• Non ci sono risultati.

Continuiamo il nostro percorso verso il cuore del romanzo soffermandoci stavolta sui protagonisti della narrazione, Konrad e sua moglie. Di loro abbiamo in verità già abbondantemente parlato, mai però in maniera sistematica. È giunto quindi il momento di analizzare i due personaggi, alla luce soprattutto di quanto detto finora riguardo alla figura del Geistesmensch, nel caso di Konrad, e a quella della compagna-vittima dell’uomo di spirito, nel caso della Konrad.

I tratti prototipici del Geistesmensch, che abbiamo individuato in vari personaggi delle opere precedenti - il Kulterer del racconto omonimo, il narratore di Die Mütze, l’industriale di Verstörung -, trovano pieno sviluppo nella figura di Konrad. Essi subiscono inoltre, per così dire, una perversione, giacché Konrad rappresenta per l’appunto un exemplum in negativo del Geistesmensch, ciò che tutti gli uomini di spirito potrebbero diventare qualora non prendessero per tempo delle contromisure, in primo luogo, si capisce, nei riguardi di se stessi. Anche la Konrad, nonostante i suoi timidi tentativi di ribellione, è uno dei personaggi femminili in assoluto più passivi delle opere di Bernhard. Anche a causa dell’immobilità dovuta alla paralisi, ella non riesce a opporre una valida resistenza al marito, che può così trascinarla nel proprio fallimento e alla fine la uccide.

Partiamo proprio dalla Konrad. Occorre per prima cosa mettere in conto che tutto ciò che viene detto su di lei proviene per lo più dal marito, e che quindi non si trova, all’interno del romanzo, una rappresentazione oggettiva del personaggio, ma semmai sempre e comunque una raffigurazione parziale , per lo più negativamente connotata. 123

Konrad infatti disprezza la moglie, la ritiene responsabile della propria incapacità di scrivere il saggio, proiettando quindi su di lei quegli aspetti del suo carattere che fatica

Come nel caso della sorella del narratore di Verstörung e di quella di Roithamer in Korrektur.

ad accettare. Il disprezzo verso la moglie risulta dunque tanto più forte, proprio perché origina dalla cattiva coscienza del Geistesmensch, perché si confonde con il disprezzo che Konrad prova verso se stesso. Si tratta in sostanza di un disprezzo verso il simile (i due infatti sono legati da un doppio legame, parentale e matrimoniale), piuttosto che nei confronti del diverso. A testimonianza di ciò, valga per esempio l’attitudine di Konrad a concepire se stesso e la moglie come due estremi polarmente opposti, attitudine che tradisce lo sforzo di allontanare da sé tutto ciò che viene ritenuto, non sempre a ragione, estraneo, e che determina, comprensibilmente, una visione del mondo manichea e dunque infantile, fin troppo definita e definitiva per essere presa per vera. Konrad è in sostanza uno di quei personaggi assoluti o convessi, come li definisce Enrico Testa, che “desume la forza di dire io dal suo continuo porsi contro qualcuno o qualcosa” , e che non è perciò capace di una vera e propria evoluzione, a 124

causa dell’ostinazione con cui si rinserra in se stesso, desiderando in tal modo eludere, oppure, nel migliore dei casi, cancellare il mondo esterno, imponendogli a forza la propria esasperata soggettività.

La caratterizzazione dei due personaggi si articola dunque intorno ad alcune coppie di opposti facilmente individuabili, anche per la loro ricorrenza all’interno dell’opera: di Toblach e Sicking si è già detto, e qualcosa abbiamo già accennato anche riguardo al Kropotkin e all’Ofterdingen. Il Kropotkin, autobiografia dell’omonimo anarchico russo vissuto a cavallo fra Ottocento e Novecento, è il libro preferito di Konrad, mentre l’Ofterdingen, ossia più precisamente l’Heinrich von Ofterdingen di Novalis, è il testo preferito dalla Konrad. La critica ha tentato di identificare il valore simbolico che i due libri assumono all’interno del romanzo. Jens Tismar, per esempio, nella contrapposizione fra Novalis e Kropotkin ha individuato la polarità di politica e poesia, di azione e contemplazione, di sfera femminile e sfera maschile . In realtà 125

non occorre a nostro avviso andare troppo oltre nella ricerca delle motivazioni che hanno spinto Bernhard a inserire proprio queste due opere all’interno del suo romanzo. Le opere dello scrittore pullulano infatti di riferimenti spesso superficiali ad altri scrittori, filosofi, musicisti o scienziati, superficiali nel senso che l’opera in questione

Testa 2009, p. 22.

