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In precedenza avevamo paragonato la fornace, in pratica l’unico palcoscenico su cui si svolgono le vicende narrate nel romanzo, al labirinto, Konrad rispettivamente a Dedalo, ideatore della costruzione, e al Minotauro, prigioniero del labirinto stesso, appositamente edificato per fargli da carcere. Adesso è arrivato il momento di soffermarci per l’appunto sulla fornace, di passare cioè dalle trappole formali architettate da Bernhard a discapito del lettore, a quelle interne al mondo di invenzione, architettate da Konrad per difendersi dai cosiddetti Fremdelemente, da quegli elementi di disturbo che però, come abbiamo visto, non sono soltanto esterni (il baccano causato da Höller, le visite dell’assessore e dell’ispettore, i criminali che, a detta di Konrad, appestano la regione in cui è situata Sicking), ma anche interni (in primo luogo la Konrad, poi Konrad stesso, o meglio certi tratti del suo carattere che sembrano opporre resistenza al pensiero, ovvero al pensiero in funzione del saggio).

Per prima cosa occorre ricordare che la fornace, intesa in quanto edificio, e cioè come ambientazione in cui hanno luogo gli eventi del romanzo, possiede anche un importante valore simbolico, poiché la sua labirintica architettura riproduce il pensiero altrettanto labirintico del protagonista, l’asprezza delle sue superfici il carattere altrettanto aspro di Konrad, la posizione isolata e ben protetta su tutti i fronti la propensione a isolarsi e proteggersi da tutto ciò che lo distrae o lo spaventa, e così via. Come Roithamer in Korrektur intenderà edificare un’abitazione a forma di cono che combaci alla perfezione con la sorella (finendo piuttosto col costruire una casa, se così la si può definire, che coincide con l’idea che ha lui della sorella, il che causerà la sua morte), così Konrad, che non possiede il genio di Roithamer, e che quindi non sarebbe in grado, probabilmente, di progettarsi e costruirsi un’abitazione per conto proprio, sceglie di trasferirsi nel tipo di edificio che lo rispecchia maggiormente, nel suo doppio architettonico, come detto in precedenza. Così, se spesso le osservazioni di Konrad riguardo alla fornace possono essere interpretate come considerazioni dell’autore sulla sua opera, esse rivelano sempre qualcosa anche riguardo al personaggio che le pronuncia, ossia Konrad.

In merito a Das Kalkwerk si può dunque parlare di “Raum als Ich-Struktur” - 114

riprendendo il titolo del capitolo dedicato al romanzo presente nello studio di Brigit Nienhaus di cui ci siamo già serviti in precedenza -, di una raffigurazione spaziale che è al contempo una mappatura dell’io del protagonista, poiché dipende dall’idea che Konrad ha di se stesso, dal suo modo di concepirsi, dalla sua struttura mentale, che egli proietta sulla fornace, vale a dire sull’altro elemento, oltre al saggio, con il quale egli, palesemente, si identifica. Se poi teniamo presente che tutto ciò che viene raccontato nel romanzo, sia da Fro sia da Wieser, risale sempre a un’unica fonte, e cioè a Konrad, viene fatto naturale di dubitare riguardo all’effettiva obiettività della descrizione della fornace, giacché il romanzo, volutamente, si rifiuta di mettere definitivamente a tacere il sospetto che tale descrizione risenta in realtà di una visione più o meno consapevolmente idealizzata della fornace stessa.

Infatti all’interno dell’opera, se da una parte sono presenti più punti di vista che tendono a relativizzare ciò che viene narrato, è anche vero, dall’altra, che l’unico punto di vista realmente presente è sempre e comunque quello di Konrad (perché è lui a essere continuamente citato), cioè il poco attendibile punto di vista di un semi-folle, per di più omicida. Sicché sarà bene prendere le sue parole (come del resto quelle di ogni altro personaggio delle opere di Bernhard) con le proverbiali molle, esercitando sempre quel dubbio programmatico che è, in fondo, lo stesso dubbio cui ci sollecita il narratore, allorché egli riporta ogni frase di Wieser e di Fro, e dunque ogni frase di Konrad, servendosi costantemente del congiuntivo.

