Stando alle fonti classiche, durante il III secolo, Celti/Galati/Galli transalpini si riaffacciarono sulla scena italiana con due modalità. La prima si riscontra nel caso più antico fra quelli documentati, databile al 299512. In quest’occasione, narra Polibio, non meglio identificati “Transalpini” irrompono a sud delle Alpi, evidentemente senza essere stati invitati da nessuno. Infatti, i Galati cisalpini temono che si scateni su di loro una guerra, che prevengono offrendo doni ai nuovi arrivati e invocando la suggevneia con essi. I cisalpini deviano l’ondata migratoria contro i Romani, aggregandosi loro stessi alla spedizione, che passa in Tirrenia, dove pure i Tirreni si aggiungono all’armata: il tutto si risolve in una razzia. Al ritorno, però, la coalizione galatica si autodistrugge in uno scontro per il possesso del bottino513. Le cose potevano volgere al peggio anche quando i transalpini si riaffacciavano con la seconda delle due modalità, cioè quando erano invitati da cisalpini: abbiamo già detto dello scontro avvenuto presso Rimini, nel 237 o nel 236, fra i Boii e dei Galati che Polibio dice provenire “dalle Alpi”. Abbiamo pure già visto che Celti/Galati identificati da Polibio come Gesati dell’area alpino-rodaniana furono chiamati da Boii e Insubri nel 232 e, poi, dai soli Insubri nel 222514. Anche se in quel caso Polibio non utilizza l’appellativo “Gesati”, certamente anche i Galati che finirono per combattere presso Rimini erano considerati dallo storico come dei Gesati provenienti dalla medesima area occupata da quelli contattati nel 232 e nel 222. Infatti, nel III libro delle sue Storie, Polibio ricorda di avere già riferito come, più di due volte, non molto prima del passaggio di Annibale in Italia, Keltoiv abitanti lungo il Rodano avessero oltrepassato le Alpi, per combattere contro i Romani, fianco a fianco dei Keltoiv della pianura padana515. Quanto all’installazione gesatica in Italia, il problema è che Strabone, cui si può accostare solo una voce della Suda516, è l’unico a vedere nei Gesati un gruppo etnico, il quale, a sud delle Alpi, si sarebbe insediato in Cispadana al pari di altri gruppi etnici: Polibio, al contrario, considera i Gesati dei mercenari517. In greco, uno dei modi per riferirsi al mercenario è col termine misqo-fovro"518 e Polibio è esplicito sul fatto che i Gesati portino tale nome perché combattono dietro pagamento di un misqov", di un “salario”: secondo lo storico, in senso stretto, l’appellativo “Gesati” tou'to shmaivnei519. Benché senza argomenti etimologici, altrettanto nette sono le prese di posizione di Plutarco e Orosio: il primo, con parole che ricalcano quelle di Polibio520, parla della chiamata di Galatw'n tou;" misqou' strateuomevnou", oi} Gaisavtai kalou'ntai521, mentre il secondo afferma che i Gaesati portano un nome che non gentis sed mercennariorum Gallorum est 522, in un passaggio d’incerta derivazione da Fabio Pittore523. L’appellativo registrato nelle fonti classiche con forme quali Gaisavtai e Gaesati sembra esser stato originariamente
512 PEYRE 1979, p. 40; WALBANK 1957, p. 187. 513 Polyb., II, 19, 1-4.
514 Seguiamo qui il resoconto polibiano degli eventi. Come già detto, alla chiamata insubre e boica dei Gesati che combatteranno
a Talamone riferita da Polibio (Polyb., II, 22, 1-7) corrisponde un diverso scenario in Plutarco (Plut., Marc., 3, 1-2) e Zonara (Zon., VIII, 20), entrambi fautori dell’idea che a fare venire aiuti esterni siano solo gli Insubri. Abbiamo pure già visto che, nel caso dell’episodio del 222, se Polibio fa invitare i Gesati dagli Insubri (Polyb., II, 34, 2), Plutarco fa prendere l’iniziativa della guerra ai Gesati (Plut., Marc., 6, 2).
