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E NDODEFINIZIONI E MOBILITAZIONI ALL ’ INSEGNA DELL ’ ETNONIMO “B OII ”: IL “ DOSSIER B OIORIX ” E IL TEMPLUM SANCTISSIMUM

Abbiamo affermato che, tra la fine del III e l’inizio del II secolo, in Cispadana, è percettibile l’esistenza effettiva di un’entità politica priva di un potere centrale stabile e invece formata da più sottoinsiemi, dei gruppi umani insediati in “distretti” che, secondo le occasioni, potevano associarsi o disgiungersi fra loro. Ora, siamo in grado d’affermare che a quest’entità politica corrispondesse anche un vero e proprio gruppo etnico, con tanto d’autocoscienza dei diretti interessati, di modo che si possa definire quella boica come un’entità effettivamente etno-politica? Tutto sommato, la risposta a questa domanda può essere positiva, benché sulla dimensione prettamente etnica della

995 Liv., XXXII, 30, 1-7. 996 Polyb., II, 21, 2-3. 997 Liv., XXXIII, 37, 3-4. 998 BONINI 1999, pp. 76-77.

999 PEYRE 1979, p. 58; id. 1992, p. 18, nota 20, p. 45. Sul publicum consilium citato in Liv. XXXII, 30, 6 come assemblea in cui si

articolava l’opposizione fra iuventus e seniores, v. BOURDIN 2012, p. 351.

1000 PEYRE 1987, p. 103.

1001 Una delle questioni che andrebbero affrontate riguarda la possibilità, evocata da Peyre, che, quando parla dei rapporti fra

iuventus e seniores in ambito cenomane, Livio sia influenzato dal funzionamento dei comizi centuriati romani (PEYRE 1992, p. 18,

nota 20, p. 45).

concettualizzazione e mobilitazione dei Boii come gruppo unitario da parte dei diretti interessati gli autori classici siano molto avari d’informazioni. Formalmente, un passaggio in cui un Boio si rivolge ai co-membri del suo gruppo come tali è messo in scena da Silio Italico, nel momento in cui questi presenta Ducarius impegnato, durante la battaglia del Trasimeno (217), a esortare i suoi “compatrioti” (populares) a uccidere C. Flaminio Nepote e così vendicare i loro comuni patres, sconfitti da Flaminio nel 2231002. Tuttavia, anche se non si ponesse il problema del diverso racconto riferito da Livio, il quale come sappiamo fa di Ducarius un cavaliere insubre, che perciò, rivolgendosi ai suoi populares, arringa Insubri e non Boii1003, sarebbe del tutto impossibile usare un testo poetico come quello di Silio per trarne un documento affidabile di una rappresentazione etnica pensata e verbalizzata da un cisalpino nel 217. Il nostro migliore “punto d’ancoraggio” per dimostrare, nella Cisalpina preromana, la sussistenza di un’endodefinizione etnica all’insegna dell’etnonimo “Boii” resta quello fornito dal nome del regulus ricordato da Livio per il 194, Boiorix1004. Quello portato dal nostro “reuccio” è uno di quegli antroponimi documentati da brani letterari e/o epigrafi in greco o latino, ma interpretabili quali nomi composti, creati da celtofoni associando la base *boio-, possibilmente riconducibile all’etnico “Boii”, a un secondo elemento, variabile di caso in caso. Diversi sono i personaggi che, nell’Antichità, per via epigrafica o letteraria, risultano aver portato il nome ottenuto associando la base *boio- all’elemento -rix. Nell’ambito dell’epigrafia latina, si ha un’attestazione sicura e una molto ipotetica. La prima è restituita dalla dedica apposta da un certo Boiiorix sul basamento di una statuetta in bronzo a foggia di toro tricornuto, scoperta nell’Ottocento a Auxy, presso Autun (Saône-et-Loire). L’iconografia del toro a tre corna è ben nota nella Gallia d’oltralpe di epoca cosiddetta “gallo-romana”. Più precisamente, la statuetta di Auxy potrebbe datarsi tra la fine del I e il III sec. d.C. Sul piano grafico, essa torna a documentare la resa con doppia i della base *boio-, che abbiamo già incontrato a Bibracte, in due possibili esempi del nome Boiia1005. La doppia i si riscontra anche nella seconda, incerta attestazione latina del nome qui in esame: Boiio[rix] è l’integrazione congetturale del marchio stampigliato su un frammento ceramico scoperto a Reims1006. Per quanto concerne l’epigrafia in greco, bisogna guardare a un’iscrizione lapidea scoperta ad Ankyra (oggi Ankara), nella provincia romana di Galatia: il testo è dedicato a un imperatore non chiaramente identificabile per una frattura della pietra1007 (secondo B. Rémy, si tratta di Commodo o Caracalla1008). Nell’epigrafe, compaiono decine di nomi, fra cui uno per cui è stata proposta la lettura Mavrkello" Boiwv[r]igo"1009, che, se accolta1010, serberebbe memoria dell’esistenza, nella Galazia micrasiatica d’età imperiale, di un “Marcellus, son of Boiorix”1011.

