in giovanissima età (tra i 14 ed i 17 anni) e per chi ha lavorato ininterrottamente per un periodo compreso tra i 40 ed i 42 anni, variabile in funzione dell’età. È previsto un sistema incentivante per la permanenza in attività oltre l’età pensionabile, nella forma di un bonus del 3% annuo, mentre è applicata una riduzione – anch’essa correlata all’età anagrafica146 – in caso di accesso al pensionamento con meno di 40 anni di contribuzione maturati. Il lavoratore che, compiuti i 65 anni di età, non abbia maturato l’anzianità contributiva richiesta in funzione del proprio anno di nascita, si vede riconosciuta una maggiorazione di tale durata contributiva del 2,5% per ogni trimestre contributivo supplementare posteriore all’età di 65 anni.
L’aliquota contributiva è fissata al 16,35% della retribuzione lorda, di cui il 60% grava sul datore di lavoro ed il restante 40% sul lavoratore.
Accanto alla previdenza pubblica di base, che non offre trammanenti tali da poter garantire un’adeguato livello di copertura previdenziale, si colloca un secondo pilastro obbligatorio, bipartito in retraite complementaire e retraite supplementaire. Nell’ambito della retraite complementaire è presente una pluralità di casse pensionistiche che confluiscono in due principali associazioni, le quali differiscono in relazione al diverso ruolo che i lavoratori dipendenti svolgono all’interno dell’impresa:
l’AGIRC (Association Générale des Institutions de Retraites des Cadrei), destinata ai quadri ed istituita nel 1947;
l’ARRCO (Association des Régimes de Retraites Complementaire), istituito nel 1961 a copertura di tutte le alter categorie di lavoratori dipendenti.
144 La rivalutazione segue l’incremento dei prezzi al consumo fino ad un massimale periodicamente
ridefinito. Prima della Riforma del ’93 la rivalutazione segue l’incremento dei salari.
145 La soglia minima contributiva, originariamente fissata a 40 anni, raggiungerà i 42 nel 2020. 146 La percentuale di decurtazione applicata è pari a 5 punti per le generazioni anteriori al 1944; a 1,0625
punti per le generazioni dal 1946; a 0,9375 punti per le generazioni dal 1948 e sarà progressivamente abbassata allo 0,625% per gli individui nati dopo il 1952.
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La funzione fondamentale che tali associazioni ricoprono è quella di coordinare l’operatività delle diverse casse pensionistiche aderenti, impartendo direttive generali su questioni di carattere tecnico, ad esempio i parametri attuariali da utilizzare per il calcolo delle prestazioni e dei contributi. La loro gestione è affidata ad un consiglio di amministrazione composto da rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, secondo il principio della partecipazione paritetica.
Oltre alle casse pensionistiche di matrice statale, il sistema francese contempla anche la presenza di strumenti di previdenza complementare isituiti su base collettiva per iniziativa delle imprese, ovvero su base individuale mediante la sottoscrizione di contratti assicurativi.
Le configurazioni della previdenza complementare
I regimi previdenziali a carattere integrativo fanno comparsa in Francia nel 1945, all’interno del quadro tracciato dal Code de la Sécurité Sociale. Nell’ambito delle casse pensionistiche riconducibili alla menzionata retraite complementaire emergono tratti del tutto peculiari rispetto ai connotati tipici dei fondi operanti negli altri paesi: da un lato l’obbligatorietà dell’adesione; dall’altro la previsione del criterio finanziario della ripartizione. Si tratta dunque di enti ad adesione obbligatoria che, pur dovendo detenere percentuali prestabilite di risorse in forma di riserve obbligatorie per finalità prudenziali, non danno luogo ad un accumulo di capitale nel tempo.
Sia AGIRC che ARRCO operano secondo il metodo della ripartizione a contribuzione definita, garantendo prestazioni pensionistiche quantificate in base ad un meccanismo a punti (régimes en points): ogni anni l’importo dei contributi integrativi versati in relazione ad un salario di riferimento – pari alla media delle retribuzioni annue lorde degli aderenti all’associazione – viene convertito in un punteggio, in funzione del valore unitario del punto stabilito per ciascun esercizio. La pensione erogata all’assicurato sarà infine calcolata moltiplicando la somma dei punti acquisiti nell’arco dell’intera carriera lavorativa per il valore unitario del punto al momento della liquidazione della posizione previdenziale. L’importo della pensione nell’ambito delle casse è rapportato ai redditi lavorativi dell’intera carriera, anzichè a quelli degli ultimi 25 anni come nel regime di sicurezza sociale.
