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Problemi di fattibilità delle politiche di social housing di Giuseppe Fioran

2. La pianificazione urbanistica

È noto che in Italia la quota di immobili pubblici (aree o edifici) disponibili per usi urbanistici è minima, rispetto a paesi quali la Francia. Il ricorso all’esproprio è limitato – soprattutto nelle aree urbane – dalla scarsità di risorse finanziarie pubbliche e dalla ricerca del consenso da parte delle amministrazioni. L’uso delle aree a standard è vincolato a obiettivi di qualità urbana, e il ritardo nella loro utilizzazione dipende di nuovo da scarsità di risorse e dal loro impiego per altri fini52. Lo stato non è in grado – si veda l’ultimo piano casa – di intervenire in modo decisivo per aumentare lo stock di abitazioni per edilizia sociale e avvicinarlo a quello di Germania, Francia, Olanda, Inghilterra ecc.

In mancanza di cospicue risorse centrali, la pianificazione urbanistica può produrre parte delle risorse necessarie. La gestione del patrimonio ERP, pur in presenza di esperienze provinciali eccellenti, non è in grado di generare un volume di risorse sufficiente ad estendere l’offerta ERP in modo significativo. Né si intravvede come a ciò possa provvedere il restante patrimonio pubblico, data l’esperienza delle cartolarizzazioni Scip1 e 2, tra l’altro finalizzate a ridurre il debito pubblico e non ad aumentare l’offerta del servizio casa in affitto. Chi poi pensava che dopo i reiterati annunci di questi anni fosse in preparazione un sostanzioso “piano casa” statale, capace di rilanciare l’esperienza IACP degli anni ‘60, si sarà ricreduto di fronte alla comparsa del recente piano casa: le prospettive di massicce risorse pubbliche da destinare alla casa sono perlomeno scarse.

Forse allora l’unico modo per dotare le città italiane di una tipologia edilizia di buona qualità costruttiva ed energetica e capace di fornire il servizio casa a persone e famiglie che non possono comprare l’abitazione, né spendere per l’affitto più di 350-400 euro mensili (25-30% del reddito), è la tipologia di moduli abitativi per l’affitto, in cui sia minimizzato il rendimento atteso per la rendita fondiaria. Ciò può essere possibile con diverse formule, dalla messa a disposizione di suolo pubblico già nelle disponibilità dei comuni al suo reperimento attraverso operazioni urbanistiche di riqualificazione e trasformazione urbana.

2.1 La rendita fondiaria e urbana

Cos’è e come si forma la rendita?53 Da un punto di vista economico, i beni immobili - le case, i centri commerciali, i complessi direzionali, etc. si compongono di due parti distinte. La prima riguarda il manufatto edilizio, che è il risultato di un processo di produzione assimilabile ad un processo industriale. La seconda è costituita dal terreno, una risorsa disomogenea e scarsa. Il terreno

52 I comuni possono utilizzare i proventi degli oneri di urbanizzazione per finanziare la spesa corrente: la maggior

parte dei comuni usa circa il 50% di questi fondi per chiudere i bilanci in equilibrio.

53 In questo paragrafo si descrive in modo sintetico la formazione della rendita, seguendo i contributi di Micelli

è disomogeneo per struttura o per posizione, ed è fisicamente limitato.

Il mercato immobiliare è diverso dai mercati dei beni di consumo, in cui il prezzo è inversamente correlato alla quantità. Vi opera una molteplicità di operatori, ma il numero dei potenziali agenti interessati allo scambio di case o di terreni è ristretto, il che talvolta lo rende simile all’oligopolio. È un caso particolare di mercato di concorrenza imperfetta, in cui l’accesso alle risorse necessarie alla produzione è vincolato e in cui i beni prodotti risultano strutturalmente disomogenei. Il che comporta l’emergere di rendite. Per i terreni urbani la rendita di posizione (dovuta all’idiosincraticità) è molto più consistente delle rendita assoluta (dovuta alla scarsità), dato che le differenze di qualità dei terreni sono notevolissime. Inoltre l'immissione nel mercato di una consistente quantità di nuove aree edificabili non abbassa i prezzi, ma determina un innalzamento generale del valore (e quindi della rendita) in tutte le aree che erano già riconosciute edificabili. Le case non sono care perché il suolo è caro; sono invece i prezzi delle case in una certa posizione che consentono alla risorsa suolo di raggiungere determinati prezzi.