Quanto a loro, gli individui presentati dalle fonti letterarie come portatori dell’antroponimo Boiorix paiono essere due. Il primo e più antico è il regulus boico cisalpino noto grazie al racconto liviano di quanto accadde nel 194, quindi due anni dopo la resa di Felsina e del suo “distretto” e tre anni prima di quella che sarebbe stata la capitolazione definitiva dei Boii. Il proconsole L. Valerio Flacco aveva già sconfitto in una battaglia campale presso Mediolanium gli Insubri e quei Boii che erano passati in Transpadana Dorulato duce1012, quando il console Ti. Sempronio Longo, come detto forse portando con sé Catone quale proprio legato, condusse le legioni nell’ager boico, al che Boiorix, cum duobus fratribus tota gente concitata ad rebellandum, pose l’accampamento in campo aperto, per dimostrare che vi sarebbe stata battaglia, si hostis fines intrasset1013. La consistenza e la fiducia in se stesse delle truppe nemiche fecero sì che il console decidesse di temporeggiare: tre giorni dopo l’incontro, furono i Boii a rompere gli indugi e ad attaccare l’accampamento romano da ogni parte. Seguì una serie di scontri dall’esito alterno, durante i quali, oltre all’accampamento romano, vediamo comparire anche quello boico, col suo vallum. Ricordiamo pure altri rilievi di Livio: oltre a citare spade e scudi dei Galli, sempre utilizzando quest’etnonimo generico, l’autore parla della stolida fiducia degli avversari dei Romani e del loro possedere corpi mollia et fluida, nonché minime patientia sitis. I Galli lasciarono sul campo circa 11000 dei loro, mentre i sopravvissuti, come abbiamo già avuto occasione di ricordare, si ritirarono in intima finium1014.

1002 Sil. Ital., Pun., V, 644-655. 1003 Liv., XXII, 6, 3.

1004 Liv., XXXIV, 46, 4.

1005CIL, XIII, 2656; DELAMARRE 2007, p. 45; DEYTS 1992, pp. 30-33; HOLDER 1896-1913, vol. I, s.v. Boio-rīx, col. 474; KRUTA 2000, s.v.

Boiorix, p. 479;PIERREVELCIN 2015, pp. 415, 417, 434.

1006 CIL, XIII, 10010, 334. L’integrazione Boiio[rix] è accolta in STROBEL 2015, nota 106, p. 51, mentre il testo di Reims non figura tra

le testimonianze epigrafiche del nome Boiiorix elencate in DELAMARRE 2007, p. 45, dov’è registrato solo il Boiiorix di Auxy. In sede

di prima edizione, il marchio di Reims fu interpretato come Boii o(fficina) (BSAF 1881, p. 244) e come tale poi ripreso in HOLDER

1896-1913, vol. I, s.v. Boii, col. 472.

1007 DOMASZEWSKI 1885, pp. 119-122 (no. 81) = IGR, III, 162. 1008 RÉMY 1989, p. 159.

1009 BOSCH 1967, pp. 94-101 (no. 98).

1010 InDOMASZEWSKI 1885, p. 122 (no. 81), la lettura era stata Mavrkello" Boiqhgov". 1011 STROBEL 2009, p. 133. 1012 Liv., XXXIV, 46, 1. 1013 Liv., XXXIV, 46, 4. 1014 Liv., XXXIV, 46, 5-13; 47. 167

Il secondo Boiorix “letterario” s’incontra quasi un secolo più tardi: stando a una Periocha liviana, si chiamava così il ferox iuvenis che, nel 105, uccise un legato del console Cn. Mallio Massimo, M. Aurelio Scauro, sconfitto e fatto prigioniero dai Cimbri, che allora si trovavano in Gallia (in senso cesariano)1015. Un Boiorix/Boiw'rix riapparirà poi come rex/basileuv" dei Cimbri ormai giunti in Cisalpina: questo re risulta aver trovato la morte nel 101, durante la battaglia dei Campi Raudii1016. In genere, si suppone che il Boiorix del 105 e quello del 101 fossero la medesima persona1017: si tratta della soluzione più economica, cui anche in questa sede ci atterremo.

