• Non ci sono risultati.

Fortuna e sfortuna conservativa del Palazzo Caetani di Fondi dal principio del Novecento ad ogg

3. La storia moderna del territorio di Fondi e del suo patrimonio artistico 1 Il feudo fondano dopo i Caetani: da Prospero Colonna ai principi Di Sangro La

3.4 Fortuna e sfortuna conservativa del Palazzo Caetani di Fondi dal principio del Novecento ad ogg

Le ricerche d’archivio mi hanno permesso di ricostruire alcune delle vicende che hanno coinvolto il palazzo baronale di Fondi a partire dagli ultimi anni del XIX secolo e fino agli odierni interventi di restauro, ancora in corso – progettati dalla Regione Lazio che ha acquisito il monumento nel 2003 – volti al recupero del monumento e alla creazione di un centro culturale polivalente. Il palazzo ha sempre seguito le sorti della contea di Fondi divenendo proprietà dei vari feudatari succeduti al potere dei Caetani, fino agli ultimi principi Di Sangro. L’aspetto odierno dell’edificio Caetani corrisponde, almeno nella struttura generale, a quello raggiunto già nella seconda metà del XV secolo, documentato dalla minuziosa riproduzione nel dipinto di Cristoforo Scacco conservato in San Pietro. L’opera ci tramanda la più antica veduta del castello, della Porta Napoli e del prospetto sud-est del palazzo Caetani1015. Ma il passaggio di numerosi proprietari e gli avvenimenti dei secoli trascorsi hanno certamente insistito sull’aspetto dell’edificio modificandone l’estetica “rinascimentale” dei prospetti e la struttura degli spazi interni. Soprattutto la sua storia novecentesca appare molto travagliata e priva di seri interventi di tutela e recupero almeno fino a tempi molto recenti. Alcuni studiosi, proseguendo il discorso avviato da Gelasio Caetani, hanno tentato una dettagliata ricostruzione dell’assetto del palazzo quattrocentesco, il cui impianto non subì cambiamenti significativi dopo la fine del Quattrocento1016. Da ultimo, quello di Giovanni Pesiri in corso di pubblicazione1017 è guidato dal confronto tra i dati desumibili dalle principali fonti a disposizione1018 e ciò che è ancora osservabile. Non è stato possibile definire esattamente la posizione e l’ampiezza di alcuni vani del palazzo così come erano in origine, anche a causa dei rifacimenti realizzati tra Otto e Novecento e dei crolli provocati dai bombardamenti aerei nel 19441019. La mia analisi si aggancia a questo tentativo e approfondisce le questioni che hanno portato nel corso del Novecento all’odierno assetto dell’edificio1020. Esso nel tempo ha assunto la forma stabile di un quadrilatero con i fabbricati disposti intorno a un cortile centrale, impianto già consolidato alla fine del XV secolo1021. Il complesso architettonico è delimitato a nord-est dal corso Appio Claudio, a sud-est dalla piazza Unità d’Italia, a sud-ovest dalla zona dove era ubicato l’antico giardino interno scomparso, a nord-ovest dalla piazza Duomo. Per quanto si desume dalle fonti, il Palazzo Caetani fino alla metà dell’Ottocento comunicava con l’esterno solo attraverso il grande portale di stile angioino-durazzesco che dà sul Corso; ciò se si escludono la passerella lignea

1015 Cfr. par. 2.2.3. 1016

Caetani, Domus Caietana, pp. 168-174; Andrisani, Il Palazzo Caetani, pp. 5-26; Fondi e la signoria dei Caetani.

1017 La parte del saggio dedicata all’assetto quattrocentesco del palazzo riprende e aggiorna il lavoro pubblicato

nel 2009 sul medesimo argomento (cfr. Pesiri, Il palazzo Caetani, pp. 747-780)

1018 L’Inventarium Honorati Gaietani redatto nel 1491 e l’Apprezzo dello Stato di Fondi. 1019 Pesiri, Per una storia del palazzo, in corso di pubblicazione.