124

Tismar 1973, cit. in Latini 2010, p. 27 (nota).

soltanto di rado, o per dir meglio quasi mai si prende la briga di giustificare il riferimento, che è comunque quasi sempre insistito. Spesso si è perciò parlato, a nostro parere giustamente, di name-dropping . In effetti non pare affatto strano, sapendo che 126

tipo di scrittore fosse Bernhard, che egli almeno in qualche occasione abbia voluto prendere per il naso la critica, o comunque il lettore colto dei suoi romanzi, gettandogli in pasto quel certo nome altisonante non del tutto giustificato, però, dal contesto romanzesco. Viene facile immaginarsi il ghigno sardonico di Bernhard, mentre il suddetto critico o lettore si scervella per ore al fine di trovare una motivazione plausibile che leghi quel dato nome a quel dato contesto. Noi non lo faremo, memori anche della lezione di Peter Szondi, per il quale, se tante chiavi sembrano funzionare, è soltanto perché non esiste una serratura.

Ciò che faremo è semmai notare come questi riferimenti, una volta inclusi nei mondi di invenzione di Thomas Bernhard, cessino di significare ciò che significavano in origine, subendo dunque un progressivo processo di risemantizzazione. Se infatti all’inizio del romanzo è pur lecito domandarsi, al pari del critico o del lettore colto di cui sopra, perché proprio il Kropotkin e perché proprio l’Ofterdingen, all’ennesima riproposizione del tema Kropotkin-Ofterdingen si fa caso più che altro al suono delle due parole, piuttosto che al loro valore referenziale. A furia di sentirli nominare, quasi ci si dimentica dell’anarchico russo e dello scrittore tedesco e si finisce col collegare i due libri unicamente ai due personaggi che così spesso ce li hanno fra le mani: il Kropotkin a Konrad, l’Ofterdingen alla Konrad. Tale processo di risemantizzazione è talmente forte che alla fine è quasi come se i due libri li avessero scritti loro, i Konrad, piuttosto che Kropotkin e Novalis. Essi, e cioè i libri, dal punto di vista di Konrad non sono altro che strumenti di battaglia nella lotta coniugale intrapresa giornalmente nei confronti della moglie. Lui costringe lei ad ascoltare la lettura a voce alta del Kropotkin, e lo fa soprattutto per imporsi. Allo stesso modo le legge delle frasi di Wittgenstein (KA 168), giusto per torturarla, perché sa che lei lo odia. Per la Konrad, al contrario, leggere l’Ofterdingen significa poter godere di un momento di tregua, avendo inoltre la possibilità di esprimere se stessa, o meglio il proprio diritto di

Vedi per esempio, a proposito dei numerosi riferimenti a Wittgenstein, Huber 2005. Inoltre Jahraus

126

espressione, proprio attraverso l’Ofterdingen. Per questo nel romanzo non vi è alcuna allusione al contenuto dei due libri: non ve ne è bisogno perché essi stanno per qualcos’altro, perché il loro significato dipende dal contesto narrativo in cui si trovano, come abbiamo appena visto.

Molto spesso le polarità del romanzo nascondono una identità di fondo fra i due personaggi. La paralisi fisica della Konrad si oppone per esempio al continuo girovagare di Konrad all’interno della fornace, al suo bisogno di ampi spazi chiusi dove poter fare in continuazione avanti e indietro, riflettendo nel frattempo sull’Udito. Tuttavia, il solo fatto che egli cammini in continuazione avanti e indietro fa sì che il suo moto sia soltanto apparente, che sia cioè un moto, per così dire, sul posto, sempre limitato alle stanze della fornace. Ogni spostamento in una direzione viene infatti annullato dal ritorno alla posizione di partenza ed è dunque uno spostamento inconcludente. La paralisi fisica della Konrad viene così a coincidere alla paralisi mentale del marito, che non gli permettere di mettere su carta il tanto agognato saggio. La Konrad in questo senso funge da ipostasi della paralisi, rappresenta la paralisi materiale, mentre quella del marito è soltanto metaforica (mentale). È anche per questo che Konrad odia tanto la moglie, perché vede in lei l’incarnazione della propria inettitudine.

