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Al termine del lungo monologo nella sala dei pannelli di legno Konrad, che nel frattempo ha fatto ubriacare l’assessore con la grappa, rivela a questi la struttura del suo futuro saggio, già perfettamente delineata. Siccome si tratta dell’unico passo, all’interno del romanzo, in cui vengono apertamente svelati particolari concreti dell’Udito, ci pare opportuno riportarlo qui per intero:

Diese seine Studie sei in neun Abschnitte unterteilt. Die Zahl Neun spiele auch in seiner Studie die größte Rolle, alles sei in Neun aufzulösen, aus Neun könne alle exportiert worden, wie er, der Baurat, vielleicht nicht wisse, sei die Neun wichtiger als die Sieben, was das Gehör betreffe, sei die Neun von allergrößter Bedeutung. Erster Abschnitt, Einführung in alle folgenden Abschnitte, neunter Abschnitt, Erklärung aller vorausgegangenen Abschnitte, soll Konrad zum Baurat gesagt haben, zweiter Abschnitt naturgemäß Gehirn und Gehör, Gehör und Gehirn und so fort, der sechste Abschnitt heißt Subgehör, längere Auseinandersetzung vor allem mit der sogenannten Gehördysarthrie, siebter Abschnitt Hören und Sehen. Das Gehör sei das philosophischste aller Sinnersorgane, soll Konrad zum Baurat gesagt haben, so Wieser, er habe aber alle die Abschnitte nur im Kopf, seit Jahrzehnten im Kopf, längst habe er alle Abschnitte der Studie in seinem Kopf fertig und das sei eine ungeheuerliche Geistesanstrengung, eine solche komplette Studie über Jahrzehnte im Kopf zu haben, ununterbrochen im Kopf behalten zu müssen in der ständigen, sich naturgemäß immer noch mehr verstärkenden Angst, daß sie von einem Augenblick auf den anderen auseinanderfallen und zunichte gemacht werden könne, weil man den Augenblick der Niederschrift immer wieder verpaßt. Die ersten zwei Jahre habe er allein auf den ersten Abschnitt der Studie aufgewendet, in den letzten achtzehn Jahren habe er die restlichen Abschnitte entwickeln und komplettieren können, daß man dadurch leicht und zwar ganz leicht für immer, wie er an sich selber habe erfahren müssen, in den Verdacht und in den Verruf absoluter Verrücktheit, ja selbst des Wahnsinns komme, liege auf der Hand. Von allen neun Abschnitten sei der fünfte der schwierigste, der noch immer titellose. (KA 71-72)

Il passo è particolarmente significativo anche perché al suo interno, quasi come se si trattasse di una serie dodecafonica, sono presenti pressoché tutti i motivi riguardanti il saggio che saranno poi ripresi nel prosieguo del romanzo, semplicemente ripetuti oppure variati, disposti in altra maniera e così via.

Per prima cosa risulta subito evidente come la struttura del saggio, nonostante l’ordine apparente, sia in realtà vaga e confusa, la sua illustrazione niente affatto sistematica. La spiegazione riguardante il primo e il nono capitolo è infatti ironicamente vuota, se si preferisce tautologica, perché non dice niente del contenuto dei due capitoli e fa piuttosto riferimento agli altri sette, di cui però viene detto altrettanto poco.

Il secondo capitolo dovrebbe invece trattare di “Gehirn und Gehör, Gehör und Gehirn und so fort” (sempre che “Gehör und Gehirn” non sia il titolo del terzo capitolo, anche a tal riguardo le parole di Konrad non sono chiare), ma resta un mistero cosa intenda Konrad con quel “so fort” che dà per scontato ciò che in realtà non è per niente tale. Verrebbe quasi da pensare che il chiasmo “Gehirn und Gehör, Gehör und Gehirn” non sia altro che un’ulteriore tautologia, parole pronunciate da una persona che in realtà non sa bene di cosa stia parlando, ma che desidera comunque darsi un tono e fare bella figura con l’ascoltatore, anche attraverso giri di parole o discorsi appena abbozzati e non proseguiti, perché si vuole dare l’impressione di non avere tempo da perdere per argomenti così ovvi e scontati (di cui però, in realtà, non si saprebbe cos’altro dire).