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Gli oneri contributivi vengono calcolati in base a diverse fasce di reddito, applicando regole diverse a seconda dell’associazione di appartenenza: i lavoratori non appartenenti alla categoria quadro versano contributi presso l’ARRCO sulla totalità del reddito, nel limite di tre volte il massimale previsto dal regime di sicurezza sociale; i quadri acquistano invece punti fino a una volta il massimale della previdenza sociale presso l’ARRCO, inoltre, sulla totalità del proprio reddito, contribuiscono presso l’AGIRC nei limiti di otto volte il massimale. Nei due regimi l’età di pensionamento è fissata a 65 anni, ma è comunque possibile ottenere la liquidazione anticipata dei diritti a partire dai 60 anni, qualora siano rispettati i requisiti minimi per accedere alla pensione piena ai sensi del régime générale. L’erogazione avviene generalmente in forma di rendita, tuttavia è prevista la possibilità di ricevere un capitale in un’unica soluzione nel rispetto di talune condizioni.
Complice la recente introduzione di addizionali sui contributi per ripristinare l’equilibrio finanziario delle casse pensionistiche, negli ultimi anni in Francia si sta registrando un crescente interesse verso il sistema di retraite supplementaire. Quest’ultimo incorpora le caratteristiche tipiche dei sistemi di previdenza aziendale degli altri paesi, e quindi opposte rispetto alle casse obbligatorie: la volontarietà dell’adesione e il meccanismo della capitalizzazione.
Nel contesto della retraite supplementaire si collocano schemi di variegata natura, che possono essere istituiti sulla base di contratti di natura sia collettiva che individuale. I contratti di tipo collettivo sono destinati ai lavoratori di determinati settori – ad esempio in ambito finanziario ed energetico – al fine di garantire un completamento della copertura pensionistica, rispetto a quella offerta dai sistemi obbligatori. I piani previdenziali si basano sulla stipula di polizze assicurative vita di gruppo; l’adesione riguarda tutti i dipendenti aziendali o gli appartenenti a una determinata categoria professionale ed è stabilita in base ad un contratto collettivo di lavoro, un accordo siglato a livello di singola impresa, ovvero un’iniziativa unilaterale promossa dal datore di lavoro.
I piani a contribuzione definita hanno carattere di addizionalità rispetto alle pensioni obbligatorie e prevedono esclusivamente l’erogazione di prestazioni in forma di vitalizio; tuttavia possono includere opzioni di reversibilità e prestazioni accessorie in caso di morte, invalidità o malattia. L’età minima per il riconoscimento dei diritti non
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può essere inferiore a quella stabilita dal regime statale. La mancanza di requisiti di partecipazione consente all’aderente di mantenere aperta la propria posizione anche in caso di turnover. L’aliquota contributiva deve essere uguale per tutti i lavoratori ed il datore di lavoro è tenuto a finanziare parte del piano, con la facoltà di assumersene l’intero onere.
I piani a prestazione definita, presenti soprattutto nell’ambito delle grandi imprese, si qualificano invece come schemi di integrazione, in quanto prevedono la corresponsione di una pensione commisurata allo stipendio medio percepito nel periodo antecedente all’ingresso in quiescenza. A differenza dei piani DC, tali schemi offrono la possibilità di riscuotere il montante in forma di capitale; l’impresa tuttavia si riserva di fissare una soglia minima di anzianità per il riconoscimento dei diritti alla percezione delle prestazioni, ed in caso di dimissioni o licenziamento antecedente al raggiungimento di tale soglia il diritto viene revocato. Gli oneri contributivi sono esclusivamente a carico del datore di lavoro.
La Riforma del 2003 ha introdotto due nuovi contratti su base collettiva: il plan d’épargne retraite entreprise (PERE) e il plan d’épargne retraite collectif (PERCO). Il primo può essere considerato come un’estensione dei citati piani previdenziali a contribuzione definita, di cui condivide, oltre alla tipologia di impegno assunta, anche le previsioni relative alle prestazioni (ammesse solo in forma di rendita commisurata ai contributi) ed ai requisiti per il riconoscimento dei diritti a pensione (esclusivamente al raggiungimento dell’età pensionabile). I versamenti contributivi sono obbligatori per l’imprenditore e volontari per il lavoratore. Il PERCO è un piano di risparmio volontario promosso da un datore di lavoro per l’accantonamento degli stipendi da parte dei propri dipendenti, con versamenti liberamente stabiliti fino a un tetto massimo di un quarto della retribuzione lorda, cui può sommarsi un contributo datoriale fino a 5.149 euro annui. Si tratta di piani attivati mediante accordi a livello aziendale, di gruppo o interaziendale, con lo scopo di provvedere una rendita vitalizia o un capitale ai lavoratori dell’azienda o del gruppo, i quali sono anche gli unici a poter avere accesso agli schemi stessi. La gestione può seguire alternativamente la modalità a prestazione definita ovvero quella a contribuzione definita; sussiste inoltre la possibilità di esercitare riscatti anticipati.