Lo stesso può essere detto riguardo alle muffole. Quello delle muffole è senz’altro uno dei motivi più riusciti del romanzo, in quanto particolarmente funzionale ai vari livelli interpretativi dell’opera. Innanzitutto vi è un’ovvia identità fra il lavoro mai concluso della Konrad, che sferruzza ogni giorno alacremente alle muffole, facendo e disfacendo la loro trama senza mai portarla a termine, e il lavorio intellettuale di Konrad, che consiste nel “tessere” una frase d’inizio per il saggio, scartarla per selezionarne un’altra, a sua volta scartata in favore di una terza frase, e così via. Lo sferruzzare alle muffole funziona anche come buona metafora del romanzo, e difatti non è un caso se in precedenza avevamo parlato di fili narrativi che si intrecciano fra di loro. D’altra parte è la stessa terminologia letteraria a servirsi di termini che fanno metaforicamente riferimento al campo semantico della tessitura, sia in italiano (trama, intreccio, ordito ecc.), sia in tedesco (“Geflecht”, intreccio o trama, da “flechten”, intrecciare). Come nel caso della paralisi, anche in questo strano hobby della moglie

Konrad individua una rappresentazione del suo fallimento, appunto perché il lavoro alle muffole è reso sterile dal fatto che la Konrad non finisce mai di confezionarle:

[…] an einem einzigen Paar Fäustlinge soll die Konrad ein halbes Jahr gestrickt haben, indem sie jeden der beiden Fäustlinge, kurz bevor sie sie fertig gehabt habe, wieder aufgetrennt habe, und wäre einmal einer der Fäustlinge fertig und das heißt tatsächlich auch zur Gänze zusammengenäht gewesen, habe sie, die Konrad, ihrem Mann plötzlich wieder eine andere Wollfarbe als die des fast fertigen Fäustlings eingeredet und sie habe mit seiner Einwillung den Fäustling wieder aufgetrennt und habe von neuen begonnen, einen Fäustling zu stricken, wieder in einer anderen Farbe und so fort […] (KA 153)

Il colore diverso delle muffole corrisponde alle parole sempre diverse che, a seconda delle circostanze, sembrano a Konrad le più congeniali per cominciare l’Udito. Parole che però, come il colore, si rivelano ogni volta inadeguate e che perciò devono essere accantonate in favore di qualcosa di meglio. Si può dunque ritenere che la Konrad rappresenti una sorta di emblema, quasi un’allegoria del marito, che questi scorga in lei la concretizzazione delle proprie aporie e che proprio per tale ragione decida infine di ucciderla. Infatti, come ricorda l’italiano dell’omonimo frammento (Der Italiener, 1969), non c’è alcun mezzo per sfuggire a se stessi (“es gebe […] ‘kein Mittel, sich selbst zu entfliehen’” - IT 76). Fallito il saggio, ovvero l’opportunità migliore per mezzo della quale, diventando qualcos’altro (l’opera stessa), Konrad avrebbe potuto sfuggire a se stesso (perché, come afferma in un passo importante, “der Name bedeute nichts, die Person des Schriftstellers bedeute nichts, wie ja überhaupt niemals und in keinem Falle also die Person oder das Persönliche eines Schriftstellers etwas bedeute, seine Arbeit sei alles, der Schriftsteller selbst sei nichts” - KA 191), 127

non gli rimane che una sola via di fuga, la peggiore e la più drastica in assoluto: compresa l’identità nel diverso, affrontare se stesso nel diverso e annientarlo, annientando anche se stesso. Konrad infatti uccide la moglie non perché la ritiene incompatibile con lui, e cioè troppo diversa, ma al contrario perché si scopre uguale a lei, mentalmente paralitico e impotente.

Concetto che trova un suo sviluppo narrativo in una breve prosa di Der Stimmenimitator,

127

L’hobby della Konrad avvalora anche l’interpretazione mitica della vicenda narrata in Das Kalkwerk. Latini, al pari di altri critici (fra i quali per esempio Schmidt- Dengler), definisce il personaggio una “anti-Penelope” , sempre per il lavoro di 128

tessitura che accomuna le due figure. Tuttavia, dato che già diverse volte abbiamo alluso a una chiave di lettura comunque mitica, ma riferita al motivo del labirinto, ci sembra più opportuno paragonare la signora Konrad ad Arianna, anch’essa del resto pratica di gomitoli e quant’altro. Inoltre Konrad, nonostante possa avere in comune con Ulisse l’attributo dell’astuzia (in entrambi i casi giudicato non del tutto positivamente), è molto più simile al Minotauro che non al personaggio omerico.