Diverso il caso del sesto capitolo. Konrad parla infatti, in questa occasione, di “Subudito” (“Subgehör”), e aggiunge una frase che in effetti descrive, per quanto assai succintamente, quello che dovrebbe essere il contenuto del capitolo in questione; l’utilizzo di un termine tecnico come “disartria dell’udito” (“Gehördysarthrie”) conferisce credibilità al discorso e quindi anche a chi il discorso pronuncia, Konrad.

Il settimo capitolo, “Hören und Sehen”, parrebbe rimandare nella forma al secondo capitolo. Entrambi i capitoli non tratterebbero dunque dell’udito in sé e per sé, ma semmai dell’udito in connessione con gli altri sensi, ovvero dell’udito in relazione alla totalità, a quella totalità di cui possiamo fare esperienza esclusivamente attraverso i

sensi di cui disponiamo. Das Gehör vuole dunque essere, almeno nelle intenzioni, un’opera onnicomprensiva ed enciclopedica, è perciò la tipica opera del

Geistesmensch, che non riesce a limitarsi a un singolo argomento da trattare poiché

non è capace di ignorare le connessioni fra argomenti distinti . Questo modo di 141

pensare è già pienamente sviluppato in Konrad, non soltanto riguardo al saggio, come vedremo in seguito.

Del terzo, quarto e ottavo capitolo non viene fatta parola, mentre è interessante la descrizione del quinto capitolo, il più misterioso e quello che alla fine rimane anche più impresso, perché con esso si chiude la spiegazione della struttura del saggio. Esso non avrebbe ancora un nome e sarebbe in assoluto il più difficile. Il fatto che proprio il quinto capitolo sia fra tutti il più debole, indebolisce l’impianto generale dell’Udito, semplicemente perché si tratta del capitolo centrale dell’opera, di quella parte, cioè, che dovrebbe essere, al contrario, la più solida.

Vi è poi la questione relativa alla numerologia. Per un saggio che vorrebbe scuotere il mondo accademico e scientifico tutta questa importanza data da Konrad al numero nove fa pensare di certo all’intero lavoro come a un lavoro, più che scientifico, pseudoscientifico. Com’è noto sono passati diversi secoli da quando era norma scrivere delle opere, scientifiche, filosofiche e anche letterarie, prestando attenzione alla numerazione delle sue parti, per esempio appunto a quella dei capitoli o dei canti, nel caso di opere in versi, numerazione che assumeva un significato proprio, spesso e volentieri religioso. Il nove per esempio è un numero molto importante per il cristianesimo, essendo il quadrato di tre, che rimanda alla trinità. Dante nella

Commedia, per limitarci a questa opera universalmente nota, divide l’inferno in nove

cerchi e il paradiso in altrettante sfere celesti. Per parte sua Konrad, che altrove definisce la sua opera, a dire la verità un poco confusamente, “organisch” e afferma che la sua vicenda “mit dem Metaphysischen in Spekulation, aber niemals aus der

Metaphysik selbst existiere” (KA 176), è del parere che dal nove si possa ricavare tutto

Konrad per esempio non si limita a considerare l’udito nella sua accezione, per così dire, medica e

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anatomica, ma studia anche quelle espressioni linguistiche che contengono nella loro radice etimologica riferimenti all’ascoltare, all’udire: “über den genauen Unterschied zwischen Horchen und Hören rede er, er mache ihr zuerst Horchen, dann Hören klar, Zuhören, Zuhorchen, Aufhorchen, Abhorchen, dann Überhören, Mithören und so fort. Abhören, Aufhören, Anhören, plötzlich sage er zu ihr mehrere Male das Wort weghören. Hinhören, sage er” (KA 109).

(“aus Neun könne alle exportiert worden”) e che il nove sia in assoluto il numero più importante, almeno per ciò che concerne l’udito. D’altra parte queste sortite di Konrad non ci devono sorprendere più di tanto, infatti è lui stesso a premettere che per comporre un’opera ambiziosa come quella che lui ha in mente (cioè una “medizinisch- musikalisch-philosophisch-mathematische Arbeit” - KA 68) bisogna essere, simultaneamente, medici, filosofi, naturalisti, matematici, fisici, artisti e soprattutto profeti, che occorre essere tutte queste cose al massimo grado (“und das alles in höchstem Maße” - KA 66).

