Problemi di fattibilità delle politiche di social housing di Giuseppe Fioran
3. I fondi immobiliar
A fronte di una disponibilità di risorse pubbliche che è andata diminuendo, i Paesi europei hanno cercato nuovi strumenti finanziari per realizzare iniziative di social housing, In particolare, si cerca di coinvolgere soggetti privati: nei Paesi in cui tale coinvolgimento è più scarso – come Italia e Spagna – l’allocazione delle risorse per il social housing risulta meno efficiente.
Dal momento che il social housing ha come scopo ultimo la locazione di lungo periodo a canoni inferiori a quelli di mercato, due aspetti in particolare caratterizzano gli investimenti nel settore: una redditività modesta e una limitata liquidità. Gli investitori devono quindi accettare un rendimento modesto e dilazionato nel tempo, come ad esempio possono fare dei soggetti etici.
Il fondo immobiliare viene individuato come uno strumento particolarmente idoneo a raccogliere e mobilitare tali risorse private. Il piano casa reso attuativo dal DPCM del 16 luglio 2009 lo mette al primo posto tra le linee di intervento: “costituzione di un sistema integrato nazionale e locale di fondi immobiliari per l’acquisizione e la locazione di immobili per l’edilizia residenziale”. Vedremo nel seguito come si sta articolando questo intervento e con quali modalità può realizzarsi. Le prossime sezioni saranno invece dedicate ad una breve analisi del regime giuridico e tributario dei fondi immobiliari, e ad una breve descrizione del mercato dei fondi in Italia.
3.1 Regime giuridico e tributario
I fondi immobiliari sono Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio (OICR) regolamentati dal Testo Unico della Finanza del 1998. In generale, il fondo comune di investimento è un patrimonio autonomo, suddiviso in quote che hanno pari valore e pari diritti e sono sottoscritte da una pluralità di investitori. La gestione del patrimonio è riservata ad una Società di Gestione del Risparmio (SGR), assoggettata al controllo della CONSOB e alla vigilanza prudenziale della Banca d’Italia. Pur non avendo autonoma personalità giuridica, i fondi sono caratterizzati da un regime di separazione patrimoniale rispetto al patrimonio della SGR e dei singoli detentori delle quote di partecipazione.
I fondi immobiliari si distinguono dagli altri fondi comuni di investimento perché investono almeno i 2/3 del patrimonio complessivo in beni immobili, diritti reali immobiliari e partecipazioni in società immobiliari. La partecipazione al fondo può comunque essere assimilata ad un titolo finanziario sintetico che – pur ancorato a dinamiche immobiliari – presenta tutte le caratteristiche (positive) di trasparenza, fungibilità e liquidabilità tipiche di un investimento finanziario. Si tratta tipicamente di un investimento di lungo periodo e meno esposto alle normali fluttuazioni dei mercati
finanziari. La tabella 1 riporta una classificazione dei fondi immobiliari per macro-caratteristiche. Tab. 1 Classificazione dei fondi immobiliari
Sottoscrittori delle quote FONDI RETAIL: dedicati alla generalità del pubblico dei risparmiatori FONDI RISERVATI: riservati ad investitori qualificati
FONDI SPECULATIVI: non oltre 200 sottoscrittori, per quote dal valore minimo non inferiore a 500.000 euro
FONDI AD APPORTO PUBBLICO: sono istituiti con l’apporto di beni immobili o diritti reali immobiliari, per almeno il 51%, da parte di Stato, enti previdenziali pubblici, Regioni, enti locali e loro consorzi, nonché da società interamente possedute, anche indirettamente, dagli stessi soggetti. E’ previsto l’obbligo, per l’ente apportante, di procedere alla cessione a terzi delle quote del Fondo entro 24 mesi dalla data di emissione
Modalità di partecipazione al fondo FONDI AD APPORTO: la sottoscrizione avviene mediante l’apporto di immobili da parte degli investitori
FONDI A RACCOLTA: la sottoscrizione avviene attraverso il versamento in denaro FONDI MISTI: apporto + sottoscrizioni in denaro
FONDI A RICHIAMO DEGLI IMPEGNI: gli importi sottoscritti vengono versati progressivamente e in funzione degli investimenti, evitando che si formi della liquidità in eccesso