Soprattutto, da questa prospettiva emerge bene anche la natura ironica e disincantata della rilettura bernhardiana del mito classico (discorso che potrebbe essere esteso alla grande maggioranza delle riletture mitiche moderne e postmoderne, come abbiamo già detto). Infatti dal modernismo in poi la letteratura rinuncia alla figura dell’eroe e sviluppa in sua sostituzione quella dell’antieroe, dell’inetto, dell’everyman. La casistica è così ampia da aver dato origine, come è noto, a un vero e proprio filone di opere che hanno in comune questo tipo di personaggio. Si tratta, in sostanza, di uno dei marchi più caratteristici del modernismo letterario. Perciò in Das Kalkwerk, coerentemente, il posto dell’eroe, che nel mito classico spettava a Teseo, viene lasciato vacante. Nel romanzo infatti non vi è alcun salvatore: Höller è la figura più vicina alla signora Konrad, ma sembra non darsi alcun pensiero della sua “prigionia”; l’assessore, oppure Fro, sono gli altri due personaggi che si avvicinano maggiormente alla moglie di Konrad, ma vengono intercettati e resi per così dire inoffensivi da questi nella stanza dei pannelli, che costituisce una sorta di sbarramento fra l’esterno e l’interno della fornace ; infine, eventualmente, il narratore sarebbe l’altra figura che potrebbe 129

candidarsi al ruolo di eroe, ma quando egli giunge a Sicking la tragedia si è ormai consumata da un pezzo. Arianna, in assenza di un salvatore, non può fare altro che guardare malinconicamente fuori dalla finestra per interi giorni (KA 33). Soltanto le letture dell’Ofterdingen, il marito che le ravvia i capelli e l’arrivo dei pasti,

Latini 2010, p. 58 (nota). Vedi anche Calligaris 2005, Sorg 1992, p. 91.

128

A essere precisi Fro incontra Konrad in presenza della moglie, ma in una giornata molto

129

particolare, per cui entrambi appaiono, per stessa ammissione di Konrad, quasi trasfigurati (KA 142 ss.).

confezionati alla locanda da mani estranee, le donano un po’ di serenità. Ella inoltre non ha più bisogno di conservare un gomitolo per Teseo, non spera più nel suo arrivo né dunque in una fuga dal labirinto. Dal labirinto infatti, o almeno da questo tipo di labirinto moderno, certo più prosaico ma anche più impietoso, non vi è via d’uscita. La signora Konrad può dunque tranquillamente permettersi di utilizzare il filo di lana per fabbricare delle muffole. Gomitolo e filo che comunque, come detto, continuano a essere utilizzati contro Konrad, il Minotauro. Essi sono anzi uno degli strumenti preferiti dalla moglie per vendicarsi dei soprusi del marito.

Veniamo così al rapporto vero e proprio fra il signore e la signora Konrad, un rapporto che, ancora una volta, va posto sotto il segno dell’identità nella diversità: “[…] und also lebten sie beide ständig nicht nur gegenseitig, sondern auch nebeneinander in dem Zustand der Dauerlüge, sie belüge sich, er belüge sich, dann belögen sie sich gegenseitig, abwechselnd er sie und dann wieder sie ihn und dann wieder gleichzeitig sie ihn und er sie” (KO 83). Qui infatti viene sottolineata la specularità, tutta negativa, di un rapporto di coppia interamente basato sulla menzogna.