Veniamo dunque alla fornace. Essa è situata in un luogo appartato vicino a Sicking, località molto apprezzata da Konrad ma non dalla moglie, che avrebbe invece preferito trasferirsi definitivamente a Toblach, vicino alla casa dei genitori. Ma per Konrad un ritorno a Toblach avrebbe significato dover rinunciare una volta per tutte al saggio, perdere il saggio per sempre, poiché, come abbiamo notato più volte, ritornare nel luogo dei genitori (non va dimenticato che i parenti della Konrad coincidono per metà con quelli di Konrad, essendo lei la sorellastra di lui) vorrebbe certo dire mettersi nella posizione più comoda, ma dover al contempo rinunciare alla propria indipendenza:

Nienhaus 2010, p. 53.

Sie hat nach Toblach, in ihren Elternort und in ihr Elternhaus, zurückgehen wollen, aber nach Toblach zurückgehen hätte für ihn nichts anderes als die endgültige Aufgabe seiner Studie und also auch seines Existenzzweckes und in der Folge auch für seine Frau, in Wahreit Konrads Halbschwester, nichts anderes als die totale mutwillige Existenzvernichtung noch dazu im Ausland bedeutet, denn die Abhängigkeit seiner Frau von him war die vollkommenste, die man sich vorstellen kann, sagt Wieser, und es habe in jedem Falle immer nur eine tödliche Wirkung, aus Verzweiflung und Ratlosigkeit und letzter Lebensanstrengung und also aus doppelter Verzweiflung und doppelter Ratlosigkeit, weil man ganz einfach keinen anderen Ausweg mehr weiß, keinen Ausweg mehr gibt, keinen Ausweg mehr geben kann, schließlich das Elternhaus im Elternort und in der Elternlandschaft wieder aufzusuchen, den sogenannten Rettungsort. (KA 17-18)

E tuttavia già la decisione di Konrad di sposare la sua sorellastra non gli permette quella completa emancipazione dalla famiglia che è, come sappiamo, la condicio sine

qua non per tutti quei Geistesmenschen che desiderano affermare se stessi attraverso la

scrittura di uno studio, a sentir loro, rivoluzionario.

La contrapposizione Sicking-Toblach si impone dunque fin da principio come una delle tante opposizioni polari riguardanti la caratterizzazione dei due personaggi principali della narrazione, Konrad e sua moglie: ancora una volta alla donna vengono imputate inclinazioni regressive, giudicate negativamente in quanto rinunciatarie e dunque tipiche di un carattere debole e perdente; tipico dell’uomo sarebbe invece il desiderio opposto, non regressivo ma anzi, per così dire, progressivo, coincidente con l’allontanamento dalla famiglia, un atto che richiede forza, coraggio, risolutezza, tutte caratteristiche che nei romanzi di Bernhard assumono connotati virili, o per dir meglio maschili.

Konrad perciò odia Toblach con tutto se stesso, preferendogli Sicking, sua moglie al contrario odia Sicking e soprattutto la fornace e vede in Toblach il luogo di salvezza assolutamente ideale (“der alleridealste Rettungsort” - KA 18). Fra i due, naturalmente, a spuntarla è Konrad, che riesce ad acquistare la fornace dopo una lunga e faticosa trattativa con il perfido nipote Hörhager, che si rivela tale, e cioè perfido, sia nei confronti di Konrad, obbligandolo a sborsare una cifra altissima per un edificio in disuso da venti anni, sia nei confronti della Konrad, che tenta inutilmente di corromperlo affinché non venda la fornace al marito.

Tuttavia è proprio Konrad a riconoscere per primo l’inospitalità della fornace e in generale la scarsa vivibilità della zona attorno a Sicking, teatro di continue rapine, crimini e delitti. D’altra parte è proprio tale inospitalità a essere uno dei requisiti fondamentali per Konrad, perché essa permette di tenere alla larga non soltanto i malintenzionati, ma anche i curiosi e più in generale gli estranei. Così, una volta trasferitosi nella fredda e desolata fornace, Konrad, novello Adolf Loos , non esita a 115

eliminare tutti gli ornamenti di cattivo gusto (“Geschmacklosigkeiten” - KA 19) frutto di due secoli privi di gusto (“Kennzeichen zweier geschmackloser Jahrhunderte” - KA 20), in modo da riportare alla luce quella che secondo lui è la vera natura dell’edificio, comprensibilmente inospitale anche soltanto per il fatto di essere stato costruito a fini industriali, e dunque non abitativi.