La rendita come criterio economico di allocazione del suolo

David Ricardo ha per primo legato l’emergere di rendite alla diversa fertilità dei suoli. La terra meno fertile (marginale) fornisce un prodotto capace di remunerare solo i fattori della produzione, cioè la forza lavoro, il capitale investito e il profitto normale dell’imprenditore. Il prodotto delle terre più fertili si ripartisce nella remunerazione dei fattori di produzione e nella rendita al proprietario del fondo. All’aumentare della fertilità dei suoli, la rendita cresce. Il regime di proprietà dei suoli - pubblico o privato - non ha alcuna incidenza sulla formazione della rendita; ma solo sulla sua distribuzione.

Von Thünen estende l’intuizione di Ricardo alla differente accessibilità dei luoghi rispetto al centro e quindi ai costi di trasporto che la produzione deve sostenere per accedere ai mercati. Il centro è caratterizzato da costi nulli di trasporto, mentre quanto più ci si sposta in periferia, tanto più i produttori sopportano costi di trasporto crescenti. Nella formazione della rendita incidono tre variabili: il prezzo di vendita del prodotto finale, il costo di trasporto delle merci, il costo complessivo della produzione al netto del trasporto. La rendita nasce da un vantaggio relativo dell’area - nel modello di Ricardo dovuto alla superiore fertilità, nel modello di von Thünen alla superiore accessibilità – di cui si appropria il proprietario fondiario. La rendita è detta differenziale poiché sorge per la differente localizzazione del suolo in relazione ad un centro di scambio. Seguendo la spiegazione di Micelli, la funzione della rendita è così rappresentata:

r(d) = px - cx - tdx

dove: r è la rendita per unità di superficie; d rappresenta la distanza dal centro; p costituisce il prezzo per unità di prodotto; c sono i costi generali al netto dei costi di trasporto per unità di prodotto; t è il costo di trasporto per unità di prodotto; x è la quantità di prodotto generata dall’unità di superficie. Come verrà ripartita la risorsa suolo fra produzioni agricole in competizione fra loro? Immaginiamo due coltivazioni a e b in concorrenza. La coltivazione a si caratterizza per costi di trasporto e margini superiori, mentre la coltivazione b si distingue per le caratteristiche opposte, ovvero più contenuti margini e costi di trasporto. La funzione di rendita della coltivazione a si distingue da quella della coltivazione b per la maggiore inclinazione (per essa infatti sono stati supposti superiori costi di trasporto) e per un’intercetta di valore superiore (la coltivazione a si caratterizza per un margine superiore a quello della coltivazione b).

Fig. 1 Rendita e localizzazione delle attività nello spazio nel modello di von Thünen. Fonte: E.Micelli.

E’ dal mix dei due fattori, costo di trasporto e margine unitario, che si determina l’offerta di rendita di ciascuna produzione. Il modello di von Thünen evidenzia il legame fra rendita fondiaria, allocazione dei suoli fra produzioni alternative e costruzione del territorio: la rendita costituisce il fattore organizzatore della localizzazione delle attività sul territorio.

Sono ancora validi questi modelli, nati in un contesto agricolo o di prima industrializzazione? Micelli, e noi con lui, ritiene di sì. Per le funzioni terziarie e commerciali, le città consentono livelli di domanda elevati e assicurano alle imprese localizzate livelli superiori di ricavo. La fertilità va intesa come indicatore del potenziale di mercato. Anche l’accessibilità, considerata non solo come sbocco fisico ai mercati ma come possibilità di ottenere “informazione” a costi contenuti, mantiene una importante funzione esplicativa.

Urbanizzazione e regolazione della rendita

La rendita fondiaria urbana è il reddito che deriva dalla proprietà dei terreno in relazione non al suo uso agricolo, ma all’uso edilizio urbano. L’utilizzabilità di un terreno a fini agricoli è un connotato naturale del terreno. Viceversa, i terreni urbani sono quelli nei quali è avvenuto un processo storico di urbanizzazione.54 La scarsità del bene “terreno urbano” non è naturale, ma deriva dal fatto che

solo un numero limitato di terreni è storicamente dotato di quei requisiti che ne rendono possibile una utilizzazione edilizia. Si tratta di una scarsità regolabile.