515 Polyb., III, 48, 6.
516 LUCAS 2009, p. 17. Nella Suda, “Gesati” è registrato come ejqnikovn (Suda, s.v. Gesavtai, vol. I, p. 520, no. 206 Adler). 517 PEYRE 1979, p. 40; id. 1992, p. 27.
518 PÉRÉ-NOGUÈS 2007, p. 353. 519 Polyb., II, 22, 1.
520 LUCAS 2009, p. 14. 521 Plut., Marc., 3, 1. 522 Oros., Hist., IV, 13, 5.
523 LUCAS 2009, pp. 12, 15-16. La frase che ci interessa qui rientrava nel frammento 23 della raccolta approntata da Peter (PETER
1914), ma è stata espunta dal corrispondente frammento 21b della raccolta curata da Cornell (CORNELL 2013).
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coniato in ambito celtofono: i linguisti vi riconoscono il derivato di un antico sostantivo celtico, *gaiso-, con confronti nel celtico insulare. Il sostantivo in questione, designante un’arma inastata (giavellotto o lancia), è passato alle lingue classiche (come gaesum in latino e come gai'so" o gai'son in greco)524. Letteralmente, “Gesati” vale qualcosa come “armés de javelots, lanciers”525, “spearmen”526, sicché quella polibiana risulta essere una paraetimologia527. F.W. Walbank la faceva derivare da Fabio Pittore528, ma G. Lucas ipotizza ora che essa non sia presente nel testo polibiano che come glossa interpolata, creata a valle di una confusione fra il termine gai'so" e un altro termine, gai'o", che sarebbe stato sinonimo di misqov"529. Comunque sia, oggi è diffusa l’idea che Walbank avesse ragione nell’affermare che, per quanto l’etimologia proposta da Polibio (o a questo punto forse da un suo interpolatore) fosse erronea, “Gesati” avesse effettivamente finito per significare “Celtic mercenaries”530. Si tende così a supporre che Strabone, trattando “Gesati” come un etnonimo e facendone il nome di un gruppo installato in Cispadana, abbia frainteso Polibio, solitamente considerato la principale (anche se non unica) fonte straboniana per il mosaico etnico cisalpino531. Quanto al dettaglio dell’insediamento gesatico a sud del Po, che non sarebbe mai avvenuto, G. Brizzi ipotizza che la svista straboniana derivi dal fatto che questo fosse stato il progetto iniziale532. Sul fatto che i Gesati siano stati chiamati a scopo insediativo ci sono pochi dubbi: vari autori moderni concordano nell’applicare alle chiamate dei Gesati da parte di Boii e/o Insubri (se non sempre a tutte e tre, almeno alla prima) il concetto diplomatico di “migration negotiée”, in origine elaborato con riferimento alla migrazione elvezia dell’anno 58533. Diversi sono gli indizi che fanno propendere per quest’ipotesi. La prima chiamata dei Gesati, quella che si risolse con la battaglia nei pressi di Ariminum del 237 o del 236, appare come una migrazione “négociée entre chefs”534, anche se, a quanto pare, “mal négociée”535! La relazione polibiana è ricca di dettagli significativi: di fatto, si tratta di uno dei passaggi più interessanti del corpus dei testi classici in cui si trovano esplicite menzioni di Boii cisalpini. Le manovre per invitare i Galati ejk tw'n ÒAlpewn a fare causa comune coi loro omologhi cisalpini (manovre che, come si ricorderà, Polibio vede causate dall’avvento di una nuova e