Oltre ai piani collettivi, esistono alcuni schemi sempre riconducibili alla retraite supplementaire ma derivanti da fonti contrattuali di natura individuale: nello specifico, i contratti Loi Madelin, i plan d’épargne retraite populaire (PERP) ed altri regimi speciali
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per categorie specifiche. I contratti Loi Madelin, nati nel 1994, rappresentano una forma di previdenza individuale esplicitamente dedicati ai lavoratori autonomi. Prevedono l’obbligatorietà dei versamenti, fiscalmente deducibili, da parte degli aderenti, e la corresponsione di una prestazione in forma di rendita al raggiungimento dell’età pensionistica di base.
I PERP, introdotti dalla riforma del 2003, sono piani di risparmio individuale ad adesione volontaria e aperta ad ogni tipologia di lavoratore, gestiti da compagnie assicurative o da società di gestione dei fondi comuni di investimento. Come forma di tutela per i partecipanti è stato istituito un organismo di vigilanza appositamente incaricato di esercitare un controllo costante sulla corretta gestione di tali piani. La modalità di funzionamento è a contribuzione definita, con previsione di deducibilità dei contributi e possibilità di erogazione in forma di capitale nell’eventualità di acquisto della prima casa. La liquidazione del montante può partire dalla data di erogazione della pensione pubblica, oppure al compimento di 60 anni. Al 2006 risultavano iscritti a tali piani 1,2 milioni di francesi, con una sorprendente uniformità di adesione per fasce di età147.
Come anticipato in apertura di paragrafo, il quadro previdenziale francese è completato da una serie di regimi individuali anteriori, dedicati a specifiche categorie professionali: i più importanti sono: il Préfon, riservato ai funzionari ed ai loro coniugi; il COREM, aperto a tutte le categorie socio-professionali; il CRH per i dipendenti ospedalieri.
Oltre ai piani fin qui descritti, annoverabili a tutti gli effetti nel novero dei prodotti previdenziali, ad esclusiva finalità di copertura pensionistica, è da evidenziare che nel contesto francese è particolarmente diffusa la pratica di sottoscrizione di contratti assicurativi del ramo vita per coprirsi dal rischio di povertà in età anziana. Questi contratti, pur non essendo originariamente dotati di espliciti scopi previdenziali, possono in ogni caso essere ricondotti all’interno dei prodotti di terzo pilastro, dal momento che la loro ampia diffusione, in specie presso una fascia di popolazione di età avanzata, attribuisce indirettamente a tali contratti una funzione di protezione che va oltre quella di una copertura assicurativa in senso stretto.
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Le caratteristiche del tutto peculiari dei fondi pensione francesi non consentono di trarre conclusioni definitive riguardanti il fenomeno nel suo complesso ed i possibili sentieri di sviluppo futuri. L’impossibilità di condurre studi quantitativi comparabili a quelli degli altri paesi è legata da un lato al carattere obbligatorio delle casse rientranti nella retraite complementaire, tale da sbiadire la rilevanza del dato relativo alle adesioni; dall’altro al regime ripartitivo delle medesime, che non dà luogo ad accumuli di risorse nel tempo pregiudicando anche la fattibilità di un’analisi degli asset gestiti. Per questi motivi l’analisi dei margini di sviluppo esistenti per la previdenza integrativa in Francia può essere più efficacemente supportata da considerazioni di carattere puramente qualitativo. La prima riguarda l’evidente distrazione di risorse dai piani aziendali a capitalizzazione, determinata dall’obbligatorietà di adesione alle associazioni previdenziali. A tal proposito, sono in molti a sostenere la necessità di attribuire caratteri di reversibilità agli accumuli contributivi destinati alle casse che gestiscono la retraite complementaire. La seconda considerazione riguarda l’attuale disparità di trattamento riservata ai diversi intermediari finanziari abilitati a gestire i contributi previdenziali, con un regime di netto favore riconosciuto alle compagnie assicurative. Queste ultime tendono ad offrire su larga scala prodotti del ramo vita surrogati dei fondi pensione, ma rispetto ai quali, a ben vedere, non garantiscono una perfetta sostituibilità, in quanto difettano di clausole specificatamente previdenziali e rappresentano scelte subottimali di allocazione del risparmio a fini pensionistici, non potendo beneficiare di alcune caratteristiche tipiche dei contratti collettivi aziendali. Il rischio, dunque, è che i fondi pensione restino confinati al ruolo di mera categoria residuale, in favore di altri schemi assai meno indicati al soddisfacimento dei bisogni legati alla vecchiaia. Solo per i fondi della retraite supplementaire sono compatibili valutazioni di tipo quantitativo; tuttavia essi rivestono un ruolo scarsamente significativo dal punto di vista dimensionale nel panorama previdenziale francese, potendo attingere solo al 4,5% del totale delle contribuzioni versate a fini pensionistici. Con riferimento ai contratti di tipo collettivo, la tipologia maggiormente diffusa è quella dei piani pevidenziali in senso stretto a prestazione definita, mentre i piani PERCO e PERE pagano ancora lo scotto della loro recente introduzione.
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