Riassumendo, la rendita è legata a vantaggi localizzativi dati dall’accesso all’informazione o al livello di domanda, e interagisce con il processo di costruzione collettivo della città e del territorio. La regolazione degli interventi di infrastruttura pubblica della città valorizza aree prima sfavorite e ne penalizza altre; l’aumento del valore di terreni e fabbricati che ne consegue è percepito da una sola categoria di cittadini - i proprietari fondiari, in virtù del diritto di proprietà di un bene. Pertanto la legislazione si propone di governare la rendita secondo gli obiettivi di efficienza e di equità che la società intende promuovere.

Esiste - ed è distinta dalla rendita fondiaria - un'altra forma di rendita urbana, ed è la rendita edilizia55. La rendita sorge in quanto esiste un vantaggio reale che genera un extraprofitto, a prescindere dal fatto che la proprietà dei suoli sia pubblica o privata. Anche in caso di proprietà totalmente pubblica, si dovrebbe comunque ricorrere ad un criterio di assegnazione del suolo, un bene scarso. Ammettiamo che le aree edificabili non siano di proprietà privata, e che la mano pubblica le ceda in uso a un prezzo uguale a zero. In questo caso la rendita fondiaria urbana sembra

54 Salzano, E., Fondamenti di urbanistica. Laterza, Bari, 2003.

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scomparire. Ma chi ha ricevuto in uso il terreno può costruirvi o utilizzare il costruito a suo piacimento. Quindi, dopo un po’ di tempo, avremo una nuova categoria di beni scarsi appartenenti a qualche proprietario, e la rendita si formerebbe sia in termini assoluti (scarsità) sia in termini differenziali (specificità). Di qui la natura ambigua della rendita, che consente a pochi di incamerare l’incremento di valore dovuto al miglioramento dell’ambiente urbano; ma che comunque consente di allocare una risorsa scarsa. Di qui la necessità di regolarla.

Le forme di controllo della rendita sono essenzialmente tre. In primo luogo si può rendere minima la scarsità aggregata di suoli destinati ad uso urbano, imponendo che il costo della produzione di beni che rispondono alla “domanda di città” sia sostenuto da coloro che ne beneficiano (onerosità della concessione edilizia). In secondo luogo, la rendita può essere ridistribuita tramite infrastrutture in grado di rendere centrali luoghi svantaggiati.Infine, la fiscalità immobiliare rappresenta lo strumento per catturare le plusvalenze fondiarie e immobiliari legate all’intervento pubblico. Questa funzione è svolta dal processo di pianificazione urbanistica, su cui si sofferma il paragrafo seguente. 2.2 Gli strumenti della pianificazione urbanistica

Per comprendere il ruolo della pianificazione così come definita dalla legge 1150/1942 occorre chiarire i meccanismi fondamentali della costruzione della città, la quale è il prodotto d’un processo economico in cui agiscono diversi protagonisti: la proprietà fondiaria, l'impresa di costruzione e i lavoratori del settore delle costruzioni; la proprietà edilizia, cioè i soggetti che hanno acquistato i manufatti costruiti dall’impresa di costruzione; il capitale finanziario; il decisore, cioè il soggetto che stabilisce quali sono i suoli urbanizzabili ed edificabili56.

Le imprese e le famiglie “domandano” il bene città. Le imprese chiedono spazi attrezzati, dotati di vie d’accesso e di collegamenti alle reti dell’energia, e dotati di una urbanizzazione generale (strade, stazione ferroviaria, scalo merci, ecc.); inoltre domandano una forza lavoro istruita, la disponibilità di informazioni sui mercati di approvvigionamento, di sbocco e finanziari, sulle tecniche e le tecnologie dei processi di produzione, sulla dotazione di capacità di cura. Analoga è la domanda che viene dalle famiglie, che chiedono in primo luogo residenza e attrezzature, i servizi di urbanizzazione generale; e opportunità di lavoro.

Le diverse domande generano interessi contrastanti. Con i piani urbanistici l’intervento pubblico determina quali e quante aree sono potenzialmente edificabili (rendita fondiaria); con l'inserimento delle aree nei programmi urbanistici e con il rilascio delle concessioni edilizie (rendita edilizia), le aree diventano concretamente edificabili e acquisiscono una configurazione di qualità edilizia e urbanistica, che incide sul loro valore (rendita immobiliare). La legge urbanistica del 1942 stabilisce le coordinate essenziali del sistema di pianificazione in Italia:

- una legge unica per tutta l'urbanistica;

- il Piano regolatore comunale, come strumento principale ma non esclusivo; - la distinzione tra piano generale e piano attuativo;

- infine, la possibilità di condurre una politica fondiaria anche mediante lo strumento dell’espropriazione delle zone d’espansione.