Modalità di rimborso delle quote FONDI CHIUSI: rimborso solo a scadenza
FONDI SEMI-CHIUSI: possibilità di rimborsi parziali di quote a fronte di disinvestimenti e/o rimborsi
FONDI EX DM n. 47/2003: possibilità di rimborsi anticipati di quote in corrispondenza di emissioni successive, nei limiti delle nuove risorse raccolte sul mercato
Destinazione degli immobili FONDI DIVERSIFICATI: la destinazione del portafoglio immobiliare è diversificata FONDI SPECIALIZZATI: gli immobili rientrano prevalentemente in una tipologia di prodotto
Modalità di distribuzione dei proventi FONDI AD ACCUMULAZIONE DEI PROVENTI: i proventi vengono reinvestiti automaticamente
FONDI A DISTRIBUZIONE DEI PROVENTI: distribuisce periodicamente il dividendo all’investitore
Durata MINIMA: coerentemente con la natura degli investimenti
MASSIMA: 30 anni, fatto salvo un ulteriore periodo di proroga non superiore a 3 anni per il completamento dello smobilizzo degli investimenti
I fondi comuni di investimento sono istituiti con delibera del Consiglio di Amministrazione della SGR promotrice, che contestualmente ne approva il regolamento di gestione. La Banca d’Italia è
Quanto al sistema di governance, in genere il Consiglio di Amministrazione è affiancato da due organi rappresentativi degli investitori o anche di altri stakeholders: un’Assemblea dei partecipanti e un Comitato consultivo. In genere l’Assemblea si esprime per le decisioni di natura straordinaria o per quelle che possono incidere sull’impianto originario del rapporto partecipativo, ma anche rispetto all’individuazione dei membri del Comitato; il Comitato può invece essere chiamato ad esprimere pareri su buona parte delle decisioni riguardanti la gestione del fondo, e in alcuni casi ha anche diritto di veto. Possono inoltre essere individuati dal regolamento altri eventuali Comitati di indirizzo cui attribuire funzioni consultive per ciò che riguarda l’individuazione delle modalità esecutive per la realizzazione delle finalità sociali.
Il fondo può dotarsi dei mezzi necessari per attuare la propria strategia di investimento utilizzando i proventi della sottoscrizione iniziale delle quote oltre che – se previsto dal Regolamento e soprattutto se sostenibile da un punto di vista finanziario – con indebitamento non superiore al 60% del complesso degli investimenti immobiliari (ad eccezione dei fondi speculativi, che possono superare tale soglia) e al 20% dei valori mobiliari.
I fondi immobiliari non sono soggetti alle imposte sui redditi né all’IRAP. I proventi derivanti dalla gestione del patrimonio del Fondo vengono assoggettati a tassazione soltanto al momento della distribuzione, applicando un’aliquota del 20%. Lo stesso DL che ha tratteggiato il piano casa – DL n. 112/2008, convertito dalla legge n. 133/2008 – ha previsto l’introduzione di un’imposta patrimoniale in misura pari all’1% del valore netto del fondo (calcolato come media annua dei valori periodici risultanti dai prospetti periodici) applicabile ai fondi immobiliari per i quali non sia prevista la quotazione dei certificati in un mercato regolamentato e che abbiano un patrimonio inferiore ai 400 milioni di euro; e che sussista almeno uno dei seguenti requisiti: a) le quote del Fondo siano detenute da meno di 10 partecipanti; b) le quote del Fondo siano possedute, per più di 2/3, da persone fisiche legate tra loro da rapporti di parentela ed affinità.
E’ opportuno tuttavia osservare che l’introduzione dell’imposta patrimoniale non dovrebbe compromettere il vantaggio tributario derivante dalla costituzione di fondi immobiliari (Cittalia, 2008). La prima ipotesi infatti non trova applicazione se almeno il 50% è detenuto da enti pubblici (Comuni, Regioni), fondi comuni di investimento e SICAV, imprenditori individuali, società ed enti per le partecipazioni relative all’impresa commerciale, forme di previdenza complementare, soggetti non residenti cd. white listed, enti di previdenza obbligatoria. Quanto invece alla seconda ipotesi, essa è diretta tipicamente a contrastare la costituzione di Fondi a carattere spiccatamente familiare e non dovrebbe, se non eccezionalmente, assumere rilievo nelle operazioni di housing sociale.