sconsiderata generazione boica) si svolsero dapprima segretamente, a opera dei soli hJgouvmenoi dei Boii, cwri;" tou' plhvqou", cioè senza che “la massa” vi partecipasse, a sua insaputa. Per questo motivo, quando i Transalpini giunsero con un esercito sino ad Ariminum, le masse boiche diffidavano di loro: esse (ta; plhvqh tw'n Boivwn, nelle parole di Polibio) si sollevarono contro i propri proestw'te" e contro i nuovi arrivati e uccisero i propri due basilei'", cioè ÒAti" e Gavlato". Si giunse, così, al massacro intestino già menzionato536. Un indizio decisivo del carattere di migrazione negoziata rivestito da questo primo movimento gesatico sollecitato dai Boii (o meglio dai loro capi) è documentato dall’epitome della Storia di Roma di Cassio Dione approntata da Zonara537. Quest’ultimo, ponendo l’evento nel 236, racconta di come i Galati avessero reclamato la regione attorno ad Ariminum e avessero intimato ai Romani d’abbandonare la città, che consideravano loro proprietà. Un’ambasciata dei Galati arriverà fino al senato di Roma, per ripetere le medesime richieste, prevedibilmente invano538. È chiaro che qui abbiamo a che fare con delle ambascerie di transalpini che agiscono per vie ufficiali, ritenendo di essere nel loro pieno diritto, evidentemente perché avevano negoziato con gli hJgouvmenoi dei Boii la loro installazione sul territorio di Rimini539. Se il resoconto di Zonara delle pretese avanzate dai Galati ai Romani riflette in modo non troppo distorto i fatti realmente accaduti, è possibile che, presso Rimini e poi a Roma, siano andati in scena dei begli esempi d’interazioni sociali con protagonisti che, sul piano culturale, potrebbero aver faticato a capirsi in quanto portatori, relativamente alla questione della legittima sovranità territoriale, di quelli che, riprendendo una categoria di C. Lévi-Strauss, potremmo chiamare “écarts significatifs”540.
524 DELAMARRE 20183, s.v. gaiso-, p. 174; id. 2019, s.v. gaiso- > gēso-, p. 347; DÉLG, s.v. gai'so", p. 206; DÉLL, s.v. gaesum, p. 265; DE
SIMONE 1978, p. 264; DOTTIN 1918, p. 91; LAMBERT 20032, p. 205; LUCAS 2009, pp. 13, 16, 22; PÉRÉ-NOGUÈS 2007, p. 355. Dell’appellativo
“Gesati” Polibio conosce sia una terminazione in -ai che una in -oi, mentre Strabone e Plutarco usano solo la forma Gaisavtai (WALBANK 1957, p. 194). Per un corpus delle attestazioni dell’appellativo “Gesati” e del termine gaesum/gai'so"/gai'son nella
letteratura classica e bizantina, v. LUCAS 2009.
525 DELAMARRE 20183, s.v. gaiso-, p. 174. 526 FREEMAN 2006, p. 848. 527 LUCAS 2009, pp. 12-13, 16. 528 WALBANK 1957, p. 194. 529 LUCAS 2009, pp. 21-22. 530 WALBANK 1957, p. 194.
531 BRIZZI 2000, p. 20, nota 19, p. 23; LASSERRE 1967, pp. 12, 15-16, note 3, p. 44, 3, p. 198; LUCAS 2009, pp. 13-14, 16. 532 BRIZZI 2000, nota 19, p. 23.
533 AMAT SABATTINI 1990, p. 121, nota 59, p. 124; BRIZZI 1997, pp. 173-177; PEYRE 1979, p. 40; id. 1992, p. 28; SZABÓ 1991, p. 334. 534 PEYRE 1992, p. 27. 535 PÉRÉ-NOGUÈS 2007, nota 25, p. 359. 536 Polyb., II, 21, 3-5. 537 BRIZZI 2000, pp. 21-22. 538 Zon., VIII, 18. 539 BRIZZI 1997, pp. 173-174. 540 LÉVI-STRAUSS 1958, p. 325.