Se ne riportano in breve i tratti essenziali, utili a comprendere i margini del regolatore nel perseguire politiche abitative sociali.

dei Lavori Pubblici. Il Decreto Ministeriale del 2 aprile 1968, n. 1444, ha dettato la suddivisione in zone del territorio comunale onde assicurare la congrua dotazione degli spazi da riservare ai fini pubblici nella redazione degli strumenti urbanistici sia generali che di attuazione. Il territorio risulta suddiviso in diversi tipi di zona omogenea e precisamente:

A) centri storici: agglomerati urbani con carattere storico, artistico o di pregio ambientale. B) zona di completamento: territorio totalmente o parzialmente edificato diverso dalla zona A; C) zona di espansione: territorio destinato a nuovi complessi insediativi;

D) zone industriali: territorio destinato a nuovi insediamenti per impianti industriali; E) zone agricole: territorio destinato ad usi agricoli;

F) zone di pubblico interesse: territorio destinato ad attrezzature ed impianti di interesse generale. Le tabelle allegate riportano i parametri di densità abitativa e di standard per ogni zona, al fine di preservare l’omogeneità territoriale e indirizzare il posizionamento e la struttura degli edifici.

Fonte : Fiocco, F. Processi valutativi e urbanistica negoziata: nuove modalità di finanziamento e realizzazione delle opere pubbliche. Tesi Dottorato Ingegneria Gestionale ed Estimo, Università Padova, Rel. Stanghellini, S., 2008

d’esecuzione”, come risposta a esigenze della società. Con la legge 167/1962 si introducono i piani per l’edilizia economica e popolare e gli analoghi piani per gli insediamenti produttivi. Con la “legge ponte” del 1967si introducono i piani di lottizzazione convenzionata. Con la legge 457/1978, finalizzata a rilanciare la programmazione dell’intervento pubblico nell’edilizia e a favorire il recupero dell’edilizia abitativa esistente, si introducono i piani di recupero.

Il piano particolareggiato (Ppe)

Prima della formazione del piano particolareggiato, tutti i proprietari compresi in un ambito di cui il PRG prevede la trasformazione hanno un’aspettativa di edificabilità, espressa dagli indici. Dopo l’approvazione del Ppe, le proprietà risultano divise in due categorie, quelle destinate alla realizzazione di spazi pubblici (strade e piazze, verde pubblico, attrezzature collettive ecc.), e quelle a cui è attribuita una possibilità di edificazione privata. Le prime sono soggette ad espropriazione; le seconde sono valorizzate della differenza tra il valore agricolo del loro suolo e il valore derivante dalla quantità e qualità della costruzione attribuita. Quindi alcuni proprietari sono privati della loro proprietà, contro il ristoro di una somma variabile ma inferiore a quella che otterranno gli altri proprietari. Questi ultimi non solo resteranno proprietari della loro area, ma otterranno un forte vantaggio derivante dalla previsione certa di edificazione, e dalla valorizzazione indotta dalla realizzazione di servizi sulle aree dei primi proprietari.. “Il piano particolareggiato d’esecuzione funziona quindi come strumento di valorizzazione della rendita e di suo trasferimento da una parte all’altra dei proprietari”(Salzano, 2003).

Il piano per l’edilizia economica e popolare

Da un punto di vista tecnico il Piano per l’edilizia economica e popolare (Peep) è identico al Ppe. La differenza sta nel fatto che tutte le aree in esso comprese vengono espropriate ed urbanizzate dal comune, il quale le cede poi, in proprietà o in uso, a soggetti abilitati a realizzare edilizia “di tipo economico e popolare”: enti pubblici, cooperative, singoli soggetti beneficiari di contributi o agevolazioni pubbliche, imprese di costruzione. Inoltre la legge consente ai comuni di stipulare, con gli assegnatari delle aree, convenzioni nelle quali essi assumono determinati impegni circa il livello degli affitti e dei prezzi di vendita58.