3.2 Uno sguardo al mercato dei fondi in Italia
Nel panorama finanziario italiano i fondi comuni di investimento immobiliare si sono imposti come un nuovo e affidabile strumento di gestione del risparmio. Da un lato l’evoluzione normativa ha favorito l’espansione del comparto in termini di numero di fondi attivi e di patrimonio gestito, e dall’altro gli interventi di regolamentazione e vigilanza sono riusciti a garantire uno sviluppo prudenziale ed equilibrato del sistema: per quanto possa avere risentito della crisi – soprattutto nell’ultimo anno – il settore ha saputo difendersi. Nel complesso, al 2008 il numero dei fondi immobiliari italiani era di 238 (Scenari immobiliari, 2009). Secondo le stime di Scenari immobiliari il loro patrimonio netto complessivo si attestava intorno ai 28 miliardi di euro, mentre il patrimonio immobiliare detenuto direttamente consisteva in quasi 35 miliardi di euro e circa 20 milioni di mq. Gli incrementi percentuali rispetto all’anno precedente sono rispettivamente del 7% e del 15%. L’asset allocation dei fondi immobiliari vede una netta prevalenza degli immobili destinati ad uffici. La destinazione residenziale rappresenta solo l’1% del totale. L’offerta di fondi immobiliari si rivolge per la gran parte a investitori qualificati: i fondi riservati sono oltre l’80% del totale. I fondi dedicati alla generalità del pubblico dei risparmiatori rappresentano quindi una quota residuale, e investono sostanzialmente nei settori uffici, commerciale e misto – cioè diversificano la destinazione del portafoglio immobiliare.
Assogestioni (2008) ha analizzato il mercato dei fondi immobiliari basandosi su un campione di 135 fondi e di 27 SGR. Il patrimonio gestito è quantificato in questo caso in 20.168 milioni di euro
(+6,1% a un anno e +70% a tre anni). Il settore si caratterizza per un alto livello di frazionamento: le prime tre SGR detengono il 30% dei fondi, il 34,6% del patrimonio e il 38% delle attività.
Il campione di Assogestioni si compone di 110 fondi riservati – 100 costituiti con apporto di patrimonio e 10 in modo ordinario; tra i fondi retail si inverte invece la tendenza: oltre il 70% è costituito in modo ordinario.
I fondi che hanno almeno un investimento in immobili (diretto o indiretto, tramite partecipazioni in società immobiliari) sono 115. La maggior parte di essi è esposta prevalentemente nella categoria uffici, il cui peso si è però contratto negli ultimi anni a favore della categoria commerciale.
Quasi il 90% delle attività dei fondi si compone di immobili e diritti reali. Si evidenziano differenze nella composizione delle attività in base alla tipologia di investitori coinvolti: i fondi riservati si caratterizzano per un coinvolgimento in investimenti diretti in immobili più elevato rispetto alla media, mentre per i fondi retail questo vale per le partecipazioni societarie.
La ripartizione degli investimenti per area-geografica vede prevalere il Nord Ovest (46,2%, in crescita di oltre 2 punti percentuali rispetto all’anno precedente) seguito da Centro e Sud e Isole (in riduzione dell’1,2%).
3.3 I fondi immobiliari per l’housing sociale
L’utilizzo del fondo immobiliare come strumento per realizzare iniziative di social housing persegue l’obiettivo di sviluppare soluzioni abitative per quella fascia sociale di famiglie solvibili troppo ricche per accedere all’ERP ma troppo povere per realizzare il proprio bisogno abitativo sul mercato. E’ quello che viene definito un intervento di “terza accoglienza” (Urbani, 2009).
L’avvio di un fondo di questo tipo si articola attraverso una serie di fasi, al termine delle quali il progetto sarà realizzato. Innanzitutto viene definito il business plan, vengono analizzate le caratteristiche dell’eventuale portafoglio di apporto e sono fatte ipotesi di governance. In questo modo sono effettuate previsioni sulla redditività degli investimenti, e solo se la redditività è accettabile il progetto di investimento viene portato avanti.
Successivamente deve essere individuata la SGR che istituisce e gestisce il fondo. Questa fase può svilupparsi secondo due modalità: la più comune vede la SGR stessa concepire, strutturare e promuovere il fondo, ma esiste anche una prassi dove sono i partecipanti – che individuano o possiedono delle opportunità come aree, immobili o risorse finanziarie – a sviluppare un progetto, diventarne sponsor, e selezionare poi una SGR che istituisca e promuova il fondo. In questo secondo caso la selezione della SGR è una scelta molto delicata e importante per il perseguimento delle finalità del fondo, e può avvenire secondo procedure di evidenza pubblica.
Una volta individuata la SGR, viene fatta la stesura finale del regolamento di gestione. Entro 90 giorni tale regolamento deve essere approvato dalla Banca d’Italia, dopodichè viene avviata la fase di sottoscrizione del fondo. Al momento del raggiungimento dell’ammontare previsto di sottoscrizioni o comunque alla scadenza del periodo di sottoscrizione (non superiore ai 18 mesi) il fondo viene avviato. Se il regolamento lo prevede, l’avvio del fondo può avvenire anche in un periodo precedente alla scadenza del periodo di sottoscrizione continuando in parallelo a raccogliere le quote (pre-closing); nel caso di un fondo ad apporto, invece, il momento dell’avvio del fondo tende a coincidere con quello della sottoscrizione degli atti d’apporto.