Eppure l’ambiente della fornace, già di per sé opprimente, reso ancora più tetro una volta divelti - sempre in favore di quel principio di assoluta funzionalità di matrice loosiana - tutti gli orpelli ornamentali, non ricorda alla fine una fabbrica, bensì un penitenziario: “natürlich sei Sicking ein Kerker, sagte Konrad zu Fro, und es mache ja auch von außen schon den Eindruck eines Kerkers, eines Arbeitshauses, einer Strafanstalt, eines Zuchthauses” (KA 19). Che l’intenzione di Konrad sia proprio quella di trasformare la fornace in un carcere volontario per lavori forzati, lo si evince anche dal compiacimento quasi voluttuoso con il quale, in questo passo, esprime lo stesso concetto per mezzo di diversi sinonimi, rapidamente pronunciati l’uno dopo l’altro. Una tecnica formale che ricorrerà in altri passi del romanzo con la stessa intenzione, quella di rendere il testo incalzante, la dizione di Konrad quasi furiosa, o meglio voluttuosamente furiosa . 116

Konrad inoltre apporta alla struttura dei cambiamenti significativi per renderla ancora più sicura e inattaccabile: installa alle finestre delle inferriate, spranga accuratamente ogni porta con delle pesanti travi di legno, piazza intorno al perimetro

Cfr. Höller 2011, p. 83, Reitani 2005, p. 47.

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Si prenda per esempio il passo in cui Konrad parla dei fregi della fornace, spezzati presi a

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martellate strappati e scaraventati giù dopo averli presi a martellate spezzati e strappati (“[…] aus den Wänden heraus- und von den Wänden heruntergerissen, herausgebrochen und herausgeschlagen und herausgerissen und heruntergeschlagen und heruntergebrochen und heruntergerissen” - KA 20).

dell’edificio dei pruni giganti fatti arrivare dalla Svizzera, costruisce una sola strada d’accesso, peraltro lastricata in modo rudimentale.

La sicurezza della struttura è poi assicurata dalla sua naturale ubicazione: la fornace, che si erge su più piani (la stanza di Konrad è situata al primo piano, mentre quella della Konrad al secondo), confina infatti sia a nord sia a ovest con l’acqua del lago, a sud con una parete di roccia, per cui è raggiungibile soltanto da est, dove si trova la strada lastricata. Gli edifici più vicini, le varie locande, per esempio, oppure la segheria, non sono a portata di voce, ma semmai a portata di udito, soltanto però di un udito supersviluppato come quello di Konrad. Intorno e all’interno della fornace regnano dunque, quasi sempre, una pace e un silenzio perfetti, ideali per il saggio e tuttavia, a lungo andare, deleteri, come sarà costretto ad ammettere lo stesso protagonista.

Tutta la struttura è insomma il risultato, a detta di Konrad, di millenni di calcoli (“das Resultat jahrtausendealter Berechnung” - KA 29): essa è stata studiata mirando all’inganno totale, non da ultimo per le strane proporzioni dei suoi interni, per il fatto, ad esempio, che l’atrio è tre volte più grande della dépendance, che le stanze, anche le più piccole, sono dunque più grandi di quanto ci si aspetti e che sono per di più disposte in maniera inusuale . 117

Colui che si imbatte, per scelta o a maggior ragione per caso, nella fornace, resa poco visibile, se non propriamente invisibile dai pruni giganti, ne rimane subitamente spaventato, si sente osservato e minacciato e alla fine è costretto a fuggire, per paura di impazzire:

Dem unvermittelt aus dem Gestrüpp Heraustretenden müsse aber doch immer die tatsächliche Größe des Kalkwerks verborgen bleiben, nur wer in ihm haust, wer es, soll Konrad gesagt haben, mit Kopf und Seele bewohnen und mit diesem ungeheuerlichen Mechanismus ausfüllen kann, könne das Ganze ausmessen. Erfassen nicht, aber ausmessen, soll Konrad gesagt haben. Der Betrachter sei irritiert, der Besucher vor den Kopf gestoßen, der Betrachter werde gleichzeitig von dem Kalkwerk angezogen und abgestoßen, der Besucher in jedem Falle

“So müsse man annehmen, trete man aus dem Gebüsch heraus, meinte Konrad zu Wieser, das

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Kalkwerksinnere lasse nur die geringste Bewegungsfreiheit zu, daß man im Kalkwerksinnern nur den geringsten Spielraum habe, vermute man gleich, aber tatsächlich habe man im Kalkwerk den größten Spielraum” (KA 29).