Ma come ci si prepara a un saggio del genere? tanto più se “über das Gehör gibt es keine aufschlußreiche Schrift, die einzige, ehrliche über das Gehör, die einigen Wert besitzt, isr dreihundert Jahre alt, alles andere über das Gehör ist stümperhaft” (KA 66)? Sostanzialmente Konrad pare voler procedere in maniera effettivamente rigorosa, servendosi cioè del cosiddetto metodo scientifico (deduttivo o induttivo che sia), alternando fasi di riflessione e di sperimentazione. Sia nell’una sia nell’altra, Konrad dovrà però vedersela con tutta una serie di difficoltà (talvolta insormontabili) imputabili, rispettivamente, a se stesso o alla moglie, sua cavia. Partiamo proprio da quest’ultima, e quindi dalla fase che abbiamo definito sperimentale.

Per sperimentazione Konrad intente soprattutto applicazione del metodo di Urbancić. Questo metodo, di cui già si è detto qualcosa nelle pagine precedenti, trae ispirazione da un modello reale, come è stato sottolineato più volte dalla critica , 142

ossia dal metodo inventato e perfezionato dal medico viennese Viktor Urbantschitsch (1847-1921) - ancora oggi considerato uno dei fondatori della moderna otologia - per risolvere i problemi delle persone ipoudenti. Urbantschitsch era infatti convinto che queste persone soffrissero di una sorta di letargia uditiva che poteva essere risolta attraverso una stimolazione reiterata dell’udito, mediante la ripetizione di diversi tipi di vocale. Anche in questo caso il riferimento di Bernhard a un fatto realmente accaduto è però ironico e paradossale, perché Konrad, attraverso il metodo Urbancić, provoca alla moglie una fastidiosa otalgia naturalmente sempre incline a peggiorare, a causa della frequenza e della durata estenuante degli esperimenti. Konrad infatti ripete alla moglie determinate frasi, oppure determinate parole accomunate dallo stesso tipo

Cfr. per esempio Mittermayer 2015, p. 205, Latini 2010, p. 25 (nota).

di vocale, per un numero considerevole di volte, e poi pretende che lei gli descriva l’effetto di quelle frasi o parole sul suo udito e sul suo cervello. Può pronunciarle all’orecchio destro di lei, oppure al sinistro , ma anche a una certa distanza dalla 143

moglie, posizionandosi in diversi punti della sua camera. Nel frattempo riempie pagine di appunti, che però distrugge subito dopo, per paura che qualcuno li trovi e riesca a scoprire i segreti di un metodo ormai giunto al grado massimo di perfezionamento (KA 80). Maggiore il grado di perfezionamento, maggiore cioè l’intensità e la frequenza con cui Konrad sperimenta, senza alcun riguardo, servendosi della moglie, maggiore la tortura inflitta a quest’ultima, nonostante che la Konrad si sia ormai abituata alle estenuanti sedute di allenamento impostegli dal marito. A quali eccessi possa giungere il metodo di Urbancić, lo dimostra per esempio il passaggio seguente:

Der Experimentator, denke er, habe nichts anderes zu tun als experimentieren, er frage sich schließlich nicht mehr, warum er experimentiere, er habe sich diese Frage nicht zu stellen, er experimentiere sich zu Tode. Einfacher sei, mit kurzen Sätzen zu experimentieren, soll er gesagt haben, am einfachsten mit für sich stehende Wörtern, am allereinfachsten nur mit Vokalen. Komplizierter, anstrengender, also vor allem für sie, seine Frau, ermüdender, mit langen, längsten, sogenannten vielfachen Schachtelsätzen, mit welchen zu experimentieren ihm allerdings das größte Vergnügen mache. Mit dem Satz zum Beispiel: die Zusammenhänge, die, wie du weißt, mit dem Zusammenhang nicht zu

tun haben, aber die doch auf das empfindlichste mit den Zusammenhängen des Zusammenhangs, der mit dem Zusammenhang nichts zu tun habe, zusammenhängen und so fort. (KA 101)

Dove il lungo periodo, un po’ rompicapo, un po’ scioglilingua, non va inteso unicamente come gioco di parole, ma anche come efficace testimonianza del pensiero labirintico di Konrad e della confusione che regna nel suo cervello.