Il fondo immobiliare quale strumento per la realizzazione di interventi di edilizia sociale richiede – secondo uno dei possibili modelli operativi attuabili – il coinvolgimento di diversi soggetti, nello specifico: la Pubblica Amministrazione, investitori istituzionali privati e gli organismi no profit del
esempio una riduzione degli oneri di urbanizzazione o dei prelievi fiscali, oppure infine potrebbe partecipare direttamente ed attivamente ad iniziative di social housing.
Il ruolo degli investitori istituzionali privati – come fondazioni, banche, assicurazioni e grossi gruppi immobiliari – consiste fondamentalmente nella raccolta di capitali. Le risorse, ingenti, così raccolte dovrebbero essere il motore di progetti di investimento che, pur in un’ottica di housing sociale, consentano una redditività accettabile anche se non speculativa, e – soprattutto nel caso delle fondazioni bancarie – contribuiscano allo sviluppo del territorio di riferimento dell’investitore. In particolare, l’auspicio è che la partecipazione degli investitori istituzionali a nuovi strumenti di finanza immobiliare come appunto i Fondi segni il passaggio dalle logiche assistenziali che in passato hanno regolato l’ERP – e si sono fondamentalmente concretizzate nell’erogazione di contributi pubblici a fondo perduto senza effettivi benefici in termini sociali, a logiche di compartecipazione pubblico-privato.
Infine gli organismi no profit – Cooperative, associazionismo e volontariato – gestiscono parte del patrimonio abitativo e dei servizi di social housing per realizzarne effettivamente le finalità sociali, nonché gestiscono e assegnano alcune unità abitative. Si tratta di quelle unità abitative che aderiscono ai criteri previsti dalle convenzioni stipulate con gli enti pubblici patrocinanti i progetti, da offrire in proprietà e/o in locazione alle fasce deboli della popolazione.
Il fondo immobiliare è uno strumento che presenta alcuni vantaggi specifici per i soggetti pubblici e privati considerati. E’ sottoposto a una bassa tassazione fiscale e al controllo di SGR, CONSOB e Banca d’Italia – che sorvegliano su aspetti tecnici e giuridici. Il fondo consente di raccogliere capitali presso investitori istituzionali garantendo loro trasparenza, vigilanza, un’adeguata redditività – compatibile con le finalità sociali del progetto – e un’agevole liquidabilità dell’investimento. Consente inoltre di frazionare la proprietà immobiliare e di scambiarla sul mercato con costi relativamente contenuti, e di gestire in monte un patrimonio immobiliare con benefici in termini di diversificazione del rischio e dei costi di gestione. L’utilizzo della leva finanziaria realizzata è continuativo, vale a dire che i margini di profitto conseguiti nei vari interventi sono di volta in volta reinvestiti in nuove iniziative per tutta la durata del fondo, andandone ad aumentare il valore.
La compartecipazione pubblico-privato in un fondo immobiliare presenta alcuni vantaggi specifici anche per le Pubbliche Amministrazioni. In genere gli enti pubblici hanno un ricco patrimonio immobiliare ma scarse risorse a disposizione, che rendono difficile se non impossibile la valorizzazione dell’asset. Nel tempo una parte consistente del patrimonio è stata dismessa, ma la dismissione ha realizzato ricavi di entità assai modesta e al tempo stesso ha privato l’ente pubblico di un asset sul territorio. L’apporto degli immobili pubblici ad un fondo immobiliare apre invece, da questo punto di vista, possibilità del tutto diverse: conferendo oggetti immobiliari al fondo, l’ente locale può finanziare la ristrutturazione e la manutenzione dei propri edifici, partecipare alla realizzazione di progetti con finalità sociale sul territorio, e inoltre può attivare meccanismi di welfare a favore della collettività grazie ai flussi finanziari di rendimento garantiti dal fondo. E’ vero che apportando i propri beni immobili ad un fondo l’ente locale perderebbe temporaneamente la loro proprietà, ma è altrettanto vero che potrebbe rientrarne in possesso alla cessazione del fondo. A differenza di quanto avviene con la dismissione, in questo modo l’ente non rinuncerebbe all’asset, evitando al tempo stesso di ricorrere a nuovo indebitamento ed eliminando dal bilancio le spese relative alla manutenzione degli immobili.
Tab. 2 Esempio di avvio di fondo immobiliare con apporto pubblico.