1020 Per l’analisi degli aspetti conservativi, in continuità con il lavoro già svolto da Pesiri, utilizzerò la

ricostruzione così come presentata nelle planimetrie pubblicate nel volume in corso di pubblicazione che individuano 22 elementi nel piano terra – tra ambienti coperti, scoperti e scale – e 21 nel primo piano; essi sono indicati con la lettera A per il pian terreno, con B il primo piano, con C il mezzanino e con D il sottotetto.

1021

164

di collegamento tra l’appartamento privato del conte e la sua “camera del tesoro” nel primo piano del mastio e la porticina di accesso al coretto sovrastante la porta principale della ex cattedrale di San Pietro1022.

Già dagli ultimi anni dell’Ottocento alcune segnalazioni sul Palazzo baronale di Fondi, all’epoca di proprietà dei Principi Di Sangro, attirarono l’attenzione degli Enti preposti alla tutela dei monumenti nazionali. Nel corso della prima metà del Novecento i pericoli per la conservazione della monumentalità del palazzo derivati dai diversi passaggi di proprietà e dalla conseguente lottizzazione dei suoi ambienti impose la decretazione del vincolo di importante interesse storico-artistico in base alla legge 20 giugno del 1909 che molto spesso la Soprintendenza (ai Monumenti di Napoli prima e del Lazio poi), incalzata dalla Direzione Generale Antichità e Belle Arti, non riuscì a far rispettare permettendo che il monumento fosse considerato un comune condominio moderno soggetto a notevoli e scellerate trasformazioni. Il 28 dicembre 1891 Luigi Borsari, incaricato dalla Direzione Generale Antichità e Belle Arti di eseguire un resoconto sullo stato dei monumenti cittadini, lamentava una seria trascuratezza delle architetture civili e religiose di Fondi, a partire proprio dal palazzo di proprietà dei principi Di Sangro, che in parte era già “semidiruto” e in parte ridotto ad uso di fienile1023. Il materiale immagazzinato fuoriusciva dagli intagli delle “meravigliose finestre marmoree a traforo” tanto da riuscire a prevedere che la spinta esercitata avrebbe potuto in breve tempo creare importanti danni alla parte monumentale dell’edificio1024. La relazione non lasciò indifferenti la Direzione Generale e l'Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti della Provincia di Napoli (il cui direttore era Ruggiero) che richiesero sopralluoghi e resoconti ai funzionari competenti. Il Regio Ispettore dei Monumenti e degli Scavi di Antichità, Giuseppe Cantorano, il 30 gennaio 1892 scriveva a Ruggiero di “nessun grave pericolo” promettendo di invitare il proprietario attuale a togliere e spostare il fieno1025. Lo stato dei luoghi è rilevato nuovamente il 15 febbraio 1892 in un rapporto del direttore Ruggiero inviato alla “Divisione per l’arte antica”. Egli trascrive il resoconto dell’ingegnere Luigi Fulvio che ha effettuato un sopralluogo insieme a Cantorano. Nonostante le condizioni non siano le migliori rilevabili i due rilevano un buono stato generale delle fabbriche per cui l'edificio “non può dirsi completamente abbandonato”1026. Relativamente a manufatti di interesse storico-artistico nel palazzo, Cantorano scrive di essersi “assicurato”, avendone visitato l'interno, “che esso nulla ha che possa interessare, se se ne eccettua un caminetto di marmo, di epoca posteriore all'edifizio, che trovasi nella parte occupata dal proprietario. L'unica cosa che può richiamare l'attenzione sono alcune porte e parecchie finestre (…)”1027. L’apparenza di un edificio spoglio, privo di interventi decorativi antichi, ha

1022 Per un approfondimento sulla collocazione e funzione di questi vani cfr. Pesiri, op. cit., in corso di

pubblicazione.

1023 Il pianterreno nel lato settentrionale, sotto il loggiato quattrocentesco, già nel 1840 era adibito ad uso di

fienile (ASNA, Archivio Di Sangro, DS 16, f. 20v).