Il secondo elemento del nome Boi(i)o-rix è assai frequente tra gli antroponimi composti coniati nell’ambito del celtico antico, in particolare nell’ambito del gallico d’oltralpe. Complessivamente, dal dibattito sulla formante -rix si ricava che questa dovette ricoprire valori diversi secondo i casi: col tempo, essa andò incontro a un processo di desemantizzazione rispetto all’originario valore lessicale di “re”, che nondimeno sembrerebbe essersi conservato anche in epoca relativamente tarda1018. Così, per esempio, Delamarre ha ritenuto di poter tradurre il nome di un celebre personaggio del I secolo, Ver-cingeto-rix, come “Roi-Suprême-des-Guerriers”1019. Conferendo a entrambe le componenti del nome Boio-rix il loro pieno valore semantico, si può approdare a due generi di traduzione, a seconda di come si tratta l’elemento *boio-. Se quest’ultimo è ricondotto all’etnico “Boii”, Boiorix vale, naturalmente, “Roi des Boïens”1020, “könig der Boii”1021. C’è però chi, trattando il caso del re cimbrico, ha pensato di risalire fino al supposto significato etimologico della base *boio- che, da un lato, avrebbe dato l’etnonimo “Boii” e, dall’altro, sarebbe stata usata per un composto Boio-rix privo d’ogni riferimento etnico. A seconda dell’etimologia prescelta, si è giunti a traduzioni come “le roi frappeur” o “le roi terrible”1022 o ancora “Kriegerkönig”1023. È chiaro che qui assume tutta la sua importanza la delicata questione della pertinenza o meno dei significati letterali degli antroponimi. Abbiamo sostenuto che la piena rilevanza del senso letterale assegnato a un nome di persona dalla o dalle basi lessicali su cui il nome si fonda va presa non come un obbligo, ma solo come una possibilità. Abbiamo pure visto che un contesto in cui tale possibilità si realizza contempla l’eventualità che un singolo cambi nome nel corso della sua vita, se le circostanze lo richiedono: per esempio, traducendo Vercingetorix come “Roi-Suprême-des-Guerriers”, Delamarre ha anche affermato che il famoso personaggio passato alla storia con tale nome, probabilmente, non si chiamò così fin dalla nascita1024. Una delle circostanze in cui è atteso che un singolo cambi nome è l’assunzione di una carica regale: infatti, si è notato che “quasi ovunque i sovrani assumono nomi speciali al momento in cui prendono il potere”1025. Per quanto riguarda i portatori del nome Boi(i)orix, rispetto alla valutazione dell’elemento - rix, le figure documentate epigraficamente si staccano in modo netto da quelle note per via letteraria: nel primo caso, abbiamo a che fare con personaggi che non poterono essere re di chicchessia, nel secondo, invece, con figure la cui funzione regale è esplicitamente ricordata dai testi. Benché fra i due Boiorix regali, il nostro interesse punti su quello che Livio chiama regulus eorum riferendosi ai Boii cispadani1026 e non su quello che ad esempio Plutarco definisce oJ tw'n Kivmbrwn basileuv"1027, il confronto del primo personaggio col secondo è rilevante.

Il Boiorix perito ai Campi Raudii pone più problemi dell’altro. Nelle fonti classiche, in relazione a esso manca qualsiasi riferimento ai Boii ed è evidentemente questo che ha spinto taluni autori ad aprire a traduzioni del suo nome che escludono dall’esegesi ogni riferimento etnico. All’opposto, c’è chi ha fondato sulla sola interpretazione di quest’occorrenza dell’antroponimo Boioroix come “roi des Boïens” l’idea della presenza, all’interno del corpo di spedizione cimbrico, di un contingente boico, non altrimenti attestato. L’ipotesi si deve a V. Kruta, che ritiene improbabile tanto la presenza di un Celta d’alto rango isolato in mezzo a dei Germani, quanto l’adozione di un nome celtico da parte di un capo germanico1028 (qui i raggruppamenti etnici sono tutti intesi in termini essenzialisti, nello specifico mantenendo per essi tradizionali criteri d’attribuzione linguistici). A volte, si dà per assodato che quanti, nei testi classici, appaiono come iniziatori della celebre migrazione avviatasi verso il 120, cioè i Cimbri e i Teutoni (cui a un certo punto si sarebbero aggregati gli Ambroni e gli Elvezi di sottogruppo tigurino)1029, fossero