Sulle ragioni per cui dalla Cispadana fu lanciato il progetto di colonizzare la regione riminese, ci soffermeremo in seguito.
Passando alla chiamata dei Gesati che finirono per combattere a Talamone, a favore della teoria della migrazione negoziata stanno due elementi. Il primo consiste nel numero ingente degli effettivi che passano in Italia541. Il secondo negli otto anni necessari affinché, dalle trattative del 232 fra gli ambasciatori boici e insubri e i re Concolitano e Aneroesto, si passi all’effettivo spostamento dei Gesati542. Grandi numeri si ritrovano, poi, anche nel caso dei Gesati chiamati dagli Insubri nel 222543.
Le forme con cui si svolgono i movimenti dei Gesati verso l’Italia non fanno pensare a ciò che, di primo acchito, intenderemmo per “mercenariato”. La richiesta di terre su cui stanziarsi, i grandi numeri in marcia e la possibile lunghezza del processo negoziale sembrano puntare verso una forma d’organizzazione sociale diversa da quella del contingente mercenario. Inoltre, il fatto che, se non già Fabio Pittore544, quantomeno Polibio si sentisse in dovere di specificare il carattere mercenario della collettività gesatica sembra indicare che le idee circolanti in materia non fossero univoche. Ma in realtà, il confine tra pratica mercenaria e migrazione a scopo insediativo non è poi così netto come si potrebbe immaginare. S. Péré-Noguès ha attirato l’attenzione sul fatto che, nella versione liviana, quella del 299 sembri configurarsi come una spedizione di guerrieri disponibili a prestare servizio dietro pagamento, ma che finisce col dar luogo al tentativo di un insediamento stabile: così, il fatto che si mirasse a farli stabilire definitivamente in Cisalpina non contraddice l’eventualità che quelli gesatici fossero dei contingenti mercenari545. Sviluppando suggestioni sempre di Péré-Noguès546, c’è tuttavia da tener presente anche un’altra eventualità. Cioè che le contraddizioni riscontrabili nel corpus delle fonti classiche derivino dal fatto che, nell’Italia del III secolo, “Gesati” non fosse, sic et simpliciter, il nome dato ai contingenti mercenari transalpini, o a un tipo di contingente mercenario transalpino. Può anche darsi che l’etichetta “Gesati” circolasse (da punti di vista esterni, se non anche interni) quale designazione di un gruppo non diverso da quelli denominati da etnici come “Insubri”, “Cenomani”, “Boii” e “Senoni”, però sentito come una collettività la cui pratica principale era il mercenariato, al punto d’ingenerare, sul piano delle rappresentazioni esterne, una situazione concettualmente ambigua. Fra gli elementi che possono essere investiti del ruolo di simboli etnici e così fondare la distinzione tra gruppi rientrano il tipo d’attività economica e il modo di occupare e sfruttare l’ambiente naturale: gli attori sociali possono, per esempio, centrarsi su opposizioni come quella tra allevatori e cacciatori o quella fra sedentari e nomadi547. Ma non solo. L’idea secondo cui i membri di un gruppo (proprio o altrui) si differenzierebbero per la pratica di una o più attività può toccare anche altre sfere, per esempio quella commerciale e (cosa che qui ci interessa specialmente) quella bellica: beninteso, simili rappresentazioni possono largamente dipendere da forzature della realtà548. Qui è anche utile ricordare come sia ben documentato il fenomeno di “glissement sémantique” per cui, in un contesto dato, un esoetnonimo assume un’accezione in cui sta a indicare una specifica pratica professionale549.