Altre frasi sono molto meno complesse, ma assai più sibilline, poiché si riferiscono al futuro assassinio commesso da Konrad, e avvalorano quindi l’ipotesi secondo cui il delitto non è stato provocato da un raptus di violenza, quanto piuttosto premeditato. La ripetizione di una frase come “Im Innviertel habe ich nichts” (KA 79) ci lascia infatti giustamente indifferenti, ma lo stesso non può essere detto né per “man macht sich an

Anche questo gesto è stato in alcuni casi interpretato come sublimazione di un rapporto sessuale,

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den Menschen nur schmutzig” (KA 98) - che pur non facendo direttamente riferimento

al fatto di sangue attesta la preoccupante sociofobia, la paura da contatto e il desiderio quasi ascetico di purezza del Geistesmensch - né soprattutto per “Gerechtigkeit, wenn

einer den andern umbringt” (KA 98), che, pronunciato all’orecchio della moglie, non

potrebbe essere altrimenti interpretato che come una minaccia . 144

Konrad però, nonostante la generale arrendevolezza della coniuge, che d’altronde non può fare altro che assecondarlo, è costretto ad affrontare le resistenze di lei, che talvolta si rifiuta di collaborare, talaltra lo costringe a interrompere gli esperimenti per questioni futili (aprire la finestra per areare la stanza, andare a prendere il sidro in cantina e così via). A tutto ciò va aggiunta la “naturale” incomprensione fra marito e moglie, che per Konrad costituisce la norma del rapporto matrimoniale, piuttosto che una sua eccezione, come abbiamo già visto.

Konrad inoltre fa esperimenti anche con se stesso, servendosi dell’orecchio assoluto che è andato sviluppando negli anni, a forza di concentrarsi unicamente sull’Udito. Egli è così in grado di sentire le persone conversare sull’altra sponda del lago (KA 21) e persino, in assenza di vento, il rumore dei rami degli abeti, quello delle acque profonde e infine quello prodotto dal moto incessante dell’aria (KA 67-68). In tutte queste circostanze alle persone utilizzate da Konrad come cavie per i suoi esperimenti è riservato un trattamento migliore rispetto a quello previsto dal protocollo del metodo Urbancić: queste persone infatti non devono fare altro che confermare a Konrad di non essere capaci di udire alcun rumore, fra quelli segnalatigli da lui. È ovvio che anche in casi come questi si possono nutrire forti dubbi sulla verosimiglianza delle parole di Konrad: i suoni che egli sarebbe in grado di udire, sempre che li oda davvero, potrebbero infatti essere le voci e i rumori della pazzia, qualcosa di simile ai

Geräusche percepiti dal principe Saurau in Verstörung.

Ma la lotta più grande, a ben vedere, Konrad è costretto a ingaggiarla con se stesso nei momenti in cui riflette sul saggio. Di ciò sembra essere lui per primo consapevole, se è vero che ammette, facendo il verso a Monsieur Teste, che: “während ich früher nicht wehrlos in die Gedanken hineingegangen bin, gehe ich jetzt völlig wehrlos in die Altre due frasi significative con le quali Konrad pare stavolta voler sbeffeggiare la moglie,

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prendendosi gioco del suo handicap: “ganz gleich, Macht oder Ohnmacht” e “wie mühevoll, zu gehen” (KA 97).

Gedanken hinein, schutzlos, obwohl schwerbewaffnet, völlig unbewaffnet, während ich früher völlig unbewaffnet, aber nicht wehrlos in die Gedanken hineingegangen bin” (KA 127). Poco dopo lamenta l’inefficienza della sua testa e dunque del suo 145

cervello, anche a causa dell’impossibilità che entrambi possano prescindere dal mondo, e dunque dalla natura che non è un enigma (“kein Rätsel sei” - KA 128), ma resta comunque un ostacolo insormontabile che si frappone sempre fra il

Geistesmensch e il suo obiettivo. Stavolta Konrad fa il verso al Wittgenstein del Tractatus, quando è costretto a constatare, non senza sconforto, che “Kopf und Gehirn,

umgekehrt Gehirn und Kopf sich nur aus der Welt in die Welt zurückziehen könnten und so fort” (KA 127). 146

Per l’uomo di spirito si tratta di una presa di coscienza che ha qualcosa di definitivo, poiché qualifica ogni tentativo di fuga, ogni nuovo arroccamento come vano e fallimentare. Per Konrad in particolare significa ammettere l’inutilità del trasferimento della fornace, che egli credeva erroneamente fuori dal mondo, ma che è invece fin troppo coinvolta nei fatti del mondo - come testimoniano le visite continue e non volute che riceve, la sola presenza della moglie e in più la sua necessità di essere

Bernhard ha più volte menzionato il Monsieur Teste (1926 - 1946) di Valéry come uno dei suoi libri

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preferiti. In questo caso sembrerebbe aver ripreso un aforisma contenuto nella parte più frammentaria dell’opera: “bisogna entrare in se stessi armati fino ai denti” (Paul Valéry, Monsieur Teste, elliot, Roma 2016, p. 80).