1) Conferimento di immobili, aree e concessioni da parte del Comune per
realizzare un fondo proprio del valore di 35 milioni di Euro. Apporto pubblico: 35 milioni di euro 2) Si ipotizza che su questi immobili vi siano delle idee progettuali
(riconversione d’uso; ampliamento; costruzione) al fine di vendere quanto costruito e/o dare in gestione.
Si ipotizza che il valore finale degli immobili sia di 100 milioni di euro. Questo valore è rappresentato da 35 milioni iniziali e da 40 milioni di spese di costruzione, per un investimento totale di 75 milioni di euro.
Si prevedono di ottenere 25 milioni di euro di margine dai vari progetti, ossia il 25% sui 100 milioni totali previsti.
Tale margine di profitto potrà essere reinvestito e riutilizzato per le attività previste dal progetto o per nuove attività che saranno via via decise dal Comune stesso.
Apporto pubblico iniziale: 35 mln€ + Spese di costruzione: 40 mln€ + Margine di profitto: 25 mln€ = Valore finale degli immobili: 100 mln€
3) Si ipotizza che per ottenere i 40 milioni necessari alla costruzione, il fondo utilizzi il denaro liquido conferito (15 milioni di euro) e per il restante ammontare ricorra all’indebitamento.
Si può indebitare per il 60% del valore degli immobili che ha in capo e inoltre per il 20% dei valori mobiliari (ossia per un totale di 21 + 3 milioni di euro) di capitale di prestito.
Spese da sostenere: 40 mln€ - Denaro liquido del fondo: 15 mln€ = Indebitamento necessario: 25 mln€ Effetto leva:
sul valore degli immobili: 35 mln€*0,6 = 21 mln€ +
sui valori mobiliari: 15 mln€*0,2 = 3 mln€ =
Effetto leva complessivo: 24 mln€ 4) Realizzare un flusso continuo di indebitamento e di reinvestimento per
tutta la durata di vita del Fondo, secondo le modalità previste dalla legge. In questo modo aumenterebbe il valore del fondo stesso, l’importanza delle opere e ci sarebbero ricadute positive sul territorio in termini di economia.
Utilizzo successivo della leva finanziaria realizzata
Fonte: Cittalia, 2008
Non necessariamente la partecipazione pubblica si sostanzia nell’apporto di beni al fondo immobiliare. L’ideazione di un intervento di housing sociale può cominciare con l’attività di scouting da parte del fondo – che consiste in incontri con varie amministrazioni per analizzare la fattibilità e l’interesse a sviluppare un intervento di housing sociale – e continuare con l’attività di promozione condotta da un gruppo di lavoro integrato. Il gruppo di lavoro mette a punto un progetto che viene poi approvato dall’Amministrazione Pubblica e messo a gara attraverso una procedura a evidenza pubblica, cui può aderire il fondo. In caso di vittoria, il fondo stipula con l’Amministrazione comunale una convenzione che stabilisce le caratteristiche tecniche, amministrative e finanziarie dell’intervento. Da un lato stabilisce gli obblighi assunti dal fondo per il perseguimento di finalità di social housing, e dall’altro disciplina il contributo offerto dall’ente pubblico per la promozione dell’iniziativa. In questo caso la partecipazione del soggetto pubblico si sostanzia generalmente nella concessione del diritto di superficie a lungo termine, o nella cessione delle aree interessate dagli interventi di edilizia sociale.
L’utilizzo delle leve a disposizione degli enti di Governo resta fondamentale per determinare la sostenibilità economica e finanziaria degli interventi di edilizia sociale. Innanzitutto possono/devono intervenire per contenere le componenti del costo iniziale dell’immobile, sul quale viene calcolato il rendimento da canone: si tratta dei terreni, dei costi di costruzione e degli oneri di urbanizzazione e altri. Oppure il settore pubblico può intervenire co-finanziando le iniziative. In ogni caso, un intervento al 100% in locazione calmierata resta particolarmente difficile da finanziare. Un mix di intervento – diviso tra canone sociale, moderato, vendita convenzionata e vendita di mercato – è la soluzione generalmente praticata per migliorare la sostenibilità degli interventi, aumentandone il
Il SIF è uno strumento innovativo nel settore dell’housing sociale innanzitutto perché propone risorse che hanno la natura di investimento e non quella – tradizionale – di sussidio. La dotazione iniziale del fondo è fissata in 1 miliardo di euro, ma ha l’obiettivo di raggiungere i 3 miliardi. Le quote saranno sottoscritte da SGR ed altri investitori istituzionali.
Il SIF inoltre introduce innovazioni per quanto riguarda l’interazione tra la dimensione nazionale e quella locale. Lo schema delle relazioni tra fondo nazionale e fondi di investimento operativi locali è