Il Peep consente di intervenire sulla rendita immobiliare urbana, poiché l’indennità espropriativa tende a ridursi alla rendita agricola, e il convenzionamento dei prezzi regola la rendita edilizia. In pratica però, tranne alcune eccezioni, esso è sempre meno usato per la difficoltà di procedere ad espropri, come si illustrerà successivamente. Caratteristiche analoghe a quelle dei Peep hanno i Piani per gli insediamenti produttivi, (Pip) successivamente introdotti con la “legge per la casa” 865/1972. Il piano di lottizzazione

Anche il Piano di lottizzazione convenzionato è, sotto il profilo della tecnica progettuale, uguale al Ppe, ma di iniziativa privata: sono i proprietari, in accordo tra loro, che lo redigono e lo propongono al comune. Dopo la firma della convenzione, le aree per gli spazi pubblici vengono cedute gratuitamente al comune dai proprietari, i quali realizzano anche, a loro carico, le opere di urbanizzazione primaria e una quota delle opere di urbanizzazione secondaria (asili, scuole, sport ecc.). Il Plc è uno strumento che trasferisce in modo perequato alla rendita edilizia la cubatura teorica del Prg a ciascuna proprietà, che acquisisce così una cubatura reale. L’area ceduta al comune non ha alcun valore, poiché tutta la cubatura che le afferiva è stata trasferita alle aree edificabili. Il piano di recupero

Il Piano di recupero (Pdr) è stato introdotto dalla legge 457/1978, che si proponeva, oltre al rilancio dell’edilizia di tipo economico e popolare, anche la promozione degli interventi finalizzati al recupero dell’edilizia esistente, tramite finanziamenti e procedure snelle. La legge introduce il Piano di recupero come un piano particolareggiato, d’iniziativa sia pubblica che privata, da applicare nelle zone ove, per le condizioni di degrado, si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio

esistente.

Programmi complessi e Programmi Integrati di Intervento

La legge n.179/1992 istituisce i Programmi Integrati di Intervento, e si riferisce a interventi promossi da soggetti pubblici o singoli privati, associati o riuniti in un consorzio, finalizzati alla riqualificazione urbana o ambientale di aree in tutto o in parte edificate o anche di nuova edificazione. “In presenza di un mercato immobiliare molto dinamico e di una vasta dote di aree dismesse in zone attrezzate e appetibili, la municipalità può negoziare una congrua fornitura di beni e servizi di interesse generale attraverso accordi sui maggiori interventi, in quanto l’assegnazione dell’edificabilità – almeno per i Programmi integrati – non è sancita nel piano, ma deriva dalla proposta e quindi consentirebbe una trattativa concludente” (Curti, 2006).

Oggi la legislazione regionale, competente per materia, adotta un nuovo tipo di piano regolatore comunale strutturale (PSC) che stabilisce i limiti e le condizioni delle trasformazioni ma non localizza gli interventi pubblici e privati, rimandati al piano operativo (PO). Qui si svolge la negoziazione, ma in base a plafond edificatori e premi di volumetrie fissati preventivamente dal piano.

2.3 L’esproprio e le difficoltà della pianificazione

Nel paragrafo precedente si sono illustrati sommariamente gli standard urbanistici e il processo di piano. I piani urbanistici generali ed attuativi, per dimensionare le superfici minime per attrezzature scolastiche, di verde attrezzato e parcheggi pubblici, devono vincolare alcune aree private, da acquisire con l’esproprio o con una convenzione.

La modalità normale di acquisizione dei suoli urbani in Italia è stata l’esproprio, anche per la scarsità di patrimoni fondiari pubblici nelle aree urbane. A differenza di altri paesi europei infatti, i processi di espansione delle città non sono stati anticipati da politiche pubbliche di acquisizioni dei terreni agricoli, realizzati tramite enti o società strumentali dei comuni; perciò il valore dei suoli è diventato il freno principale alle politiche pubbliche sull’abitazione e alla realizzazione delle infrastrutture e delle attrezzature di interesse generale. Ripetute sentenze della Corte Costituzionale infatti hanno ribadito che l’esproprio va indennizzato in modo congruo.

Come funziona l’esproprio? L’espropriazione, cioè la privazione forzata del diritto di proprietà, può essere fatta per motivi di pubblico e generale interesse. La Costituzione garantisce il diritto alla proprietà privata, ma lo tempera all’articolo 42 “..La proprietà privata può essere, nei limiti previsti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale”.

Il processo di esproprio ha dato luogo a complicati iter giuridici, che partono dalle esperienze della legge per Napoli del 1885 per giungere, sotto successive sentenze della Corte Costituzionale e della Corte Europea di Strasburgo, al Testo Unico del 2001, di nuovo modificato con la Legge Finanziaria 2008. I punti del contendere sono sostanzialmente due: l’efficacia della dichiarazione di pubblico