1015 Liv., Per., 67.

1016 Plut., Mar., 25, 2; Flor., Epit., I, 38; Oros., Hist., V, 16, 20.

1017 V., per esempio, KRUTA 2000, s.v. Boiorix, p. 479; STROBEL 2015, p. 51.

1018 DELAMARRE 20183, s.v. rix (= riks), pp. 260-261; ELLIS EVANS 1967, pp. 243-249; MARINETTI,PROSDOCIMI 1994, p. 39; SCHMIDT 1957, pp.

74-77; SOLINAS 1996, p. 225.

1019 DELAMARRE 2007, p. 5; id. 20183, s.v. rix (= riks), p. 261.

1020 DELAMARRE 20183, s.v. boios, p. 82;KRUTA 2000, s.v. Boiorix, p. 479.

1021 HOLDER 1896-1913, vol. I, s.v. Boio-rīx, col. 474. V. anche MAIER 20103, s.v. Böhmen, p. 37. 1022 GOUDINEAU 2004, p. 972. 1023 STROBEL 2015, p. 51. 1024 DELAMARRE 2007, p. 5. 1025 CARDONA 1982, p. 4. 1026 Liv., XXXIV, 46, 4. 1027 Plut., Mar., 25, 2. 1028 KRUTA 2000, pp. 73-74. 1029 GOUDINEAU 2004, pp. 969-970.

germanofoni, punto e basta1030. Ma di questo non si è poi così certi1031: ancora si dibatte sul nodo della composizione dei gruppi migranti, in termini di frazioni celtofone e germanofone1032. Tra l’altro, il tema riveste un notevole rilievo generale, dato che, in caso di un’assegnazione totale o parziale alla compagine germanofona, avremmo un bell’esempio di sfasatura tra le categorie etniche classiche e il criterio d’attribuzione di celticità tradizionalmente prioritario in ambito accademico. Infatti, a fronte di quella specifica e tenace declinazione dell’essenzialismo che è l’equazione fra Celti/Galati/Galli e celtofoni, al loro apparire sulla scena, nel mondo romano, i Cimbri e i Teutoni furono senz’altro ascritti ai Galli tout court 1033. In pratica, la sfasatura dovrebbe sussistere, giacché se è postulabile una qualche forma di commistione tra celtofoni e germanofoni1034, nessuno pare mettere in dubbio la presenza della seconda componente linguistica. Di regola, si ritiene che il movimento migratorio attribuito dalle fonti al gruppo che qui ci interessa, i Cimbri (i quali, si ricordi, per Posidonio a un certo punto si sarebbero scontrati coi Boii della foresta Ercinia1035), sia partito dallo Jutland, quindi da un territorio che, in tempi più tardi di quelli che stiamo trattando, apparirà come un’area germanofona1036. A questo va tuttavia accostata la glossa che Plinio afferma di trarre da un geografo greco, Filemone, secondo cui i Cimbri avrebbero chiamato Morimarusa un tratto dell’Oceano settentrionale: ora, l’appellativo Morimarusa, tradotto da Plinio mortuum mare1037, è stato giudicato come linguisticamente celtico1038. Come sappiamo, nel determinare l’idioma o uno degli idiomi parlati in seno a una popolazione, i toponimi sono più informativi degli antroponimi, con la loro spiccata tendenza a “viaggiare” fra ambiti linguistici differenti. Nel caso in oggetto, va notato che la presenza di un re con un nome originariamente coniato da celtofoni quale Boiorix fra i migranti classificati come Cimbri dalle fonti non aggiunge alla glossa toponomastica una conferma decisiva della presenza di celtofoni nel corpo di spedizione. Checché ne dica Kruta, il porto di un nome linguisticamente d’origine celtica da parte di un capo germanofono è perfettamente possibile1039. Oltre alle difficoltà a ricostruire la configurazione linguistica di quanti supponiamo essersi mossi dallo Jutland, bisogna tenere conto pure di un altro fattore. Nulla è noto del momento in cui Boiorix si sarebbe aggregato a un corpo di spedizione che, a quanto ci risulta, si accrebbe col passare del tempo. In simili condizioni, è impossibile dire se il personaggio assunse il suo nome in un contesto solo o anche celtofono, quindi laddove il nome poteva essere semanticamente trasparente. Poi, anche pensando a un antroponimo assunto in un ambiente solo o anche celtofono, l’assenza di ogni riferimento ai Boii nelle fonti classiche suggerisce di lasciare almeno aperta la possibilità che l’antroponimo, nel contesto in cui venne assunto, fosse sì sentito come significante qualcosa, però non “Re dei Boii”.