L’allusione (molto meno letterale rispetto alla precedente) a Wittgenstein rimanderebbe in questo

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caso alla proposizione 4.12 del Tractatus: “la proposizione può rappresentare la realtà tutta, ma non può rappresentare ciò che, con la realtà, essa deve avere in comune per poterla rappresentare - la forma logica. Per poter rappresentare la forma logica, noi dovremmo poter situare noi stessi con la proposizione fuori della logica, ossia fuori del mondo” (Ludwig Wittgenstein, op. cit., pp. 50-51). Le proposizioni del Tractatus, com’è noto, non sono così facilmente astraibili dal contesto da cui dipendono, non se ne può fare un uso tanto disinvolto, quasi si trattasse di una raccolta di aforismi, poiché ogni proposizione è strettamente collegata alle altre e si serve di un vocabolario il cui significato dipende proprio da tali connessioni. Quante volte per esempio la famosa proposizione numero 7, con la quale si conclude il Tractatus, è stata utilizzata a sproposito e quindi fraintesa, spesso per invitate l’incauto interlocutore di turno ad aprire bocca soltanto dopo essersi ben informato di ciò di cui si sta parlando! Ciò che il ragionamento di Konrad pare avere in comune con quello di Wittgenstein, per tornare al romanzo, va a nostro avviso circoscritto all’idea del limite, di quel limite invalicabile che è il mondo, che non può essere oltrepassato, così da poter godere di una posizione privilegiata di osservazione dei fatti del mondo. Noi infatti siamo nel mondo, sembra affermare Konrad, e ogni volta che pensiamo di poterne fare a meno, di non esserne coinvolti, di poterne parlare come qualcosa che non ci riguarda, siamo sempre costretti a renderci conto che ci stiamo illudendo. Noi siamo nel mondo e il mondo è in noi, ovvero: dipendiamo dal mondo e da esso siamo costantemente influenzati.

aiutata per soddisfare anche i bisogni più naturali, e in generale le mille fonti di disturbo che lo distraggono dal saggio.

Konrad deve quindi difendersi da due diversi tipi di fattori di disturbo. Dai disturbi esterni, ovvero indipendenti da lui: “einmal sei es der Baurat, dann sei es der Forstrat, dann der Höller, dann der Bäcker, dann sei es der Rauchfangkehrer, dann sei Wieder es, ich es, seine Frau sei es, alles sei es” (KA 58), la cui narrazione conferisce al romanzo il suo lato comico, certe volte pantomimico (per esempio nell’episodio relativo alla ricerca del metro smarrito dall’assessore - KA 113-115). Dai fattori di disturbo interni, cioè da quelli che Konrad può imputare solamente a se stesso, al suo particolare modo di pensare. Quest’altro tipo di disturbi è ben più grave rispetto al primo, perché Konrad può fare poco o niente per porvi rimedio. Come gli altri

Geistesmenschen, anch’egli si ritrova intrappolato in quel vicolo cieco che è dovuto

all’impossibilità di cambiare il proprio modo di pensare attraverso ciò che per l’appunto dovrebbe essere cambiato, cioè attraverso il proprio modo di pensare.

La forma mentis di Konrad non è ben rappresentata soltanto dalla topografia labirintica della fornace, ma anche dai metodi che egli utilizza per far fronte all’inquietudine interiore, fortemente contrastante con la quiete esteriore dell’edificio, che lo attanaglia quando “anstatt Konzentration (auf die Studie) […] trete plötzlich A- Konzentration (auf die Studie)” (KA 82):

Verschiedene Methoden, Hilfsmittel als Ersatz für den nichtfunktionierenden Mechanismus wende er an, er lese im Kropotkin, versuche es selbst mit dem Ofterdingen, der im Grunde ihr Buch sei, aber selbst durch den Ofterdingen gelinge ihm nicht, in sich innere Ruhe zu erzeugen, er setze sich, stehe auf, setze sich wieder, stehe wieder auf, abwechselnd schlage er den Kropotkin auf, den Ofterdingen, er gehe, in seinem Zimmer, in die eine, dann in die andere Richtung, ordne Papiere, bringe diese Papiere wieder durcheinander, mache den Kasten auf, ziehe verschiedene Laden heraus, immer wieder die gleichen Kommodenladen,

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