augenblicklich Opfer aller möglichen Enttäuschungen. Der Betrachter kehrt um und flüchtet, der Betreter oder Besucher verläßt es und flüchtet. Wie oft habe er einen Menschen beobachtet, der aus dem hochgewachsenen Gestrüpp herausgetreten und erschroken und umgekehrt ist, immer der gleiche Mechanismus, soll Konrad gesagt haben, die Leute treten aus dem Gestrüpp heraus und kehren augenblicklich um, oder sie treten in das Kalkwerk ein und stürzen sofort wieder hinaus. Und sie haben immer das Gefühl, beobachtet zu sein, nähert man sich einem Bauwerk wie dem Kalkwerk, hat man immer das Gefühl, beobachtet zu sein, von allen Seiten beobachtet zu sein, das entmutigt sehr rasch, soll Konrad gesagt haben, alles wird nach und nach, nach anfänglicher unerhörter Wachsamkeit, Angespanntheit aller Sinnesorgane, kraftlos, eine große Erschlaffung bemächtigt sich aller, die in den Bereich des Kalkwerks eingetreten sind, auf einmal. (KA 28)

In passi di questo tipo si assiste al trapasso da una descrizione tutto sommato oggettiva e realistica della fornace a una descrizione che si troverebbe più a suo agio all’interno di un gothic novel, una descrizione che fa sembrare l’edificio maledetto, stregato, oltre che inquietante e inospitale. Sembra infatti (e sottolineiamo sembra, come ci invitano a fare i numerosi “soll Konrad gesagt haben”) che la fornace sprigioni un’aurea sovrannaturale in grado di paralizzare gli incauti, terrorizzati visitatori, il che le dona quel carattere mitico e misterioso che legittima il paragone 118

con altri edifici parimenti mitici e misteriosi, talmente caratteristici da godere quasi di vita propria, come è appunto il caso del labirinto, non soltanto nella sua versione classica (il palazzo di Cnosso), ma anche nelle sue innumerevoli riproposizioni moderne (per esempio quella, indimenticabile, del film di Stanley Kubrick The

Shining, che può essere egualmente interpretato come una variazione sul tema del

labirinto).

Naturalmente, essendo lo stesso Konrad a parlare, in merito al suo tenore di vita all’interno della fornace, di strategia autolesionistica (“Selbstverletzungsstrategie”), o p p u r e , c o n u n c o m p o s t o a l q u a n t o b i z z a r r o , d i “ e c o n o m i a catastroficocefala” (“Katastrophalcephalökonomie” - KA 21), la spietatezza riservata a coloro che raggiungono dall’esterno l’edificio è del tutto identica a quella che egli

Per esempio, poco dopo il passo appena citato è detto, a proposito dell’ineffabilità della fornace:

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“aber jede Vorstellung sowie jede Vorstellung einer Vorstellung sein in jedem Falle immer eine irrtümliche, erniedrigende” (KA 29).

riserva, oltre che alla moglie, anche a se stesso. Se dunque l’esterno dell’edificio è appositamente pensato per inquietare e spaventare, il suo interno non può di certo essere da meno. Konrad infatti, non appena preso possesso dell’edificio, imbianca tutte le pareti a calce e riduce l’arredamento al minimo indispensabile; il resto della mobilia, eredità dei numerosi traslochi precedenti, cerca di venderlo alle spalle della moglie, oppure, qualora rimanga invenduto, lo stipa nella soffitta. Quest’ultima è da considerarsi un luogo particolarmente importante all’interno della fornace, poiché si situa, spazialmente, sul vertice più alto dell’asse verticale della struttura, opponendosi perciò al vertice basso, coincidente con il pozzo del liquame.

Della valenza simbolica del pozzo si è già detto in precedenza. La soffitta, metaforicamente, non assume forse la stessa importanza, ma non può essere considerato un luogo come tutti gli altri. Anche in questo caso, infatti, Bernhard sembra avere imparato la lezione di Kafka, per cui in ogni suo romanzo, qualora si parli di una soffitta, ci si può aspettare che essa, facendo il verso a una nota frase di

Twin Peaks, non sia mai quello che sembra. In Korrektur, per esempio, la soffitta di