Tutto ciò basta, quantomeno, a farci dire che la questione del contenuto semantico del termine “Gesati” va lasciata aperta. Anche se non siamo nelle condizioni d’illuminare il versante interno del problema, il punto di vista su loro stessi dei diretti interessati, prenderemmo sul serio la testimonianza straboniana sull’insediamento cispadano di transalpini esodefiniti come Gesati, che non ci sentiamo di scartare riducendola a un sicuro esito di un fraintendimento di Polibio. Certo, l’eventualità che Strabone intendesse affermare che i Gesati stanziati a sud del Po fossero stati annientati insieme ai Senoni farebbe pensare a un’area di stanziamento interna al comparto oggi romagnolo-marchigiano ascritto dalle fonti ai Senoni. Avremmo, in questo caso, dei transalpini arrivati, insediatisi e
541 Polyb., II, 22, 6; PEYRE 1992, p. 27.
542 Polyb., II, 23, 1; PEYRE 1992, p. 27. Cogliamo pure l’occasione per segnalare che, fra la chiamata dei Gesati nel 232 e il loro arrivo
in Italia nel 225, è attestata una misura economica rivolta dai Romani contro i Galati, Boii inclusi. In un brano solitamente ignorato, Zonara riferisce come, nel 230, i Romani fossero preoccupati dal fatto che i Boii e gli altri Galavtai vendessero vari “articoli”, fra cui un gran numero di prigionieri, e potessero finire per usare contro di loro le ricchezze acquisite. I Romani avrebbero così proibito a chiunque di dare argento o oro a un Galata (Zon., VIII, 19).
543 Polyb., II, 34, 2; PEYRE 1979, p. 40. 544 LASSERRE 1967, nota 3, p. 44.
545 Liv., X, 10, 6-12; PÉRÉ-NOGUÈS 2007, pp. 355-356, nota 41, p. 359. Il brano di Livio deve riferirsi ai medesimi fatti raccontati da
Polibio per il 299: la storia ivi narrata è tuttavia un po’ diversa, a partire dal fatto che qui non si accenna alla presenza di transalpini (DAVID 2015, p. 330). Livio parla di un enorme esercito gallico che entra nel territorio degli Etruschi, quando questi
stanno preparando una guerra contro i Romani. Gli Etruschi allora, dietro pagamento, cercano di convertire i Galli da nemici in alleati e di farli partecipare alla loro guerra. Una volta pagati, i Galli dichiarano però che quanto da loro ricevuto vale solo come garanzia del fatto che essi non toccheranno il territorio etrusco: se proprio li desiderano come alleati in guerra, allora gli Etruschi devono accogliere sul loro territorio i Galli, in una sede in cui questi ultimi s’insedieranno stabilmente. Molti concili di populi dell’Etruria non si risolvono, però, a fare questa concessione, soprattutto perché nessuno vuole avere per vicini uomini di una gens così selvaggia. Alla fine, i Galli se ne ripartono con un’ingente somma di denaro.
546 PÉRÉ-NOGUÈS 2007, p. 355.
547 POUTIGNAT,STREIFF-FENART 20082, pp. 178-179. V. anche OLSEN,KOBYLINSKI 1991, p. 15. 548 BAZIN 1985, pp. 98-99, 108; CHAPMAN 1992, p. 186.
549 BAZIN 1985, pp. 119-120.
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sconfitti da Roma entro il 284, anno della definitiva vittoria romana sui Senoni, se stiamo alla ricostruzione polibiana dei fatti, mentre come sappiamo le fonti successive a Polibio danno i Senoni ancora attivi nel 283. Tutto sarebbe dunque avvenuto ben prima della più antica chiamata dei Gesati da parte dei Boii e su un territorio diverso da quello ascritto dalle fonti a questi ultimi. Tuttavia, il testo straboniano è troppo laconico per rendere ineluttabile quest’interpretazione e non ci sentiremmo di escludere a priori l’idea che i Gesati di Strabone potessero interessare l’area boica per le fonti. Se, poi, pare difficile immaginare che i Boii di Polibio abbiano accolto sul loro territorio dei transalpini superstiti dopo la battaglia fratricida di Ariminum, lo stesso non può dirsi per i sopravvissuti della battaglia di Talamone.