1024 ACS, AABBAA Div. I 1908-1924, b. 90, f. 2080 Restauri Palazzo del Principe, Estratto del rapporto

dell'Ispettore L. Borsari, 28 dicembre 1891.

1025 Ivi, Lettera di Cantorano al Direttore dell’Ufficio Territoriale dei Monumenti della Provincia di Napoli, 30

gennaio 1892.

1026

ACS, AABBAA Div. I 1908-1924, b. 90, f. 2080 Restauri Palazzo del Principe

1027

165

indotto l’Ispettore a ritenere “osservando la molta varietà delle forme, l'eccesso di decorazione nei soli vani e la nudità della superficie dei muri, a me sembra che il palazzo abbia dovuto essere fatto nell'epoca della decadenza dello stile e perciò se ne possa far rimontare la costruzione al principio del XV secolo”. Il direttore Ruggiero è stato per di più informato dal Comune e dall’ispettore territoriale che circa tre anni prima il Principe Di Sangro aveva richiesto un sopralluogo e relativo progetto di restauro ad un ingegnere; egli proponeva dunque di rivolgesi direttamente ai Di Sangro per tutelare la conservazione del palazzo1028. La Direzione Generale chiese dunque alla Prefettura di Caserta di proporre al Principe di Fondi di finanziare i lavori1029, ma ancora un anno dopo non aveva ricevuto alcun riscontro1030. Il 21 maggio 1894 l’Ispettore Cantorano, comunicando alla Direzione Generale che il Principe non avrebbe potuto assumersi l’onere del restauro, riferiva nuovamente sullo stato di conservazione delle finestre che “(…) formate di una specie di travertino, che gareggia col marmo, fanno corpo col muro, perché nate col muro medesimo, e solo potrebbero pericolare pericolando il muro, o se una mano incosciente e scellerata attentasse alla loro esistenza, ipotesi che non si verificherà. Solamente due di quelle finestre prospicienti la campagna non trovansi in buone condizioni, perché esistenti nella parte diruta del palazzo baronale, la intemperie ha portato via i parapetti”. Il 25 giugno il Prefetto-Presidente della Commissione conservatrice dei monumenti1031 comunicava al Ministero le notizie ricevute dal Principe, il quale raccontando le vicissitudini subite dall’edificio baronale nel corso del XIX secolo affermava di non poter far fronte alle spese previste per il restauro dal progetto del defunto ingegnere Francesconi, da lui incaricato; e ciò sia “per le sottrazioni fatte alle mie proprietà per le divisioni di famiglia, quanto per le gravi tasse di successioni pagate, che pei pesi fiscali esorbitanti e per la crisi incombente, che pesa specialmente in quel posto per la malaria e l’abbandono de’ lavori di bonifica1032”. Dopo aver analizzato la situazione, il 24

1028 Ivi: “In quanto al modo di tutelare la conservazione del palazzo, il Sindaco del paese e lo stesso Ispettore

degli Scavi mi hanno assicurato, che il meglio era di rivolgersi direttamente al proprietario, il quale tiene molto a quanto concerne storia ed arte, e mi aggiunsero che or son tre anni egli condusse sul posto un ingegnere perché aveva in mente di restaurare il suo palazzo conservando integro quanto vi si trova di antico. A me p[are] […] dalle notizie raccolte dal Fulvio, per la conservazione dell’Edificio il meglio sarebbe d’intendersela col proprietario già ben disposto ad averne cura, e forse anche erogando delle somme per raggiungere lo scopo”.

1029 Ivi, 26 febbraio.

1030 Il 22 aprile 1893 la Prefettura non ha ancora ricevuto riscontro dal Principe. Stessa situazione un anno dopo:

il 7 aprile 1894 il Ministero chiede ancora alla Prefettura notizie dal Principe e il 14 aprile il Presidente della Commissione conservatrice dei monumenti ed oggetti di antichità e belle arti della Provincia di Terra di Lavoro scrive che ancora non ha avuto riscontro (Ivi).