Höller sarà la Denkkammer di Roithamer, la camera di pensiero dove egli concepirà il progetto del cono per la sorella. Naturalmente non si tratta di una scelta casuale: qualora si voglia paragonare la casa a un corpo, sicuramente la soffitta è l’ambiente che meglio si identifica con il cervello, e dunque con il pensiero . In Das Kalkwerk si 119

assiste a qualcosa di simile, non perché Konrad passi molto tempo nella soffitta, un luogo, al contrario, che evita volentieri, ma perché in essa egli accumula tutte le cianfrusaglie di cui non si riesce a liberare. Si viene così a creare un contrasto fra gli spazi vuoti della fornace e il caos della soffitta, che ci immaginiamo ricolma di oggetti inutili, desueti. Questi oggetti (di cui per la verità non è detto molto) rappresentano, simbolicamente, sia il passato da cui Konrad non riesce a liberarsi, sia quel represso che, riemergendo, minaccia sempre di annientarlo. Questi oggetti testimoniano insomma il fallimento di Konrad (si tratta di oggetti inutili, invendibili e quindi non funzionali), la sua incapacità di liberarsi dai Fremdelemente, estranei soltanto di nome, e in realtà più familiari di quanto lo stesso Konrad non voglia ammettere. Tali Tenendo inoltre presente che Bernhard amava giocare con le parole, non va neanche dimenticata

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l’assonanza che si viene a creare fra il termine Dachkammer, soffitta appunto, e il neologismo

Fremdelemente non possono infatti essere eliminati, vanno piuttosto riconosciuti e

accettati come una parte del sé, scomoda ma appunto ineliminabile. In tal senso il pozzo pieno di liquame e la soffitta piena di oggetti inutili, pur trovandosi agli estremi dell’asse verticale della fornace, finiscono con l’assumere un significato simbolico simile, seppur non sovrapponibile.

Ciò che viene conservato da Konrad (oltre alle cianfrusaglie di cui si è appena parlato) è come detto il minimo indispensabile, fra cui spiccano senza dubbio alcuni oggetti, i quali, venendo ripetutamente tirati in ballo nel corso della narrazione, oppure essendo, altrettanto spesso, maneggiati dai due protagonisti del romanzo, assumono anch’essi, al pari della fornace e delle cianfrusaglie invendute, un chiaro valore simbolico, quasi da oggetti di scena. Si ricorda, per citare soltanto i più importanti, il pianoforte che Konrad fa piazzare nella sua stanza, il Francis Bacon, di inestimabile valore per lui, che rappresenta, in maniera anche fin troppo didascalica, un doppio pittorico della fornace, e che può essere considerato, più in generale, il correlativo oggettivo dell’intero romanzo; inoltre gli appunti di Konrad per il saggio, i due libri, il Kropotkin e l’Ofterdingen, letti e riletti da lui e dalla moglie, i numerosi fucili da caccia sempre pronti a far fuoco, proprio come la famosa pistola di Čechov. Molto importanti sono anche i pochi oggetti in possesso della Konrad: le muffole e i ferri da calza, con i quali, come vedremo, tormenta il marito, la preziosa zuccheriera di famiglia con le sue pinzette, anch’esse trasformate, agli occhi di Konrad, in uno strumento di tortura, i diversi abiti ormai fuori moda del suo guardaroba, il portacipria, protagonista di uno dei passaggi formalmente più impressionanti e contenutisticamente più ambigui del romanzo (KA 201-202), spesso interpretato dalla critica come sublimazione di un rapporto sessuale fra Konrad e sua moglie, vista anche la totale assenza nel libro (tranne che forse in un’altra occasione ) di passi che facciano 120

esplicitamente riferimento all’intimità della coppia.

Concentrandoci sempre sull’interno della fornace, occorre notare come le stanze siano per lo più di grandi dimensioni, il che permette a Konrad di camminarvi avanti e indietro per riflettere meglio sul suo saggio. Oltre a un cortile, è anche presente come

“Andererseits solle er, Konrad, gerade am Vorabend der Tat nach langer Zeit wieder zärtlich zu ihr

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detto una dépendance, dove abita Höller, una cantina, una soffitta, un atrio e una strana stanza, definita stanza dei pannelli di legno (“das sogenannte holzgetäfelte Zimmer” - KA 60), dove avviene l’incontro fra Konrad e l’assessore e quello fra i Konrad e Fro, una volta sfumata la visita dell’ispettore forestale.

Abbiamo detto strana stanza perché in effetti, come nota Nienhaus , si tratta di un 121

locale che, per il modo in cui viene descritto da Konrad, si differenzia nettamente rispetto alle altre stanze delle fornace. Qui infatti le fredde e bianche pareti in muratura lasciano visivamente spazio al legno che le riveste, più caldo e accogliente rispetto alla calce. Nella stanza sono poi presenti delle poltrone in stile barocco viennese, su una delle quali l’assessore, venuto a far visita - o meglio a disturbare Konrad, pare quasi

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