L’ambiguo e complesso caso del Boiorix/Boiw'rix “letterario” d’oltralpe può utilmente fungere da contraltare per quello del Boiorix “letterario” cispadano. Per una volta, le cose qui sembrano essere un po’ più chiare e semplici. Anche se fondamentalmente indiretta, la documentazione del fatto che, durante la seconda età del Ferro, nell’area cispadana ascritta dalle fonti classiche ai Boii, fosse in uso anche un idioma celtico è abbastanza eloquente. Questo è un punto che la critica non ha mai veramente messo in discussione. Mettendo in fila tutti gli elementi, noi abbiamo, dunque, un antroponimo linguisticamente celtico, che per dei celtofoni poteva significare “Re dei Boii”, portato da un individuo che, da un lato, viveva in un contesto nel quale la celtofonia era praticata e, dall’altro, è ricordato da Livio come regulus dei Boii. Benché il personaggio cispadano sia il più “arcaico” fra quelli che (a quanto ci risulta) nell’Antichità portarono l’antroponimo Boi(i)orix, non possiamo certo essere sicuri del fatto che, presso i celtofoni cispadani d’inizio II secolo, il nome in esame costituisse un “nuovo ritrovato”, creato ad hoc per designare il

1030 V., per esempio, VILLAR 19962, p. 356. 1031 BUSSE,KOCH 2006.

1032 BUCHSENSCHUTZ 2007, p. 15.

1033 V. COLLIS 2003, pp. 183-184; GOUDINEAU 2002, p. 89; WILLIAMS 2001, p. 137. È Cesare, cioè il protagonista della “rivoluzione

etnografica” che limitò i Galli ai territori a ovest del Reno, il primo a fare di Cimbri e Teutoni dei sottogruppi dei Germani (Caes., Gall., I, 40; RIVES 1999, p. 272). Come ha notato Goudineau (GOUDINEAU 2002, p. 89; id. 2004, pp. 970-972), al tempo in cui Cesare

era ancora impegnato nella guerra gallica, i Cimbri e i loro alleati appaiono come Galli in due brani ciceroniani (Cic., De prov. cons., XIII, 32; id., De orat., II, 266), così come, ancora, in un passaggio di un’opera pubblicata da Sallustio dopo la morte di Cesare (Sallust., Bell. Iug., 114). Poi, di contro a testimonianze come quelle di Strabone (Strab., Geogr., VII, 1, 3; 2, 4), Velleio Patercolo (Vell. Pat., II, 12, 2) e Tacito (Tac., Hist., IV, 73; id., Germ., 37), per le quali i Cimbri (oppure i Cimbri e i Teutoni, se menzionati insieme) sono Germani, all’idea di una pertinenza celtica/galatica dei Cimbri saranno ancora legati Diodoro Siculo (Diod. Sic., V, 32) e Appiano (App., Celt., 2; id., Illyr., 4; id., Bell. Civ., I, 29). Si ricordi pure che, secondo Floro, Cimbri, Teutoni e Tigurini provengono ab extremis Galliae (Flor., Epit., I, 38).

1034 Per esempio Delamarre, sempre equiparando i Celti ai celtofoni e i Germani ai germanofoni, ha qualificato i Cimbri come “une

fédération de tribus celto-germaniques” (DELAMARRE 20183, s.v. marusa, p. 219). V. anche GRUEL et al. 2015, p. 364.

1035 Strab., Geogr., VII, 2, 2 (= Posid., fr. 31 Jacoby).

1036 BUCHSENSCHUTZ 2007, p. 15; COLLIS 2003, pp. 183-184; GOUDINEAU 1990, p. 64; id. 2004, p. 969. Sulla collocazione dei Cimbri nello

Jutland, v. Pomp. Mela, III, 3, 31-32; Plin., Nat. Hist., IV, 96-97; Tac., Germ., 37; Ptol., Geogr., II, 11, 2. Dall’etnonimo “Cimbri” deriverebbe anche il coronimo Himmerland, che indica una regione della Danimarca settentrionale (BUSSE,KOCH 2006).