1031 R. Commissione conservatrice dei monumenti ed oggetti di antichità e belle arti della Provincia di Terra di

Lavoro (Ivi).

1032

Ivi: “Il mio palazzo di Fondi fu manomesso nel 1799 dalle truppe francesi, che invasero in quell’ora il Reame di Napoli. Ristaurati dalla mia famiglia fu di nuovo messo a rovina e bruciato in parte dalle truppe Austriache, che ivi stanziarono fin dopo il 1892, avvalendosi di quel palazzo per loro quartiere. Nel 1848 il Governo Borbonico l’occupò di bel nuovo adibendolo ad alloggio di truppa, devastando e rovinando tutta la parte utile di esso. Nel 1860, dopo la disfatta del Garigliano, le truppe borboniche, sbandate, di nuovo saccheggiarono e devastarono il tutto. Indi il palazzo medesimo fu occupato dalle truppe Italiane, che alla meglio tenenro quartiere sino al 1870, occupazione di Roma. Per tali replicati gravissimi danni mai si è ottenuto da nessuno de’ Governi del tempo compenso o risarcimento di sorta. Attualmente una porzione di detto palazzo è goduta gratuitamente e provvisoriamente dagli Asili Infantili di Fondi per mia filantropica concessione. Tre stanze sono occupate dall’Azienda della mia Amministrazione. L’apprezzo preventivo pel ristauro dell’intero palazzo, seguendo lo stile del 1400, eseguito dal defunto Ingegnere Francesconi, non potrà essere, almeno per ora, eseguito, essendone

166

settembre il Ministero (firmato Bongiovanni) richiedeva alla prefettura di sollecitare il Principe ad intervenire almeno su una delle preziose finestre antiche il cui stato era “preoccupante”1033; intervento la cui spesa era da considerarsi esigua1034. Dopo nuove risposte negative da parte del proprietario, il 7 febbraio 1895 il Ministero accordava alla Prefettura di Caserta l’affidamento del restauro al Genio Civile, il cui intervento sulle finestre a spese del Ministero stesso avrebbe dovuto limitarsi “al minimo necessario”1035. Il 22 aprile 1901 l’Ispettore “ai Musei e Scavi” Luigi Borsari lamentava nuovamente l’incuria in cui versavano i monumenti di Fondi: dopo i restauri alle finestre del palazzo baronale, tranne che per alcuni saltuari interventi del clero o dei cittadini, niente era più stato fatto ed era ormai imminente la necessità di un intervento dello Stato1036. Presto il Ministero dispose gli opportuni sopralluoghi dei funzionari incaricati della tutela ma fino al 1908 la documentazione si interrompe1037. Venuto a conoscenza dell’ordinanza comunale (18 luglio) che obbligava il proprietario ad “intonacare ed attintare i prospetti esterni del palazzo principesco”1038, l’Ufficio regionale dei Monumenti di Napoli ordinò la sospensione dei lavori chiedendo al Ministero l’autorizzazione a inviare un tecnico per un sopralluogo e per la compilazione di un progetto ufficiale1039. Si conserva la relazione firmata dal tecnico prof. Oreste Siviero

esorbitante la spesa, e non potendola io sostenere, tanto per le sottrazioni fatte alle mie proprietà per le divisioni di famiglia, quanto per le gravi tasse di successioni pagate, che pei pesi fiscali esorbitanti e per la crisi incombente, che pesa specialmente in quel posto per la malaria e l’abbandono de’ lavori di bonifica. La parte migliore però, cioè quattro o cinque finestre di buono stile, in parte danneggiate dagl’incendi e dalle devastazioni soldatesche, è stata sempre mia premura di conservare e di garantire da ulteriore rovina; e mi riprometto di averne la più diligente cura anche in avvenire (…)”.