Sia Konrad sia la Konrad, però, sanno anche essere molto diretti l’uno con l’altro, riescono cioè a esprimere l’odio reciproco che li lega a parole, oppure attraverso piccole torture quotidiane esasperate dalla convivenza forzata. La Konrad, per esempio, rinfaccia più volte al marito la sua incapacità di mettere per iscritto il saggio, andando senz’altro a toccare quello che può essere definito un nervo scoperto di Konrad, o meglio il suo nervo scoperto:

Sie glaube ja nicht an das, was er ihr tagtäglich zu beweisen versuche und was sich ganz einfach nicht beweisen lasse, daß er eine grundlegende, er scheute sich in letzter Zeit, aus Verzweiflung, wie er zu Fro gesagt haben soll, gar nicht mehr zu sagen epochemachende Studie im Kopf habe. Darauf soll sie gelacht und gesagt haben: ich möchte nicht sehen, was in deinem Kopf ist, könnte man deinen (also Konrads) Kopf umkippen, so fiele etwas Entsetzliches heraus, Mist, Verfaultes, Undefinierbares, Erschreckendes, völlig Wertloses. (KA 159-160)

Assai più subdole sono però le piccole torture quotidiane cui accennavamo poco sopra: la Konrad si compiace di obbligare il marito, a seconda dei casi, ad accorrere

alle sue scampanellate, a cambiarle più volte l’abito, a pettinarla per ore e ad aprire la finestra della sua camera per fare entrare aria fresca; a farsi portare senza alcun motivo pratico le mollette di Toblach per lo zucchero, oppure un bicchiere di sidro che poi rovescia fuori dalla finestra; a controllare che tempo faccia oppure ancora, lo abbiamo già visto, a farsi leggere l’Ofterdingen. Konrad, per parte sua, è ben consapevole del lato sadico di sua moglie (“das Sadistische” - KA 168), ma le concede comunque la vittoria in queste piccole schermaglie pur di avere vinta la guerra, ovvero pur di riuscire, un giorno o l’altro, a mettere per iscritto il saggio. Infatti, “abgesehen von allen diesen Sadismen ihrerseits […], komme er ja vorwärts, die urbantschitsche Methode entwickle er, die Studie behalte er im Kopf etcetera” (KA 170).

Ciò che ci preme sottolineare è che anche in questo caso, quasi con gli stessi termini, viene ribadita la specularità della relazione:

Einmal gehorche sie ihm, dann wieder er ihr, aber natürlich habe sie ihm öfter zu gehorchen als er ihr und in Wahrheit könne man nicht sagen, daß er ihr gehorche, er erfülle ihr nur ihre Wünsche. Tagelang unterwerfe ich mich ihr vollkommen, soll er zu Wieser gesagt haben. Dann aber weigere er sich plötzlich und es trete wieder eine Priode ein, in welcher sie ihm zu gehorchen habe, ausschließlich, und in welcher ihr kein Wunsch erfüllt werde. (KA 94)

Ma la Konrad si dimostra molto più chiaroveggente rispetto al marito. Fin dal principio riconosce infatti che la sua è una partita persa, che ella è destinata a soccombere. Più precisamente, fin da quando il marito le comunica l’idea di scrivere un saggio sull’udito: “ich mache etwas über das Gehör, soll er zu seiner Frau gesagt haben, etwas über das Gehör, über das es nichts gibt. In diesem Augenblick habe sie, soll Konrad zu Wieser gesagt haben, genau gewußt, daß er für sie, für die er bis zu diesem Zeitpunkt alles gewesen war, verloren sei” (KA 69).

La signora Konrad, nonostante le timide resistenze messe in atto nei confronti del marito, è costretta dunque a rivestire il ruolo della vittima sacrificale, è cioè destinata, almeno in un primo momento, a immolarsi per il Geistesmensch, un sacrificio che gli viene naturalmente imposto e che per di più non serve a niente, perché il

portare a compimento il lavoro intellettuale che si è prefissato, non raggiunge mai il suo scopo e fallisce.

Passiamo allora proprio a Konrad, il Geistesmensch. Come ogni vero uomo di spirito, anche Konrad possiede un pensiero fortemente gerarchizzante, e inoltre la risolutezza necessaria per rispettare e far rispettare la scala di valori che egli si impone, imponendola anche alle persone a lui più vicine. Se infatti Konrad rispetta Höller, e gli usa talvolta gentilezza, se si concede all’assessore, a Fro o a Wieser, quando è nella fornace, ovvero quando può essere veramente se stesso, costringe la moglie ad adattarsi al suo tenore di vita, a desiderare ciò che lui desidera, a sforzarsi per raggiungere degli obiettivi che sono soltanto suoi. Il sacrificio che Konrad pretende dalla moglie, non sarebbe però disposto a elargirlo lui stesso, se la situazione fosse capovolta: “es mag Ihnen unwahrscheinlich vorkommen, soll Konrad zu Wieser gesagt

Documenti correlati