1037 Plin., Nat. Hist., IV, 94-95. La notizia è ripetuta in Solin., 19, 2.

1038 DELAMARRE 20183, s.vv. marusa; mori, pp. 219, 229. Cfr. COLLIS 2003, pp. 24, 40, 183, 209. 1039 Questa possibilità è accolta, per esempio, in HAINZMANN 2015, p. 107 e STROBEL 2015, p. 51.

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nostro regulus e, quindi, con una semantica pertinente anche secondo i criteri messi in avanti da Motta. Pure in questo caso, si ha a che fare con un appellativo che, in linea di principio, poteva, ma non doveva esprimere a pieno il significato derivante dalla “somma” delle sue componenti, un significato peraltro non obbligatoriamente evocante l’etnico “Boii”. Gli approfondimenti teorici e le cautele metodologiche che ne discendono non devono, tuttavia, condurci a nutrire dubbi estremisti. All’interno del contesto cispadano d’inizio II secolo con riferimento al quale ci è stato trasmesso, il nome Boiorix ha ottime chance d’esser stato pienamente sentito come un appellativo significante “Re dei Boii”. Nell’alveo di una documentazione scritta redatta da un punto di vista esoetnico, per ipotizzare un simile scenario, cosa chiedere di meglio di un personaggio che viveva in un contesto in cui un idioma celtico era parlato e che, indipendentemente dal suo nome, la letteratura ricorda come regulus dei Boii? Se, come il brano di Livio lascia supporre, il fatto che Boiorix portasse questo nome era legato al suo ruolo politico, allora l’antroponimo doveva segnalare la primazia di un singolo su una collettività composta da individui che potevano situazionalmente riconoscersi nell’etnonimo “Boii”. In Livio, sembra proprio essere sopravvissuta la traccia indiretta dell’esistenza, presso celtofoni cispadani dell’inizio del II secolo, di un’endodefinizione etnica collettiva all’insegna dell’etnonimo “Boii”. Non è teoricamente inimmaginabile che il futuro regulus, sin dalla nascita, fosse destinato o almeno candidato al ruolo “regale” e avesse così da sempre portato il nome Boiorix. Tuttavia, non sembra esser questa l’eventualità più probabile. Abbiamo visto come si sia supposto che quanti, stando alla terminologia degli autori classici, ricoprirono funzioni regali presso i Boii della Cispadana fossero designati per compiere specifiche missioni. Abbiamo poi visto come si sia notato che, quasi dappertutto, gli individui assumono nomi speciali quando assurgono alla carica regale: può darsi che, talvolta, ciò sia accaduto pure nel caso dell’assunzione di “regalità” effimere. Peraltro, la missione (se così possiamo chiamarla) di Boiorix pare staccarsi, per importanza, da quella dei re/reucci anteriori (di re/reucci più tardi e citati per nome, come sappiamo, nei testi classici non ve ne saranno). A dover essere valorizzato è il fatto che Boiorix e i suoi due fratelli sollevino la gens dei Boii al completo: tota gens è, come visto, la formula impiegata da Livio. Nient’affatto chiusa dalla sottomissione di Felsina e del suo “distretto” nel 196, la guerra è però alle battute finali: nel 194, ci si gioca il tutto per tutto, lanciando una vasta mobilitazione, anche se da essa dobbiamo ragionevolmente escludere almeno il “distretto modenese”, che ancora nel 193 paleserà quell’orientamento filoromano evidenziabile già nel 218 e forse mantenuto da allora. L’occasione in cui compare il regulus denominato Boiorix è la sola in cui Livio tiene a precisare che sia la gens tutta dei Boii a ribellarsi: l’unica altra volta in cui Livio si riferirà ai Boii impiegando l’espressione tota gens sarà quella in cui, come sappiamo, ciò che i Boii al completo faranno sarà sottomettersi, una volta per tutte, a Roma. Francamente, ci riesce difficile pensare che la coincidenza fra la comparsa sulla scena di un regulus dei Boii chiamato Boio-rix e l’eccezionale mobilitazione implicata dalla formula tota gens sia del tutto fortuita. Quanto detto a proposito dell’antroponimo Boiorix appare,