1033 Ivi: “(…) una delle pregevoli finestre bifore del palazzo, e precisamente quella mancante della colonnina, si

trovi in condizioni di stabilità piuttosto allarmanti, in seguito soprattutto alla caduta di parte del davanzale e allo squarcio prodottosi nella muratura sottostante”.

1034 Ivi: “(…) la spesa sarà esigua visto che “trattandosi solo di murare la breccia che minaccia la stabilità della

finestra e di rafforzare, ove un esame sopraluogo lo dimostrasse necessario, gli interessanti trafori della finestra stessa, mediante l’applicazione di piccole zeppe di rame o di una piccola armatura di acciaio (…)”.

1035 Ivi 7 febbraio 1895. Il 20 giugno il Prefetto scrive al ministero che la perizia del Genio Civile prevede una

spesa di 315 lire. Il 28 agosto i soldi sono stati stanziati (Ivi).

1036

Ivi: “Vi è molto bisogno dell’opera e del concorso del Governo. Dopo alcuni ristauri alle stupende finestre del Castello dei Caetani poi dei Colonna, niente altro è stato fatto. Il mirabile chiostro di S. Francesco, è fatiscente e ricoperto di erbe e sterpi; lo stesso dicasi del chiostro di S. Domenico, nel quale tenne sua dimora qualche tempo, l’Aquinate. Alcuni del luogo, mossi dal l’esempio del Signor Conte [che lo ha accompagnato nel sopralluogo] (…) mostrano buona volontà e sono più di zelo. Tanto è ciò vero che il clero della chiesa di S. Pietro, sta liberando dal bianco di calce i muri del tempio, scoprendone la bella costruzione a pietra di calcare e gli […] archi ogivali. E dietro un moderno altare si è lamenta che dopo il restauro delle finestre nulla è stato fatto: “Il mirabile chiostro di S. Francesco è fatiscente e ricoperto di erbe e sterpi; lo stesso dicasi del chiostro di S. Domenico...il clero della chiesa di S. Pietro sta liberando dal bianco di calce i muri del tempio, scoprendone la bella costruzione a pietra di calcare e gli “”(?) archi ogivali. E dietro un moderno altare si è scoperto un tabernacolo eucaristico, scolpito alla fine del Quattrocento, […] a doratura, e di quello stile derivato dalla scuola di Mino. Ma lasciare che si facciano tacitamente questi lavori, senza la vigilanza dei funzionari governativi non è prudente! Sarebbe perciò bene che la S. V. Ill.ma ordinasse una ispezione da parte dell’Ufficio Regionale di Napoli, ispezione che dovrebbe essere fatta con una certa sollecitudine. Con altra lettera informo la S. V. Ill.ma di ciò che riguarda la Civica Raccolta di antichità”.

1037 Il 4 maggio il Ministero scrive al Direttore dell’Ufficio Regionale per la conservazione dei monumenti di

Napoli che gli è stato riferito lo stato di abbandono dei monumenti di Fondi, richiedendone dunque l’ispezione e relativa relazione. Il 6 luglio lo stesso Ministero sollecita la risposta ancora non pervenuta.

1038

Ivi, Relazione Siviero.

1039

167

nell’ottobre 1908. Nonostante il documento sia molto deteriorato, è possibile leggervi una bella descrizione dell’edificio: “(…) Le evidenti traccie che ancora si scorgono sui muri rivelano la esistenza d’un cavalcavia ch’era situato a traverso la strada […] e che metteva in comunicazione i due edifici. Non meno gradita impressione offre poi l’aspetto interno di tali fabbriche, in ispecie il palazzo che, oltre ad avere un pregevole portone d’ingresso, di puro stile quattrocentesco e diverse finestre della maniera gotica, prospicienti sul corso Appio Claudio, nell’interno del palazzo e sulla campagna (in tutto 10 di vario pregio artistico, ma tutte interessanti) ricorda col suo magnifico cortile alcuni edifizi coevi della Toscana. La scalinata scoverta, a due rampanti rivolti in senso opposto, conduce mediante il rampante di sinistra ad un caratteristico loggiato coperto con intercolunnio formato da tre archi gotici e sottostanti pilastri di pietra calcarea. Sul muro prossimo, dove la scalinata si svolge, completano la decorazione architettonica del cortile tre delle suddette finestre, ricche di ornati a [trafo]ro, in pietra viva e di diversa […] altrettante aperture opposte, davano [sulla] sala del teatro baronale (…)”; lo stato dei luoghi, dunque gli interventi non rispettosi della monumentalità dell’edificio già eseguiti: della sala del teatro “(…) non restano che i muri di ambito, essendo il pavimento interamente crollato ed il soffitto, col soprastante tetto, smantellati dal vento e distrutti dall’incendio. È pure per effetto di quest’opera divoratrice del tempo che l’Amministrazione di Casa Fondi fu costretta a disporre la demolizione dell’ala postica del palazzo la quale era in imminente pericolo di rovina, pe il forte strapiombo dei muri dipendente dal totale squilibrio della sua compagine, sostituendovi una nuova costruzione con la buona fede di chi condusse il lavoro scostò di molto dal carattere di austera correttezza dell’antica fabbrica (…) la facciata [orientale] del quale, formata di conci regolari di pietra viva, fu inopportunamente imbiancata e decorata, per così dire, con una corretta bugnatura angolare dipinta in grigio, sia sul alto che guarda la vasta piazza che verso il viale esterno del paese (…)”; e le intenzioni della tutela: “(…) basteranno le sole cose esposte per ritenere, quanto meno, inopportuna l’insistenza con cui l’Autorità Comunale pretende debba essere attintato nella parte esterna il monumentale edificio (…) nel solo caso che una più radicale opera di restauro generale si apportasse al principesco palazzo, sia nella parte esterna che in quell’interna, solo così potendo rimanere giustificato un ripristino più esteso della facciata più lunga che guarda la piazza e di quella su cui si apre il portone d’ingresso (…) Tornando al concetto d’un generale restauro del fabbricato è a considerarsi che per assicurarne la stabilità e porre in istato decoroso l’insigne opera architettonica, occorrerebbe una spesa relativamente forte che lo Stato non potrebbe, né dovrebbe, per legge, sostenere; mentre se la somma necessaria per le opere di consolidamento fosse messa a disposizione dal proprietario, il Ministero potrebbe forse trovare motivo sufficiente per concorrere equamente nella spesa relativa al restauro della parte artistica dell’edificio. Ciò, s’intende, in base ad un dettagliato progetto delle opere a farsi, delle quali qualcuna riveste carattere urgente, come sarebbe quella della ricostruzione del tetto dell’ex-teatro baronale, ora del tutto smantellato, per evitare che la sottostante muratura, così scoperta e già in parte sgretolata, subisca l’ulteriore azione deleteria degli elementi atmosferici. Concludendo, e perché l’azione di tutela da parte di quest’ufficio avesse tutta la sua efficacia, sarà bene che la S.V. Ill.ma, nel notificare all’Autorità Municipale di Fondi le disposizioni che crederà più opportuno di adottare, dopo quanto ho avuto il pregio di riferire al riguardo, inviti il Municipio medesimo a

168

rimettere nello stato antico il corpo centrale dello storico Castello (…) Ciò perché non vengano confuse da parte di chi è tenuto, per legge, a concorrere alla tutela del patrimonio artistico nazionale, le ragioni di una voluta decenza con le supreme esigenze dell’arte e della storia, le quali vogliono, per quanto è in noi conservate ed inalterate le originali caratteristiche dei nostri monumenti”1040. Nel 1912 sono in corso i progetti per la costruzione dell’edificio

1040 Ivi. Si trascrive l’intera relazione: “In adempimento dell’incarico avuto dalla S.V. Ill.ma di riferire, cioè,

sull'opportunità, o meno, di intonacare ed attintare i prospetti esterni del palazzo principesco esistente a Fondi,